La maggior parte di coloro che si sono occupati del movimento legionario romeno hanno fatto uso, per definirlo, del termine «fascista».
Tale aggettivo (ammesso che esso abbia ancora, sotto il profilo semantico, un potere di individuazione e di definizione, data la profonda usura a cui esso è continuamente soggetto) non ci sembra il più adatto per qualificare un movimento, le cui caratteristiche essenziali non sono ritrovabili nelle più rappresentative varianti storiche del fascismo.
Codreanu stesso sottolineò, nel colloquio avuto con Evola nel 1936, la differenza fondamentale fra la Guardia di Ferro e i fascismi al potere in Italia e in Germania. Riferendosi ai tre principi di un organismo umano (forma, forze vitali e spirito), egli disse che il suo movimento si ispirava al più alto di questi elementi, mentre fascismo e nazismo si tenevano ai primi due.
A tale carattere spirituale della dottrina legionaria corrispose, a livello organizzativo, una struttura «religiosa». Ci troviamo dunque di fronte a una realtà assai diversa dal «partito» di stampo fascista, poiché, a proposito della Guardia di Ferro, è il caso di parlare di un ordine aristocratico ed «iniziatico» poggiante su una vasta base popolare.
Ciò rese impossibile una strumentazione borghese del movimento, mentre tentativi di questo genere furono possibili, con esiti diversi, nel caso dei movimenti fascisti.
Un avversario dichiarato dalla Legione, Eugen Weber1, afferma a questo proposito: «Lungi dall'essere un movimento borghese o piccolo-borghese nel significato comune del termine, la Legione fu un movimento popolare, con un programma che le masse (il complesso dei contadini e lavoratori romeni) consideravano abbastanza radicale per le loro esigenze, e che le forze che rappresentavano l'ordine costituito, da Cuza a1 re, consideravano rivoluzionario. Può essere sintomatico notare che l'unico altro [10] partito con velleità populiste, il Partito contadino, contava pochissimi sostenitori in quello province del nord-est in cui era nato il movimento codreanista, oppure aveva perso la fiducia dei contadini (come avvenne in Oltenia e in Montenia dopo il 1933) per aver abbandonato ogni velleità di vera lotta».
A non diverse conclusioni giunge il Barbu: «queste considerazioni rendono problematico o addirittura impossibile ravvisare nella Legione una struttura classista»2.
Se lucidi ed esatti sono i giudizi emessi da questi esponenti della storiografia «illuminata», banali e superficiali, quando non distorte o mistificanti, sono le interpretazioni abbozzate da qualche improvvisato biografo del «Capitano», che vorrebbe dignificare l'anticomunismo viscerale e la difesa del «mondo libero» contro il pericolo costituito dalla Russia3 con un richiamo verbale alla battaglia della Legione.
Lo Sburlati, ad esempio, si è impegnato a dimostrare l'assenza di «presupposti razzisti» nella lotta antiebraica della Guardia di Ferro.
La posizione dello «storiografo» neofascista nei confronti degli Israeliti è a tal punto edificante da indurlo a sostenere: «le tristi vicende dei quali [gli Ebrei] durante il corso della seconda guerra mondiale portano istintivamente a solidarizzare (sic!) con questo popolo, che più volte il destino ha già messo a dura prova».
[11]
In altra parte del suo libro, lo Sburlati depreca le violenze avvenute contro gli ebrei e le «loro proprietà».
Riteniamo opportuno, per rilevare come fosse invece presente nei Legionari quella coscienza razziale che la pubblicistica neofascista ignora o nega addirittura, riportare queste parole di Vasile Marin:
«Non "istinti di trogloditi" spingono la nostra azione giovanile, bensì la coscienza di una superiorità razziale, la medesima consapevolezza per cui duemila anni or sono il civis Romanus sputava schifato in faccia all'emaciato giudeo che si insinuava fra le mura della città eterna, come una bestia sotterranea»4.
È il medesimo articolo di Vasile Marin che ci fornisce altri elementi per comprendere un'altra questione: quella del carattere cristiano (anzi, «evangelico», per usare il termine usato da un altro storiografo di destra, il Guiraud) che alcuni vorrebbero attribuire al movimento legionario, per esaurirlo in un pathos misticheggiante. Marin riporta, condividendolo, il giudizio dato da H. St. Chamberlain sull'influsso esercitato dall'ebraismo sopra la cultura universale: «La fusione delle due concezioni, quella giudaica e quella indoeuropea, ha dato all'inizio, da ancora, un carattere ibrido alla religione cristiana».
Ma non ci sembra necessario scavare fra le enunciazioni teoriche dei capi della Guardia di Ferro per trovare parole che dimostrino l'irriducibilità della dottrina del movimento alla «spiritualità» sfaldata caratterizzante la religione degli schiavi.
Basterebbe ricordare la concezione legionaria del sacrificio, alla quale gli esegeti cristiani di Codreanu hanno saputo dare un senso soltanto riferendola alla crocifissione di Gesù5, mentre essa rimanda a religioni ben più antiche del cristianesimo, nelle quali l'immolazione di una vittima aveva il significato di una offerta alla [12] divinità, fatta al fine di renderle onore e di propiziarla6. Non risponde dunque completamente a verità l'interpretazione del sacrificio legionario visto come semplice «testimonianza» o come «riaffermazione di una fede». Ancor più mortificante è ridurre il sacrificio legionario a... un rischio che i militanti dovevano correre se volevano «difendere i loro diritti calpestati dalle autorità»!7.
Parimenti rimanda a insegnamenti di tradizioni non cristiane8 la distinzione fatta da Codreanu fra «le vittorie sugli uomini» e le «vittorie sul diavolo e sui peccati»1, dove, sotto il velo dei simboli cristiani, è agevolmente riconoscibile la dottrina aria che distingue la «piccola» dalla «grande guerra santa».
Questi aspetti della weltanschauung legionaria, così come certi giudizi «eretici» di Codreanu sul cristianesimo (ad esempio, il rilevare come fatto negativo l'assenza di una casta sacerdotale in seno ad esso), ci fanno pensare ad una «utilizzazione» a fini exoterici dell'apparato simbolico-rituale cristiano, imposta dalla necessità di parlare il medesimo linguaggio delle masse popolari cristiane della Romania.
Non sappiamo se i capi legionari fossero consapevoli, a livello intellettuale, di questa «doppia verità» della Guardia di Ferro, né ci pare importante stabilirlo (anche se il vasto pubblico a cui Codreanu destinava i suoi scritti e il carattere segreto dell'organizzazione legionaria sono elementi che potrebbero confortare l'ipotesi della consapevolezza), convinti come siamo che a caratterizzare un movimento non sia l'esteriore rivestimento ideologico, bensì l'orientamento spirituale e la direzione operativa che i suoi capi gli danno.
E la realtà profonda, non superficiale, del movimento legionario non coincise certo con l'equivoca «religiosità» a base devozionale in cui si esprime la razza levantina, ma si identificò con la spiritualità virile, aristocratica e guerriera propria delle tradizioni solari nordico-arie.
Note
1- Consulente della fondazione ebrea Guggenheim e docente alle Università di Berkeley e Princeton. È autore del saggio Gli uomini dell'Arcangelo, pubblicato da Il Saggiatore, Milano, 1967. torna ^
3- Ci riferiamo al sig. Carlo Sburlati, secondo il quale la Russia sarebbe sempre stata la nemica dei Romeni, mentre il Nistro sarebbe per la Romania «quello che per gli Italiani è il Piave. Cioè il simbolo della resistenza e della lotta al nemico invasore». (C. Sburlati, Codreanu il Capitano, Volpe, Roma 1970, p. 201).
Evidentemente costui ignora la storia dei rapporti russo-romeni. Qui vogliamo ricordare soltanto (intenzionalmente, considerato il fervore patriottico con cui lo Sburlati parla della «quarta guerra d'indipendenza») che Russi e Romeni, uniti, stroncarono nel 1849 la rivolta antimperiale mossa dai «patrioti» al seguito del massone Kossuth.
Ad ogni modo, riportiamo alcune righe di Vasile Marin sull'argomento sollevato dallo Sburlati: «Le nostre grandi battaglie le abbiamo combattute contro i "pagani" -Turchi, Tartari- come contro i cristiani cattolici -Ungheresi, Polacchi- e mai contro i Russi e i Bulgari, coi quali anzi abbiamo fondato uno Stato, o contro i Serbi. La coscienza nazionale si scioglieva nella coscienza della giusta fede». Da «Articole si note inedite», in Crez de generaţie, Bucaresti, 1937, p. 49. torna ^
5- Riferimento che non torna certo a favore della religione di tali esegeti. La calma con cui Codreanu affronto la sua passione, la determinazione con cui i suoi seguaci cercarono la morte, rendono i legionari superiori a quel Cristo che implorò il Padre di allontanare da lui l'amaro calice e, nel momento supremo, disperò dell'aiuto di Dio. torna ^
6- «Le guerre sono vinte da coloro che hanno saputo attrarre dai cieli le forze misteriose del mondo invisibile e che sanno assicurarsene il concorso». Codreanu, Guardia di Ferro, p. 310. torna ^
[13]
Razzismo e antisemitismo della Guardia
L'antisemitismo di Codreanu, e del movimento legionario, presenta, com'è ovvio, molteplici aspetti. Il tentativo di esporli con ordine, e criticamente, sulla base di quel che risulta da Guardia di Ferro, va incontro a una serie di difficoltà oggettive, dovute al carattere stesso dell'opera, che, com'è facile notare, non costituisce né l'esposizione di una dottrina né la formulazione di un programma politico. Si noti, poi, che per lo più le formulazioni antisemite presenti nel libro non risalgono direttamente alla penna di Codreanu, ma sono tratte da scritti di pensatori e politici romeni, quali Cuza, Paulescu, Gavanescul, Kogalniceanu.
Purtuttavia, una visione di sintesi pare possibile, e necessaria, per correggere talune interpretazioni distorte dell'argomento, di recente apparse in Italia.
Non v'ha dubbio, anzitutto, che l'antisemitismo sembri costituire, quanto meno dal punto di vista strettamente politico, la molla primaria del movimento legionario, il quale, sotto questo profilo, si avvicina molto più al nazionalsocialismo germanico che ad altri movimenti "fascisti" del primo dopoguerra europeo10.
In questa prospettiva, si deve in primo luogo osservare come l'antisemitismo appaia prendere le mosse più da una reazione difensiva che da una visione preconcetta, basantesi su di una precisa dottrina, filosofica o politica che sia.
E invero quanto diciamo appare confermato dalla lettura delle prime pagine dell'opera di Codreanu, ove questi descrive le sue prime esperienze di lotta. Quivi, una cosa appare subito [14] chiara: il bolscevismo -da poco affermatosi in Russia e dilagante nell'Europa intera- è propagandato e sostenuto, in Romania, dagli ebrei: ebrei i capi dei sindacati, ebrea la stampa sovversiva e antinazionale, ebrea la gran massa di studenti che, nell'Università di Iasi, professano idee "progressiste" e internazionaliste. Nel Mein Leben, Adolf Hitler descrive con precisione il proprio itinerario verso le idee antisemite; Codreanu non fa altrettanto, e dà per scontati molti presupposti. Non di meno, il primo sillogismo è evidente: il comunismo costituisce un pericolo mortale per la nazione romena; il comunismo è guidato dagli ebrei; gli ebrei costituiscono un pericolo mortale per la nazione romena.
È, questo, il primo aspetto dell'antisemitismo di Codreanu: esso trova la sua base nel nazionalismo, e costituisce un atteggiamento essenzialmente difensivo. Ma, se tutto si fermasse qui, non si tratterebbe che di un atteggiamento epidermico: epidermico in quanto ciò significherebbe limitarsi agli aspetti più appariscenti e, se si vuole, agli effetti e non alle cause del fenomeno, ed epidermico in quanto il tutto si risolverebbe in una sorta di reazione emotiva e, per di più, rischiosamente attaccabile su di un piano rigoroso. E se non si trattasse che di un caso accidentale? Non vi sono forse ebrei anche in altri movimenti politici, non altrettanto ostili, almeno su di un piano programmatico, all'idea nazionale? E non militano forse, nei movimenti marxisti, numerosissimi elementi non ebrei?
Il discorso si estende, dunque, ad altri piani, e ad altri livelli. Da un lato, si inserisce in una prospettiva che trascende i limiti nazionali, e che conduce all'individuazione dei piani generali dell'ebraismo internazionale. Dall'altro, all'infuori dello specifico aspetto dei legami tra ebraismo e bolscevismo, in una prospettiva che conduce al riconoscimento dei piani e dei modi di procedere del primo su scala tanto nazionale che internazionale.
In primo luogo, dunque, non è soltanto vero che gli ebrei di Romania sostengono il comunismo, ma è vero addirittura che il comunismo non è, su scala mondiale, che uno strumento dello ebraismo per i suoi fini di asservimento di tutti i popoli della terra. Inoltre, sempre sul piano mondiale, il giudaismo opera attraverso la massoneria, che non è un partito politico, ma agisce in ogni dove e con ogni mezzo.
[15]
Rispetto alla Romania, i piani del giudaismo si sono sviluppati da lungi, e il bolscevismo non ne costituisce che l'arma finale, la più efficace per troncare gli indugi e coronare l'opera intrapresa. La prima arma è stata costituita dall'immigrazione massiccia che, nel giro di poco più di un secolo, ha condotto in Romania un numero impressionante di ebrei11. Questa colonia, come ovunque, si è subito strettamente organizzata in forme tali da apparire come un vero e proprio stato nello Stato. Ha sfruttato l'arretratezza delle strutture commerciali romene, ha condotto in rovina quanto esisteva di commercio locale e ha impedito lo sviluppo di nuove aziende romene. Ha, dice Codreanu, portato innanzi un'opera tendente a distruggere i legami del romeno col cielo e con la terra, impadronendosi della stampa e diffondendo idee ateiste e antinazionali; ha teso a dividere il popolo con discordie, malintesi, contese, e a dividerlo in più partiti, che essa stessa finanzia; ha adoperato le armi della corruzione interna e internazionale per asservire ai propri voleri la classe politica, la burocrazia, l'esercito. Sfrutta parassitariamente il lavoro del popolo romeno e tende a impadronirsi della terra, mentre la classe rurale, nerbo della stirpe, viene sempre più ridotta in stato di avvilente miseria.
Non si tratta di novità: la Romania può vantare una letteratura antisemita di lunga data, e anche un'azione politica antisemita, infine, un'antica legislazione limitativa dei diritti della comunità israelitica12. Non è, dunque, d'ordine temporale l'allargamento dei confini della visione di Codreanu in proposito, ma quest'allargamento pone in luce aspetti distinti, anche se sempre di carattere difensivo, della medesima.
Il problema ebraico viene poi approfondito specificamente su ogni possibile piano e con metodo scientifico. Ed ecco l'esposizione, sintetica ma di notevole lucidità, delle linee fondamentali [16] della scienza dell'antisemitismo, effettuata dal prof. Cuza nella rivista La difesa nazionale. Qui, dopo aver distinto, nell'antisemitismo, i tre momenti dell'istinto, della coscienza, della scienza, l'illustre studioso si richiama ai dati forniti, per la conoscenza dell'ebraismo, dalla storia, dall'antropologia, dalla teologia, dalla politica, dalla filosofia. L'apporto di queste varie scienze e l'utilizzazione dei loro dati per lo studio dell'ebraismo conduce al superamento dei limiti socio-politici del problema cui, sino a questo momento, si è fatto cenno. Non cercheremo, qui, di approfondire ogni singolo argomento, ma, sempre limitandoci a quanto e lecito dedurre, in materia, dagli scritti del Capitano, ci sembra opportuno soffermarci su due dei possibili aspetti ulteriori dell'antisemitismo della Legione: quello religioso e quello razziale.
Quanto al primo, ci sembra difficile rintracciare, in Codreanu, una specifica motivazione religiosa dell'antisemitismo. Solo si potrà rilevare il brevissimo accenno alla teologia operato, come si diceva, dal prof. Cuza, e un breve passo del prof. Paulescu, ove ebraismo e cristianesimo vengono contrapposti come religioni rispettivamente della menzogna e della verità. Si potrà ancora rilevare un atteggiamento di difesa di Codreanu non già avverso la religione ebraica, ma avverso la campagna antireligiosa svolta dalla stampa ebraica, il che, ovviamente, non ha nulla a che vedere con eventuali motivazioni religiose dell'antisemitismo. Emblematica ci sembra, infine, l'assenza assoluta, nell'opera di Codreanu, di un qualsivoglia cenno a una responsabilità collettiva ed eterna del popolo ebraico per l'uccisione del Cristo. Riteniamo, pertanto, non si debbano sprecare ulteriori parole per sfatare l'idea di un qualche fondamento religioso della lotta antisemita della Legione, e ciò è tanto più significativo, a nostro avviso, se si tiene presente il carattere dichiaratamente "cristiano", del movimento.
Un rilievo particolare va attribuito al problema degli eventuali rapporti tra razzismo e antisemitismo in Codreanu. Le due posizioni di pensiero non vanno necessariamente insieme in quanto: a) non v'è bisogno di essere razzisti per essere antisemiti, poiché il problema ebraico può essere inquadrato sotto differenti aspetti; b) non è detto che chi professi idee razziste debba essere per ciò stesso necessariamente antisemita, come non è detto che [17] debba essere anticamita e via dicendo13. Ciò non esime dal chiedersi se si possano riscontrare elementi razzisti nel pensiero legionario. A noi non sembra che l'esistenza di detti elementi possa essere esclusa con facilita, e ciò anche se, a prima vista, una vera e propria presa di posizione razziale non sembri emergere dagli scritti del Capitano. Al riguardo, ci si dovrebbe anzitutto intendere sul significato dei termini e, in particolare, sul concetto di razza e di razzismo. Ma noi vogliamo sperare che la categoria di lettori cui ci rivogliano abbia quanto meno coscienza del presentarsi della razza e -conseguentemente- del razzismo in tre dimensioni, biologica (razza del corpo), psicologica (razza dell'anima) e spirituale (razza dello spirito). Ora, se è vero che in Codreanu non si rintraccia una specifica dottrina della razza a nessuno di questi tre livelli, è altrettanto vero che tutti e tre sono senza dubbio presenti, ed emergono chiaramente, nella vita della Legione.
Al primo livello: Codreanu parla senza mezzi termini di un patrimonio biologico della stirpe, e della necessità della sua difesa.
Al secondo livello, la contrapposizione tra il carattere, e il modo di agire, ebraico e quello romeno è costante negli scritti del Capitano14. Il legame tra i due livelli risulta nel breve, ma significativo, cenno del prof. Cuza al rapporto tra antropologia e cultura.
Al terzo livello, il problema non dovrebbe neppure essere posto: è evidentissimo, infatti, che tutta l'azione del movimento legionario è essenzialmente tesa, al di sopra di qualsiasi dato di carattere meramente politico, al perfezionamento spirituale degli aderenti; in una parola, alla creazione di una nuova razza dello spirito15. È caratteristica della Legione l'aver posto l'accento essenzialmente sull'aspetto spirituale della razza, e valgano, al [18] riguardo, queste esplicite parole del Capitano: "il maggior pericolo sta nell'aver deformato, nell'aver sfigurato la nostra struttura di razza daco-romana, dando vita a questo tipo d'uomo, creando questo rottame, questo aborto morale: il politicante, che non ha più niente della nobiltà della nostra razza...". E ancora: "tutto quello che la mente nostra può immaginare di più bello spiritualmente parlando, tutto quello che la nostra razza può dare di più fiero, di più alto, di più giusto, di più possente, di più saggio, di più puro, di più laborioso e di più eroico, ecco cosa deve produrre la scuola legionaria! Un uomo nel quale siano sviluppate fino al massimo tutte le possibilità di grandezza umana che sono state seminate da Dio nel sangue della nostra stirpe".
Quando Codreanu afferma "... il problema ebraico non nasce dall'odio di razza; esso nasce da un delitto commesso dagli ebrei di fronte alle leggi e all'ordine naturale in cui vivono tutti i popoli del mondo", egli afferma il vero, e noi stessi, in queste pagine, abbiamo cercato di mostrarlo. Ma questo non indica, e non può indicare, il carattere non razzista del movimento legionario. Di più, questo non esclude l'esistenza di legami tra il razzismo e l'antisemitismo del movimento. Si consideri quale sia il tipo razziale -di razza dello spirito- divisato dalla Legione. Si accantoni pure l'ostacolo costituito dall'azione ebraica nei confronti della nascita, o della rinascita, di questo tipo razziale. Certo, su un fatto si dovrà convenire: che questo tipo è quanto di più opposto si possa immaginare al tipo razziale impersonificato dall'ebreo. E, se così è, da ciò non può nascere che la necessità ontologica della lotta, di una lotta a livello spirituale, a livello di civiltà, a livello assoluto. Con questo, chiudiamo il discorso sull'argomento, ritenendo di averne detto abbastanza per chi è in grado di intendere.
Poche parole non saranno sprecate, a questo punto, per evitare che un affrettato lettore sia indotto ad affibbiare al movimento di Codreanu l'etichetta di "reazionario" in sénso etimologico. A tanto si potrebbe, forse, essere indotti proprio dal ruolo, apparentemente determinante, svolto al suo interno dall'antisemitismo. Se un movimento nasce e si sviluppa come anti-qualcosa, taluno potrebbe notare, questo movimento combatte contro qualcosa, e non già per qualcosa. Le motivazioni del suo anti [19] potranno essere valide e rispettabilissime, ma la sua funzione sarà pur sempre limitata da quel prefisso e, al limite, potrà addirittura esaurirsi nella difesa di qualcosa che, in sé, non vale la pena di difendere. Il discorso sembra razionale e corretto, e talvolta esso può trovare una precisa conferma nella realtà16. Ma questo non è sicuramente il caso della Legione.
Quanto s'è detto sinora dovrebbe essere sufficiente a dissipare ogni sospetto del genere. Ma -dirà qualcuno- in Guardia di ferro si cercherà invano una chiara, definita, programmatica esposizione di una dottrina, da opporsi alle dottrine d'origine giudaica; dov'è, dunque, quel qualcosa per cui il movimento legionario s'è battuto? A costoro risponderemo: se volete un programma che soddisfi il vostro bisogno intellettualistico di ideologie, recatevi presso la sede del più vicino partito politico, e resterete soddisfatti, poiché ogni programma del genere appare, in sé, perfetto! E risponderemo, soprattutto, che la caratteristica forse più evidente del tipo razziale divisato dalla Legione è precisamente quella di sapere senza bisogno di far ricorso ad aridi strumenti razionali, di essere in un certo modo prima di seguire intellettualisticamente l'una o l'altra ideologia, di avvertire con un senso di assoluta oggettività e necessità il primato del sangue sul pensiero razionale.
Se Codreanu, e, con lui, il fiore della stirpe romena, s'è battuto sino all'estremo sacrificio contro qualcosa, egli l'ha fatto, dunque, con la coscienza di battersi in primo luogo per qualcosa, in conformità con la natura più profonda e più vera del proprio essere: la natura di un uomo di razza.
Note
10- Non sarà, comunque, inutile osservare l'assoluta impossibilità -non foss'altro che per motivi cronologici- di addebitare a Codreanu e al suo movimento una qualsivoglia suggestione derivante dalle posizioni hitleriane in materia. Va da sé, inoltre, che, almeno dal punto di vista strettamente nazionale (e su ciò cercheremo di precisare più oltre), un vero é proprio problema ebraico non poteva porsi negli stessi termini, ad esempio, in Italia e in Portogallo o in Germania e in Romania. Le situazioni interne di questi ultimi due paesi, in buona parte tra loro assimilabili, hanno invero propiziato il sorgere di movimenti che ponessero in prima linea proprio la soluzione del problema ebraico. torna ^
11- Si veda, in proposito, la nota "La penetrazione degli ebrei in Romania", pubblicata assieme al Diario dal carcere di Codreanu per le Edizioni di Ar, Padova, 1970. torna ^
12- Si pensi che l'art. 7 della Costituzione romena, che negava i diritti politici, e in parte anche quelli civili, agli ebrei, venne abolito solo il 28 marzo 1923, e che questo incontrò forti resistenze popolari! torna ^
13- Non è questa la sede per approfondire, in generale, un siffatto argomento; si osservi tuttavia come troppo spesso i due termini (razzismo e antisemitismo) vengano assimilati (a bella posta?) e uniti in un'unica accezione (spregiativa). torna ^
14- Appartiene inoltre, senza alcun dubbio, a questo secondo livello il discorso razziale affrontato sin dal 1876 da Vasile Conta, riportato da Codreanu in Guardia di Ferro. torna ^
15- Nuova, ben s'intende, rispetto alla degenerazione dei tempi ultimi, ma com'è chiaro, e dichiarato esplicitamente da Codreanu, antica, o meglio eterna, in sé. torna ^
Nessun commento:
Posta un commento
Commenti dai camerati.