sabato 21 dicembre 2013

Il (neo)Fascismo ha il ‘tradimento’ nel suo DNA?

Nel cosiddetto “ambiente” (cosiddetto di Destra) è spesso un gran vociare di “tradimenti” vari, visto che va sempre di gran moda la gara a chi è più intransigente e ortodosso. Il più grande, a detta di molti, quello di Fiuggi: la cosiddetta svolta del Msi in Alleanza Nazionale (1995).
Lasciando da parte il fatto che non ci è chiaro di quale “tradimento” si parli, visto che il Msi – camerati caduti ed alcune rare personalità a parte… – non è mai stato un vero movimento nazional-rivoluzionario, e perciò identico nella sostanza alla sua successiva evoluzione (An), quello che vogliamo qui evidenziare è come il “tradimento” sia una sorta di costante del (neo)fascista.
Ebbene si. Perché se si inorridisce per la svolta aennina bollandola come scelta eretica e infame, e prendendola come riferimento del tradimento maximo per eccellenza, allora bisognerebbe fare un pochino di più ampia autocritica richiamandosi alla precedente esperienza Fascista (con la F maiuscola) per capire dove – per così dire – Fiuggi o tutti gli altri “tradimenti”, piccoli e grandi, traggano origine storica e… antropologica.
 
Il tradimento del 25 luglio, che costò a Mussolini e all’Italia umiliazioni e dolori profondi, non è il tradimento pour excellence della storia fascista. Nemmeno l’8 di settembre, tanto più che, in quel caso, a macchiarsene non furono dei fascisti.
Il tradimento dei tradimenti fu quello dei tantissimi giovani fino a quel momento allevati dal Regime come fucina d’élite e futuri quadri dirigenti dello Stato fascista. Ci riferiamo a quel vasto mondo giovanile che, per anni, animò l’ambiente interno al triangolo: “Guf”-”Scuola di Mistica Fascista”-”Littoriali”. La denuncia, che non è nostra e non è di oggi, ha avuto in Nino Tripodi e nel suo libro-denuncia “Italia fascista in piedi!” il suo massimo paladino. Tripodi che fu littore e fu “gufino” (appartenente cioè ai Guf, i Gruppi Universari Fascisti) racconta con dovizia di particolari il tradimento di quella generazione che fece dell’intransigenza e della (allora di moda) “bonifica integrale” i propri cavalli di battaglia. Forse non erano veramente di “battaglia”, bensì di “Troia” (i cavalli, si badi bene, e non “figli di…”!), fatto sta che quei giovani così solerti e accaniti animatori delle riviste del tempo (ufficiali e controllate dal Pnf), battaglieri polemisti e vivaci intellettuali, così solerti al richiamo di Marte distruggitore e dello Stato Totalitario, Gerarchico e Corporativo, finirono in molti, quasi tutti, riciclati nel successivo regime democratico. Non come esponenti di terzo o quart’ordine, ma come “prima linea”: Aldo Moro, Amintore Fanfani, Paolo Emilio Taviani, come anche i Guttuso e tanti altri nomi oggi un pò meno noti, venivano tutti dai Littoriali (una sorta di “Oscar” – ci sia passato il paragone… – della cultura fascista giovanile).
 
Ma, già allora, mentre c’erano i littori bravi solo a parole, c’erano quelli che, davvero, andavano fino in fondo, e coerentemente, alternavano all’impegno “culturale” anche quello militare, andando a servire in Africa Orientale, e poi in Spagna, fino alla Guerra Mondiale vera e propria. E, guarda caso, proprio quelli meno solerti a partire per la guerra, saranno poi quelli più rapidi e convinti nello smobilitare la camicia nera per prendere la tessere del Psi o del Pci clandestini. Magari retrodatando di qualche mese il tesseramento, giusto per non risultare ancora troppo in odore di Fascismo.
I peggiori, però, li troviamo proprio in seno alla Scuola di Mistica Fascista. A fianco dei migliori, della vera élite, infatti, troviamo gli Zangrandi, i Gatto, ed altri che erano membri effettivi della Scuola. Quella stessa Scuola che declamava, animata dai Giani e dai Pallotta, la necessità «di avere coraggio», covò senza saperlo diverse serpi in seno. Serpi al punto che, per rifarsi una verginità politica, non esitarono a dare alle stampe copiose pubblicazioni a partir dagli anni ’60, in cui smentivano in maniera puerile e fantasiosa, ogni loro legame col Regime mussoliniano.
Ecco la lezione, dunque. Se a Fiuggi è stato possibile un “tradimento” – posto il fatto che vale quanto già detto sopra…- è solo perché dalla lezione magistralmente offerta (in negativo) da quella generazione di imboscati e doppiogiochisti non si è tratto nulla. Non v’è stato alcun processo a quella generazione e, soprattutto, il verdetto non è stato recepito da chi è venuto dopo. Questo potrebbe così sintetizzarsi: prima di invocare la “bonifica integrale” verso questo o quello, bisognerebbe avere la forza di invocare l’intransigenza verso se stessi, misurandola realmente e non solo a parole. Un insegnamento tanto semplice quanto dimenticato.
Molti dei “mistici” – e sappiamo su quali esempi viventi ed energie potevano contare allora quei giovani – furono solo degli abili virtuosi della parola, fautori di sofismi mussoliniani e nulla più. Eppure, leggendo quelle loro pagine, chi vi scorgerebbe il seme del tradimento e dell’antifascismo? Sono righe magistrali e profonde. Ma sono nulla senza l’esempio e, infatti, alla prova dei fatti questi giovani si rivelarono per quello che erano: banderuole pronte a cambiar di direzione, appena fosse cambiato il vento.
Noi cosa avremmo fatto al loro posto? Il 25 luglio avremmo tradito? E’ questa la domanda che deve assillarci, “disperatamente”, ogni giorno. Fanaticamente e profondamente rispondere ogni giorno non alla mattina quando ci si alza, ma alla sera, quando è possibile fare i conti con quello che si è realmente fatto durante il giorno. Rispondere con l’intransigenza di un supremo giudice, il cui verdetto è “si” oppure “no”, mettendo al bando il condizionale ed il “forse”. Solo così potremo approcciarci, con «intelletto d’amore», per usare le parole di Arnaldo, a queste grandi figure del passato con la certezza di poter dire “Non ho tradito”.
 
Andreia Nikelaos
 
Fonte articolo rilevato da http://www.azionetradizionale.com 

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