domenica 1 dicembre 2013

Siamo i camerati di Alba Dorata, non chiamateci nazisti

Ieri l’incontro organizzato da Casapound
         

Sono arrivati a Roma annunciati da un’interrogazione a Montecitorio. Li ha preceduti l’appello di alcuni deputati al prefetto della Capitale per chiedere di vietare la loro presenza in città. E forse basterebbe questo per raccontare il fenomeno di Alba Dorata. I due dirigenti del discusso movimento greco sono venuti in Italia per presentarsi e raccontare la loro esperienza. È la prima volta da quando il partito è riuscito a entrare nel Parlamento ellenico, un anno e mezzo fa. Vogliono spiegare le ragioni di un’ascesa sorprendente, che in meno di cinque anni li ha portati dallo 0,2 al 20 per cento. Li ospita CasaPound: l’organizzazione dei fascisti del terzo millennio, stando a un’etichetta fin troppo abusata.
Chi si aspetta una teatrale parata di naziskin deve ricredersi. All’ultimo piano del palazzo all’Esquilino si presentano due uomini ancora giovani d’età, nonostante i corti capelli ormai brizzolati. Sorridono cortesi e disponibili. Apostolos Gkletsos, già deputato, portavoce del segretario e componente del comitato centrale di Alba Dorata non capisce l’italiano. Giacca di velluto scuro e cravatta, parla lentamente. Si lascia tradurre passo passo dal camerata Konstantinos Boviatsos. Camicia e maglione senza maniche, lui la nostra lingua la conosce piuttosto bene. Retaggio dei suoi studi universitari in Italia. «Mi sono serviti per tornare a casa con un bel diploma. I miei genitori l’hanno appeso a una parete di casa, ma sono rimasto ugualmente disoccupato. Perché da noi il lavoro non c’è», racconta.
La barba folta e ben curata, Apostolos si rivolge alla platea portando il saluto del segretario del movimento. La piccola sala esplode nel primo applauso. L’ambiente non è grande, ma gremito. Ci saranno un centinaio scarso di persone. Molte di più sono costrette a rimanere fuori. Tanti militanti di Casapound, diversi curiosi, qualche fotografi e pochi giornalisti. «Anche in Italia tutti i media continuano a parlare di questo movimento senza nemmeno aver mai ascoltato uno dei loro dirigenti» dice il vicepresidente di Casapound Simone Di Stefano, padrone di casa. E allora il dirigente di Alba Dorata prova a raccontare la sua storia. Parte dall’inizio. «Il nostro - spiega Gkletsos - è un movimento politico e ideologico. Un movimento nazionalista e popolare». Alba Dorata nasce più di trent’anni fa, nel 1980. Diventa un partito a tutti gli effetti solo tredici anni più tardi. La prima candidatura alle elezioni risale alle Europee del 1994. «Ma i primi anni i voti erano scarsissimi» ricorda Apostolos. Il boom è recente e clamoroso. «Nel giugno del 2012 siamo entrati nel parlamento ellenico con il 7 per cento dei voti. Oggi tutti sondaggi ci danno dal 15 al 20 per cento». Il primo partito in Grecia.
I due ospiti provano subito a sgombrare il campo da equivoci. L’etichetta di neonazisti? Un trucco usato da giornalisti e politici per danneggiare il movimento. «Nel nostro programma ci dichiariamo nazionalisti. Mai neonazisti, nessuno ha il diritto di chiamarci così». Sostanza, ma anche forma. Al centro delle polemiche è finito più volte anche l’emblema del partito, il meandro. Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche rappresenta quasi una versione stilizzata di una svastica. «Invece è un simbolo antichissimo della nostra civiltà e della nostra cultura» racconta Gkletsos. Al netto delle rassicurazioni, l’eredità politica resta evidente. «Dei tre colori della bandiera di Alba Dorata - spiega il dirigente - il bianco rappresenta la purezza della nostra lotta, il nero simboleggia la morte che possiamo dare per vincere la nostra sfida, mentre il rosso è il sangue con cui lottare fino alla morte».
Apostolos continua a parlare lentamente, pacato. Konstantinos traduce. «L’idea di nazione è la cosa principale per il nostro movimento. Parliamo di gente con la stessa origine, religione, cultura, tradizioni». Si cerca di tratteggiare l’impostazione ideologica di Alba Dorata. «Siamo contro il capitalismo e il comunismo - racconta l’ex parlamentare - Crediamo nella proprietà privata, ma non nella plutocrazia». Più tardi è il camerata più giovane ad approfondire il programma elettorale del partito. Un programma chiaro: «Punto primo, fuori gli extracomunitari. Più semplice di così…». Non mancano diversi riferimenti a un’Europa «bianca». Si parla di difesa delle materia prime e delle risorse naturali. «Sotto il mare Egeo abbiamo tanto petrolio che potrebbe bastare a tutta l’Europa per i prossimi cento anni». E di nazionalizzazione di acqua ed energia. «Le ultime due cose che non sono state ancora privatizzate in Grecia». Alcune proposte in Italia non sono neppure così inedite. Alba Dorata chiede di ridurre i parlamentari, «oggi ne abbiamo trecento, credo che cento possano bastare». Ma anche di tagliare il numero dei dipendenti statali. «Sono un milione, su una popolazione di undici milioni».
Con tutte le debite differenze - e ce ne sono di enormi - certi progetti ricordano da vicino il programma del Movimento Cinque Stelle. «Faremo presto un controllo contabile su tutti i politici corrotti che ci hanno portato fino a questa situazione», racconta Apostolos. Così come i grillini, i deputati di Alba Dorata hanno deciso di restituire i finanziamenti pubblici e gran parte degli stipendi dei suoi diciotto parlamentari. «Denaro che torna al popolo greco - spiegano - sotto forma di cibo, vestiti e aiuti umanitari».
Impossibile non parlare della situazione drammatica che sta vivendo la Grecia. L’austerità, le imposizioni dell’Europa, i tagli, le sofferenze della popolazione. Non è un caso se tra i principali obiettivi politici di Alba Dorata ci sia la cancellazione dei tre memorandum della Troika. «Vogliamo salvare il popolo greco». I due dirigenti raccontano la disoccupazione ormai arrivata al 30 per cento, si soffermano su alcuni aspetti paradossali della società ellenica. «Siamo un paese agricolo, ma non ci sono più agricoltori. E così anche se nel Peloponneso intere regioni producono agrumi, i limoni costano come l’oro. Li dobbiamo importare dalla Turchia». Sono gli effetti della crisi e della fuga verso le grandi città. Oggi sei milioni di greci, più della metà dell’intera nazione, vive ad Atene. Ecco perché il programma politico di Alba Dorata propone la ripopolazione dei paesi più piccoli e delle zone rurali.
«Sono tempi difficili - racconta Apostolos - Mentre stiamo parlando, il popolo greco ha fame». Ma c’è un dato, più di tutti, che racconta la tragedia. Il numero dei suicidi. «Non so se ci crederete - raccontano i due dirigenti - ma in Grecia non conoscevamo nemmeno il significato di questa parola. Siamo un popolo allegro. Ascoltavamo nei telegiornali le storie di chi si toglieva la vita, soprattutto nei paesi del Nordeuropa, neanche credevamo che fosse possibile». Poi è arrivata la crisi. «E negli ultimi due anni 3mila greci si sono suicidati per motivi economici».
Ma quella di Alba Dorata è anche una storia di violenza. Apostolos e Konstantinos ne parlano, ovviamente difendendo il punto di vista del movimento. Qualche settimana fa diversi dirigenti del partito - compreso il segretario Nikolaos Michaloliàkos e alcuni parlamentari - sono finiti in carcere, accusati di aver costituito un’organizzazione criminale. «I nostri 18 deputati facevano paura, così politici e giornalisti hanno provato a fermare la nostra lotta con ogni mezzo» raccontano. Gli arresti? Sono avvenuti «senza accuse e grazie a false testimonianze. E oggi tre nostri camerati sono ancora in galera». Il vicepresidente di Casapound Simone Di Stefano continua. «Alba Dorata può piacere o meno, resta il fatto che un giorno alcuni deputati liberamente eletti in Parlamento sono stati presi e sbattuti in cella. E nessuno ha trovato nulla di strano». Non è l’unica misura presa dal governo greco nei confronti del movimento. Recentemente è stato sospeso il finanziamento pubblico ad Alba Dorata. L'unico movimento presente alle Camere senza possibilità di accedere al fondo.
Le storie di violenza proseguono. I racconti dei dirigenti greci riportano indietro di quarant’anni. Negli ultimi mesi in Grecia si è tornati a sparare e uccidere. All’assassinio del rapper antifascista Pavlov Fyssas per mano di un attivista di Alba Dorata, il primo novembre scorso è seguita una vera e propria esecuzione fuori da una sezione del partito. Due giovani militanti, Manolis e Yorgos, sono caduti sotto i colpi di una mitraglietta. «È il terrorismo di sinistra» raccontano i due ospiti. «In Italia l’avete conosciuto negli anni Settanta, adesso è arrivato anche da noi. In Grecia non abbiamo trovato un deputato, un giudice o un avvocato che ha difeso questi due ragazzi. Ma queste cose le conoscete meglio di noi. Anni fa in Italia si gridava “Uccidere un fascista non è reato”. Commentando la morte dei nostri camerati, un giornalista greco ha detto in televisione: “Meno male che stavolta non sono stati uccisi esseri umani”».
 

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