lunedì 29 aprile 2013

La congolese offende l’Italia:

La congolese offende l’Italia: “E’ ormai una società mista, meticcia, e bisogna prenderne atto”

Il ministro KYENGE: “Cancellare la Bossi-Fini, l’Italia è meticcia e Balotelli lo dimostra”



“L’Italia è ormai una società mista, meticcia, e bisogna prenderne atto”. Parola dell’Africana al ministero della dis-integrazione.
La conferma del motivo per il quale è dove si trova: smembrare l’Italia e la sua identità millenaria su mandato dei banchieri e degli affaristi globali. E’ piuttosto logico da parte sua sperare in un “imbastardimento” della società italiana, lei se ne gioverebbe, ed è il motivo esatto per il quale metterla dove si trova è un atto di tradimento verso gli italiani. Quelli veri, s’intende, non quelli di carta come la ministro.
Detto questo l’Italia non è nemmeno lontanamente come osa dire questa congolese. Lo dicono – e lo ripetono continuamente – perché sembri un destino ineluttabile, una realtà già oggi manifesta. Non è così.
Esiste un numero consistente di immigrati in Italia, circa il 7/8% della popolazione, un corpo a sé, estraneo all’Italia. Questa presenza non rende il nostro paese un “paese meticcio”, lo rende un paese omogeneo con una presenza estranea.
Se però non agiamo, se lasciamo il campo ai nemici dell’identità – come questa straniera che si permette di dire a noi italiani da generazioni chi siamo - allora tutto sarà perduto. Allora la centrale globale della dis-integrazione etnica avrà vinto.
E cosa significa, agire? Significa prima di tutto svegliare le menti intorpidite da decenni di consumismo, menti ormai assuefatte da una propaganda tambureggiante all’idea bizzarra che siamo tutti uguali, che gli esseri umani siano intercambiabili . E in questo, la presenza fisica della congolese al governo ci aiuterà. Sono talmente stolti e arroganti da non aver nemmeno contezza di come una scelta del genere possa essere controproducente: anche i più sciocchi avranno la capacità di comprendere che ci stanno portando via la terra dei padri. Ora avranno la visione plastica della realtà che muta intorno a loro, davanti a loro.
Non c’è male più grande del tentativo di disarticolare una società, la propria. Non c’è tradimento più grande di quello verso il proprio sangue. Sia chiaro a tutti: a noi di quest’africana non interessa nulla, noi non odiamo questa persona – l’odio è un sentimento che si riserva ai grandi – ma neanche la disprezziamo, lei sta facendo il “suo” interesse. Lei sta facendo l’interesse della propria gente: il nostro disprezzo è tutto per quei politicanti italiani che, per un pugno di voti, stanno svendendo il paese agli ultimi arrivati. Loro sì, stanno tradendo la loro gente. Stanno tradendo Vittorio Veneto, e stanno tradendo anche quei partigiani che tanto strumentalizzano nei loro vacui discorsi di commemorazione.
Noi a tutto questo ci ribelliamo. Consapevoli che la vita degli schiavi contenti non fa per noi, consapevoli che davanti allo scempio di cui la patria è vittima: tutto è lecito. Noi oggi siamo quelli che si vogliono rendere schiavi a casa propria, la ribellione non è un’opzione, è un dovere.
Le forze del dis-ordine non sono poi così forti, appaiono tali solo perché avvantaggiate dal silenzio dei molti, i molti che la pensano come noi, ma sono stati talmente manipolati, dal vergognarsi non solo, di dire, ma anche di pensare la cosa giusta. Basta vederli questi tipi alla riccardi, la loro forza è la nostra inazione, solo questa. Non altro.

Prima di insegnare agli italiani farebbe meglio a riflettere sul concetto di civiltà nel suo paese, dove i diritti umani non esistono e la vita delle persone non vale nulla.

Magdi Allam: "Un atto di razzismo nei confronti degli italiani"

Pubblichiamo, a partire da oggi e su questa nuova rubrica il cui titolo non vuole essere un'offesa verso chicchessia, ma solo un modo di dire frequente in Toscana, articoli e commenti che smascherano i falsi buonismi e l'ipocrisia di questa fottutissima epoca
(da Il Giornale) - Come ex-immigrato da 40 anni orgogliosamente italiano denuncio la nomina di Cécile Kyenge a ministro della Cooperazione internazionale e l'Integrazione come un atto di razzismo nei confronti degli italiani. Lei personalmente non c'entra nulla: il fatto che sia di origine congolese, che abbia o meno la doppia cittadinanza e, per cortesia, lasciamo stare il discorso sul colore della pelle che è indegno di una nazione civile.
La mia denuncia si fonda innanzitutto sul fatto che l'integrazione degli immigrati non può prescindere dalla condivisione dei valori fondanti della nostra identità nazionale e dal rispetto delle regole che sostanziano la cittadinanza italiana. Viceversa Kyenge e il Pd, un contenitore che sta per implodere che associa ex-comunisti, catto-comunisti e spregiudicati qualunquisti, promuovono un modello di società multiculturalista, relativista e buonista dove si vorrebbe imporre alla nostra Italia di adottare l'ideologia immigrazionista, che c'impone di spalancare le frontiere per accogliere tutti, costi quel che costi, concependo l'immigrato buono a prescindere, e che in definitiva ci porterebbe ad annullarci come nazione per fonderci nel globalismo considerato come il traguardo più ambito, l'apice della nuova civiltà che ci premierebbe quali “cittadini del mondo”, liberandoci definitivamente del “provincialismo” che ancora ci lega all'amore per la Patria.
In secondo luogo denuncio il fatto che, in un momento in cui circa 6 milioni di italiani sono letteralmente ridotti alla fame e metà delle famiglie non arriva a fine mese a causa di uno Stato ladrone e aguzzino che costringe ogni giorno mille imprese creditrici a fallire, il governo dovrebbe avere come proposta programmatica di fondo il principio “Prima gli italiani”. Di fronte agli imprenditori e ai lavoratori che si suicidano per disperazione e che arrivano, come è accaduto ieri, a voler uccidere i simboli delle istituzioni, è da criminali favorire gli immigrati a discapito degli italiani. In questa crisi strutturale causata dalla speculazione finanziaria globalizzata, dalla dittatura europea e dallo strapotere delle banche, il governo ha il dovere di privilegiare gli italiani nell'accesso ai beni e ai servizi per salvaguardare il nostro legittimo diritto alla vita, alla dignità e alla libertà qui nella nostra casa comune.
Invece questa Sinistra ci dice che dobbiamo rassegnarci alla prospettiva della civiltà multiculturalista, dove si diventa italiani se si nasce in Italia anche se i genitori disprezzano l'Italia, dove si sommano e si fondono i valori, le identità e le culture perché sarebbero tutte uguali a prescindere dai loro contenuti. Il risultato è il fallimento della civile convivenza che si tocca con mano proprio nei Comuni amministrati dalla Sinistra, da Torino a Bologna, da Padova a Firenze.
In terzo luogo denuncio il fatto che per ragioni vergognosamente elettoralistiche, con la finalità di accaparrarsi il voto degli immigrati costi quel che costi, il Pd investe sul maggior afflusso degli immigrati in Italia per colmare il deficit demografico e i posti di lavoro sgraditi dagli italiani. Un governo che ama l'Italia dovrebbe invece favorire la crescita della natalità degli italiani sostenendo concretamente la famiglia naturale e, in parallelo, riformare l'Istruzione per affermare la cultura della responsabilità, del dovere e delle regole che induca i giovani italiani a rivalorizzare i lavori manuali.
Mi auguro di essere smentito dall'operato del neo-ministro Kyenge ma nell'attesa è nostro diritto e dovere proclamare ad alta voce “Prima gli italiani”!

Camerata Sergio Ramelli presente presente presente.

Camerata Sergio Ramelli presente presente presente.


Avanguardia Operaia (che vedeva tra i suoi iscritti figure del calibro di Pierluigi Bersani,. il 29 Aprile   1975 venne ucciso lo studente neofascista Sergio Ramelli. Sergio Ramelli, 18enne, fu ucciso a colpi di chiavi inglese (morì dopo un mese di coma).  Ramelli non viene ucciso da un'organizzazione terroristica ma da Avanguardia Operaia, un movimento popolare con migliaia di iscritti, con molti artisti e intellettuali più che rispettabili che vi militavano dentro;

Il carattere “impersonale” della violenza è uno degli aspetti più impressionanti della vicenda: Avanguardia Operaia, come emerse durante il processo, disponeva di un archivio, il cosiddetto “Archivio dell'abbaino di una nota dall'Archvio di Viale BlignyViale Bligny” in cui si raccoglieva una ricca messe di informazione sui giovani che considerava antagonisti (cattolici, liberali e, ovviamente, missini). L'archivio non aveva semplicemente il carattere di una raccolta di materiale confroinformativo sui gruppi antagonisti ma quello di vera e propria schedatura delle singole persone, con materiale sensibile come fotografie, documenti personali, indicazioni su dove le persone abitavano, con tanto di minuziose descrizioni sugli orari di rientro e di uscita da casa. Il materiale veniva raccolto mediante sistemi illegali (il furto di documenti, di fotografie e di agende personale durante i pestaggi, l'estorsione di informazioni da alcuni malcapitati che venivano minacciati e costretti a rivelare i nomi di loro amici e colleghi di partito in veri e propri interrogatori “polizieschi” di cui l'Archivio conserva alcuni verbali). Questo materiale veniva poi usato per finalità altrettanto illegali come aggressioni a singole persone o veri e propri assalti a luoghi considerati “obbiettivi militari” come sedi di partito. In realtà il caso Ramelli fu solo la punta dell'iceberg; Ramelli perse la vita ma in molti furono aggrediti – alcuni dei quali subendo menomazioni permanenti. Lo stesso “Processo Ramelli” accorpò al proprio interno un serie notevole di ferimenti e aggressioni di questo genere, aggressioni decise e pianificate in base al sistema informativo di Avanguardia Operaia.

domenica 28 aprile 2013

FN Viareggio.

Rissa in Darsena, Forza Nuova: "Un bell'esempio di integrazione e convivenza pacifica".


domenica, 28 aprile 2013, 13:30
FN Viareggio.
"Per ironia della sorte, proprio la notte precedente al 25 aprile, il giorno in cui gli illusi festeggiano l'invasione angloamericana come "La Liberazione", un branco di nordafricani, in via Coppino, nei pressi del Kebab, hanno aggredito e derubato tre turisti svizzeri, rei di essersi rifiutati di acquistare sostanze stupefacenti", scrivono in una nota inviata alla stampa i militanti di Forza Nuova Viareggio in merito alla notizia dell'aggressione avvenuta qualche giorno fa ( Botte da orbi in Darsena, tre turisti in ospedale )
"Forse - aggiungono - questi nordafricani si sentivano i discendenti dei goumier francesi, i responsabili delle "marocchinate"? In ogni caso non hanno perso occasione per farsi riconoscere come i "liberatori" di allora. Nel maggio del 1944, tra le truppe irregolari francesi, circolava un volantino in francese e arabo che riportava la seguente frase: "Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c'è un vino tra i migliori del mondo, c'è dell'oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete" Qualcuno dovrebbe spiegare ai migranti, considerati dal presidente della camera una inestimabile risorsa, che queste 50 ore di libertà sono terminate da 70 anni".
"Inevitabile l'indignazione per tale aggressione - concludono - la quale danneggia l'immagine della città di Viareggio facendola passare agli occhi dei turisti come la terra di nessuno. Nell'Italia dove si crocifiggono fior di giornalisti per aver utilizzato parole innocue come "clandestino" e per aver fatto riferimento alla cittadinanza dei criminali, quindi colpevoli di aver tentato di fare bene il proprio lavoro, è inevitabile l'indignazione anche nei confronti delle istituzioni, le quali invece di vigilare per la nostra incolumità si ricordano del cittadino solamente quando devono fare cassa. Per quanto sopra invitiamo la cittadinanza a pretendere dalle istituzioni una risposta rapida ed efficace nei confronti di questi ospiti allergici all'integrazione e a qualsiasi forma di convivenza civile, ormai convinti che in Italia sia tutto lecito, e a prendere le distanze da coloro che in nome di un utopia fallimentare vorrebbero addirittura concedere la cittadinanza ai loro figli"

Scandalo a Modena: ministro dell’integrazione fece liberare delinquente.

Scandalo a Modena: ministro dell’integrazione fece liberare delinquente.

Un anno fa Senad Seferovic, oggi 25enne, era diventato il simbolo di chi vuole un’immigrazione senza controlli, insieme con suo fratello vittima – secondo loro – di un’ingiusta reclusione al Cie: i due fratelli di origini bosniache “cresciuti” a Sassuolo erano stati liberati dopo un mese a causa della dissennata sentenza del giudice di pace di Modena che aveva considerato il fatto che fossero privi di qualsiasi documento come un motivo per liberarli. Tale è la mente degli xenofili.
Di questa vicenda si occupò l’attuale ministro dell’integrazione Cécile Kyenge e la “sua” rete Primo Marzo che lotta per la chiusura dei Cie. Sul caso intervenne anche il senatore Pdl Carlo Giovanardi: questi ricordò le pendenze giudiziarie dei due fratelli e, appoggiando la Questura, chiedeva la loro espulsione dall’Italia. Alla fine i due fratelli furono fatti uscire dal Cie grazie ai “buoni uffici” del ministro.
Da allora si persero le loro tracce. Fino a mercoledì mattina, quando in Tribunale i carabinieri di Anzola (Bologna) hanno portato una banda di cinque nomadi sorpresa a Fiorano mentre trasportava un carico di rame appena rubato del valore di 40mila euro. Nel gruppo c’era anche Senad. Per tutti il giudice ha convalidato l’arresto con custodia cautelare in carcere (uno solo ai domiciliari). Senad ora è a Sant’Anna per furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale in attesa del processo.
Uno scandalo: un ministro che è stato responsabile della scarcerazione di un delinquente.
Per Giovanardi è una rivincita personale: «Sono stato coperto di insulti da un comitato che si era mobilitato per due “innocenti” che stavano al Cie chissà perché. La Questura mi aveva confermato che avevano una sfilza impressionante di denunce. Quanto alla vicenda burocratica, se volevano potevano diventare italiani e invece hanno preferito restare apolidi. È chiaro che loro erano al Cie in attesa di espulsione. Non avevano patria? Ricordo solo che il Cie si chiama Centro di identificazione perché lì devono essere identificati, non fuori. Bisognava espellerli; invece un giudice di pace di Modena ha preferito non applicare la legge e appellarsi alla sua coscienza». Conclude il senatore Pdl: «Parliamo chiaro: a Modena la gente è preoccupata per i reati predatori. Se polizia e magistrati mettono in carcere o al Cie, un giudice di pace può prendere simili decisioni? Se fossero stati innocenti o vittime di un errore sarei stato il primo a chiedere la loro liberazione. Sono per l’integrazione tra modenesi e immigrati onesti ma non quando c’è di mezzo il crimine».
La domanda: può, chi si è reso responsabile di un fatto del genere fare il ministro della Repubblica?

venerdì 26 aprile 2013

Mussolini
Mussolini, una messa per commemorare il Duce

Don Leone Cecchetto nel padovano ha accolto la richiesta di un fedele per un'omelia per Benito. "E' un cristiano come tutti gli altri, va ricordato, non capisco le polemiche"

La memoria di Benito Mussolini non muore nemmeno in chiesa. Domenica prossima ricorre l'anniversario della sua morte. Don Leone Cecchetto parroco di Loreggia, provincia di Padova, ha deciso di ricordarlo durante la sua omelia. Don Cecchetto ha accolto la richiesta di un fedele che gli ha chiesto una messa per commemorare la scomparsa del Duce. Il prete padovano non si è tirato indietro e ha sposato in pieno l'idea del suo parrocchiano. "Non mettiamo sullo stesso piano l'uomo Mussolini e le sue azioni e vittime, cìè una legittima richiesta che assecondo, e che io interpreto, da cristiano come un possibile momento di riconciliazione", ha affermato il prete. Il parroco comunque non vuole polemiche per la sua scelta. "Voglio sperare che un momento simile all'interno di una liturgia con una preghiera e con la fede, faccia superare le barriere politiche e storiche". Per Don Cecchetto il Duce era un cattolico come tanti altri, così merita un ricordo nell'anniversario della sua scomparsa: "Non capisco tanto clamore, viene ricordato assieme a tanti altri. Questo perchè per i cattolici è giusto che qualsiasi pecactore,anche uno come Mussolini, possa redimersi anche dopo la morte". La scelta di Don Cecchetto è destinata a scatenare dure polemiche. (I.S)

Ricordando anche della commemorazione di Domenica Prossima  28 Aprile Predappio. Alle 10,30 inizia il corteo a piedi fino al cimitero (San. Cassiano ) per ascoltare l'omelia di Padre Tam dedicata al Duce.




mercoledì 24 aprile 2013

LE ATROCITA' COMMESSE DAI COMUNISTI.

 Tutti gli Italiani di fede Fascista, espongano dalla propria casa la Bandiera della gloriosa Repubblica Sociale Italiana.

 "MAI PIU' 25 APRILE!". IL TRIONFO DEGLI ASSASSINI SPACCIATISI PER LIBERATORI

non possiamo più vivere come se ciò non fosse accaduto:



 LE ATROCITA' COMMESSE DAI COMUNISTI

L'ASSASSINO DI SIMONE ALDO
Simoni Aldo, quarantanove anni, ucciso dai partigiani il 21 maggio 1946. Essendo un uomo onesto, con dieci figli da sfamare, fu assunto come casellante-guardiano del passaggio a livello delle ferrovie dello Stato su via Montanara. Abitavo a poche centinaia di metri dalla piccola casetta sulla ferrovia abitata da quella numerosa famiglia; ho giocato con i figli di quest'uomo che non ha mai fatto male ad alcuno. Dal fascismo aveva ricevuto solo del bene; per questo era fascista, quanto bastò perché fosse prelevato da due partigiani armati e condotto verso il fiume Panaro. Durante il tragitto, un acquazzone fermò il gruppo in cammino. Ricordo che entrarono nel cortile di casa mia e si fermarono sotto il porticato della stalla. Cessato il temporale, ripresero il cammino che terminò al fiume con la morte del Simoni. Uno dei figli, di pochi anni di età, seguì a distanza il gruppo che portava alla fucilazione il padre e fu testimone impotente di tanta atrocità.
PERCHE' NON FESTEGGIO IL 25 APRILE
 
LE ATROCITA' COMMESSE DAI COMUNISTI
 
L'ASSASSINO DI SIMONE ALDO
 Simoni Aldo, quarantanove anni, ucciso dai partigiani il 21 maggio 1946. Essendo un uomo onesto, con dieci figli da sfamare, fu assunto come casellante-guardiano del passaggio a livello delle ferrovie dello Stato su via Montanara. Abitavo a poche centinaia di metri dalla piccola casetta sulla ferrovia abitata da quella numerosa famiglia; ho giocato con i figli di quest'uomo che non ha mai fatto male ad alcuno. Dal fascismo aveva ricevuto solo del bene; per questo era fascista, quanto bastò perché fosse prelevato da due partigiani armati e condotto verso il fiume Panaro. Durante il tragitto, un acquazzone fermò il gruppo in cammino. Ricordo che entrarono nel cortile di casa mia e si fermarono sotto il porticato della stalla. Cessato il temporale, ripresero il cammino che terminò al fiume con la morte del Simoni. Uno dei figli, di pochi anni di età, seguì a distanza il gruppo che portava alla fucilazione il padre e fu testimone impotente di tanta atrocità. IL 25 APRILE, GIORNATA DI LUTTO”

 Lettera.

 So che questo mio articolo non sarà maipubblicato , però ve lo offro come lettura.

Rimarràstupito,qualcuno, del titolo che ho dato a questa mio scritto, ma per me èveramente un giorno indimenticabile, di terrore, perché a Milano ho assistito adelle atrocità spaventose, anche in famiglia. I partigiani garibaldinicomunisti sono entrati in casa mia, hanno preso la mia mamma e con il mitra mihanno sbattuto contro il muro. Mia madre, lo seppi molto tempo dopo, fu portatanelle carceri di San Vittore, in una cella, stipata all’inverosimile, uomini e donne, con un bugliolo pertutti e per due giorni senza acqua e un pezzo di pane, inoltre sempre in piedidata l’angusta cella. Dopo la portarono nelle famigerate scuole di viaPalmieri, famose per le torture perpetrate ai fascisti. Mia madre fu torturata,stuprata e tutti i giorni portati  per levie di Milano su un camion e i milanesi buttarono loro addosso escrementiumani, vasi da notte, oggetti contundenti. Gli stessi cittadini che pochigiorni prima al Lirico , nell’ultimo discorso del Duce lo osannavano a nonfinire.
Tutto ciòperché mia madre era di famiglia fascista e non aveva fatto nulla di male. Mai.Solo vendette personali ci furono in quel periodo, anche la morte di mio zioErnesto, fratello di mia madre, 30 anni, seviziato, rotto gli arti e seppellitovivo.
Ancoraoggi i sinistroidi continuano ad osannare i partigiani  comunisti come degli eroi, ma i nostriragazzi di Salò che sono andati a combattere sapendo che andavano incontro allamorte, cosa sono?
Ero unaragazzina, ma non potrò mai dimenticare e perdonare le efferatezze compiute daipartigiani comunisti. Perché non si parla di questo? Perché non si racconta,come visto con i miei occhi, andare nelle case, prendere della povera gente,che aveva solo la colpa di avere un ideale e un’abitazione che fu subitaconfiscata, anzi rubata,  per  portarli sulla via e sparare diversi colpi difucile sia su donne, uomini e bambini?
Nonracconto storie, non sono bugiarda ma è la pura verità e penso chi mi leggapossa capire il mio odio viscerale verso i partigiani comunisti e ripeto questo,per noi, sporchi fascisti, è un giorno di grave lutto.
PiazzaleLoreto rimarrà in eterno la vergogna di un popolo criticato da tutti i Capi diStato per le aberrazioni compiute e il linciaggio su dei poveri cadaveri.
Ecco chisono gli italiani sinistroidi: assassini, vigliacchi che non hanno ragione divivere, perché la crudeltà vista a Milano è impossibile descriverla e quellevie lorde di sangue, corpicini di bimbi straziati da una pallottola, vecchi egiovani riversi nel sangue e donne stuprate sulla strada sono ricordiincancellabili.

ED IO NON POTRO’ MAI PERDONARE,PERCHE’ NON SI PUO’, NE SI DEVE.

ERCOLINA  MILANESI.
Lettere. Dall'amico Daniele Armanti.
OGGI 25 APRILE SI FESTEGGIA LA FESTA DELLA LIBERAZIONE, CHE IO CHIAMO ( LA FESTA DELL'ODIO), VEDREMO PARATE, BANDIERE ROSSE,E DISCORSI CHE ANDRANNO A COLPIRE MOLTI NOSTRI CAMERATI CHE NELLA GUERRA HANNO AVUTO PARENTI MORTI, SENTIREMO LA STORIA CAMBIATA DAI VINCITORI , CHE CI DIRANNO CHE HANNO LOTTATO CONTRO I FASCISTI CHE ERANO UOMINI VIOLENTI , ASSASSINI SENZA CUORE ECC ECC. VEDREMO MOLTE TV PROIETTARE DOCUMENTARI , FILM E PROGRAMMI CHE PARLERANNO CONTRO IL FASCISMO DEFINENDOLO LA ROVINA DELL'ITALIA........MA TRALASCIANO MOLTE COSE CHE I PARTIGIANI DOPO LA GUERRA HANNO AMMAZZATO TANTISSIMI FASCISTI MA NESSUNO HA MAI FATTO NULLA E NESSUNO HA MAI DENUNCIATO PUBBLICAMENTE QUESTI ASSASSINI, DIMENTICANO ANCHE DI DIRE CHE IL DUCE AGLI ITALIANI HA DATO MOLTI DIRITTI, CHE INVECE IN QUESTI ULTIMI ANNI VEDIAMO SVANIRE DA QUESTA NOSTRA "BELLA DEMOCRAZIA" CHE CI HA RESI TUTTI POVERI E SENZA SPERANZE CON MOLTI ONOREVOLI LADRI, CORROTTI E LONTANI DAL POPOLO.......IO INVITEREI TUTTI I CAMERATI CHE HANNO UNA BANDIERA ITALIANA DI METTERLA FUORI DALLA FINESTRA A MEZZ'ASTA, PER FARE CAPIRE CHE OGGI UN PARTE DEGLI ITALIANI NON FESTEGGIA, MA SI SENTE SOTTO ATTACCO DA QUESTA FESTA CHE DIVIDE GLI ITALIANI IN BUONI E CATTIVI PER PRIVILEGIARE UNA PARTE POLITICA.............CON QUESTO CONCLUDO CON UN AMAREZZA NEL CUORE, MA RINFORZATO ANCOR PIU' DI LOTTARE CONTRO QUESTO SISTEMA........ NOBIS DANIELE.
Lettere dal Camerata Arnaldo De Agazio.
IL 25 APRILE 1945

IL 25 APRILE? IL PAESE HA 'PIANTO'!…., IL PAESE HA VISSUTO TUTTE LE SUE IMMANI LACERAZIONI E DIVISIONI! IL PAESE, "INEBRIATO" DALL'ODIO, DALL'ASTIO E DALLA VIOLENZA, HA PAGATO SULLA SUA PELLE DI NAZIONE CIVILE, L'INCIVILTA' MANIFESTA, 'RACCATTATA' AI BORDI DELLE STRADE DAI COSIDDETTI "LIBERATORI". IL PAESE, DA QUEL MOMENTO, ED E' STORIA DI OGGI, NON HA SAPUTO PIU' 'RICONOSCERSI'…., NON HA SAPUTO E/...O VOLUTO PIU' RITROVARSI IN UN UNICO MINIMO COMUN DENOMINATORE. LE SPACCATURE IDEALI, MORALI E MATERIALI SANCITE IL 25 APRILE 1945, SONO TUTTORA LA 'BUSSOLA' CHE GUIDA E GOVERNA QUESTO PAESE ORMAI BISTRATTATO E RIDICOLIZZATO DAI 'COLONIZZATORI' DI IERI, QUELLI CHE "CI" HANNO "LIBERATO"…. MA DA COSA?... DA UN PATTO DI LEALTA', FEDELTA' E COERENZA SOTTOSCRITTO DALLA TOTALITA' DEL POPOLO ITALIANO? BASTA CON LE MENZOGNE! BASTA CON LE ALCHIMIE AL CIANURO! SOMMINISTRATE A PICCOLE DOSI, DAI 'MERCANTI DEL TEMPIO', PRONTI A SVENTOLARE LA 'BANDIERA' D'OCCASIONE…., QUELLA BUONA PER TUTTE LE STAGIONI, QUELLA DELLA CONVENIENTE SISTEMAZIONE…., SENZA 'IMPICCI' E SENZA 'ROGNE'. NOI! DICIAMO NO!!!!! AL 25 APRILE! QUEL GIORNO, DI 68 ANNI FA, E' NATA LA PEGGIORE ITALIA!, QUELLA DEI FURBI, DEI LADRI, DEI VOLTAGABBANA, DEI MILLANTATORI, DEGLI AFFAMATORI DI POPOLO, DELLE STRAGI DI STATO, DELL'IMBROGLIO ASSURTO A LEGALITA', DELL'IPOCRISIA PIU' DISDICEVOLE! DELLE INGIUSTIZIE! NOI DICIAMO NO! A QUELL'ITALIA! CI AVETE 'AMMAZZATO' NEL CORPO MA!!!!!!!!!!!! NON NELLE COSCIENZE!!!!!!... OGGI COME IERI, DOMANI COME ALLORA!!!!!!!... BOIA CHI MOLLA E' STATO, E' E SARA' SEMPRE IL NOSTRO GRIDO DI BATTAGLIA!!!!!!!!!!!!!!!!!!


Renzo De Felice.
Lo storico Renzo De Felice affermò che la peggiore eredità che il Fascismo ci ha lasciato è l’antifascismo che, a suo dire, era una scusa per praticare l’intolleranza violenta con delle false coperture morali. E ne trovò conferma sulla sua pelle quando, ormai alla fine della sua carriera, si vide impedire l’ingresso all’Università di Roma da un gruppo dei centri a-sociali che cercarono di aggredirlo dandogli addirittura del nazista. Poco dopo, nel febbraio del 1996, qualcuno gli incendiò la casa. Tre mesi dopo l’uomo considerato anche all’estero “il massimo studioso del fascismo” morì.
Probabilmente chiedendosi, lui che aveva alle spalle anche una lunga militanza comunista e poi socialista, in che cavolo di Paese avesse vissuto se, a 50 anni dalla fine della guerra, un anziano professore di storia dovesse rischiare il linciaggio e la vita propria e dei propri familiari solo per aver scritto dei libri di storia. Il 25 aprile, spiegano molti antifascisti – quelli giovani – serve a celebrare il ricordo imperituro di chi, con la guerra partigiana, ci ha regalato la libertà e la democrazia di cui oggi godiamo. Purtroppo, a dire il vero, la democrazia gli italiani di allora l’hanno ricevuta, allo stesso modo degli iracheni di oggi, dagli americani. Dopo una guerra fatta di bombardamenti sulle città e un’invasione. Questa è la storia e non c’entra nulla l’ideologia.
I partigiani furono protagonisti di una guerra civile combattuta contro italiani che ritenevano di combattere per l’Italia con una visione diametralmente opposta. Con il 25 aprile si festeggia la sconfitta dei secondi, più che la vittoria dei primi. Il che ci può anche stare, le guerre sono così: c’è uno che vince e uno che perde. E il vincitore di rado fa sconti al vinto. Dai tempi di Brenno, almeno. La domanda è: che cosa c’entrano i nostri figli – e ormai i nostri nipoti – con quella guerra? E perché i discendenti di chi quella guerra l’ha persa dovrebbero ancora essere trattati come i vinti di una guerra che non hanno combattuto e nemmeno visto da lontano perché sono nati decenni dopo che era finita? E, soprattutto, perché a trattarli così dovrebbero essere persone che anch’esse non hanno combattuto nessuna guerra per liberare alcunché, ma hanno solo scelto di schierarsi dalla parte di chi vinse allora per reclamare il diritto di negare, oggi, la libertà ad altri? Sono queste le domande che, ogni anno, noi figli della generazione di italiani che combatté quella guerra – e ormai genitori e nonni di altri italiani – ci poniamo. Aveva ragione De Felice. Per questo gli bruciarono la casa. Sono passati 17 anni da quell’attentato dimenticato. In Italia è cambiato tutto. Ma, almeno oggi, sembra non sia cambiato niente.

Centro Documentazione Rsi
 
L’olocausto della “Monterosa”
Tra il 24 e il 25 Aprile tutte le truppe schierate sul fronte alpino occidentale ricevettero l’ordine di ripiegare sul fondovalle. Così anche gli uomini della Divisione Alpina “Monterosa” iniziarono il ripiegamento. E, a cominciare dal 26 aprile, molti reparti, ad evitare spargimenti di sangue ormai inutili, si arresero al C.L.N. della zona avendo formali promesse di trattamento conforme alle leggi internazionali. Purtroppo tali leggi non furono ...rispettate e anche qui, come altrove, decine e decine di uomini ormai disarmati, furono trucidati con bestiale ferocia. Non è possibile ricostruire tutti i fatti, molti dei quali, probabilmente, non sono mai stati resi noti. E’ molto noto, invece, il caso degli uomini del Btg “Bassano” che si erano arresi il 26 aprile al C.L.N. di Saluzzo. Come al solito essi avevano avuto ampie garanzie di salvaguardia della loro incolumità. Ma, ancora come il solito, tali promesse non erano state rispettate. E l’Avv. Andrea Mitolo di Bolzano, già ufficiale del “Bassano”, con una circostanziata denuncia alla Procura della Repubblica di Saluzzo, descrive la fine di ventidue uomini, ufficiali e soldati, trucidati dai partigiani di “Gianaldo” (Italo Berardengo) dopo che si erano arresi ed erano stati disarmati.
Nè, parlando della Monterosa, possiamo non ricordare l’infame attentato alla tradotta che trasportava sul fronte occidentale gli uomini della “Monterosa” che erano stati ritirati dal fronte della Garfagnana. Tra Villafranca e Villanova d’Asti fu minata la linea ferroviaria e l’esplosione, provocata al passaggio della tradotta, travolse due vagoni e uccise 27 alpini ferendone altri 21 anche in modo molto grave. Malgrado l’odiosità del vile attentato non fu attuata alcuna rappresaglia.


Centro Documentazione Rsi
 
L’eccidio dell’Ospedale psichiatrico di Vercelli
Nei giorni dal 23 al 26 aprile 1945 si erano concentrate a Vercelli tutte le forze della R.S.I. della zona, circa 2000 uomini, che andarono a costituire la Colonna Morsero, dal nome del Capo ...Provincia di Vercelli Michele Morsero. Tale colonna partì da Vercelli alle ore 15 del 26 aprile, dirigendo verso nord per raggiungere la Valtellina. I reparti che costituivano la colonna erano : Il 604° Comando Provinciale GNR Vercelli Comandato dal Colonnello Giovanni Fracassi, la VII^ B.N. “Punzecchi di Vercelli, parte della XXXVI^ B.N. “Mussolini” di Lucca, CXV° Btg “Montebello”, I° Btg granatieri “Ruggine”, I° Btg d’assalto”Ruggine”, I° Btg rocciatori (poi controcarro) “Ruggine”, III° Btg d’assalto “Pontida”. La colonna raggiunse Castellazzo, a Nord di Novara, la mattina del 27 aprile e, dopo trattative, la sera decise, dopo molte incertezze, di arrendersi ai partigiani di Novara dietro promessa di essere trattati da prigionieri di guerra. Il 28 aprile i prigionieri vengono condotti a Novara e rinchiusi in massima parte nello stadio. Subito cominciarono gli insulti e i maltrattamenti e il 30 cominciarono i prelevamenti di gruppi di fascisti dei quali non si ebbe più notizia. Lo stesso accadde nei giorni successivi insieme a feroci pestaggi. Il 2 maggio Morsero viene portato a Vercelli e fucilato. Intanto sono giunti gli americani che tentano di ristabilire un minimo di legalità. Ma il Corriere di Novara dell’8 maggio parla di molti cadaveri di fascisti ripescati nel canale Quintino Sella. Finché©l 12 maggio giungono da Vercelli i partigiani della 182^ Brigata Garibaldi di “Gemisto” cioè Francesco Moranino che prelevano circa 140 fascisti elencati in una loro lista. Questi uomini saranno le vittime della più incredibile ferocia. Portati all’Ospedale Psichiatrico di Vercelli saranno, in buona parte massacrati all’interno di questo. Le pareti dei locali dove avvenne l’eccidio erano lorde di sangue fino ad altezza d’uomo. Altri saranno schiacciati in un cortile da un autocarro, altri fucilati nell’orto accanto alla lavanderia, altri, pare tredici, fucilati a Larizzate e altri ancora, infine, portati con due autocarri e una corriera (quindi in numero rilevante) al ponte di Greggio sul canale Cavour e qui, a quattro a quattro, uccisi e gettati nel canale. Nei giorni successivi i cadaveri ritrovati nei canali di irrigazione alimentati dal canale Cavour furono più di sessanta.
Solo il giorno 13 maggio, domenica, gli americani prenderanno il controllo dei prigionieri ed eviteranno altri massacri. Era già pronta la lista dei prigionieri da prelevare quello stesso giorno alle ore 18.
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La strage di Lovere (Bergamo)
Mercoledì 25 aprile 1945 un piccolo presidio della Legione “Tagliamento”, 26 militi della 4^ Cmp, II Rgt, di stanza nell’edificio delle scuole elementari a Piancamuno in Val Canonica venne sorpreso da un gruppo di partigiani fra i quali erano dei polacchi in divisa tedesca. Malgrado la sorpresa i militi reagiscono, ma le perdite sono gravi : 9 morti fra cui il comanda...nte aiutante maresciallo Ernesto Tartarini e tre feriti. Anche il comandante partigiano, però, tale Luigi Macario, viene ucciso insieme ad altri due, cosicché i partigiani, rimasti senza comandante, cedono al fuoco intenso dei militi superstiti e si ritirano. A questo punto giunge in aiuto una squadra del plotone Guastatori al comando del brigadiere Amerigo De Lupis.
Egli si rende conto che i tre feriti che giaccioni all’Ospedale di Darfo non hanno una assistenza adeguata. Uno dei tre, infatti, Sandro Fumagalli, muore la mattina del 26. Allora nel pomeriggio il De Lupis, con una piccola scorta, porta i due feriti ancora vivi all’Ospedale di Lovere, sul lago d’Iseo. Ma egli non sa che i partigiani stanno occupando la città. Al mattino, infatti, il locale presidio del 612° Comando Provinciale della G.N.R. comandato dal Ten. Agostino Ginocchio si è arreso a un gruppo di partigiani e altri partigiani stanno affluendo dalle montagne. Così il De Lupis e i suoi uomini vengono sorpresi all’uscita dall’Ospedale e catturati. Condotti presso la casa canonica (Palazzo Bazzini) che veniva utilizzata come prigione, vennero rinchiusi insieme agli uomini del Ten. Ginocchio. Testimoni dell’epoca affermano che ai prigionieri vennero inflitti pesanti maltrattamenti. Il 30 aprile un legionario, Giorgio Femminini di 20 anni, ottenne di potersi sposare con la sorella di un commilitone, Laura Cordasco, così fu condotto in chiesa col De Lupis e il commilitone Vito Giamporcaro come testimoni. Ma poichè la cerimonia si prolungava i partigiani condussero via tutti gli uomini del De Lupis e li portarono dietro il cimitero dove furono massacrati con raffiche di mitra. Gli uccisi furono sei: Amerigo De Lupis, Aceri Giuseppe, Femminini Giorgio, Mariano Francesco, Giamporcaro Vito, Alletto Antonino. I due legionari: Le Pera Giovanni e De Vecchi Francesco, ricoverati, come si è detto, in ospedale per gravi ferite, furono quasi ogni giorno percossi e maltrattati e, infine, prelevati da partigiani fra il 7 e l’ 8 di Giugno, oltre 40 giorni dopo la fine della guerra, percossi, seviziati e, infine, gettati nel lago e annegati. Vedi la documentazione. <(per collegarsi a internet puntare il “dito” su Vedi la documentazione) (redatto con la collaborazione preziosa di Giuliano Fiorani e Sergio Geroldi)
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IN RICORDO DEI CADUTI DI ODERZO
La strage di Oderzo (Treviso)
Negli ultimi giorni di aprile del 1945, esattamente il 28, 126 giovani militi dei Btg. “Bologna” e “Romagna” della GNR e 472 uomini della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo della... R.S.I. (450 allievi più 22 ufficiali) si arresero al C.L.N. con la promessa di avere salva la vita. L’accordo fu sottoscritto nello studio del parroco abate mitrato Domenico Visentin, presenti il nuovo sindaco di Oderzo Plinio Fabrizio, Sergio Martin in rappresentanza del C.L.N., il Col, Giovanni Baccarani, comandante della Scuola di Oderzo e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del Btg. Romagna. Ma quando scesero i partigiani della Brigata Garibaldi “Cacciatori della pianura” comandati dal partigiano Bozambo l’accordo fu considerato carta straccia e il 30 aprile cominciarono a uccidere. Molti furono massacrati senza pietà fra il 30 aprile e il 15 maggio. La maggior parte, ben 113, fu uccisa al Ponte della Priula, frazione di Susegana e gettati nel Piave. Pare si trattasse di 50 uomini del “Bologna”, 23 del “Romagna”, 12 della Brigata Nera, 4 della X^ MAS, e gli altri di altri reparti fra cui gli allievi della scuola. Altri furono trucidati sul fiume Monticano.
LA BANDA DI “BOZAMBO”, “BOIA DI MONTANER”, AL MATRIMONIO TRA ADRIANO VENEZIAN E VITTORINA ARIOLI, ENTRAMBI PARTIGIANI
Al banchetto di addio al celibato di Venezian uno della banda affermò :- Ti auguriamo che tu abbia ad avere dodici figli e perché±uesto augurio abbia ad essere consacrato domandiamo che siano uccisi, vittime di propiziazione, dodici fascisti -.
Fu così che la mattina del 16 maggio scelsero tredici allievi ufficiali della Scuola di Oderzo e li assassinarono nei pressi del Ponte della Priula. (Particolare delle stragi di Oderzo).(Contributo di Francesco Fatica dell’ISSES Napoli)
Vedi anche, qui appresso i caduti sulla corriera della morte. In totale le vittime fra gli ufficiali della scuola di Oderzo furono 144.
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Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.

Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.

Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.

Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:

“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”
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Foto: Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arruolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.

Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.

Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.

Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:

“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”




 
 

martedì 23 aprile 2013

A Predappio...
Il 28 di Ottobre ricorre l’anniversario della della “Marcia su Roma”.
Per la ricorrenza, Predappio, il paesino della Romagna luogo natale di Benito Mussolini, si riempie di gente che viene a commemorare questo evento.

Quest’anno la TV....e piú precisamente quella che fa capo alla tribù degli orfani del comunismo, é venuta con un suo reporter a fare un servizio televisivo...con tanto di interviste.
Devo dire, che il disgustoso e malcelato senso di sufficienza ostentato dal giornalista rosso nei confronti dei manifestanti era ben alimentato da numerosi imbecilli che affollavano il posto.
Personalmente, devo dire che quanto ho visto mi é piaciuto ben poco.

Un luogo come Predappio, naturale punto di riferimento di eventi commemorativi di grande importanza storica, … posto che dovrebbe suscitare profonde riflessioni, dovrebbe essere curato con il massimo decoro, evitando che, a causa di alcuni buontemponi, manifestazioni di una certa serietá, sfocino in mediocri carnevalate.
Per prima cosa, alcuni giovani, facendosi allegramente riprendere in camicia nera, zeppa di spille raffiguranti il Fascio Littorio ed altro, alquanto impacciati da alcune domande poste dal giornalista, davano lacunose risposte, riuscendo cosí a rendere manifesta soltanto la loro scarsissima conoscenza in tema di Fascismo.

Ma non é finita qua!
Molti negozi, che evidentemente campano sull’altrui imbecillitá, vendono diversi souvenir tra i quali alcuni di un impressionante “dubbio gusto” come ad esempio, il “duce elettrico”; un pupazzo che tramite un pulsante alza il braccio simulando il saluto romano; un oggetto che giudichiamo a dir poco grossolano e che certamente mal si accorda ad un passato che merita ben altri ricordi e sopratutto ben altro rispetto.

Queste degenerazioni finiscono per legittimare le maldicenze di quell’anacronismo vivente che si chiama antifascismo, mentre suscitano sentimenti di disapprovazione in chiunque abbia un minimo di cultura, di reale conoscenza e di apprezzamento dei veri principi ideologici del Fascismo.

Ma torniamo al nostro simpatico “Orfano” col microfono.
Dopo una panoramica dei luoghi e qualche intervista... giá preorganizzata, secondo la piú classica consuetudine del “cartello televisivo rosso”, viene inquadrata una tavolata di sedicenti fascisti, dei quali molti di loro, sono a malapena delle “scadenti caricature”del vero fascista; ed ecco che si alza un individuo che sembra una specie di incrocio tra “ercolino e mastro lindo” il quale, con triviale baldanza comincia a sbraitare alla volta dell’orfano col microfono, ripetendo diverse volte: <<….La rifacciamo noi l’Italia >>

Certo che a volte é veramente strano il mondo!
Egli ha a disposizione la piú grande idea di tutti i tempi....L’Idea Mussoliniana, che merita la massima serietá e la massima attenzione, perché possa giungere a quel riconoscimento che una mandria di mascalzoni con somma disonestá morale continua a negare, é oggi largamente supportata da una moltitudine di gente stupida e ignorante, il cui operato finisce per celare, piuttosto che a fare riemergere la vera essenza del’Ideale Fascista.

Alcuni di questi sedicenti fascisti, in realtá sono il risultato di quell’insipido intruglio, nato dalla fallace divulgazione storica del Ventennio Fascista, praticata ormai da moltissimo tempo dall’antifascismo e che viene stupidamente ingurgitata da tanti giovani a causa della confusione generata loro scarsissima conoscenza della Filosofia Fascista.

Il risultato di tuttoció é visibile in molte di quelle persone che erano a Predappio e fa di essi dei veri ingenui, utilissimi all’antifascismo, che si serve in modo strumentale della loro sprovvedutezza per continuare ad ingannare i media, alimentando quella disinformazione che sta alla base dell’ avversione nei confronti dell’Idea Mussoliniana.

Il mondo ha potuto disporre anche di un’altro credo politico, del quale ha fatto la sua amara esperienza, che sarebbe quello a cui appartiene l’orfano col microfono, quello venuto a Predappio con l’intenzione di fare un reportage sul quale spalmare il suo insulso sarcasmo.

Mi riferisco alla dottrina del comunismo,....quella filosofia che grandi tragedie ha arrecato al mondo intero e che grazie a Dio si é disgregata accasciandosi miseramente sul peso della sua inconsistenza, dimostrando in modo ineluttabile l’infondatezza e la pericolositá dei suoi dogmi.

Richiamando in causa le stranezze di questo mondo, ricordiamo a tutti che i rimasugli di quel che fu l’ideale comunista, continua al di lá di ogni sensatezza ad avere i suoi epigoni; sinistri e pericolosi maestri del trasformismo, sempre pronti a riciclarsi sotto ogni forma partitica che gli consenta di sopravvivere.

Essi, non avendo piú nessun argomento sano e costruttivo da proporre, usano questa strategia continuando a millantare crediti che mai hanno posseduto.
È cosí che l’antifascismo continua ad imperversare impunemente nel tessuto sociale, rendendolo insano e caotico, incapace di generare e nutrire i semi di una cultura veramente propositiva, unica e solida base per un progresso sano e autenticamente civile.

Diventa dunque IMPERATIVO parlare con questi giovani, per far capire loro che gli erronei e confusi concetti sul Fascismo di cui sono pieni, li hanno condotti ad imboccare una strada che é assolutamente sbagliata, perché porta l’Idea piú grande di tutti i tempi sul malsicuro orlo del precipizio, con buona pace delle nutrite mandrie antifasciste che possono cosí continuare indisturbati ad appestare e a proliferare pericolosamente nel nostro Paese.
                                                                                           Ballerino Vincenzo.

lunedì 22 aprile 2013

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Viva tutti i soldati sconfitti/ e tutti gli eroi schiacciati/ dal nemico nella battaglia perduta./ Perché la sconfitta/ non può togliere la gloria. (Walt Whitman)

L’ultima resistenza

  Il 19 giugno i tedeschi cominciano ad arroccarsi sulla  nuova linea difensiva che va dalla Versilia alla Romagna: la “linea Gotica”. Tuttavia contrastano l’avanzata americana passo per passo. Il 4 agosto lasciano Firenze, che viene ancora disperatamente difesa dai fascisti appostati sui tetti delle case. Il 2 settembre cade Pisa e il 5 Lucca. Ma ormai i tedeschi si sono arroccati sulla linea “Gotica”.
 Sulla linea “gotica” gli anglo-americani vengono bloccati per tutto l’inverno e fino ai primi di aprile del 1945.  Nei primi giorni di quel mese riprende l’attacco e, poco dopo la metà del mese, le resistenze italo-tedesche vengono sopraffatte e il nemico dilaga nella pianura padana.
 Intorno agli ultimi giorni del mese le truppe tedesche si arrendono, seguite da quelle italiane, che si erano battute valorosamente sui vari fronti di guerra. La Divisione ITALIA e il Btg INTRA della Divisione MONTEROSA, che avevano retto il fronte della Garfagnana fino al 17 aprile, si ritirano ordinatamente, riuscendo a contenere, in Lunigiana, gli attacchi americani che tentavano di tagliare la ritirata alle truppe che defluivano dalla Garfagnana. Esse, unitamente alle truppe tedesche del Generale Fretter Pico, giungono nei pressi di Fornovo, dove  trovano la strada verso Parma sbarrata dalle truppe brasiliane. Dopo un ultimo tentativo di aprirsi un varco verso il Po, vista l’impossibilità di riuscita, si decide la resa. Viene concesso l’onore delle armi. E’ il 27 aprile. Più o meno negli stessi giorni si arrendono ai partigiani anche la divisione SAN MARCO, la LITTORIO e il grosso della Div. MONTEROSA, vari reparti della DECIMA, e altri. Qualcuno resiste in armi fino ai primi di Maggio e si arrende agli americani. Molti dei militari arresisi ai partigiani verranno vigliaccamente trucidati. I sopravvissuti verranno rinchiusi nell’infernale campo di concentramento di Coltano e vi rimarranno fino all’autunno.
 Occorre qui precisare che il mito dell’insurrezione del 25 aprile è un mito assolutamente falso e infondato. Nessuna città è stata “liberata” da un atto insurrezionale, ma si è trovata “liberata” semplicemente perché i tedeschi e i fascisti si erano ritirati. La presunta documentazione fotografica dell’insurrezione, perciò, è un falso. Il responsabile della Agenzia Publifoto di Milano, Vincenzo Carrese, il 25 aprile girò tutta Milano in cerca di scene insurrezionali da immortalare. Ma….non trovò nessuno (da “L’Ultima Crociata” n.3 dell’aprile 1999). Allora nei giorni successivi, con l’aiuto di “attori” (qualcuno magari sarà anche stato un vero partigiano) fra cui lui stesso e i suoi collaboratori, costruì scenograficamente quelle immagini che non aveva potuto fotografare il giorno della immaginaria insurrezione.
 

RNCR-R.S.I. - CONTINUITA' IDEALE

lunedì 22 aprile 2013

25 APRILE 2013




Con l’approssimarsi del 25 Aprile  ed in attesa delle solite trombonate esaltanti la “liberazione dal fascismo”, riproduciamo un vecchio articolo, sempre valido su cosa fu EFFETTIVAMENTE  il Fascismo a contrasto di come oggi viene dipinto tra l’altro anche da persone che, se hanno l’età anagrafica, prima di denigrarlo portarono la camicia nera sino a quando non divenne conveniente cambiarla con il foulard rosso.

Cosa fu il Fascismo per l’Italia


Siamo veramente stufi di sentire, ad ogni occasione, sussiegosi maestri di pensiero, mezzibusti televisivi, uomini politici, giornalisti, pseudo storici, preti, insegnanti, sindacalisti, comici vari discettare sulla “tragedia del Fascismo” che ha colpito l’Italia e che l’ha trascinata alla guerra!
E mai, mai nessuno che si periti di fare presenti anche le mille cose buone che il Fascismo ha fatto e che gli valsero il consenso popolare e l’ammirazione internazionale, quasi che questo non fosse stato una realtà vissuta dagli italiani e documentata dai giornali internazionali dell’epoca.
Ed allora cerchiamo di analizzare cosa successe in quel periodo della storia italiana e come il Fascismo ne fu il protagonista assoluto.
Quando il fascismo prese in mano le sorti dell’Italia,
I bambini lavoravano a 9 anni di età e lo facevano anche nelle miniere e nelle filande.
La scuola obbligatoria per i fanciulli arrivava alla seconda elementare.
Le donne erano regolarmente licenziate quando restavano incinte.
Per i lavoratori non esisteva alcun orario di lavoro, ma tutto era all’arbitrio dei padroni.
Non c’era per i lavoratori la previdenza sociale, la pensione, l’assistenza malattia, i contratti di lavoro, il libretto di lavoro, gli assegni famigliari, l’assicurazione infortuni, il dopolavoro.
Le ferrovie erano scarse, gli acquedotti insufficienti, le zone paludose e malariche erano estese a vaste parti del Paese, i beni culturali ed artistici erano alla mercé della speculazione privata, non esisteva alcuna possibilità per i figli dei lavoratori di fruire di cure climatiche al mare o in montagna e la mafia spadroneggiava in Sicilia beffando lo Stato e colludendo con la politica.
In venti anni, di cui 5 di guerra e due della più grave crisi economica mondiale che sconvolse tutti i Paesi industrializzati, il fascismo riuscì a trasformare l’Italia con una serie di leggi e di riforme epocali che cambiarono radicalmente il panorama  e gli equilibri sociali del Paese.
Ecco un elenco, sintetico ed incompleto, delle principali leggi e riforme che il Fascismo mise in atto:
Parchi nazionali, Tutela del lavoro di donne e fanciulli, assistenza ospedaliera per i poveri, Assicurazione invalidità e vecchiaia, riforma della scuola( Gentile),  Acquedotti pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano, Riduzione dell’orario di lavoro sin o a 40 ore settimanali, età minima di 15 anni per il lavoro dei minori, Opera Balilla e colonie per i fanciulli, Opera nazionale Dopolavoro, Centrali idroelettriche e rete ferroviaria, Reale accademia d’Italia, Bonifiche integrali dell’Agro Pontino, dell’Emilia, della bassa Padana, di Coltano, della Maremma Toscana, del Sele, della Sardegna e colonizzazione del latifondo Siciliano, Attribuzione della facoltà d’indagine alla polizia tributaria, Opera Nazionale Maternità ed Infanzia, Assistenza agli illegittimi, abbandonati od esposti, Carta del lavoro, Esenzioni tributarie per le famiglie numerose, Rete autostradale, ferrovie e porti, Aree industriali, patti lateranensi, INAIL, Libretto di lavoro, INPS, ECA, Assegni famigliari,  casse rurali ed artigiane, Case popolari, legge Bottai per la difesa dei beni culturali, Riforma dei codici civile e penale, Legge urbanistica, INAM, Lotta alla mafia, Socializzazione delle imprese.

Oggi, dopo 65 anni dalla caduta del Fascismo, la situazione sociale è regredita, i lavoratori contano di meno ed i padroni contano di più, la disoccupazione, la precarietà e l’incertezza per il domani dominano la vita quotidiana e costringono i giovani a vivere alla giornata senza la possibilità di fare progetti per il loro futuro, senza la possibilità di formarsi una famiglia e di avere dei figli.
La mafia si è moltiplicata e si è sempre più inserita in ogni aspetto della vita sociale con la complicità della politica che oramai è organica ad essa.
Il prestigio nazionale non è mai stato così basso e così ridicolizzato nel contesto mondiale.
E’ vero, durante il Fascismo la libertà di espressione era limitata, ma a questo proposito vogliamo fare un paio di osservazioni:
Non ci pare che oggi la libertà di espressione porti a dei risultati così positivi dato che nelle cose importanti ( vedi i referendum ) la politica se ne frega del parere popolare e svillaneggia la sovranità popolare facendo il contrario di quanto essa esprime mentre poi manipola la pubblica opinione con il monopolio dei mezzi d’informazione.
Non ci pare che i regimi antifascisti di cui il comunismo era il principale, abbiano mai espresso situazioni di assoluta libertà ed anzi ci sembra che mentre durante il Fascismo non esistevano Gualg, questi erano la norma nei Paesi comunisti.
Quanto alla seconda guerra mondiale, essa fu progettata e voluta dalle potenze plutocratiche che vedevano in pericolo il mondo capitalista a causa delle nuove idee rivoluzionarie del Fascismo che, superando l’antitesi Capitale/lavoro del vecchio ed obsoleto marxismo, e trasformando la lotta di classe in sinergia tra le classi, metteva in crisi profonda tutto l’impianto su cui si reggeva il capitalismo basato sul profitto e che aveva il denaro come fine anziché come mezzo.
Stupidaggini quelle della difesa della democrazia o quella della libertà di Danzica.
Stupidaggini facilmente contestabili perché gli USA vennero in guerra in Europa anche nel 1915 quando non era in pericolo la democrazia, ma i suoi interessi strategici ed economici  e per quanto riguarda Danzica, il mondo non mosse un dito quando non solo Danzica, ma tutta la Polonia fu inghiottita dall’URSS il che, per coerenza, avrebbe meritato un’altra guerra contro Stalin…
Quanto poi allo scandalizzarsi per la guerra, “ da che pulpito viene la predica..” dato che i principali piangioni sono quei filocomunisti che non hanno fatto neppure una piega quando il comunismo ha annesso mezza Europa dell’est sulla punta delle baionette ed ha eliminato fisicamente tutta la possibile opposizione e neppure quando il comunismo ha scatenato le guerre in Tibet, in Korea, in Vietnam, in Cambogia ed in Laos, ma si sono limitati ipocritamente a definire queste guerre imperialiste come “Guerre di liberazione” dando così autonomamente ad esse la patente di liceità e santità!
Sono gli stessi comunisti che applaudirono alle repressioni sovietiche in Polonia ed in Ungheria ed all’invasione della Cecoslovacchia senza il minimo sussulto di umanità per chi moriva in nome della libertà.
E sono quegli stessi comunisti che, egemoni al 95% nella resistenza, non volevano portare in Italia la democrazia, ma volevano sostituire il Fascismo con il comunismo di Stalin che invece a Febbraio del 1945 li fregò a Yalta concedendo che l’Italia entrasse sotto la sfera d’influenza degli USA.
Ricordiamo qui, per inciso, che nell’Italia del Fascismo non c’erano né campi di concentramento per i dissidenti, né filo spinato o Vopos pronti a sparare per impedire agli italiani di scappare all’estero come invece era nel “paradiso comunista”!
Ed allora appare evidente quanto siano ipocriti, bugiardi ed in malafede tutti coloro che piangono ancora oggi sulla “tragedia del Fascismo” senza contestualizzare la storia e facendo finta che i nemici del Fascismo fossero il bene assoluto…
A tutti loro un vaffa., di vero cuore!

Alessandro Mezzano

venerdì 19 aprile 2013

NOI E LORO. UNA PICCOLA DIFFERENZA CHIAMATA ONORE
Nino Arena
 
 
La faziosità è dura a morire; la menzogna, soprattutto se finalizzata a radicalizzare un fatto arbitrario ha radici profonde; l’invito ai chiarimenti, se presuppone la fine del teorema illegalmente costruito per convalidare la falsità, viene di norma respinto. Poi tutto torna nel dimenticatoio ed ognuno si tiene le sue convinzioni cullandosi nell’ipocrisia e nella malafede. Talvolta, allorché vengono a mancare le motivazioni per controbattere accuse e invenzioni, si fa strada timidamente la loro "verità’’ riportata pedissequamente nelle occasioni, populiste e demagogiche, non di rado sui libri di testo, quasi sempre reperibile nella bibliografia resistenziale di comodo stampata dai grandi circuiti editoriali, nella speranza che "il luogo comune’’ si trasformi in "verità’’ storica: il gioco è fatto! Dovranno sopravvenire dirompenti eventi esterni, come accadde col muro di Berlino, per smantellare l’architrave della menzogna, meglio se originati al di fuori dell’Italia, in quanto ritenuti più credibili, attendibili, affidabili.
Molti anni or sono ho dovuto lottare contro un clan di pseudo storici (di parte) che, in contrasto col responso di una apposita commissione governativa, rifiutavano di accettarne le decisioni per malafede (leggasi: in contrasto con la loro ideologia). Si trattava del bluff sui fatti di Leopoli, di cui lo scrivente - per primo e con mesi di anticipo sulle conclusioni della commissione - denunciava il falso organizzato dal PCUS con la complicità di un giornalista comunista polacco.
Ogni tanto qualcuno si sente in diritto di emanare sentenze, forte, a suo parere, di trovarsi dalla parte "vincente’’; una ridicola convinzione poiché è risaputo che l’Italia ha perduto la 2ª guerra mondiale, che non ci sono stati vincitori e quelli che ritengono di essere tali sono soltanto poveri illusi, vissuti da sempre nella loro persuasione, nel loro sogno donchisciottesco ben al di fuori della realtà.
Una frase recentemente pronunciata da un personaggio di questo effimero clan di Soloni, ci ha colpito particolarmente: "... l’accostamento con la RSI non sarà gradito da noi veterani delle FF.AA. regolari (badogliani, tanto per precisare chi sono); una sottile distinzione per prendere le distanze dai partigiani, e precisava ancora: "Nel dopoguerra le faccende non si sono per niente chiarite, tant’è vero che i reduci della RSI ostentano ancora nelle celebrazioni la scritta Per l’Onore d’Italia. Una strana pretesa da parte del badogliano, che pensa di dettare condizioni e stabilire regole di comportamento, quasi che i reduci della RSI dovessero vergognarsi di tale "ostentazione’’.
Noi siamo di parere contrario, poiché gli atti compiuti da coloro che militarono al sud non sono sempre motivo edificante di ammirazione e ostentazione. Molti avvenimenti non possono essere accettati come atti onorevoli di cui vanagloriarsi e con loro attruppiamo i miserevoli individui del CLN che segnalavano agli aviatori alleati gli obiettivi da colpire (quasi sempre centri abitati); segnaliamo ancora la miseria morale degli uomini del Partito d’Azione che parlavano durante la guerra da Radio Londra contro l’Italia e che l’articolo 16 del trattato di pace salvò immeritatamente. Non sono atti di cui vantarsi gli aiuti militari italiani forniti a Tito - sanguinario despota balcanico - e da questi usati criminosamente per la pulizia etnica degli italiani, non sono atti ammirevoli quelli dati dalla marina cobelligerante alla Royal Navy permettendogli di affondare il "Bolzano’’ per pareggiare la notte di Alessandria; non sono atti meritevoli i bombardamenti dell’aviazione del sud in Istria su zone abitate da italiani; non sono episodi da ricordare nella storia, le uccisioni e i maltrattamenti verso i soldati della RSI uccisi o catturati in azione da reparti badogliani, così come sono da dimenticare le leggi liberticide, vessatorie e discriminanti applicate verso i combattenti della RSI, ancora oggi considerati come invalidi civili, valorosi mutilati degni di rispetto e attenzioni.
Non si può imporre la democrazia come modello comportamentale per poi rinnegarne i principî con atti contrari, così come non è accettabile imporre discriminatorie settarie nei confronti di coloro che a fine guerra si trovarono dalla parte perdente. Si finirebbe per perdere la faccia e rinnegare teorie libertarie applicabili a senso unico.
I soldati della RSI avevano scelto e combattuto sino all’ultimo per cancellare il tradimento badogliano (non il tradimento dei soldati o dei cittadini italiani, vittime ugualmente delle decisioni di pochi irresponsabili); lo avevano fatto per tentare di riscattare l’onore d’Italia infangato dai congiurati. Se altri ritengono che tale comportamento vada cancellato o dimenticato per compiacere coloro che implicitamente li osteggiavano, sappiano che la storia ha condannato i traditori, non i traditi.
Le frasi incriminate fanno parte di un maldestro tentativo inteso a prevaricare la libertà di pensiero (grave per un preteso paladino della libertà) di un amico che in perfetta buonafede aveva iniziato a raccogliere elementi di giudizio, testimonianze e documenti su una possibile pubblicazione sulle vicende postarmistiziali della divisione "Nembo’’. L’intervento, invece, mirava a perpetuare con pesante pressione personale (riteniamo) una pretesa differenza morale e ideologica, di pensiero e di idealità fra i paracadutisti del nord e quelli del sud, che avevano militato nella stessa unità prima e dopo l’armistizio, alcuni dei quali si erano inaspettatamente riscoperti "democratici e antifascisti’’ soltanto a posteriori e temevano il "contagio’’, o quanto meno il pericolo di essere allineati sullo stesso piano fra coloro che avevano accettato supinamente l’armistizio - servendo i Savoia e Badoglio - e gli altri che invece lo avevano rifiutato come immorale e che intendevano opporsi nel tentativo nobile ma difficile di riscattarne col sacrificio l’aspetto d’immagine vilipesa che il tradimento aveva appiccicato all’Italia.
Il problema meritava indubbiamente una precisazione, se non altro per far conoscere meglio la posizione ideale della parte che aveva scelto il nord e il riscatto dell’onore e coloro che invece si erano trovati al sud, non per libera scelta (molti settentrionali avrebbero sicuramente optato per combattere col nord) ma per collocazione geografica, obblighi militari, situazioni contingenti (molti al nord vissero questo problema) sicuramente non per motivazioni ideologiche o scelte politiche, considerando oggettivamente che la "Nembo’’ annoverava fino all’armistizio una larghissima percentuale di personale politicizzato, non tanto nella visione ortodossa e limitata del credente quanto nell’aspetto individuale di far parte di un Corpo d’élite che da sempre (lo si verifica ancora oggi ingiustificamente) ha nell’amor di Patria, nel dovere militare, nel sentimento nazionalista e nella purezza della gioventù nata e vissuta sotto il fascismo, sicuri pilastri di forza morale e affidabilità.
Nessuno di loro conosceva la definizione di democrazia, sapeva di battersi per la libertà, contestava apertamente il fascismo, anche se in quel periodo aleggiava un sottile ma avvertito malessere causato dal crollo del fascismo e dei suoi postulati ideologici; c’era confusione morale fra tutti gli italiani, si accertava la presenza di una stanchezza diffusa fra la popolazione e le FF.AA. causata da avvenimenti interni e dal negativo andamento del conflitto.
Esaminiamo i fatti e accertiamo quanto di vero esisteva nella "Nembo’’ in quel particolare periodo.
Al momento dell’armistizio l’unità frazionata fra Calabria e Sardegna contava circa 10.500 uomini in servizio di cui circa 7.000 paracadutisti, 1.200 militari dei servizi e 2.300 fra artiglieri, carristi e genieri aggregati alla "Nembo’’ per esigenze difensive territoriali. Abbandonarono l’unità i Btg. 3°, 12° e reparti minori dei Btg. 13°/14° passati poi alla RSI; 600 paracadutisti ritenuti politicamente inaffidabili furono internati nel campo di disciplina di Uras (Cagliari); altri 410 sospetti di simpatie fasciste furono radiati dai paracadutisti e assegnati ai Rgt. di fanteria 45° e 236°; altri 300 vennero distribuiti ad altri reparti e una trentina di ufficiali - fra cui il vicecomandante divisionale, il valoroso Folgorino Col. Pietro Tantillo - furono imprigionati, processati e infine prosciolti dall’accusa di "rifiuto per coerenza etica di sparare sui reparti tedeschi’’. Il resto si era sbandato. Una perdita complessiva di oltre 3.000 uomini che riduceva la "Nembo’’ a poco più di 4.000 paracadutisti con alcune centinaia di militari dei servizi.
Non mancarono le uccisioni isolate, gli atti di violenza, le ribellioni aperte. Da una parte si ebbe l’uccisione ingiustificata e involontaria del Ten. Col. Alberto Bechi Luserna-Capo di SM-ucciso da paracadutisti aderenti alla convalida del patto d’alleanza con la Germania. Venne decorato di Movm alla memoria. Gli autori identificati, furono processati nel dopoguerra e condannati a pesanti pene detentive. Dall’altra parte si ebbe l’uccisione ingiustificata ma volontaria del maresciallo Pierino Vascelli - valoroso libico e Folgorino-addetto allo SM divisionale, assassinato da ignoti per punire la sua ostentata fede fascista. Vascelli non ebbe alcuna decorazione, non ebbe un processo poiché i suoi assassini rimasero ignoti, coperti criminosamente dall’omertà. Due pesi e due misure che gridano giustizia e di cui ben pochi conoscono i retroscena.
Non risponde quindi al vero che la "Nembo’’ disponeva nel 1944 di 10 battaglioni paracadutisti, poiché era stata ristrutturata su 5 Btg. e 2 gruppi artiglieria, reparti minori e non superava le 4.000 unità allorché venne inserita nel CIL (Corpo Italiano di Liberazione) poiché altri 250 paracadutisti furono assegnati a reparti logistici (leggasi salmerie della 210a Divisione).
Al nord, invece, furono costituiti 3 Btg. paracadutisti arditi e un Btg. allievi; un Btg. N.P. (Nuotatori Paracadutisti) della Xª MAS e un Btg. paracadutisti della GNR ("Mazzarini’’) per circa 3.800 paracadutisti in gran parte volontari. Nel 1945 si ebbero altre trasformazioni: al sud venne disciolta la "Nembo’’ sostituita col Gruppo da combattimento Folgore con un Rgt. paracadutisti su 3 Btg. nuclei sparsi di paracadutisti fra il Rgt. artiglieria e i reparti genieri. Complessivamente non più di 3.000 paracadutisti oltre ad un centinaio di parà assegnati allo Squadrone F alle dirette dipendenze del comando XIII° Corps inglese.
Al nord, oltre ai precedenti reparti già accennati, si ebbero 2 Cp. autonome e reparti indipendenti composti da complementi, dal personale del disciolto gruppo artiglieria "Uragano’’ e dagli istruttori della scuola di Tradate; dal personale del gruppo speciale sabotaggio "Vega’’ e NESGAP della Xª MAS, dal Btg. NP e dal "Mazzarini’’. Complessivamente circa 4.000 uomini superiori, per organici e reparti costituiti, a quelli del sud. Nessun vantaggio numerico o per organici, quindi, sufficiente per affermazioni fuori luogo e giustificare maggiore importanza psicologica come avventatamente dichiarato dal nostro censore sudista. Anzi, una situazione a favore della RSI.
Alcune precisazioni merita anche l’aspetto morale e giuridico, considerando obiettivamente l’illegittimità del governo Badoglio secondo giuristi e costituzionalisti affermati, nato da un colpo di Stato e mai convalidato dagli enti istituzionali. Semplicemente, come quello della RSI un governo di fatto ma del tutto arbitrario come aspetti decisionali, considerando che era scappato al sud con due soli riluttanti ministri militari (altri 12 ministri erano stati abbandonati a Roma), che si era trovato brutalmente al cospetto delle strutture amministrative create dagli alleati: AMGOT e ACC, cui doveva ubbidienza assoluta senza alcuna recriminazione, col territorio nazionale rigidamente controllato dai funzionari angloamericani (soltanto nel 1944 furono consegnate quattro province pugliesi (Lecce, Bari, Taranto e Brindisi) all’amministrazione badogliana. Badoglio fu costretto persino a utilizzare i comandi militari in assenza di strutture civili per applicare un minimo di legalità e ordine nel caos postarmistiziale, proclamando la legge marziale con i poteri riservati ai militari, con l’assurdo giuridico e offensivo, di emanare ordinanze agli italiani da parte di comandi militari italiani, come avveniva nei territori nemici occupati.
Ciò non impedì allo stesso Badoglio di emanare ordini suicidi per attaccare i tedeschi ovunque, col risultato nefasto di privare i soldati italiani delle garanzie internazionali dovute allo status armistiziale, trasformandoli in franchi tiratori, col risultato di farli uccidere impunemente dai tedeschi per dovute legali rappresaglie, come fatalmente accaduto a Cefalonia, Balcani e Lero. Un totale di 45 mila soldati uccisi ingiustificatamente nel dopo armistizio. Fu necessario l’intervento di Eisenhower a Malta il 29 settembre, che consigliò prima e intimò poi a Badoglio di far cessare le uccisioni, ripristinando lo status giuridico internazionale col dichiarare guerra alla Germania, cosa questa che avvenne il 13 ottobre successivo.
Resta ancora da chiarire il significato di cessare le ostilità "per impossibilità materiale di continuare la guerra "come dichiarò Badoglio all’armistizio, per poi ritrovare miracolosamente volontà e capacità operativa con la proposta di "passare armi e bagagli con gli anglo-americani’’ alla pari, come ingenuamente pensarono i congiurati come fosse la cosa più semplice del mondo, nella convinzione di ritenersi indispensabili e quindi di dirigere il gioco. Gli alleati respinsero invece sdegnosamente ogni ipotesi di alleanza (l’Italia non venne mai considerata alleata dalle Nazioni Unite, ma più dimessamente "nazione cobelligerante’’ di nessuna importanza giuridica e operativa) e l’offerta fatta da Badoglio sulla "Nelson’’ di concedere la "Nembo’’ venne ugualmente respinta (confronta al proposito la testimonianza dell’interprete ufficiale italiano Magg. Carlo Maurizio Ruspoli (fratello dei folgorini Marescotti e Costantino).
Cosa rimane dunque come argomenti per trattare con sufficienza e distacco i reduci della RSI? Riteniamo ben poco, se non il disagio inconfessabile di aver militato agli ordini di simili traditori che hanno meritato il disprezzo delle genti, anche a livello internazionale, e la squalificante etichetta di opportunisti.
Pochi giorni or sono, in una intervista concessa ad un giornalista del "Giornale’’, Indro Montanelli - che non può essere certamente accusato di simpatie fasciste, pur non rinnegando il suo passato politico - disse a proposito di Badoglio, alla domanda di come si sarebbe comportato personalmente l’otto settembre: "Io avrei fatto esattamente quello che fece il maresciallo Mannerheim Presidente della Finlandia, allorché fu costretto per totale impossibilità fisica, morale e materiale dovuta a cinque anni di guerra durissima, a continuare a combattere, chiedendo un armistizio all’URSS che premeva alle frontiere della Finlandia, abbandonando l’alleanza col Tripartito e la collaborazione militare con il Reich. Mannerheim spiegò ai tedeschi la sua situazione e li invitò ad abbandonare al più presto il territorio finlandese, cosa che si verificò regolarmente senza particolari problemi. Disse così, il decano dei giornalisti italiani, e aggiunse che deprecava il metodo usato da Badoglio - subdolo e inqualificabile - le riserve mentali, le occulte intenzioni dei congiurati, i tentativi umilianti di saltare sul carro dei vincitori.
Per concludere, spendendo due parole sull’aspetto morale, comprendiamo e giustifichiamo il dramma personale vissuto da migliaia di italiani rimasti al sud, consideriamo valido il rispetto del dovere militare, non accettiamo certamente l’abuso fatto a posteriori di presentarsi e di considerarsi "combattente per la libertà’’ quasi fosse una etichetta di squadrista antemarcia, come accadde con Mussolini, ma soltanto una convalida artificiosa che significava - se accettata implicitamente - complicità morale. "Ho dovuto ubbidire agli ordini di Badoglio e Messe, ma il mio cuore e la mia fede erano al nord con la Repubblica Sociale Italiana’’ dissero molti veterani del sud. "Il giorno che decisi di disertare venni ferito’’ dichiarò un paracadutista della "Nembo’’ oggi affermato medico a Roma. "Mi legarono ad un albero in prima linea perché mi ero rifiutato di sparare contro i tedeschi. Speravano che questi mi avrebbero ucciso come bersaglio indifeso; invece i tedeschi capirono la situazione e mi risparmiarono’’ disse un veterano del 16° Btg. Molti ancora, opposero pretestuosamente il giuramento fatto al Re come ostacolo morale alla loro adesione; ma nessuno seppe che il giuramento non aveva più alcuna validità poiché era stato infranto per primo dal Re, violando la Costituzione, che parlava del giuramento prestato dal sovrano "nel bene indissolubile del Re e della Patria’’. Ma soltanto pochi obbedirono sino all’ultimo allo spirito di tale giuramento e fra questi il vecchio generale Ercole Ronco, comandante della "Nembo’’, il Col. Camosso folgorino e il Ten. Col. Felice Valletti Borgnini - anch’esso folgorino - che preferirono abbandonare la vita militare al momento in cui Umberto di Savoia abdicò e partì per Lisbona. Gli altri transitarono senza particolari patemi d’animo dalla monarchia alla repubblica, scoprirono una nuova fede e fecero carriera.
Noi, dunque, rappresentiamo per diritto acquisito la continuità ideale fra la gloriosa Folgore di El Alamein e il paracadutismo della RSI: stessi ideali, stessi nemici, stesse conseguenze. Erano gli stessi nemici con l’elmetto a scodella che uccidevano i folgorini nelle sabbie egiziane e massacravano i ragazzini alla difesa di Roma; erano per noi i nemici di sempre, quelli del primo giorno di guerra e dell’ultimo giorno, quando ci sorvegliavano e ci angariavano nei campi di prigionia. Di esempio i folgorini comandanti Izzo e Valletti che combatterono con la Folgore a El Alamein, fianco e fianco con i parà germanici di Ramcke, non sapendo che un giorno si sarebbero scambievolmente uccisi sulla "Gotica’’ nella primavera del 1945, quando Badoglio e le circostanze li avrebbero messi l’uno contro l’altro. Questo mi disse nel dopoguerra Giuseppe Izzo, quando dovette battersi per salvaguardare il suo dovere di soldato contro il suo amico Hubner a Grizzano, un camerata che aveva condiviso con lui, in Egitto, le speranze, l’acqua e le munizioni contro i Tommy’s di Montgomery. A Grizzano si guadagnò una Movm, ma avrebbe sicuramente preferito meritarsela a El Alamein battendosi contro gli inglesi. La sua carriera militare si bloccò a Palermo, nel dopoguerra, allorché rifiutò di stringere la mano di Pacciardi, Ministro della Difesa, da Lui tacciato di "traditore della Patria’’.
Valletti Borgnini si battè coerentemente col suo dovere militare contro il reggimento Bomhler sulla "Gotica’’, pur avendo il padre generale nell’esercito della RSI e il fratello minore Luciano, compagno di corso dello scrivente alla scuola AA.UU. di Varese, giovane sottotenente della GNR (morirà a Coltano per malattia non curata dal detentore USA). Una tragedia familiare, lacerante, in cui il senso del dovere fu più forte degli affetti privati. Ma forse questi fatti non influiscono sulla sensibilità del censore intento a spargere l’apartheid fra i parà, dimenticando che essi furono i primi ad abbracciarsi a guerra finita, riconoscendosi come fratelli, non come nemici o soldati di classe inferiore. Ci auguriamo soltanto che quando in futuro vedrà nelle celebrazioni i paracadutisti della RSI ostentare orgogliosamente l’insegna di "per l’Onore d’Italia’’, comprenda cosa significò per centinaia di migliaia di soldati italiani quel motto e quell’impegno che vide oltre centomila caduti, quarantacinquemila feriti e mutilati, novantamila imprigionati in campi POW fra Algeria, Francia, Italia e USA e nelle patrie galere. Oltre trentamila i processati per "collaborazionismo col tedesco invasore’’ (erano soltanto i nostri alleati con cui avevamo sottoscritto un patto militare nel 1939). A questi dati statistici aggiungiamo il milione e mezzo di italiani epurati e messi alla fame, per completare il quadro; molti i suicidi, migliaia gli emigrati nel mondo, centinaia i dispersi nella Legione fra Indocina e Algeria "mort pour la France’’, un intero popolo diseredato da leggi antifasciste volute dal CLN con l’avallo di Umberto di Savoia che le firmò, mentre i "vincitori’’ si spartivano fraternamente posti di lavoro, ricevevano lucrose pensioni, sussidi, elargizioni, premi di smobilitazione, vitalizi, ricompense (anche al valore militare come accadde per Via Rasella). E gli altri? Alla fame o proscritti come appestati, come decretato dagli alpini partigiani con una vergognosa apartheid nostrana immorale e ingiustificata creata ad hoc.
Di certo Noi non abbiamo vestito i panni del nemico di sempre, non abbiamo avuto l’elmetto a bacinella, poiché era remota per i folgorini, in quanto inaccettabile, l’ipotesi che un giorno altri parà avrebbero vestito all’inglese, sarebbero stati da loro armati e si sarebbero schierati al loro fianco per combattere gli ex alleati ormai nemici, e se capitava (come in realtà si verificherà) anche altri italiani.
Badoglio aveva creato le premesse della guerra civile, provocato una frattura nelle coscienze, creato una divisione dei corpi e delle anime. Poi la nemesi storica si riprese la sua rivincita: Badoglio venne estromesso ed emarginato come cosa inutile ("usa e getta’’ si direbbe oggi); il suo Re, mortificato, umiliato dai vincitori e malvisto dai partiti del CLN andò in esilio in Egitto; suo figlio, strumentalizzato dai politici antifascisti, firmò decine di inique leggi persecutorie contro i soldati della RSI, poi, anch’egli ormai inutile, venne costretto a lasciare l’Italia.
Tutto ciò non toglie nulla al valore dimostrato in battaglia dai paracadutisti del sud poiché nomi di località come Ascoli Piceno e Macerata, Tolentino e Aquila, Chieti e Filottrano, Grizzano e la Herring furono altrettante tappe di una lacerante partecipazione fra il dovere militare e la fede, i sacrifici fatti in difficili condizioni morali. Centinaia i caduti con oltre 400 nominativi, 587 i feriti, 54 i dispersi, centinaia le decorazioni al valore concesse e fra queste soltanto sette quelle elargite da americani e polacchi (nessuna da parte inglese). Non inferiori quelle meritate dai paracadutisti del nord che ebbero 621 caduti, 316 feriti e 620 dispersi e prigionieri, oltre 400 le decorazioni meritate fra cui oltre 80 croci di ferro di 1ª e 2ª classe a riconoscimento del valore da parte dell’alleato germanico sempre prodigo di elogi e ammirazione per i volontari italiani.
Cosa dunque restava della nostra scelta fatta non per tentare di vincere (la guerra era ormai perduta per la Germania) se non per salvare l’Onore d’Italia? Fu soltanto un ideale premio morale emerso luminoso fra tante amarezze e umiliazioni inferte dai vincitori; un valore simbolico, idealizzato che nessuno potrà mai portarci via o permettersi di discutere. Lo abbiamo conquistato duramente con innumerevoli sacrifici e se la Storia ha cambiato in parte, grazie alla RSI, il suo severo giudizio sull’Italia, lo si deve anche a chi fece di tutto per cambiarlo, sacrificandosi nel nome d’Italia, riscattandone l’Onore.
La piccola differenza fra NOI e Loro è tutta qui!