Quel 28 aprile a Dongo Benito e Claretta riescono a fuggire in Svizzera, dove lui si reinventa giornalista
L’ex Duce scrive per un giornale ticinese una serie di reportage dall’Italia del post-Ventennio. Con questo escamotage letterario l’autore de “Lo Stivale zoppo” si toglie tanti sassolini dalle scarpe
L’ex Duce scrive per un giornale ticinese una serie di reportage dall’Italia del post-Ventennio. Con questo escamotage letterario l’autore de “Lo Stivale zoppo” si toglie tanti sassolini dalle scarpe
Immaginiamo che quel 28 aprile, a Dongo, il Duce fosse riuscito a fuggire e fosse emigrato in Svizzera per poi tornare, calmatesi le acque, sotto le spoglie di un giornalista per raccontare questa Italia al rovescio. Quante ne avrebbe avute, da dire, in tutti questi anni …
C’era già stato chi aveva immaginato un Mussolini sopravvissuto, ma si è sempre trattato di romanzi ucronici (quelli dove si racconta una storia verosimile ma in verità mai avvenuta, rispondendo alla domanda: cosa sarebbe accaduto “se”?) nei quali il Duce continuava a governare l’Italia. Stavolta “lui” cambia nome e identità e torna alla sua prima passione: il giornalismo …
L’idea geniale è di Roberto Gervaso, che fa “tornare in vita” Benito Mussolini nel suo ultimo saggio “Lo Stivale zoppo. Una storia d’Italia irriverente dal fascismo ad oggi”, edito da Mondadori. Una storia definita dall’autore stesso “antiretorica e impertinente”, che non manca di far parlare di sé. Prevedibile che un’impostazione del genere suscitasse un bel vespaio: il Giornale di Vicenza riporta una bella intervista all’autore, in cui Gervaso va dritto al nocciolo della questione: “Avevo molti bocconi indigesti sospesi e alcuni da vomitare – dice infatti lo scrittore al quotidiano - Specie quando leggo sulla Garzantina “foibe: cavità carsiche” o amenità del genere. C´è qualcosa nella vulgata scolastica che non va, mi sono detto”. Poi scende nei dettagli dell’affascinante libro: “Immagino … che il 27 aprile 1945, quando Mussolini viene catturato e portato a Giulino di Mezzegra avvenga lo scambio: due sosia al posto di Benito e Claretta. Lo faccio rapire da un comando di arditi della prima ora, lo truccano, imparruccano Claretta e li portano a Lugano. Lì lui cerca lavoro, diventa Porfirio Oriani sposato con Adalgisa, e conosce l´editore del “Corriere proletario” , un grande capitalista svizzero, ne diventa l´inviato speciale” e ancora: “Certo che l´ex duce racconta bene perché la storia d´Italia l´ha fatta lui... Io gli consegno la penna ma lui scrive come avrei scritto io, fino al ´94 quando si ritira “perché ha una certa età” e consegna l´Italia a due figli adottivi, Craxi e Berlusconi. E lì riprendo io, fino alla sentenza di condanna del Cavaliere”.
Gervaso non fa sconti a nessuno, nemmeno allo stesso Mussolini, al quale riconosce, però, con un’onestà intellettuale che è raro rinvenire nella maggior parte dei casi, di aver fatto molto per l’Italia, almeno fino al 1935.
E poi ci sono i ritratti che lo stesso Gervaso, che nel corpo centrale del libro si identifica un po’ nel Duce redivivo, dei politici contemporanei.
Gervaso fa morire il personaggio all’età di 130 anni. A raccogliere le sue ultime parole c’è la rediviva Claretta. Le dice: “Chi me l’ha fatto fare?”, ritrovando in quella frase anche molto se stesso. Dice infatti Gervaso ancora al Giornale di Vicenza: “È la domanda che mi faccio anch´io come se la pose Montanellli: dopo 70 anni di giornalismo in cui gridiamo e denunciamo tutto cade nel vuoto. Questo Paese avrebbe dovuto e potuto essere migliore ma invece affonda nei miasmi, nell´arrivismo, nella bugia e non c´è un briciolo di senso dello Stato. Sembra un Paese senza storia, eppure è segnato da grandi civiltà perché diamine nei secoli li ha avuti i Michelangelo, i Leonardo, i Montanelli...”.
L’idea di far raccontare a Mussolini, con la sua arte indiscussa di giornalista, le vicende dell’Italia dal dopoguerra ad oggi è originalissima ed avvincente: per dirla con le parole del direttore de Il Mattino di Napoli Barbano, che con Gervaso ha recentemente presentato il volume nel capoluogo campano, "è scritto con rigore e stile impareggiabile, con ironia, scetticismo critico, un'opera in cui Gervaso è sempre distaccato ma mai cattivo". In quell’occasione Gervaso ha argomentato le motivazioni che stanno alla base della sua fatica letteraria con lucidità: "l'Italia sta in piedi – ha detto lo scrittore - perché non sa da che parte cadere e rischia di diventare una ciabatta se non si sveglia. Il nostro Paese - ha poi sottolineato- dà il meglio solo nelle emergenze, quando ha l'acqua alla gola". Niente di più vero: fu così, per citare forse l’esempio più emblematico nella storia dello Stivale, del quale ricorre in questi giorni l’anniversario, anche a Vittorio Veneto nel 1918. Per far scattare l’orgoglio nazionale e la voglia di vincere ai massimi livelli, forse, era servita la tragedia di Caporetto.
Per Gervaso, resuscitare Mussolini è un “espediente letterario”, utile per “raccontare in libertà”. E infatti Renzi diventa il “cubista della politica”, D’Alema l’ “uomo dalle folgoranti intuizioni, tutte sbagliate”, Bersani un “paesano”, Monti un “bluff”. Berlusconi è, secondo l’autore, un imprenditore di genio ma non un fine politico, i grillini “vogliono la riforma della Costituzione senza averla mai letta” (da un’intervista a Panorama).
La cosa che lascia un po’ perplessi è che il Mussolini che Gervaso riporta in vita designa suo erede il Cavaliere, insieme a Bettino Craxi. Nonostante le tanto declamate similitudini tra il Duce e Berlusconi, bisogna però dire che, nell’amministrazione dello Stato, le due figure sono invece lontanissime. Mussolini fece una politica estremamente sociale e popolare, riformò un’Italia che cadeva a pezzi, risollevò le sorti di una Nazione allo sbando. Lo ha fatto imponendosi, dando vita ad una dittatura ed addossando a se stesso tutte le responsabilità, persino quelle che non gli appartenevano. Onori e oneri. Oggi, troppo spesso, se ne ricordano solo gli oneri. Per un Ventennio se ne solo celebrati solo gli onori. Berlusconi è un uomo del Terzo Millennio, che ha governato a fasi alterne, in maniera estremamente democratica, dando sempre voce e spazio a tutti, persino sulle tv private. I linguaggi, anche, sono profondamente diversi: popolare ed autoritario quello del Duce, un po’ più ricercato e a tratti ironico quello del Cavaliere. Purtuttavia, ci sono elementi di carattere sociale che li accomunano, come pure sicuramente le grandi capacità oratorie, con le differenze del caso, e il fatto di “essersi fatti da soli”. Il che non basta per considerare Berlusconi il diretto erede di Mussolini. Anche perché il Duce fece la rivoluzione, Berlusconi no.
Interessantissimo il punto di vista espresso da Gervaso in un’intervista a Panorama: “Il Paese è a un bivio – dice - il balcone o la colonia”. Al giornalista che gli chiede “Sarebbe a dire?”, lui risponde candidamente: “O qualcuno si leva dalla folla interpretando l’incazzatura della gente, si affaccia al balcone e dichiara: «Il carnevale è finito», oppure diventiamo una colonia delle grandi potenze europee o di quelle emergenti, come la Cina. La moda italiana, tranne pochi del nostro Paese, si divide tra François Pinault e Bernard Arnault; l’alimentare è in mano ai francesi, la meccanica è dei tedeschi, gli alberghi diventano spagnoli...”.
Una fotografia agghiacciante, e vera, dell’Italia del Terzo Millennio.
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