venerdì 24 ottobre 2014

COMUNISMO NELLE SCUOLE DI CERVIA: PARTONO LE DENUNCE..!



Fonte Articolo di Raffaele Molinari per Liberazione italiana
http://www.liberazioneitaliana.it

Un libricino colmo di contenuti violenti e lodi al Partito Comunista Italiano è stato diffuso tra gli alunni delle scuole elementari di Cervia. Un vero e proprio corso di formazione al Comunismo. Ai genitori dei bambini immigrati e anche a tanti genitori di Cervia la cosa non è andata giù..!

Cervia (RA): dissensi tra i genitori degli alunni delle elementari.. Gli alunni dei circoli didattici di Cervia si sono ritrovati ad assistere a lezioni sovversive, tenute direttamente nelle loro classi da un esponente del PD. Nessun genitore è mai stato messo al corrente dalla direzione didattica di queste lezioni che, si sono tenute per tre settimane filate, tutti i mercoledì mattina. Un libro di testo colmo di riferimenti al Comunismo e ad altre tematiche scabrose e immorali è stato silenziosamente consegnato a quei bambini, attribuendogli un prezzo di 10 €, e comunque offerto in dono come per esaltarne il valore del dono stesso.. Un libro di testo che dietro a stralci di eventi storici descritti sommariamente ribadisce decine di volte la parola "Comunismo" e loda le gesta dei comunisti partigiani che combatterono in tempo di guerra i "temibili fascisti". I genitori solo nei giorni successivi alla diffusione si sono accorti di quello che stava circolando nelle mani dei loro figli, per primi i genitori di quei bambini immigrati che hanno patito la sofferenza sulla loro pelle del Comunismo. Bambini provenienti da paesi che ne hanno vissuto tragicamente gli effetti e oggi, sedendo in un contesto integrato ma senza alcun rispetto per loro, si ritrovano ad esser costretti a sentir lodare quel comunismo stesso che ha distrutto la vita ai padri dei loro padri.. Quale più grande segno di inciviltà, insensibilità e violenza psicologica nei confronti di questi bambini e dei nostri figli..? Quale follia può avere indotto le amministrazioni didattiche a compiere e tollerare tale gesto in nome di una biciclettata per ricordare il settantesimo anno della liberazione di Cervia..? Una classe politica che sta riducendo l'Italia all'esasperazione e alla fame, può permettersi anche questo abuso oltre agli altri a cui quotidianamente costringe le nostre famiglie..? Alcuni genitori immigrati che si sono sentiti offesi, si sono immediatamente mobilitati e hanno dimostrato il loro dissenso con cartelli appesi davanti ai cancelli della direzione didattica presso la scuola Gervasi in Via Caduti per la Libertà.. Cartelli di protesta con scritte in russo, ucraino, rumeno sono apparsi nella mattinata. Dalle traduzioni leggiamo: No al comunismo, il comunismo rovina l'uomo, il comunismo umilia i nostri figli!
Dalle informazioni ricevute sono partite anche alcune denunce nei confronti dell'autore del libro che è tra l'altro presidente dell'associazione A.N.P.I. dI Cervia (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) nonché esponente locale rinomato del PD. Il nostro articolo precedente, pubblicato sulla medesima vicenda deve aver risvegliato le coscienze di molti genitori che sensibilizzati al problema e hanno lasciato commenti di sdegno anche nel forum sottostante al nostro articolo..
 
Forse qualcosa si sta muovendo. Il dissenso cresce e tanti non ne possono più di questa classe politica e dei loro beceri intenti di strumentalizzare anche l'esistenza dei nostri figli per renderli conformi ai loro scopi.. 
 
 
 
 

MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI FASCISTI

Il Manifesto degli intellettuali fascisti venne redatto nel corso del Convegno per la cultura fascista tenutosi a Bologna il 29 e 30 marzo del 1925 e fu pubblicato su quasi tutta la stampa italiana, in primis "il Popolo d'Italia", organo del Partito Nazionale Fascista, il 21 aprile (Natale di Roma) dello stesso anno.


Alla base del testo una conferenza su Libertà e liberalismo tenuta poco prima da Giovanni Gentile. La segreteria del convegno comunicò alla stampa che erano presenti oltre quattrocento intellettuali.



« Il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre. 


Le sue origini prossime risalgono al 1919, quando intorno a Benito Mussolini si raccolse un manipolo di uomini reduci dalle trincee e risoluti a combattere energicamente la politica demosocialista allora imperante. La quale della grande guerra, da cui il popolo italiano era uscito vittorioso ma spossato, vedeva soltanto le immediate conseguenze materiali e lasciava disperdere se non lo negava apertamente il valore morale rappresentandola agli italiani da un punto di vista grettamente individualistico e utilitaristico come somma di sacrifici, di cui ognuno per parte sua doveva essere compensato in proporzione del danno sofferto, donde una presuntuosa e minacciosa contrapposizione dei privati allo Stato, un disconoscimento della sua autorità, un abbassamento del prestigio del Re e dell'Esercito, simboli della Nazione soprastanti agli individui e alle categorie particolari dei cittadini e un disfrenarsi delle passioni e degl'istinti inferiori, fomento di disgregazione sociale, di degenerazione morale, di egoistico e incosciente spirito di rivolta a ogni legge e disciplina.


L'individuo contro lo Stato; espressione tipica dell'aspetto politico della corruttela degli anni insofferenti di ogni superiore norma di vita umana che vigorosamente regga e contenga i sentimenti e i pensieri dei singoli.
Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi, tradizione storica determinata e individuata di civiltà ma tradizione che nella coscienza del cittadino, lungi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un fine da attuare, tradizione perciò e missione.


Di qui il carattere religioso del Fascismo.


Questo carattere religioso e perciò intransigente, spiega il metodo di lotta seguito dal Fascismo nei quattro anni dal '19 al '22.


I fascisti erano minoranza, nel Paese e in Parlamento, dove entrarono, piccolo nucleo, con le elezioni del 1921. Lo Stato costituzionale era perciò, e doveva essere, antifascista, poiché era lo Stato della maggioranza, e il fascismo aveva contro di sé appunto questo Stato che si diceva liberale; ed era liberale, ma del liberalismo agnostico e abdicatorio, che non conosce se non la libertà esteriore.


Lo Stato che è liberale perché si ritiene estraneo alla coscienza del libero cittadino, quasi meccanico sistema di fronte all'attività dei singoli.


Non era perciò, evidentemente, lo Stato vagheggiato dai socialisti, quantunque i rappresentanti dell'ibrido socialismo democratizzante e parlamentaristico, si fossero, anche in Italia, venuti adattando a codesta concezione individualistica della concezione politica.


Ma non era neanche lo Stato, la cui idea aveva potentemente operato nel periodo eroico italiano del nostro Risorgimento, quando lo Stato era sorto dall'opera di ristrette minoranze, forti della forza di una idea alla quale gl'individui si erano in diversi modi piegati e si era fondato col grande programma di fare gli italiani, dopo aver dato loro l'indipendenza e l'unità.


Contro tale Stato il Fascismo si accampò anch'esso con la forza della sua idea la quale, grazie al fascino che esercita sempre ogni idea religiosa che inviti al sacrificio, attrasse intorno a sé un numero rapidamente crescente di giovani e fu il partito dei giovani (come dopo i moti del '31 da analogo bisogno politico e morale era sorta la "Giovane Italia" di Giuseppe Mazzini).
Questo partito ebbe anche il suo inno della giovinezza che venne cantato dai fascisti con gioia di cuore esultante!
E cominciò a essere, come la "Giovane Italia" mazziniana, la fede di tutti gli Italiani sdegnosi del passato e bramosi del rinnovamento.
Fede, come ogni fede che urti contro una realtà costituita da infrangere e fondere nel crogiolo delle nuove energie e riplasmare in conformità del nuovo ideale ardente e intransigente.
Era la fede stessa maturatasi nelle trincee e nel ripensamento intenso del sacrificio consumatosi nei campi di battaglia pel solo fine che potesse giustificarlo: la vita e la grandezza della Patria.
Fede energica, violenta, non disposta a nulla rispettare che opponesse alla vita, alla grandezza della Patria.
Sorse così lo squadrismo. Giovani risoluti, armati, indossanti la camicia nera, ordinati militarmente, si misero contro la legge per instaurare una nuova legge, forza armata contro lo Stato per fondare il nuovo Stato.
Lo squadrismo agì contro le forze disgregatrici antinazionali, la cui attività culminò nello sciopero generale del luglio 1922 e finalmente osò l'insurrezione del 28 ottobre 1922, quando colonne armate di fascisti, dopo avere occupato gli edifici pubblici delle province, marciarono su Roma.
La Marcia su Roma, nei giorni in cui fu compiuta e prima, ebbe i suoi morti, soprattutto nella Valle Padana. Essa, come in tutti i fatti audaci di alto contenuto morale, si compì dapprima fra la meraviglia e poi l'ammirazione e infine il plauso universale.
Onde parve che a un tratto il popolo italiano avesse ritrovato la sua unanimità entusiastica della vigilia della guerra, ma più vibrante per la coscienza della vittoria già riportata e della nuova onda di fede ristoratrice venuta a rianimare la Nazione vittoriosa sulla nuova via faticosa della urgente restaurazione della sue forze finanziarie e morali.
Codesta Patria è pure riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà, nel flusso e nella perennità delle tradizioni.
Ed è scintilla di subordinazione di ciò che è particolare ed inferiore a ciò che è universale ed immortale, è rispetto della legge e disciplina, è libertà ma libertà da conquistare attraverso la legge, che si instaura con la rinuncia a tutto ciò che è piccolo arbitrio e velleità irragionevole e dissipatrice.
È concezione austera della vita, è serietà religiosa, che non distingue la teoria dalla pratica, il dire dal fare, e non dipinge ideali magnifici per relegarli fuori di questo mondo, dove intanto si possa continuare a vivere vilmente e miseramente, ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni. »
 
 
 

giovedì 23 ottobre 2014

AI PAZZI DI …DIO IO DICO :

Art. Camerata Marco Affatigato.


il Dio che pregate e nel cui nome assassinate non può che inviarvi al …Diavolo !
Nelle numerose lettere che i pazzi di Dio , i martiri di Allah , gli assassini in suo nome ogni giorno inviano al Mondo attraverso le decapitazioni , gli stupri e gli assassinii di coloro che loro definiscono “miscredenti” esprimono che questi assassinii senza circostanze attenuanti gli permetterà di “avvicinarsi a Dio”. Del resto anche Serge Gainbourg arrivò a defin...ire Dio un fumatore di sigari Havana,con questa metafora facendo così intendere – forse ai pochi - che paragonava Dio a Castro e Che Guevara dimenticando tutti gli assassinii di omosessuali e oppositori da loro perpetrati in nome del socialismo. Del resto in Suo nome quanti assassinii sono stati effettuati nel Mondo ? Un’immensità , un carnaio che riempirebbe un altro mondo. Ed allora la domanda che ogni volta ci poniamo è : come può il “Dio del bene” permettere ciò ? La risposta è sempre la solita : perché ci ha dato il “libero arbitrio” di scegliere fra il bene ed il male. Uccidere è male (anche se a volte può sembrare bene) e spesso ci adattiamo nel male. Ma qui il ragionamento diventa più complicato arrivando persino a giustificare l’uccisione affinché il bene vinca sul male. Quindi, per non perdermi in strada in un tema millenario …anzi senza tempo …ritorno ai “pazzi di Dio” attuali . Questi pazzi che sono dei folli, questi furiosi che sono pazzi perché osano creare un Dio alla loro immagine: un Dio assassino. Il Dio ch’essi venerano ed al quale dedicano dei sacrifici umani non è altro che un idolo sanguinoso, un Dio delle tenebre e dell’odio, un macellaio halal, incappucciati con il coltello in mano pronti a sgozzare chi non lo adora.
Questi cretini degenerati attuali , come quelli che lo furono un tempo e anche nel campo di alter religioni, sono alienati a tal punto di credere che il loro Dio, quello che definiscono “clemente” , “misericordioso” come cantilenano senza comprendere ciò che dicono , abbia creato l’uomo che per il piacere di vederlo sgozzare un altro uomo, come una pecora o come un maiale. Rispettando delle regole imbecilli, editando delle sentenze inumane, questi “fedeli a Dio” intransigenti che sono fin troppo al di là del minimo di coscienza per rendersi conto che sono fra i peggiori bestemmiatori di quella che chiamano la loro religione e di quel Dio ch’essi pregano cinque volte al giorno e che per quello che fanno non può che inviarli dal Diavolo affinché essi brucino nelle fiamme dell’Inferno …altro che Paradiso e 70 vergini.


 

giovedì 16 ottobre 2014

COSA FA LA CHIESA PER DIFENDERE LA NOSTRA CIVILTA’ ?


Art. Camerata Marco Affatigato


Anche questa , come quella di prima nel precedente post , è una bella domanda ! Cosa fa la Chiesa per difendere la nostra civiltà ? Per difenderla da cosa ? Dagli attacchi al suo pilastro principale : la famiglia !
All’eccezione di pochi membri del clero cattolico, per l’essenziale giovani preti in sottana e religiosi in tenuta monastica, che portano regolarmente il loro individuale sostegno alle battaglie in difesa della ...nostra civiltà è invece da constatare l’assenza dei rappresentanti della gerarchia ecclesiastica: i principi della Chiesa.
Questa situazione si spiega essenzialmente per la “storia” singolare che ha marcato gli ultimi 50 anni della Chiesa di Roma. Uno stravolgimento che ha per istigatore la “rivoluzione bolscevica” la cui ideologia marxista non lascerà indifferente molti, allora, preti oggi con grado maggiore nella Chiesa ed “apostoli della teologia della liberazione”, E malgrado la venuta di un Papa polacco, la caduta del muro di Berlino e subitamente quella dell’impero sovietico non riusciranno a modificare né contribuiranno a svegliare le coscienze dei cattolici ancora recettivi ai discorsi marxisti propagati da riviste come “Famiglia Cristiana” .
Così che la Chiesa di Papa Francesco essendo oggi accusata di essere “lontana ed indifferente ai cambiamenti e all’evoluzione della società” , questa società che invece riflette la deriva del socialismo reale e del liberalismo mercantile delle nostre società, non osando trasmettere i principi insegnati dalle encicliche pontificali si riunisce in “conclave” per adattarsi alle nuove “regole morali” .


 

LA LIBERTA’ DI LICENZIARE NEL MONDO

Camerata Marco Affatigato.


E così Renzi ha tolto la discussione (e il voto) dell’art.18 dal Jobs Act sul quale ha richiesto e ottenuto la fiducia. Ma è giusto “smettere di parlarne” ? No ! Allora forse sarebbe bene anche vedere come “funziona” la modalità di licenziamento all’estero , fuori dall’Italia e vedere se realmente è interpretato come una minaccia per imprenditori e investitori stranieri o se questa “minaccia” è un’eccezione tutta italiana o se invece è una tutela presente nel resto del mondo.
In questi giorni ho avuto l’opportunità di leggere l’ultimo bollettino del “Centro studi Adapt” che ha ricostruito la normativa sui licenziamenti individuali in alcuni Paesi chiave come Cina, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Usa (la fonte è il documento Detailed Description of Employment Protection Legislation 2012-2013). Il risultato è che la reintegra è prevista, ma in alcuni casi il datore può non accettarla e optare per un indennizzo, in altri invece è obbligato. L’idea delle tutele crescenti, in ogni caso, è prevista quasi in tutti i Paesi considerati. In Cina per licenziare il datore di lavoro dà trenta giorni di preavviso; in Giappone, se è fortunato, un lavoratore con 20 anni di anzianità prende in media sei mesi di indennità di licenziamento. In Germania, invece, bisogna informare i sindacati aziendali, anche se questi non possono fermare il licenziamento. In Danimarca, si può usufruire di programmi di outplacement nel caso di alcuni contratti collettivi.
La disciplina dei licenziamenti da parte del datore di lavoro ha una caratteristica comune nei diversi orientamenti giuridici: la motivazione, come principale elemento discriminante tra un licenziamento legittimo e un licenziamento illegittimo. È così in tutti i Paesi europei, dalla Germania al Regno Unito, ma anche in Giappone e in Cina. La sola eccezione sono gli Stati Uniti, dove il licenziamento del lavoratore nell’ambito di un contratto a tempo indeterminato può avvenire “at will”, cioè a totale discrezione del datore di lavoro, tranne nel caso di un licenziamento discriminatorio.
Altra caratteristica comune è che, anche nei regimi più liberali come gli Stati Uniti, il licenziamento discriminatorio è considerato illegittimo.
Alcuni ordinamenti prevedono poi delle procedure di informazione e consultazione degli organismi di rappresentanza dei lavoratori. Succede, ad esempio, in Germania, dove il datore di lavoro è tenuto a informare il comitato aziendale, per iscritto, sui motivi del licenziamento prima di comunicarlo al lavoratore. È così anche in Cina, dove devono essere informate prima le rappresentanze sindacali. In entrambi i casi, comunque, il parere degli organismi di rappresentanza non ha valore vincolante.
Il principale elemento di differenziazione tra i diversi modelli è rappresentato dalla disciplina delle conseguenze del licenziamento illegittimo. In tutti i sistemi analizzati da Adapt, coesistono la tutela reale e la tutela obbligatoria. La disciplina varia in base alla tipologia del licenziamento, del tipo di violazione, del criterio relativo alle dimensioni dell’azienda (in Italia esiste il discrimine dei 15 dipendenti) e della natura dell’azienda interessata (in Italia c’è la differenza tra aziende agricole e non agricole).
Sulla base della esistenza o meno dell’obbligo della reintegra nella ipotesi di licenziamento discriminatorio possono essere distinti due gruppi di Paesi. Tra i Paesi analizzati, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito sono i sistemi che anche in caso di licenziamento discriminatorio consentono al datore di lavoro di optare per l’indennizzo al posto della reintegra. In Giappone, Germania, Danimarca, Cina, Francia e Svizzera, invece, il licenziamento discriminatorio è considerato nullo e il datore di lavoro è obbligato a reintegrare il lavoratore.
Per quanto riguarda i criteri per la definizione dell’ammontare dell’indennizzo, possono essere distinti due gruppi di Paesi: quelli che prevedono un sistema di indicizzazione dell’indennizzo all’anzianità di servizio, e quelli dove l’ammontare è stabilito dal giudice. Al primo gruppo appartengono la Germania, la Danimarca, la Spagna, la Cina e il Regno Unito. Al secondo gruppo appartengono invece Giappone, Usa, Francia e Svizzera.
Ma vediamo la legislazione paese per paese.
Cina
Un lavoratore potrà essere licenziato senza preavviso né indennità se non ha passato il periodo di prova, se ha infranto in modo grave il regolamento aziendale interno, se ha provocato un grave danno all’azienda, se è perseguito per aver commesso un reato, se ha diminuito la sua produttività perché si è impegnato a lavorare per un altro datore di lavoro. Il datore di lavoro deve dare un preavviso di 30 giorni e pagare una indennità se il lavoratore si è ammalato, se il lavoratore è incompetente anche dopo la formazione o se l’adempimento al contratto di lavoro diviene impossibile per ragioni oggettive. Il datore di lavoro prima del licenziamento deve avvisare i sindacati, che possono muovere critiche ma non annullare il licenziamento. L’indennità di licenziamento spetta solo a coloro che hanno maturato una anzianità lavorativa di almeno sei mesi: è una tutela crescente in relazione alla durata del rapporto di lavoro. Se c’è stato un licenziamento illegittimo, il lavoratore può sempre richiedere una reintegra nel posto di lavoro originario. Se questo non avviene, il lavoratore avrà diritto a una somma pari al doppio della indennità di licenziamento. Il licenziamento discriminatorio è ritenuto nullo. Non sono previsti programmi di outplacement per i lavoratori licenziati.
Danimarca
Il licenziamento individuale è legittimo nel caso di esubero di personale per motivazioni economiche o nel caso di comportamenti del lavoratore tali da rendere plausibile la cessazione del rapporto di lavoro. Il licenziamento è illegittimo se basato su scelte arbitrarie o discriminatorie. La durata del preavviso è proporzionale alla durata del rapporto di lavoro. Il licenziamento senza preavviso è previsto nel caso in cui vi siano comportamenti gravi. L’obbligo di consultazione dei sindacati è previsto solo nei contratti collettivi. Nel caso di licenziamento illegittimo è previsto un indennizzo a favore del lavoratore. Il reintegro del lavoratore è possibile solo nei casi di licenziamento qualificabili come discriminatori, considerati nulli. I programmi di outplacement sono previsti solo in alcuni contratti collettivi.
Francia
Il lavoratore con un contratto a tempo indeterminato può essere licenziato, mentre in caso di contratto a tempo determinato il licenziamento può essere esercitato soltanto in caso di dolo o colpa grave. Non è prevista una particolare protezione per i lavoratori part-time. La lavoratrice non può essere licenziata durante tutto il periodo di gravidanza né maternità, fino alle quattro settimane successive al rientro al lavoro. La normativa non fa riferimento alla dimensione dell’azienda per quanto riguarda il licenziamento individuale. Il lavoratore che ha un contratto a tempo indeterminato può essere licenziato soltanto se sussiste una causa seria e reale basata su motivi personali o economici. Nessun lavoratore può essere licenziato per aver esercitato il diritto di sciopero. L’indennità di licenziamento spetta solo a coloro che hanno maturato almeno un anno di anzianità lavorativa. È una tutela crescente in relazione alla durata del rapporto di lavoro. Il lavoratore che ritiene il suo licenziamento illegittimo può rivolgersi al Tribunale del Lavoro per richiedere il risarcimento dei danni. Nel caso in cui il licenziamento sia giudicato illegittimo è corrisposta un’indennità pari a sei mesi di salario, se il rapporto di lavoro ha avuto una durata almeno di due anni; in caso contrario, rimane una possibilità a disposizione del giudice: risarcire eventuali danni subiti dal lavoratore ingiustamente licenziato. Se il Tribunale giudica illegittimo il licenziamento, può proporre il reintegro del lavoratore nell’azienda. Ma il datore potrà rifiutarsi di reintegrare il lavoratore e optare per il pagamento di un indennizzo. Inoltre, nel caso in cui il datore di lavoro licenzi adducendo motivazioni oggettive di riorganizzazione aziendale, ma non presenti il piano inerente all’attività di riordino, sarà costretto a reinserire il lavoratore. La normativa non prevede programmi di outplacement per i lavoratori licenziati.
Germania
Per l’applicazione della legge sul licenziamento, l’azienda deve avere più di cinque dipendenti, ammesso che i loro contratti siano stati stipulati prima del 31 dicembre 2003; se stipulati dopo questa data, la legge KSchG si applica solo ad aziende con più di dieci dipendenti. Il licenziamento deve essere una misura di ultima istanza. Il licenziamento “ordinario” – cioè quello che richiede al datore di lavoro di osservare un periodo di preavviso previsto per legge – per essere legittimo deve essere “socialmente giustificato” e la selezione dei lavoratori da licenziare deve rispettare alcuni “criteri sociali”. Il licenziamento è illegittimo nel caso in cui il lavoratore sia stato allontanato nonostante potesse essere collocato in una posizione differente all’interno dell’azienda e/o non si siano fatte le “considerazioni sociali” dovute. Il periodo di preavviso è previsto anche nel caso di un licenziamento per mala condotta, a meno che la violazione contrattuale sia di natura estremamente grave. Nel caso del licenziamento “per giusta causa”, il datore di lavoro può procedere entro un periodo di due settimane a partire dalla rilevazione delle cause che motiverebbero il licenziamento, o dalla fine della eventuale investigazione sulla possibile violazione del contratto. La durata minima del preavviso che, per legge, varia da due settimane a un massimo di sette mesi, è proporzionata al periodo in cui il lavoratore ha effettivamente prestato servizio, e può essere prolungata dai contratti sia individuali sia collettivi. Il datore di lavoro deve informare il comitato aziendale (works council) per iscritto sui motivi dei licenziamenti che intende promuovere, prima di informare il lavoratore. Se il comitato aziendale non risponde con una dichiarazione entro una settimana (per licenziamenti “ordinari”) o tre giorni (nel caso di licenziamenti “per giusta causa”, si ha una approvazione del licenziamento per legge. La consultazione del comitato aziendale però è irrilevante ai fini dell’efficacia del licenziamento Il lavoratore ha diritto all’indennità di licenziamento, in proporzione alla durata del rapporto di lavoro. Nel caso in cui un licenziamento sia giudicato illegittimo dal tribunale del lavoro, il datore di lavoro dovrà far proseguire il rapporto di lavoro; dare un indennizzo al lavoratore, se il rapporto non sia proseguibile. Il reintegro quindi è previsto in due casi: nel caso di un licenziamento nullo o illegittimo; nel caso in cui il licenziamento sia giustificato da un imminente esubero al momento della cessazione del rapporto ma senza che effettivamente ci sia stata una riorganizzazione, oppure nel caso in cui un lavoratore sia stato licenziato per motivi personali. Il licenziamento è discriminatorio sulla base di motivi, tra gli altri, di razza, di genere, di età e credo religioso. Non sono previsti programmi di outplacement.
Giappone
La normativa giapponese sui licenziamenti è stata modificata radicalmente negli ultimi anni. In passato il Giappone era noto per la sua impostazione favorevole al lavoro a tempo indeterminato presso lo stesso datore di lavoro. Col passare del tempo questa impostazione è venuta meno, e sono state inserite nuove tutele dei lavoratori da eventuali licenziamenti illegittimi. Il licenziamento è legittimo nel caso di violazione delle norme da parte del lavoratore e crisi aziendali. È illegittimo invece quando è discriminatorio, nel caso di maternità o gravidanza. Non è prevista alcuna indennità di licenziamento, ed è necessario un preavviso di trenta giorni. Se il lavoratore promuove un causa, può avere diritto a un indennizzo pari alla somma che avrebbe guadagnato nel periodo di lite. Il tribunale può fare un tentativo: l’indennizzo medio per un lavoratore con 20 anni di lavoro accumulati è di 6 mesi di stipendio. Non sono previste tutele crescenti. La reintegra è molto rara. Non sono previsti programmi di outplacement.
Regno Unito
Per avere diritto alla protezione contro il licenziamento illegittimo, il lavoratore deve avere maturato uno o più anni di servizio continuato presso lo stesso datore di lavoro. La maggior parte dei lavoratori con meno di un anno di servizio non ricevono protezioni. In una procedura per licenziamento illegittimo, il tribunale del lavoro considererà tre elementi: i motivi del licenziamento (esistono 5 motivi che rendono il licenziamento legittimo); le motivazioni del datore di lavoro; se e come il datore di lavoro abbia rispettato le procedure di licenziamento. Il licenziamento può avvenire senza preavviso per cattiva condotta, infermità mentale, bancarotta e condanna per offese perseguibili dalla legge. Il preavviso è un diritto crescente in base all’anzianità di servizio, o viene comunque specificato nel contratto. L’indennità di licenziamento è una tutela crescente, prevista solo per i lavoratori che hanno maturato due anni di lavoro presso lo stesso datore di lavoro. Il licenziamento è nullo se discriminatorio. Nonostante il giudice possa ordinare la reintegra nel caso di licenziamento illegittimo, questo avviene di rado. Ma anche in questo caso, se il datore di lavoro si rifiuta, si opterà per un indennizzo, il cui ammontare viene stabilito dal giudice sulla base della anzianità di servizio del lavoratore. Non sono previsti programmi di outplacement per i licenziati.
Spagna
Il licenziamento è previsto per gravi violazioni del contratto da parte del dipendente. Le cause oggettive del licenziamento sono: incapacità del dipendente dopo il periodo di prova, difficoltà del dipendente ad adattarsi alle modifiche tecniche del lavoro, motivi economici, assenze dal lavoro. Nel caso di un licenziamento per motivi oggettivi, il periodo di preavviso è di 15 giorni. Non sono previste consultazioni dei sindacati per i licenziamenti individuali. L’indennità di licenziamento spetta ai lavoratori licenziati per motivi oggettivi, anche con contratti a termine. Un licenziamento illegittimo sia ha quando le ragioni del licenziamento sono false o nel caso in cui non siano state rispettate le procedure di licenziamento. In questo caso è il giudice che decide la reintegra. In caso positivo, il datore di lavoro può non accettare la reintegra, per cui il giudice indicherà l’obbligo di pagamento di un indennizzo al dipendente (45 giorni per ogni anno di servizio fino a un massimo di 42 mesi di stipendio). Non sono previste tutele progressive. È nullo il licenziamento discriminatorio, che viola i diritti fondamentali, durante la gravidanza o che ha richiesto cure per un bambino. In questi casi è prevista l’immediata reintegra del lavoratore, più una compensazione. Non sono previsti programmi di outplacement.
Svizzera
È illegittimo il licenziamento discriminatorio o successivo a una lamentela del lavoratore. I lavoratori hanno diritto a un preavviso, in maniera crescente rispetto alla anzianità di servizio. L’indennità di licenziamento non è prevista; esiste solo una indennità ai lavoratori che abbiano più di 50 anni d’età e più di 20 anni di anzianità di servizio. L’indennizzo a seguito del licenziamento illegittimo è stabilito dal giudice e può raggiungere un massimo di sei mesi lavorativi. La reintegra non è prevista, salvo nei casi di discriminazione. Non sono previsti programmi di outplacement.
Stati Uniti d’America
Negli Usa non c’è una legislazione specifica al riguardo (unico caso insieme al Canada). Il licenziamento è legittimo dove vi sia la volontà del datore di lavoro (a eccezione dei rappresentanti sindacali e dipendenti pubblici). È illegittimo se discriminatorio, a danno di una donna incinta, basato su informazioni generiche inerenti al lavoratore, in violazione di un contratto collettivo, in violazione del contratto di lavoro, se avvenuto a fini intimidatori. Negli Stati Uniti la maggior parte dei lavoratori non ha un contratto di lavoro. Dunque non è prevista una normativa sul preavviso, ma può essere inserita di volta in volta in un eventuale contratto di lavoro. Non è prevista per legge una indennità di licenziamento, ma può essere prevista nei contratti collettivi. Nel caso di un licenziamento ingiusto, il lavoratore a termine ha diritto a un risarcimento pari alla somma che avrebbe guadagnato se non fosse stato allontanato. Quelli con i contratti a tempo indeterminato hanno diritto a un risarcimento per danni patrimoniali passati e futuri. La reintegra è concessa solo in casi particolari, come la discriminazione. La normativa non prevede programmi di outplacement per i lavoratori licenziati.


 

KOBANE : QUELLO CHE NON SI DICE


Camerata Marco Affatigato.


Kobane, sapete, è quella città nell'estremo nord del territorio siriano, ai confini con la Turchia, che l’Esercito Islamico del Califfato sta assediando e conquistando piano piano, nonostante la resistenza dei curdi, che sono la maggioranza della popolazione (ma vi sono anche armeni, del resto siamo nella zona dove cent'anni fa i turchi li deportarono in terribili marce della morte durante il genocidio) e naturalmente anche arabi.
Ne parliamo troppo poco, non solo perché è praticamente certo che la sconfitta dei curdi porterà a una catastrofe umanitaria o, se vogliamo dire le cose con chiarezza, a un “genocidio locale” come avverte perfino l'Onu. Ma anche perché i curdi sono gli unici attori nella regione che praticano una qualche democrazia, non sono islamisti, non odiano le donne e i cristiani, insomma sono il solo fattore di modernità e tolleranza e meritano di essere difesi anche per questo. Ma ne parliamo poco anche per il loro aspetto “occidentale” : i curdi non piacciono affatto ai “pacifisti”, ai “progressisti” all'opinione pubblica che conta a Bruxelles e a Washington. E ne parliamo ancora poco dei curdi, che pure sono un popolo vero, differente dai suoi vicini per lingua, cultura ed etnia, stabilito da secoli sul suo territorio attuale, già riconosciuto dagli accordi successivi alla Prima Guerra mondiale, perché sciaguratamente abbandonati da Francia e Inghilterra dopo il riarmo turco.
Kobane , la città resiste ma i resistenti sono troppo pochi e male armati. Le armi promesse ai curdi dagli europei e anche dall'Italia non sono mai arrivate. I bombardamenti americani sono poco efficaci (forse anche perché, come ha dichiarato un esponente dell'amministrazione “Kobane non è una città strategica”; forse perché s’intende fare un favore ai turchi lasciando l’Esercito Islamico annientare la sacca di resistenza curda che potrebbe successivamente e certamente “dichiarare” la propria indipendenza; e forse anche perché Obama fa questa guerra contro voglia, come tutte le volte in cui si è trattato di fermare gli islamici legati ai Fratelli Musulmani).
Ma quello che è ancor più grave è che la Turchia ha aderito alla coalizione anti-esercito islamico, ha schierato il suo esercito dall'altra parte del confine che costeggia Kobane e coi potenti mezzi corazzati potrebbe facilmente rompere l'assedio e schiacciare i jihadisti dell’Esercito Islamico (che anche loro hanno mezzi corazzati) …ma si guarda bene dall'intervenire. Perché ? La risposta a questo “perché” è con un'altra domanda : perché dovrebbe la Turchia aiutare i curdi, i quali da decenni si ribellano contro il potere coloniale dello stato turco che nega loro autonomia, lingua e perfino l'identità, pretendendo di assimilarli a forza?
Perché i curdi sono oltre un terzo della popolazione dello stato di Turchia e rifiutano ostinatamente il privilegio di abbandonare la loro origine, il loro linguaggio, la loro cultura e trasformarsi in turchi; e del resto Greci, Armeni, Assiri e altre minoranze sanno bene che cosa significa lo status di minoranza nello stato turco, da quando esso è stato costretto ad abbandonare le sue ambizioni imperiali: la fuga o la morte.
Poi perché il governo turco ha allevato con le proprie mani lo Stato Islamico dei Fratelli Musulmani e favorisce il transito ai jihadisti che dall’Europa vogliano raggiungere le file dell’Esercito Islamico (sono migliaia di jahidisti sono passati dal suo territorio per raggiungere l'esercito islamista, che si trattasse di turchi o di europei), fornendo loro anche armi leggere; inoltre ne condivide l'ideologia islamista (e dunque l'oppressione dei diritti delle donne, l'intolleranza per le altre religioni, l'odio per la laicità) ed è giusto ricordare che Erdogan è un Fratello Musulmano che lascia che per le strade di Istanbul si vendano liberamente i materiali e la propaganda del Califfato.
Poi perché lo scopo della Turchia in Siria è di abbattere Assad, che pure era un suo alleato e “grande amico” fino a qualche anno fa. Come in altri campi della politica turca questo obiettivo è il frutto piuttosto irrazionale dello spirito di vendetta di Erdogan, fatto sta che lo Stato Islamico in teoria fa parte del fronte della ribellione ad Assad, anche se la fine del dittatore di Damasco è oggi un obiettivo assai secondario, e dunque per la Turchia è un alleato. Di qui il doppio gioco di Erdogan che ne fa oggi anche un alleato assai dubbio per l'America di Obama, che pure l'aveva individuato come il modello del suo compromesso storico con l'islamismo.
Allora la domanda da porsi è : chi appoggia davvero la Turchia ?
Diciamo che la Turchia si guarda bene dall'appoggiare davvero l'America e la Nato, ci cui fa parte, e cerca invece di negoziare dei vantaggi dalla sua posizione, come fece ai tempi della guerra del Golfo.
Dunque Kobane rischia di cadere presto, portando alla distruzione della zona semiautonoma curda ai confini fra Siria e Turchia che in questi anni era stata un'isola di relativa ragionevolezza in Siria e di lì poi vi è il rischio che la spinta jihadista si concentri su altre zone curde: questa volta in Iraq, in particolare Kirkuk, che è strategica, essendo la capitale di un grande distretto di produzione petrolifera.

 

“IMMIGRAZIONE” : UN TEMA VIETATO AGLI ITALIANI


Art. Camerata Marco Affatigato.


Il mondo politico nega, in piena coscienza di volerla negare, la parola al popolo
Heidegger, Flaubert, Kierkegaard e tanti altri avevano messo in guardia contro la dittatura del “si dice” precisando, ognuno con la sua propria sensibilità, che non bisognava cedere alla tentazione del “rumore popolare” nel guidare una Nazione. Questo principio è certamente giusto ed i dirigenti di uno Stato non possono né devono sottomettersi... ad ogni cambiamento d’umore della folla. Ma arriva che , ogni tanto, il popolo abbia la sua buona e giusta intuizione. Ed oggi è ancor più spesso visto che il “potere” è fallace !
Oggi il “potere” , chi governa è completamente “distaccato” dalle preoccupazioni degli italiani. Anzi , ancora di peggio: il Parlamento ed i suoi uomini e donne che si dichiarano “politici” negano la parola al popolo in piena coscienza di negarla, disprezzandolo addirittura attraverso Parlamenti e governi loro imposti.
Per questi “politici” che sono a-politici , gli italiani sono abbastanza intelligenti per eventualmente eleggere chi propongono le segreterie dei partiti ma troppo stupidi per pronunciarsi su soggetti maggiori che impegnino il loro futuro. Uno fra questi soggetti maggiori è l’immigrazione .
L’immigrazione e le questioni circa la “sovranità nazionale” sarebbero soggetti di livello troppo alto per le “pecore e montoni” che noi , popolo, siamo. Così incapaci di riflettere ma con sufficiente umanismo per gli uni (la sinistra) o così poco pratici di tecnicità per gli altri. Del resto noi, popolo, non saremmo neanche capaci di esprimerci correttamente se ci domandassero di dare la nostra opinione sul “blocco aereo” in direzione (e destinazione o arrivo) dai paesi africani toccati dal virus Ebola ; né , tantomeno, sapremmo esprimerci sulla revoca ella nazionalità ai jihadisti italiani impegnati in Siria, in Iraq, in Libia; oppure su un tema come il “matrimonio omosessuale” …per non parlare poi della “riforma scolare” che da decenni ormai investe tutti i governi in carica …senza proprio riformare in positivo un bel niente. Non parliamo poi di “euro/lira” o di “pressione fiscale”. Prendiamo atto ! I “politici” ( o meglio sarebbe dire gli “a-politici” ) ci negano il diritto di pronunciarci su ciò che impegnerà il futuro dei nostri figli : sicurezza, immigrazione, costruzione dell’Europa, morale.
Però almeno una cosa ce la lasciano fare: ci autorizzano a partecipare al gioco della democrazia così detta “”rappresentativa” che da elettiva è ormai divenuta nominativa. Cioè ci danno il diritto di nominare a governarci chi vogliono loro.


 

sabato 11 ottobre 2014

TURCHIA – ISIS – MONDO REALE



Art. Camerata Marco Affatigato.


La polizia turca spara con proiettili reali sui manifestanti curdi che chiedono di andare a soccorrere i loro fratelli curdi assaliti dai jihadisti dello “Stato Islamico” .
Un po’ di Storia per rinfrescarci la memoria. Nel corso dell’estate del 1944 , l’Armata Rossa, dopo aver respinto l’assalto della Wehrmacht, era penetrata sul suolo della Polonia e , proseguendo nella sua offensiva vitoriosa, si avvicinava a Varsavia. I polacchi non avevano ancora dimenticato che nel 1939 , quando l’URSS era alleata della Germania di Hitler (questo nei libri di Storia – quella scritta dai vincitori – non si legge ), il loro paese era stato “violentato” così che i più chiaroveggenti guardavano con circospezione coloro che, adesso, si presentavano come loro liberatori (una chiaroveggenza che il futuro gli avrebbe poi dato ragione). Ma , d’altronde, i polacchi volevano “liberarsi” dall’occupante tedesco e , malgrado delle esitazioni, così i dirigenti dell’”Esercito Segreto” , organizzazione militare della resistenza polacca formata soprattutto da ebrei (gli stessi che poi , una volta arrivata l’Armata Rossa, si ritrovarono sui “treni” destinati ai Gulag sovietici anziché ai “campi di sterminio” tedeschi – anche questo sui libri di Storia non lo troverete), rispondendo agli appelli di “Radio Mosca” ed alle promesse formali di Stalin, il 1° agosto fecero esplodere l’insurrezione di Varsavia. Certamente questi ebrei-polacchi non ignoravano che l’esercito tedesco, malgrado che la “guerra” stesse prendendo una piega a loro non gradita, aveva comunqu i mezzi per schiacciare la rivolta ma essi contavano sull’appoggio decisivo dei sovietici. Ed invece il 2 ottobre 1944 lo stato maggiore dell’Esercito Segreto, ormai spossato ed invaso dalla rabbia e dal dolore, decise di capitolare. La rivolta di Varsavia era costata la vita a 17mila soldati tedeschi certamente , ma anche a 25mila resistenti polacchi e 180mila civili polacchi. I sopravvissuti furono deportati prima dai tedeschi, nei campi di concentramento, e poi quando Varsavia sventolo la “bandiera rossa” dell’Armata sovietica , nei gulag. Non solo Stalin tradì cinicamente i polacchi non mantenendo i suoi impegni ( l’Armata Rossa nel corso di quei due mesi di insurrezione rimase accampata dall’altra sponda della Vistola, a portata dei cannoni e con “l’arma al piede”), non solo avendo ordinato alle sue truppe di non intervenire ma arrivando a vietare agli “alleati” di utilizzare gli aeroporti sotto il controllo dell’Armata Rossa per portare aiuto agli insorti. E’ il 17 gennaio 1945 che l’Armata Rossa entra in una Varsavia in rovine e svuotata della sua popolazione. I massacri dell’élite nazionalista, cattolica e anticomunista completerà quella di Katyn , lasciando il campo libero ad uno pseudo-governo di Lublino, emanazione del Partito Comunista Polacco, complice degli assassinii iniziati dai tedeschi e finiti dai sovietici comunisti.
Perché ho parlato di questo “pezzo di Storia” ? Poiché Tayyip Erdogan sta facendo la stessa cosa che fece Stalin .
Nominalmente la Turcha di Erdogan è membro della “coalizione” anti-Stato Islamico e mentre è autorizzato dal proprio Parlamento a fare intervenire le sue forze terrestri lascia che i jihadisti , meglio armati e meglio addestrati (è bene ricordarlo che ad armare ed addestrare i jihadisti in Siria sono stati gli USA , la Gran Bretagna e Israele), prendano il “vantaggio militare” sugli avversari curdi. Così il presidente turco pensa di evitare una minaccia : il Kurdistan siriano autonomo.
Non solamente i generali delle divisioni blindate turche , poste a difesa della frontiera, non pendano assolutamente di “rompere” l’offensiva jihadista portata contro la città curda Kobane ma , addirittura, non fanno entrare in Turchia i curdi che da questa città fuggono, trattenendoli sulla “linea di confine”. Questo mentre nelle città turche confinanti i curdi manifestano affinché si vada a soccorrere i loro fratelli ad di là della frontiera e , dai turchi, ricevono pallottole reali, così da smentire coi fatti le parole dell’uomo forte della Turchia sunnita islamizzata, alleata dello Stato Islamico quando agli degli Occidentali si presenta come suo nemico. L’ipocrisia ch’ebbe Stalin coi polacchi ha fatto scuola per l’ipocrisia di Erdogan.

E IL MOMENTO DI FARE I CONTI CON LA REALTA’

 
 
 
Art. Camerata Marco Affatigato.

Secondo voi è una “violenza”, è un “non politicamente corretto” , è un “non islamicamente corretto” domandare ai musulmani di dissociarsi pubblicamente e con atti concreti dai jihadisti ?
La domanda per me non è di difficile risposta. Non è affatto una “violenza” ! Anche se , ed è bene saperlo, il Corano autorizza il musulmano a mentire al “miscredente” pur di ottenere la vittoria della fede.
Qualunque persona normale (anche quelli “politicamente corretti” e gli altri “islamicamente corretti”) capisce che :
- se il più aggressivo movimento jihadista del momento si chiama Isis (e le prime due lettere significano Islamic State, che naturalmente è una traduzione dall’arabo, ma in arabo il senso è lo stesso: الدولة الإسلامية, al-Dawla al-Islāmiyya);
- se l'organizzazione teologica madre di questi jihadisti (com’era madre di Al-Qaeda ed ancor prima di essa di altri suoi “bracci armati” ) si chiama Fratellanza Musulmana;
- se gli abbozzi di Stato dei jihadisti della Fratellanza Musulmana il nome di Califfato (da al Khalifa, il successore, beninteso di Maometto);
- se sulle loro bandiere è scritta la dichiarazione di fede islamica;
- se vanno all'attacco, a Kobani come a Mosul come in Sudan o in Nigeria, gridando “Allah Akbar” (Allah è grande);
- se c'è una cintura di fuoco e di guerre tutto intorno al mondo islamico: dalla Cina al Caucaso, da Bali ai Balcani, dalla Libia allo Yemen;
- se poi ci aggiungiamo anche che in nome dell'Islam sono stati compiuti i più sanguinosi attentati e si stanno compiendo i più orrendi assassinii e genocidi che hanno funestato la nostra epoca occidentale;
- se poi aggiungiamo a tutto ciò che diverse migliaia di jihadisti che vanno a cercare il martirio provengono dal mondo occidentale e che sono gli Imam, capi religiosi di molte comunità islamiche che la nostra pur prudentissima , in questo campo ( ma immediatamente all’erta ad arrestare il primo fascista che gli si presenta anche per un solo saluto romano), magistratura giustifica come teologhi anziché incriminarli come propagandisti e reclutatori della jihad,
forse il sospetto anche politicamente e islamicamente corretto che l’Islam, così come viene teologizzato da molti Imam nelle Moschee, c'entri qualcosa… forse non è campato in aria.
Ma invece “qualcuno dice”, e fra questi “qualcuno” ci troviamo il primo presidente degli Stati Uniti d’America musulmano e giornalisti, malgrado che loro colleghi e umanitari occidentali vengano rapiti, trattenuti in cattività e poi – come in molti ormai casi – anche assassinati, e sostiene con incrollabile convinzione che non è l'Islam ma un “mostro” che in qualche modo gli si è sostituito, dimenticando che l'Islam si è sempre comportato in questa maniera, da quando Maometto decise lo sterminio di tutti i miscredenti, dopo averli assediati e sconfitti nell'oasi di Kheibar.
Purtroppo la Storia ci insegna che la violenza e l'intolleranza islamica non sono un'invenzione recente, accompagnano tutta la sua storia, i rapporti con i cristiani come quelli con gli ebrei, gli induisti e i loro stessi compagni di fede ritenuti eretici.
Allora ce n'è abbastanza perché un islamico possa almeno sentirsi domandare, senza tanti rigiri del politicamente e islamicamente corretto, se lui è d'accordo con gli assassinii e le stragi e i genocidi commessi in nome di Allah e se c'entra qualcosa.
Come per le stragi di Pol Pot, per non parlare di quelle di Stalin e di Mao e di quelle di Castro e Che Guevara delle quali oggi ancora è difficile parlare, ce n'era abbastanza per chiedere ai comunisti nostrani (quelli ch’erano e sono nelle segreterie del partito e gli intellettuali di turno) se davvero questi che hanno e continuano a definire “grandi leader” ed i loro assassinii e genocidi “il prezzo della rivoluzione”, non risultino essere invece esempi di perversione individuale, folli e criminali al comando di regimi comunisti con qualcosa di marcio nella loro ideologia? Non mi risulta, purtroppo, che molti l'abbiano fatto, nè a voce alta né sottovoce (almeno per avere la scusa di averlo detto senza però che lo sentissero).
Dunque la domanda dalla quale sono partito e che è forse meglio ripetere << Secondo voi è una “violenza”, è un “non politicamente corretto” , è un “non islamicamente corretto” domandare ai musulmani di dissociarsi pubblicamente e con atti concreti dai jihadisti ? >> è sciocca ?
L'islamofobia, cioè il timore per i pericoli dell'Islam, che le loro organizzazioni vorrebbero far considerare come un reato, non è certo razzismo, dato che riguarda un'ideologia, una forma di vita, che è ben più di una religione e che non si identifica con nessuna etnia. Il problema che pone questa mia domanda-riflessione è che essa non è destinata a quei musulmani, persone di fede islamica innocenti e anzi meritorie o anche solo desiderose di vivere in pace facendosi gli affari loro che , per fortuna, non mancano e probabilmente sono in maggioranza, ma che sono comunque chiamati a giustificarsi, di fronte alla diffidenza generale, delle gesta dei jihadisti che fanno stragi ed assassinano in nome di Allah. Il problema che pone questa mia domanda-riflessione è che essa è destinata ai rappresentanti delle organizzazioni musulmane e agli Imam.
Dal mio punto di vista, quindi, no ! non è sciocco chiedere ai rappresentanti delle organizzazioni musulmane, chiedere agli Imam che teologizzano l’Islam nelle Moschee di pubblicamente e con atti concreti condannare i jihadisti …non è sciocco ! E’ perfettamente ragionevole fare i conti con la realtà.


 

martedì 7 ottobre 2014

Boia Chi Molla.

 

I "COMPAGNI" DI MERENDE

Fonte art dal camerata.

Andres Marzio M o l i s e
 
 
Premetto, Berlusconi mi repelle, e' l'anti Mussolini per eccellenza e trovo che tutti questi berlusconiani che si dicono fascisti siano probabilmente degli ignoranti. Premesso cio.

Che i capital catto comunisti antiberlusconiani militanti siano stati dei dementi se ne aveva avuto sentore fin da subito, e parlo dei politici, dei votanti e dei loro giullari di regime quali ...Benigni, Sabina Guzzanti, Crozza, Bianca Berlinguer, Littizzetto, Gruber, Luttazzi (che di recente ha avuto problemi per evasione), Moretti e "compagnia" andando. Se ne aveva avuto sentore fin da subito osservando i loro modi gridati di esprimersi, i loro compulsivi istinti antiberlusconiani maniacali, non facevano che parlare di quell'uomo in ogni circostanza, avevano trovato il loro mostro e pareva che morto lui sarebbe morta la strega cattiva e l'Italia sarebbe tornatat fiorire come un tempo (quale?). Il male assoluto: Silvio Berlusconi. Che poi a ben vedere quell'uomo altro non era che una briciola rimanente della prima repubblica, o si pensa forse che Andreotti Craxi ecc. non fossero collusi con la mafia come lui? o si pensa che prima di lui non esistesse corruzione? Berlusconi era il male minore, solo a loro poteva sembrare diversamente. Ma che erano dei dementi fu chiaro alloerche accolsero con benevolenza l'arrivo di Monti o di Renzi, l'uno un vero e proprio criminale membro del Gruppo Bilderberg e della commissione trilaterale (che tuttavia ci fu propinato come semplice professore universitario!!!) l'altro un fantoccio don le braghe corte, entrambi al servizio dei poteri capitalistici d' Europa e del mondo. Qualcosa di ben piu serio e dannoso dunque, dell'imprenditore ignorantello colluso con la mafia italiana. Gia', dietro l'angolo c'era un mostro ben piu grosso che ne ha fatto un sol boccone degli italioti. Non e' un caso se saranno proprio questi capital catto comunisti a vendere l'oro d'Italia alle banche d'Europa, e contemporaneamente, cosi, come se nulla fosse, scenderanno in piazza a lottare per i "diritti dei gay". Criminali puri da mettere al muro. Che i politici di questa area politica lo siano e' certo, i loro votanti invece...solo utili idioti, ai quali pero' non si puo' perdonare nulla 'che le loro responsabilita' sono comunque pesantissime. 80 euro ed hanno avallato le manovre di questi cani, ma un popolo che elegge corrotti impostori ladri e traditori non e' vittima, E' COMPLICE! E i giullari che tanto girotondavano? che fione hanno fatto ora che siamo in mano alla criminalita' capitalista? SCOMPARSI. E cosi, dai politici a chi gli da il potere (anche questo e' democrazia) hanno fatto e fanno un po quello che cazzo gli pare del paese, deciso nemici e amici, buoni e cattivi, giusti e sbagliati, dispensano pillole di civilta antirazzista, danno lezioni...che poi queste lezioni di civlita' mentre si distrugge la patria! se dici che non ti piacciono gli immigrati allora sei uno sporco incivile ignorante egoista razzista, pero' loro posso dire che i berlusconiani o i fascisti sono delle luride merde! eh no cari, o s'e' preti con tutti o non lo si e' con nessuno! Ma intanto, i pezzi di cazzo che questi "compagni" di merende ci propinano sono tutti per noi. E guai a chi protesta.




giovedì 2 ottobre 2014

OMNIA IN BOMUN

 

Art  camerata
Andres Marzio Molise

 
Che poi questi capital preti comunisti (o capital suore) hanno davvero spappolato la minchia un po a tutti quanti, ci sono brandelli di minchia sparsi per tutta l' Italia. Intendo i sinistroidi italiani (boldrini vendola bersani e "compagnia" bella e tutto il loro popolo di italioti).
Ma chi cazzo sono questi sub individui che "affollano" il paese per dare lezioni? Buonismi rigetta...nti...imposti con la peggior cattiveria negli occhi e nei toni. Che poi a parte le mistificazioni intolleranza-razzismo che essi sanno bene attuare (o difesa della tradizione naturale-omofobia), non sta scritto proprio da nessuna parte che il razzismo sia cosa sbagliata; in ogni cosa v'e' il superiore e l'inferiore. Che poi in nome del razzismo non si debbano praticare genocidi, questa e' altra cosa e che comunque attiene alle considerazioni personali e nessuno puo impormi la sua senza farmi incazzare. Prima della seconda guerra erano tutti razzisti, ed e' solo dopo gli avvenimenti anti ebraici messi in atto dai nazisti (peraltro che oggi sappiamo essere stati esagerati dai vincitori della guerra, e davvero non poco), intendo apertamente razzisti. Gia perche l'uomo al di sotto delle sue mode culturali non cambia affatto...si dicono antirazzisti oggi, di fatto appoggiano i moderni negrieri! E' solo dal dopoguerra che il cavallo imbizzarrito dell'antirazzismo strillato ha cominciato a galoppare fiero (forse anche troppo) in giro per l'Europa. Ed ecco che la maggioranza degli individui, mediocre, v'e' salita in groppa e da allora non smette un attimo di andare in giro a dispensare pillole di civilta' antirazzista con una spocchia che e' francamente fuori luogo se pensiamo che sono gli stessi individui complici della vendita dell'oro italiano alle banche, della creazione del mostro equitalia, della privatizazzione del paese, dell'immigrazione di massa che serve solo ai capitalisti...questi capital preti comunisti nulla hanno a che vedere, comunque, con il comunismo, oltra ad un certo odio per la patria e all'antinazionalismo. 'Che Che Guevara fece campi di concentramento per i gay e Stalin non avrebbe certamente mai coniato nuove definizioni per gli zingari (idiota Marino: "camminanti", e' meno razzista). E' davvero giunta l'ora io credo, ed anzi e' ormai tardissimo, di metterli a tacere e di ficcare i loro indici alzati nei loro culi borghesi.





 

mercoledì 1 ottobre 2014

NON E’ L’ISLAM IL NOSTRO NEMICO MA UN CERTO TIPO DELLA SUA LETTURA


Art camerata Marco Affatigato.

Conoscere e identificare il nostro nemico è necessario per difenderci.

La Crisi è ovunque e non è più solamente economica. Di ciò che sta accadendo nel Mondo sono rimasto colpito, più che da ogni altra cosa, dalla nascita e dalla prorompente ascesa del nuovo Califfato, neofondato dal califfo Abū Bakr al-Baghdādī – (foto1), fratello musulmano staccatosi da al-Qaeda per diffondere la visione della parola di Dio, così come descritta nei testi di Qutb – (foto 2) , indiscusso leader teologico dei “Fratelli Musulmani”, impiccato dal presidente egiziano Nasser (anch’egli fratello musulmano asceso al potere attraverso un colpo di Stato, ma questa è un’altra storia della quale potremmo in seguito parlarne se vorrete e se trovassi qualche editore interessato a pubblicare il mio saggio sui “Fratelli Musulmani”) nel 1966.
I fatti dicono che i jihadisti del Califfatto in pochi mesi ha preso il controllo di vastissime aree dello stato Siriano ed Iracheno (anche grazie ad un accordo politico-militare con al-Assad che prevedeva l’astenersi da azioni in Siria contro i militari dell’esercito siriano), creando roccaforti dove ogni aspetto della vita è governato e regolamentato secondo la interpretazione fondamentalista del Corano: la shariah .
Il Califfato è una realtà che non si può e non si deve ignorare e quindi giudicare i jihadisti come l’ennesima banda di “terroristi” islamici è altrettanto sbagliato . I fatti ci arrivano chiari e puliti, così come vengono eseguiti, dai loro mezzi di informazione, primo fra tutti il canale televisivo di Al Jazeera. Attraverso quei canali sappiamo dove e come hanno attaccato, come gestiscono le loro conquiste ed anche da chi e come siano organizzati militarmente e , purtroppo, veniamo a conoscenza degli assassini perpetuati di occidentali secondo il rituale islamico destinato ai miscredenti: il taglio della testa. Ma per causa del nostro modo di pensare, occidentale, non abbiamo idea di chi veramente siano. Solamente una cosa ci è ben chiara, poiché la gridano attraverso tutti i mezzi disponibili: la legge coranica in tutto il Mondo …Allah Akbar !
Bene, questo è quello che succede.
Ma l’interesse vero risiede in due punti di analisi:
- il primo è perché la reazione dell’Islam è stata ed è così violenta, così repressiva nei confronti dei miscredenti e soprattutto così vastamente appoggiata dai musulmani in tutto il mondo, che aiutano economicamente e fisicamente raggiungono il nuovo Califfato;
- il secondo è cosa c’è scritto nel Corano: quale mai sarà questo messaggio che spinge milioni di persone ad una disciplina ferrea, una fede incrollabile e spesso un “credo” che noi occidentali definiamo “fanatismo” d’epoca medioevale ? Quale è la vera forza di questa religione, che ci è sorella in quanto entrambe nate dalla stessa madre ebraica ( la Bibbia) ? Quale è quella forza che ha già dimostrato nella storia di poter fare di nomadi un impero che ha fatto tremare l’Europa e che ha dominato intellettualmente e culturalmente il mondo per centinaia di anni e dalla quale abbiamo appreso e trattenuto molto per le nostre arti, scienze e matematiche ?
Il Medioriente ha subito in questi ultimi anni un attacco non solo militare ed economico, bensì culturale, inteso a spazzare via uno stile di vita millenario e sostituirlo con questo capitalismo/consumismo forgiato dagli americani negli ultimi 50 anni ed oggi imposto al Mondo dall’altrettanto califfo statunitense Barack Hussein Obama ; i cambiamenti sociali forzati e instaurati nella grandi città e in tutti i territori raggiungibili che sono seguiti all’avanzata delle truppe statunitensi (con gli alleati al seguito, compreso l’Italia ) ha scombussolato un orologio ben calibrato come era quello della cultura islamica, costruita su di un derivato della Bibbia qual’è il Corano e su infinite generazioni di Fratelli legati da una fede più forte e concreta di qualsiasi altra si possa sperimentare oggigiorno.
Il nostro ruolo come Occidente sotto il giogo statunitense, dalla fine della II Guerra Mondiale, in questi ultimi trent’anni è stato ed è tutt’oggi francamente insopportabile e molesto. La nostra fame di energia, abilmente mascherata da desiderio di civilizzazione, ci ha portati in casa altrui – che sia in Medioriente e in Africa - con una virulenza devastante, proiettando idee e comportamenti che non dovevano e non possono attecchire in una comunità, come quella islamica e tribale , la quale per concetto ed istruzione aborrisce l’eccesso di libertà e di costumi che ci siamo noi, giustamente, concessi chiamandolo “progresso”.
Ma se dovessimo e volessimo perdere solamente qualche minuto a riflettere la prima domanda seria che dovremmo porci dovrebbe essere questa: siamo noi ad aver attaccato loro (la loro cultura, le loro regole che sono un tutt’uno con la loro religione) o sono loro ad avere attaccato noi (la nostra cultura, le nostre regole e le nostre religioni) ?
Una domanda che, evidentemente, ci è più facile evitare poiché la risposta è lampante: siamo andati noi a violentare le loro case, le loro regole e quella che è la loro religione-Stato.
L’ipocrisia con la quale abbiamo invaso ed anche governato attraverso “governi fantoccio” questi popoli, cercando di cambiarli ed adattarli ai nostri personali ritmi economici ha del vergognoso; spesso dimentichiamo come la cultura araba abbia avuto i suoi momenti di fulgido splendore, di quanto fiero e orgoglioso possa essere un popolo che rammenta d’esser stato un impero senza pari, di come agli occhi di un disciplinato e fedele fratello musulmano noi, noi occidentali , possiamo apparire rozzi e animaleschi.
Prima abbiamo comprato la dignità e fiducia dei governati di quelle terre con soldi sporchissimi, per ottenere ciò che li poteva servirci. Poi nel momento in cui la nostra stessa corruzione ha insudiciato, ottenebrato e ammattito quegli stessi governati portandoli ad oscenità del tutto comprensibili, ammantati della nostra puritana indignazione per dei diritti umani che abbiamo scelto per noi stessi ma non per gli altri ci siamo presentati senza invito in casa altrui: prima col pretesto del liberatore e poi con guerre e stermini i cui morti non si contano più per pigrizia.
Se in tutta quella terra ci fosse stato anche solo un essere umano dotato di un poco di orgoglio si sarebbe strappato i capelli a avrebbe pianto le sue lacrime prima di cercare vendetta. Purtroppo di uomini così l’Arabia è piena (come tutto il resto del mondo) e questi uomini hanno deciso di combatterci, di combattere l’invasore, di combattere il miscredente.
La loro millenaria cultura si riassume in un solo grande libro il Corano, che è legge che è Stato e li hanno cercato rifugio.
La reazione jihadista nasce solo in questa che è una situazione estrema. Questa situazione che noi stessi occidentali abbiamo creato (anche attraverso l’erogazione di somme strabilianti di denaro e con aiuti militari di istruttori ed armamenti) e di cui adesso ci stupiamo, anzi peggio ci ritraiamo con disprezzo e paura, arretrando sulle nostre più comode e facili posizioni di cultura civilizzata e umana, quando di umano e civilizzato abbiamo conservato solo le parole. E forse neanche quelle, talmente siamo divenuti individualisti ed asettici su ciò che quotidianamente avviene intorno a noi: l’autodistruzione, l’immoralità , la a-cultura che ci stiamo dando attraverso il culto del profitto e del denaro, il “vitello d’oro”.
Ma cosa dice il Corano? Quale messaggio è nascosto in questo libro che, al pari della Bibbia e del Vangelo, ognuno che si permette di dare un giudizio dovrebbe prima aver letto?
Il Corano di per se è una raccolta degli insegnamenti, dei dettami e delle regole che il profeta Maometto ha trasmesso a voce (essendo egli analfabeta) e che i suoi fedelissimi hanno trascritto dopo la sua morte. Probabilmente è uno dei più eleganti prodotti della letteratura araba che raccoglie in se sia la trascendenza propria delle visioni di un profeta, sia i suoi giudizi terreni, i suoi consigli e le sue direttive su come deve vivere e morire un Musulmano.
Islam significa “pace”, e Musulmano significa “colui che ha fatto pace con Dio”, rammentando che si parla dello stesso Dio degli Ebrei, Jhwh e dei Cristiani, Jehovah, che loro chiamano Allah ( ma ogni tentativo di dare un nome proprio a Dio Padre è praticamente un grave errore poiché significa tentare di possedere Dio mentre è l'essere umano, secondo la logica biblica dalla quale nasce sia il cristianesimo che l’islam , ad essere nelle mani di Dio).
Questo libro era l’unica cultura che un popolo nomade, fatto di tribù di origine semitica che abitavano l’Arabia, avesse mai avuto e si legava, e tutt’ora si lega, indissolubilmente con l’anima del credente, guidandolo e consolandolo. Non bisogna fare l’errore di paragonare la visione dell’uomo e il concetto di vita nostro con il loro, sono semplicemente diversi.
In me scatena una profonda curiosità capire come mai un libro che predica certamente la conversione dei “non credenti”, ma che assolutamente non afferma di doverli punire in alcun modo, abbia portato ad estremismi veri e concreti più oggi che prima dell’anno mille.
Dopo l’ottavo secolo l’impero islamico si stava forgiando, conquistando i vasti territori dell’Impero bizantino e risalendo l’Europa dalla Spagna; fermati a Poitiers da Carlo Martello e dai suoi franchi, i musulmani non hanno per un soffio dominato l’Europa intera (ci riproveranno sotto il dominio Ottomano, ma li fermeremo nuovamente a Vienna). Dove hanno governato hanno portato una cultura di modernizzazione che altrimenti il nostro continente non avrebbe visto per centinaia di anni e sulla quale oggi costruiamo il nostro futuro.
Ma allora perché oggi l’Islam è così violento e intollerante?
Oltre alle ragioni di prima citate, come ogni grande uomo con un grande messaggio, anche Maometto è stato travisato e portato all’eccesso dal solito invasato, forse genio, ma ottenebrato dallo stesso peso del suo intelletto: Al-Ghazali – (foto 3).
Conosciuto da noi col nome di Algazel è stato un teologo persiano, che visse e scrisse cent’anni prima della conquista da parte di mongoli di Baghdad, avvenimento che segna il declino della civiltà Islamica e che porterà il popolo musulmano nelle mani più violente e aggressive degli Ottomani. Algazel è stato uno dei primi e dei principali scrittori che hanno interessato gli studiosi europei, la sua vastissima opera ha toccato moltissimi ambiti, ma il suo principale interesse fu la restaurazione degli insegnamenti del Corano e se dovessimo fare un paragone lo possiamo definire il corrispettivo di San Tommaso d’Aquino per il mondo arabo, con la differenza che egli si prodigò in una estrema lotta contro i filosofi, sia classici ( Aristotele e Platone) sia i suoi contemporanei arabi (come ad esempio Avicenna e Al-Farabi) per restaurare una più letterale e sufista visione del credo (il sufismo è una pratica mistica di ricerca interiore tipica dell’Islam).
Quest’uomo, Algazel, ha riscritto il modo di leggere ed insegnare il Corano, oscurando le brillanti scoperte e progressi che avevano illuminato il percorso dell’Islam nei secoli precedenti. Non dimentichiamo che ciò che noi siamo oggi, intellettualmente parlando, lo dobbiamo a questo popolo dal quale abbiamo appreso la numerologia, lo zero, l’Algebra, la geometria, l’astrologia e finanche l’alfabeto trasformandolo, il calendario, la misurazione del tempo, la scrittura, la pittura raffigurativa…ecc. non stiamo parlando di una cultura di barbari, bensì di una comunità élitaria che ha guidato intellettualmente il mondo e, come per molte altre, compresa la nostra, è stata deragliata da un pensiero oscuro e oscurantista, quello di Algazel che ha asserito che la matematica è il linguaggio del demonio. Così l’Islam l’ha abbandonata, così l’Islam ha chiuso i ponti con le maggiori scuole filosofiche, le ha rifiutate e combattute.
Tutto questo l’ho scritto perché ho il profondo desiderio che si osservi e giudichi ciò che avviene oggi sotto molti punti di vista e non semplicemente come qualcosa di estraneo a noi, che succede in una terra lontana, animato da selvaggi e barbari. E’ tutto tranne che questo !
Permetterci di apprezzare appieno una cultura così ricca e così indebolita dagli oscurantisti neo-fondamentalisti islamici dei “Fratelli Musulmani” può essere un fondamentale aiuto nel nostro personale percorso di soccorso della nostra decadente civiltà ma anche nella sua difesa dall’Islam oscurantista.
E’ vero ! Oggi dobbiamo difenderci dalla loro reazione al nostro ingiustificabile attacco ma , se veramente vogliamo dimostrarci ed essere diversi dai jihadisti , dobbiamo anche avere l’umiltà di considerare con la giusta ottica e con la coscienza che esistono islamici che sono altrettanto perseguiti come “miscredenti” da questi neo-fondamentalisti guidati dai teologi della “Fratellanza Musulmana” e che la loro forza religiosa può e deve essere nostra alleata.


 

L’EUROPA E’ LA PREDA , E’ LA TERRA DI CONQUISTA


Art camerata Marco Affatigato.

E così adesso è l’Esercito Islamico del Califfato che aspira a conquistare la “Città Eterna” : «Conquisteremo Roma, spezzeremo le sue croci, faremo schiave le sue donne col permesso di Allah, l’Eccelso», ha dichiarato il portavoce dello “Stato islamico”, Abu Muhamad al Adnani, in un comunicato multilingue apparso su Internet e diffuso dal quotidiano on line The Long War Journal. Niente di veramente nuovo sotto il sole. Infatti già Gheddafi lanciò il suo messaggio di jihad quando da Tripoli dichiarò che “ gli zoccoli dei cavalli berberi calpesteranno trionfanti il suolo di Roma” . Una “profezia” che parzialmente si è avverata , con l’invito di Berlusconi , ma che non haavuto il suo seguito – per fortuna – per la megalomania di Gheddafi che ha contrastato gli interessi teologici dei “Fratelli Musulmani” che , con l’aiuto dell’Occidente, l’hanno deposto ed ora hanno deposto , sempre con le armi, anche il “governo pro-occidentale” , confinandolo su una nave battente bandiera greca, Elyros, nel porto di Tobruk per poter così iniziare a dar vita ad un nuovo Califfato innanzi alle coste italiane. Però fa male ogni volta, sentirlo ripetere.
La coalizione militare costituitasi contro il Califfato d’Iraq e Levante ha davvero irritato i jihadisti, così ora afferma di voler far pagare un «prezzo elevato» a statunitensi, europei ed ai Paesi che li sostengano o in qualsivoglia maniera li aiutino. Il tutto, condito delle solite, terrificanti minacce. Abu Muhamad al Adnani, il portavoce dell’Esercito islamico, ai suoi seguaci non ha semplicemente ripetuto di sterminare gli “infedeli” ovunque si trovino – è il caso del turista francese assassinato in Algeria - ma ha dato più di uno “spunto” anche circa le modalità: «Piazzate l’esplosivo sulle loro strade. Attaccate le loro basi, fate irruzione nelle loro case. Troncare loro la testa. Che non si sentano sicuri da nessuna parte! Se non potete trovare l’esplosivo o le munizioni, isolate gli Americani infedeli, i Francesi infedeli o non importa quale altro loro alleato: spaccate loro il cranio a colpi di pietra, uccideteli con un coltello, travolgeteli con le vostre auto, gettateli nel vuoto, soffocateli oppure avvelenateli». Ma non basta: l’organizzazione musulmana è andata anche oltre ed ha alzato il tiro :a Nord di Falluja, per la precisione a Saqlawiya, l’Isis avrebbe sferrato un blitz con armi chimiche, gas cloro nello specifico, che ha provocato almeno 300 morti nelle fila dell’esercito iracheno sui 400 soldati presenti nel quartier generale, dove è stata fatta esplodere un’autobomba. La memoria, quella vera, è quella che non si confonde con la cattiva retorica. Non si fa un buon servizio alla pace e alla libertà, se non si chiamano le cose con il loro nome. L’Occidente e più precisamente la Francia e gli Stati Uniti d’America avevano accusato l’esercito di siriano di al Assad di utilizzare le “armi chimiche” per combattere la “ribellione” ed i “ribelli”. Assad ribatteva agli Occidentali che questo non era vero ed a riprova accettava la risoluzione dell’Onu riguardante lo smantellamento dei “depositi d’armi chimiche e biologiche” presenti sul territorio siriano, dichiarandosi “non responsabile” di quelle in mano ai “ribelli” che , secondo le sue fonti informative (e non solo) , ne facevano già uso ed erano gli artefici delle stragi per armi chimiche già perpetuate. Quanto è avvenuto a Saqlawiya è la dimostrazione di chi diceva il vero! E di chi ha oggi il possesso di queste armi e ne fa uso. Una situazione, che non ammette più incertezze, tentennamenti o colpevoli ritardi ma proprio il “politicamente corretto” oggi dominante impedisce che se ne faccia memoria in maniera autentica.
Con questi due atti, l’assassinio del turista francese in Algeria e l’utilizzo dell’arma chimica a Saqlawiya , la sveglia torna a suonare dura e implacabile e grida con il sangue che lo scontro di civiltà non è una leggenda, ma un dato drammatico, agitato e propagandato con abilità dalle forze oscure che, in questo momento, mirano a destabilizzare il Mediterraneo e a ridisegnare la carta del Medio Oriente. Che, poi, le vittime appartengano all’attore principale, ma non unico, di quella sceneggiatura, tutta del califfato americano, suona come un tragico richiamo a una più realistica visione della storia presente e dell’impossibilità di esportare l’idea occidentale di diritti e libertà là, dove mancano i presupposti storici e culturali che l’hanno generata e la sorreggono.
Anche se la stampa ufficiale non ne parla, preferendo in questo, come su molti altri temi di interesse internazionale, far propria la versione ufficiale della propaganda mondialista, il rovesciamento dei vecchi regimi, dittatoriali, ma sostanzialmente laici e con tratti di ispirazione socialista, ha aperto la strada alle forme peggiori della lettura teologica dell’Islam.
L’Occidente, che si presta a questo gioco, dovrebbe riflettere circa il fatto che la pretesa di esportare a ogni costo i propri modelli sociali è, questa sì, solo una forma velata di razzismo e disprezzo per le diversità culturali. Meglio prendere atto che la storia e la cultura di paesi e masse segnate da una “religione politica” come è l’Islam sono differenti e abituate a pensare la volontà di dialogo solo come una forma di debolezza. Ed è quel che è accaduto in Libia e in Egitto e le cui avvisaglie si potevano cogliere anche in Siria, dove i “ribelli” sono in maggioranza jihadisti provenienti da altri paesi islamici e dove la “primavera” si è manifestata soprattutto mediante la distruzione di chiese e monasteri della ben radicata minoranza cristiana e dando così inizio all’autunno del nostro Occidente, per la nostra Europa che non sa ritrovare le radici della nostra storia e della nostra identità, con quella fierezza dell’essere liberi.
E questo autunno, triste e indecoroso, è già cominciato nella totale indifferenza dell’Occidente rispetto alla denigrazione e alla distruzione sistematica dei propri simboli più vivi e fecondi, dal Crocifisso all’affermazione delle radici cristiane dell’Europa. La violenza islamica non manca, purtroppo, di ricordarci giorno dopo giorno quanto inutile e dannoso sia l’indifferentismo che stiamo spacciando per tolleranza e libertà d’opinione, lasciando aperta la domanda sul grande burattinaio che conducendo questo gioco sporco. Una domanda alla quale do già una risposta : un Europa debole rende forte solamente un altro Stato e modello di civiltà.


 

COERENZA E LUCIDITA’ A QUANDO ?


Art. camerata Marco Affatigato.

E’ una guerra dichiarata quella che gli Usa hanno annunciato all’esercito del Califfato di Siria e Iraq, ma che non vogliono però combattere sul terreno e realmente vincere. Come giudicare, allora, una tale improbabile e confusa strategia, di cui Obama va persino fiero? La stampa italiana, pur con alcune cautele e qualche eccezione, ha chiarito molto bene quale livello di ridicolo e di inefficacia ha raggiunto la capacità di risposta del mondo occidentale (Stati Uniti ed Europa) alle minacce, concrete e violente, dei jihadisti dell’Isis: li si combatte stando a casa propria, tutt’al più si finanzia e si arma qualche migliaio di curdi, peshmerga. Inoltre, cosa mai fatta prima, l’azione portata contro l’Isis permette agli Occidentali di “entrare militarmente” in Siria, con l’assenso o no di Al Assad e , potenzialmente, estenderla anche contro di lui sostenendo con i bombardamenti anche le forze anti-Assad.
In questa “coalizione” gli USA, secondo Obama, hanno l’appoggio di ben 40 Paesi, ma non si capisce bene quale compito essi svolgeranno. E’ evidente che se in primis gli americani non imbracceranno i fucili sul terreno (per ora sembra che in Siria a combattere l’Isis e l’esercito siriano vi siano solo alcune centinaia di uomini dei corpi d'élite statunitensi ), non lo faranno nemmeno gli alleati; e, d’altra parte, se l’opzione militare rimane quella del solo bombardamento dall’alto, non si comprende quale maggiore capacità offensiva potranno mai dare gli altri Paesi poiché per distruggere le infrastrutture bastano e avanzano le Fortezze volanti americane, in una strategia (come già applicata in Afghanistan contro i “talebani” e si è visto il risultato ottenuto) che però non basta a sradicare il Califfato da quelle terre e per di più è causa di molte vittime innocenti tra i civili di cui nessuno parla.
Quello che appare francamente incomprensibile è la mancanza di coerenza e di lucidità dell’intero mondo occidentale, rispetto alla minaccia globale che stiamo vivendo.
Tutti d’accordo nel giudicare l’Isis una ben più grave, violenta e capillare evoluzione del neo-fondamentalismo islamico rispetto ad Al-Qaeda, da cui nasce come costola e da cui viene espulsa proprio per ciò che la caratterizza: non fa prigionieri nemmeno tra i musulmani che hanno una interpretazione diversa del Corano e li considera nemici alla stregua dei “miscredenti” occidentali.
Malgrado ciò, da questa analisi non ne discende la logica conseguenza che invece direbbe che bisogna combattere l’Isis con maggior determinazione, con maggiori uomini, mezzi e intelligence rispetto a quanto messo in campo contro Al-Qaeda. Per svegliarsi da questo torpore, da questa malcelata vigliaccheria di avere il terrore di pagare un prezzo in vite umane tra i propri soldati, cosa bisogna aspettare: che l’Isis realizzi un nuovo 11 settembre? Lo ha già promesso, e lo farà certamente appena ne avrà l’opportunità. E lo farà in Europa, forse in Italia dove possono essere già migliaia i jihadisti in sonno che aspettano solamente di essere autorizzati dal Califfo a gridare “Allah akbar ” .
Se non si comprende che Al-Qaeda sta all’Isis come il paleolitico sta all’era moderna, allora non si capisce che tipo di trasformazione rapidissima ha avuto il jihadismo propagato dai “Fratelli Musulmani” . Abbandonate le grotte talebane per fare la jihad nelle città, abbandonati i videoregistratori con le cassette di Osāma bin Lāden per passare alla trasmissione dei proclami via etere, attraverso internet , i canali satellitari e con una rete televisiva mondiale come al-Jazeera il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi costituisce l’evoluzione 2.0 di un Islam che, con l’aiuto dei convertiti che escono dalle università occidentali, usa le armi della modernità per raggiungere l’antico e mitico traguardo di conquista religiosa e territoriale: il Califfato universale. I nuovi jihadisti dell’Isis con altrettanta facilità maneggiano il coltello per sgozzare e il mouse per conquistare; producono video e giornali; incassano soldi dalla vendita clandestina del petrolio siriano e iracheno (secondo fonti d’intelligence occidentale, l’Isis controlla ad oggi 60 pozzi ed incassa da 3 a 6 milioni di dollari al giorno vendendolo agli ….occidentali dai quali , a loro volta, acquistano armi per combaterli); fanno campagne di reclutamento sul web attraverso propri siti collegati ai “Fratelli Musulmani” e anche su Facebook; il Qatar , uno Stato che si ha paura a definire “canaglia” poiché è già proprietario di diversi settori economici nei paesi occidentali, attraverso il finanziamento per la creazione di sale di culto e moschee in Occidente finanzia anche “quinte colonne” nei Paesi occidentali; e sul terreno , come in Siria e come in Libia , sono poi gli “istruttori militari occidentali” (americani, inglesi e addirittura israeliani http://www.wallstreetitalia.com/article/1701730/geopolitica/iraq-report-shock-americani-hanno-addestrato-jihadisti-ribelli-dell-isis.aspx ) ad addestrare i jihadisti all’uso delle armi e delle tecniche militari certamente per combattere al-Assad e Gheddafi ma che poi vanno a raggiungere quelle milizie jihadiste che hanno prestato giuramento al Califfo oppure ritornano nel continente europeo per proseguire la jihad contro “satana” nelle strade delle città europee (come già accaduto a Madrid, Londra, Bruxelles). E’ così forte la capacità attrattiva che viene dal Califfato islamico di un mondo rinnovato e purificato nel sangue degli infedeli, che in pochi mesi il numero dei combattenti dell'Isis, come ha rivelato la stessa Cia, è arrivato da 10 a 30mila jihadisti, dei quali gli europei sono già 5mila.
Tutto ciò, come verrà fermato? Come verranno impediti altri sgozzamenti e crocifissioni? Come si impedirà la continua strage di bambini, la schiavizzazione delle donne, il genocidio di popolazioni cristiane, la distruzione sistematica dei luoghi di culto non islamici? Come impediremo agli islamisti di portare la sharia in Europa?
Non certo con le risposte indignate di Obama, di David Cameron o François Hollande davanti alle immagini raccapriccianti degli sgozzamenti dei loro cittadini. A questi leader andrebbe invece ricordato il celebre detto latino: Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, prepara la guerra.