Tutti gli Italiani di fede Fascista, espongano dalla propria casa la Bandiera della gloriosa Repubblica Sociale Italiana.
"MAI PIU' 25 APRILE!". IL TRIONFO DEGLI ASSASSINI SPACCIATISI PER LIBERATORI
non possiamo più vivere come se ciò non fosse accaduto:
LE ATROCITA' COMMESSE DAI COMUNISTI
L'ASSASSINO DI SIMONE ALDO
Simoni Aldo, quarantanove anni, ucciso dai partigiani il 21 maggio 1946. Essendo un uomo onesto, con dieci figli da sfamare, fu assunto come casellante-guardiano del passaggio a livello delle ferrovie dello Stato su via Montanara. Abitavo a poche centinaia di metri dalla piccola casetta sulla ferrovia abitata da quella numerosa famiglia; ho giocato con i figli di quest'uomo che non ha mai fatto male ad alcuno. Dal fascismo aveva ricevuto solo del bene; per questo era fascista, quanto bastò perché fosse prelevato da due partigiani armati e condotto verso il fiume Panaro. Durante il tragitto, un acquazzone fermò il gruppo in cammino. Ricordo che entrarono nel cortile di casa mia e si fermarono sotto il porticato della stalla. Cessato il temporale, ripresero il cammino che terminò al fiume con la morte del Simoni. Uno dei figli, di pochi anni di età, seguì a distanza il gruppo che portava alla fucilazione il padre e fu testimone impotente di tanta atrocità.
IL 25 APRILE, GIORNATA DI LUTTO”
Lettera.
So che questo mio articolo non sarà maipubblicato , però ve lo offro come lettura.
Rimarràstupito,qualcuno, del titolo che ho dato a questa mio scritto, ma per me èveramente un giorno indimenticabile, di terrore, perché a Milano ho assistito adelle atrocità spaventose, anche in famiglia. I partigiani garibaldinicomunisti sono entrati in casa mia, hanno preso la mia mamma e con il mitra mihanno sbattuto contro il muro. Mia madre, lo seppi molto tempo dopo, fu portatanelle carceri di San Vittore, in una cella, stipata all’inverosimile, uomini e donne, con un bugliolo pertutti e per due giorni senza acqua e un pezzo di pane, inoltre sempre in piedidata l’angusta cella. Dopo la portarono nelle famigerate scuole di viaPalmieri, famose per le torture perpetrate ai fascisti. Mia madre fu torturata,stuprata e tutti i giorni portati per levie di Milano su un camion e i milanesi buttarono loro addosso escrementiumani, vasi da notte, oggetti contundenti. Gli stessi cittadini che pochigiorni prima al Lirico , nell’ultimo discorso del Duce lo osannavano a nonfinire.
Tutto ciòperché mia madre era di famiglia fascista e non aveva fatto nulla di male. Mai.Solo vendette personali ci furono in quel periodo, anche la morte di mio zioErnesto, fratello di mia madre, 30 anni, seviziato, rotto gli arti e seppellitovivo.
Ancoraoggi i sinistroidi continuano ad osannare i partigiani comunisti come degli eroi, ma i nostriragazzi di Salò che sono andati a combattere sapendo che andavano incontro allamorte, cosa sono?
Ero unaragazzina, ma non potrò mai dimenticare e perdonare le efferatezze compiute daipartigiani comunisti. Perché non si parla di questo? Perché non si racconta,come visto con i miei occhi, andare nelle case, prendere della povera gente,che aveva solo la colpa di avere un ideale e un’abitazione che fu subitaconfiscata, anzi rubata, per portarli sulla via e sparare diversi colpi difucile sia su donne, uomini e bambini?
Nonracconto storie, non sono bugiarda ma è la pura verità e penso chi mi leggapossa capire il mio odio viscerale verso i partigiani comunisti e ripeto questo,per noi, sporchi fascisti, è un giorno di grave lutto.
PiazzaleLoreto rimarrà in eterno la vergogna di un popolo criticato da tutti i Capi diStato per le aberrazioni compiute e il linciaggio su dei poveri cadaveri.
Ecco chisono gli italiani sinistroidi: assassini, vigliacchi che non hanno ragione divivere, perché la crudeltà vista a Milano è impossibile descriverla e quellevie lorde di sangue, corpicini di bimbi straziati da una pallottola, vecchi egiovani riversi nel sangue e donne stuprate sulla strada sono ricordiincancellabili.
ED IO NON POTRO’ MAI PERDONARE,PERCHE’ NON SI PUO’, NE SI DEVE.
ERCOLINA MILANESI.
Lettere. Dall'amico Daniele Armanti.
Lettera.
So che questo mio articolo non sarà maipubblicato , però ve lo offro come lettura.
Rimarràstupito,qualcuno, del titolo che ho dato a questa mio scritto, ma per me èveramente un giorno indimenticabile, di terrore, perché a Milano ho assistito adelle atrocità spaventose, anche in famiglia. I partigiani garibaldinicomunisti sono entrati in casa mia, hanno preso la mia mamma e con il mitra mihanno sbattuto contro il muro. Mia madre, lo seppi molto tempo dopo, fu portatanelle carceri di San Vittore, in una cella, stipata all’inverosimile, uomini e donne, con un bugliolo pertutti e per due giorni senza acqua e un pezzo di pane, inoltre sempre in piedidata l’angusta cella. Dopo la portarono nelle famigerate scuole di viaPalmieri, famose per le torture perpetrate ai fascisti. Mia madre fu torturata,stuprata e tutti i giorni portati per levie di Milano su un camion e i milanesi buttarono loro addosso escrementiumani, vasi da notte, oggetti contundenti. Gli stessi cittadini che pochigiorni prima al Lirico , nell’ultimo discorso del Duce lo osannavano a nonfinire.
Tutto ciòperché mia madre era di famiglia fascista e non aveva fatto nulla di male. Mai.Solo vendette personali ci furono in quel periodo, anche la morte di mio zioErnesto, fratello di mia madre, 30 anni, seviziato, rotto gli arti e seppellitovivo.
Ancoraoggi i sinistroidi continuano ad osannare i partigiani comunisti come degli eroi, ma i nostriragazzi di Salò che sono andati a combattere sapendo che andavano incontro allamorte, cosa sono?
Ero unaragazzina, ma non potrò mai dimenticare e perdonare le efferatezze compiute daipartigiani comunisti. Perché non si parla di questo? Perché non si racconta,come visto con i miei occhi, andare nelle case, prendere della povera gente,che aveva solo la colpa di avere un ideale e un’abitazione che fu subitaconfiscata, anzi rubata, per portarli sulla via e sparare diversi colpi difucile sia su donne, uomini e bambini?
Nonracconto storie, non sono bugiarda ma è la pura verità e penso chi mi leggapossa capire il mio odio viscerale verso i partigiani comunisti e ripeto questo,per noi, sporchi fascisti, è un giorno di grave lutto.
PiazzaleLoreto rimarrà in eterno la vergogna di un popolo criticato da tutti i Capi diStato per le aberrazioni compiute e il linciaggio su dei poveri cadaveri.
Ecco chisono gli italiani sinistroidi: assassini, vigliacchi che non hanno ragione divivere, perché la crudeltà vista a Milano è impossibile descriverla e quellevie lorde di sangue, corpicini di bimbi straziati da una pallottola, vecchi egiovani riversi nel sangue e donne stuprate sulla strada sono ricordiincancellabili.
ED IO NON POTRO’ MAI PERDONARE,PERCHE’ NON SI PUO’, NE SI DEVE.
ERCOLINA MILANESI.
Lettere. Dall'amico Daniele Armanti.
Centro Documentazione Rsi
L’olocausto della “Monterosa”
Tra il 24 e il 25 Aprile tutte le truppe schierate sul fronte alpino occidentale ricevettero l’ordine di ripiegare sul fondovalle. Così anche gli uomini della Divisione Alpina “Monterosa” iniziarono il ripiegamento. E, a cominciare dal 26 aprile, molti reparti, ad evitare spargimenti di sangue ormai inutili, si arresero al C.L.N. della zona avendo formali promesse di trattamento conforme alle leggi internazionali. Purtroppo tali leggi non furono ...rispettate e anche qui, come altrove, decine e decine di uomini ormai disarmati, furono trucidati con bestiale ferocia. Non è possibile ricostruire tutti i fatti, molti dei quali, probabilmente, non sono mai stati resi noti. E’ molto noto, invece, il caso degli uomini del Btg “Bassano” che si erano arresi il 26 aprile al C.L.N. di Saluzzo. Come al solito essi avevano avuto ampie garanzie di salvaguardia della loro incolumità. Ma, ancora come il solito, tali promesse non erano state rispettate. E l’Avv. Andrea Mitolo di Bolzano, già ufficiale del “Bassano”, con una circostanziata denuncia alla Procura della Repubblica di Saluzzo, descrive la fine di ventidue uomini, ufficiali e soldati, trucidati dai partigiani di “Gianaldo” (Italo Berardengo) dopo che si erano arresi ed erano stati disarmati.
Nè, parlando della Monterosa, possiamo non ricordare l’infame attentato alla tradotta che trasportava sul fronte occidentale gli uomini della “Monterosa” che erano stati ritirati dal fronte della Garfagnana. Tra Villafranca e Villanova d’Asti fu minata la linea ferroviaria e l’esplosione, provocata al passaggio della tradotta, travolse due vagoni e uccise 27 alpini ferendone altri 21 anche in modo molto grave. Malgrado l’odiosità del vile attentato non fu attuata alcuna rappresaglia.
Centro Documentazione Rsi
L’eccidio dell’Ospedale psichiatrico di Vercelli
Nei giorni dal 23 al 26 aprile 1945 si erano concentrate a Vercelli tutte le forze della R.S.I. della zona, circa 2000 uomini, che andarono a costituire la Colonna Morsero, dal nome del Capo ...Provincia di Vercelli Michele Morsero. Tale colonna partì da Vercelli alle ore 15 del 26 aprile, dirigendo verso nord per raggiungere la Valtellina. I reparti che costituivano la colonna erano : Il 604° Comando Provinciale GNR Vercelli Comandato dal Colonnello Giovanni Fracassi, la VII^ B.N. “Punzecchi di Vercelli, parte della XXXVI^ B.N. “Mussolini” di Lucca, CXV° Btg “Montebello”, I° Btg granatieri “Ruggine”, I° Btg d’assalto”Ruggine”, I° Btg rocciatori (poi controcarro) “Ruggine”, III° Btg d’assalto “Pontida”. La colonna raggiunse Castellazzo, a Nord di Novara, la mattina del 27 aprile e, dopo trattative, la sera decise, dopo molte incertezze, di arrendersi ai partigiani di Novara dietro promessa di essere trattati da prigionieri di guerra. Il 28 aprile i prigionieri vengono condotti a Novara e rinchiusi in massima parte nello stadio. Subito cominciarono gli insulti e i maltrattamenti e il 30 cominciarono i prelevamenti di gruppi di fascisti dei quali non si ebbe più notizia. Lo stesso accadde nei giorni successivi insieme a feroci pestaggi. Il 2 maggio Morsero viene portato a Vercelli e fucilato. Intanto sono giunti gli americani che tentano di ristabilire un minimo di legalità. Ma il Corriere di Novara dell’8 maggio parla di molti cadaveri di fascisti ripescati nel canale Quintino Sella. Finché©l 12 maggio giungono da Vercelli i partigiani della 182^ Brigata Garibaldi di “Gemisto” cioè Francesco Moranino che prelevano circa 140 fascisti elencati in una loro lista. Questi uomini saranno le vittime della più incredibile ferocia. Portati all’Ospedale Psichiatrico di Vercelli saranno, in buona parte massacrati all’interno di questo. Le pareti dei locali dove avvenne l’eccidio erano lorde di sangue fino ad altezza d’uomo. Altri saranno schiacciati in un cortile da un autocarro, altri fucilati nell’orto accanto alla lavanderia, altri, pare tredici, fucilati a Larizzate e altri ancora, infine, portati con due autocarri e una corriera (quindi in numero rilevante) al ponte di Greggio sul canale Cavour e qui, a quattro a quattro, uccisi e gettati nel canale. Nei giorni successivi i cadaveri ritrovati nei canali di irrigazione alimentati dal canale Cavour furono più di sessanta.
Solo il giorno 13 maggio, domenica, gli americani prenderanno il controllo dei prigionieri ed eviteranno altri massacri. Era già pronta la lista dei prigionieri da prelevare quello stesso giorno alle ore 18.
Centro Documentazione Rsi
La strage di Lovere (Bergamo)
Mercoledì 25 aprile 1945 un piccolo presidio della Legione “Tagliamento”, 26 militi della 4^ Cmp, II Rgt, di stanza nell’edificio delle scuole elementari a Piancamuno in Val Canonica venne sorpreso da un gruppo di partigiani fra i quali erano dei polacchi in divisa tedesca. Malgrado la sorpresa i militi reagiscono, ma le perdite sono gravi : 9 morti fra cui il comanda...nte aiutante maresciallo Ernesto Tartarini e tre feriti. Anche il comandante partigiano, però, tale Luigi Macario, viene ucciso insieme ad altri due, cosicché i partigiani, rimasti senza comandante, cedono al fuoco intenso dei militi superstiti e si ritirano. A questo punto giunge in aiuto una squadra del plotone Guastatori al comando del brigadiere Amerigo De Lupis.
Egli si rende conto che i tre feriti che giaccioni all’Ospedale di Darfo non hanno una assistenza adeguata. Uno dei tre, infatti, Sandro Fumagalli, muore la mattina del 26. Allora nel pomeriggio il De Lupis, con una piccola scorta, porta i due feriti ancora vivi all’Ospedale di Lovere, sul lago d’Iseo. Ma egli non sa che i partigiani stanno occupando la città. Al mattino, infatti, il locale presidio del 612° Comando Provinciale della G.N.R. comandato dal Ten. Agostino Ginocchio si è arreso a un gruppo di partigiani e altri partigiani stanno affluendo dalle montagne. Così il De Lupis e i suoi uomini vengono sorpresi all’uscita dall’Ospedale e catturati. Condotti presso la casa canonica (Palazzo Bazzini) che veniva utilizzata come prigione, vennero rinchiusi insieme agli uomini del Ten. Ginocchio. Testimoni dell’epoca affermano che ai prigionieri vennero inflitti pesanti maltrattamenti. Il 30 aprile un legionario, Giorgio Femminini di 20 anni, ottenne di potersi sposare con la sorella di un commilitone, Laura Cordasco, così fu condotto in chiesa col De Lupis e il commilitone Vito Giamporcaro come testimoni. Ma poichè la cerimonia si prolungava i partigiani condussero via tutti gli uomini del De Lupis e li portarono dietro il cimitero dove furono massacrati con raffiche di mitra. Gli uccisi furono sei: Amerigo De Lupis, Aceri Giuseppe, Femminini Giorgio, Mariano Francesco, Giamporcaro Vito, Alletto Antonino. I due legionari: Le Pera Giovanni e De Vecchi Francesco, ricoverati, come si è detto, in ospedale per gravi ferite, furono quasi ogni giorno percossi e maltrattati e, infine, prelevati da partigiani fra il 7 e l’ 8 di Giugno, oltre 40 giorni dopo la fine della guerra, percossi, seviziati e, infine, gettati nel lago e annegati. Vedi la documentazione. <(per collegarsi a internet puntare il “dito” su Vedi la documentazione) (redatto con la collaborazione preziosa di Giuliano Fiorani e Sergio Geroldi)
Centro Documentazione Rsi
IN RICORDO DEI CADUTI DI ODERZO
La strage di Oderzo (Treviso)
Negli ultimi giorni di aprile del 1945, esattamente il 28, 126 giovani militi dei Btg. “Bologna” e “Romagna” della GNR e 472 uomini della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo della... R.S.I. (450 allievi più 22 ufficiali) si arresero al C.L.N. con la promessa di avere salva la vita. L’accordo fu sottoscritto nello studio del parroco abate mitrato Domenico Visentin, presenti il nuovo sindaco di Oderzo Plinio Fabrizio, Sergio Martin in rappresentanza del C.L.N., il Col, Giovanni Baccarani, comandante della Scuola di Oderzo e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del Btg. Romagna. Ma quando scesero i partigiani della Brigata Garibaldi “Cacciatori della pianura” comandati dal partigiano Bozambo l’accordo fu considerato carta straccia e il 30 aprile cominciarono a uccidere. Molti furono massacrati senza pietà fra il 30 aprile e il 15 maggio. La maggior parte, ben 113, fu uccisa al Ponte della Priula, frazione di Susegana e gettati nel Piave. Pare si trattasse di 50 uomini del “Bologna”, 23 del “Romagna”, 12 della Brigata Nera, 4 della X^ MAS, e gli altri di altri reparti fra cui gli allievi della scuola. Altri furono trucidati sul fiume Monticano.
LA BANDA DI “BOZAMBO”, “BOIA DI MONTANER”, AL MATRIMONIO TRA ADRIANO VENEZIAN E VITTORINA ARIOLI, ENTRAMBI PARTIGIANI
Al banchetto di addio al celibato di Venezian uno della banda affermò :- Ti auguriamo che tu abbia ad avere dodici figli e perché±uesto augurio abbia ad essere consacrato domandiamo che siano uccisi, vittime di propiziazione, dodici fascisti -.
Fu così che la mattina del 16 maggio scelsero tredici allievi ufficiali della Scuola di Oderzo e li assassinarono nei pressi del Ponte della Priula. (Particolare delle stragi di Oderzo).(Contributo di Francesco Fatica dell’ISSES Napoli)
Vedi anche, qui appresso i caduti sulla corriera della morte. In totale le vittime fra gli ufficiali della scuola di Oderzo furono 144.
Centro Documentazione Rsi
Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
Tra il 24 e il 25 Aprile tutte le truppe schierate sul fronte alpino occidentale ricevettero l’ordine di ripiegare sul fondovalle. Così anche gli uomini della Divisione Alpina “Monterosa” iniziarono il ripiegamento. E, a cominciare dal 26 aprile, molti reparti, ad evitare spargimenti di sangue ormai inutili, si arresero al C.L.N. della zona avendo formali promesse di trattamento conforme alle leggi internazionali. Purtroppo tali leggi non furono ...rispettate e anche qui, come altrove, decine e decine di uomini ormai disarmati, furono trucidati con bestiale ferocia. Non è possibile ricostruire tutti i fatti, molti dei quali, probabilmente, non sono mai stati resi noti. E’ molto noto, invece, il caso degli uomini del Btg “Bassano” che si erano arresi il 26 aprile al C.L.N. di Saluzzo. Come al solito essi avevano avuto ampie garanzie di salvaguardia della loro incolumità. Ma, ancora come il solito, tali promesse non erano state rispettate. E l’Avv. Andrea Mitolo di Bolzano, già ufficiale del “Bassano”, con una circostanziata denuncia alla Procura della Repubblica di Saluzzo, descrive la fine di ventidue uomini, ufficiali e soldati, trucidati dai partigiani di “Gianaldo” (Italo Berardengo) dopo che si erano arresi ed erano stati disarmati.
Nè, parlando della Monterosa, possiamo non ricordare l’infame attentato alla tradotta che trasportava sul fronte occidentale gli uomini della “Monterosa” che erano stati ritirati dal fronte della Garfagnana. Tra Villafranca e Villanova d’Asti fu minata la linea ferroviaria e l’esplosione, provocata al passaggio della tradotta, travolse due vagoni e uccise 27 alpini ferendone altri 21 anche in modo molto grave. Malgrado l’odiosità del vile attentato non fu attuata alcuna rappresaglia.
Centro Documentazione Rsi
L’eccidio dell’Ospedale psichiatrico di Vercelli
Nei giorni dal 23 al 26 aprile 1945 si erano concentrate a Vercelli tutte le forze della R.S.I. della zona, circa 2000 uomini, che andarono a costituire la Colonna Morsero, dal nome del Capo ...Provincia di Vercelli Michele Morsero. Tale colonna partì da Vercelli alle ore 15 del 26 aprile, dirigendo verso nord per raggiungere la Valtellina. I reparti che costituivano la colonna erano : Il 604° Comando Provinciale GNR Vercelli Comandato dal Colonnello Giovanni Fracassi, la VII^ B.N. “Punzecchi di Vercelli, parte della XXXVI^ B.N. “Mussolini” di Lucca, CXV° Btg “Montebello”, I° Btg granatieri “Ruggine”, I° Btg d’assalto”Ruggine”, I° Btg rocciatori (poi controcarro) “Ruggine”, III° Btg d’assalto “Pontida”. La colonna raggiunse Castellazzo, a Nord di Novara, la mattina del 27 aprile e, dopo trattative, la sera decise, dopo molte incertezze, di arrendersi ai partigiani di Novara dietro promessa di essere trattati da prigionieri di guerra. Il 28 aprile i prigionieri vengono condotti a Novara e rinchiusi in massima parte nello stadio. Subito cominciarono gli insulti e i maltrattamenti e il 30 cominciarono i prelevamenti di gruppi di fascisti dei quali non si ebbe più notizia. Lo stesso accadde nei giorni successivi insieme a feroci pestaggi. Il 2 maggio Morsero viene portato a Vercelli e fucilato. Intanto sono giunti gli americani che tentano di ristabilire un minimo di legalità. Ma il Corriere di Novara dell’8 maggio parla di molti cadaveri di fascisti ripescati nel canale Quintino Sella. Finché©l 12 maggio giungono da Vercelli i partigiani della 182^ Brigata Garibaldi di “Gemisto” cioè Francesco Moranino che prelevano circa 140 fascisti elencati in una loro lista. Questi uomini saranno le vittime della più incredibile ferocia. Portati all’Ospedale Psichiatrico di Vercelli saranno, in buona parte massacrati all’interno di questo. Le pareti dei locali dove avvenne l’eccidio erano lorde di sangue fino ad altezza d’uomo. Altri saranno schiacciati in un cortile da un autocarro, altri fucilati nell’orto accanto alla lavanderia, altri, pare tredici, fucilati a Larizzate e altri ancora, infine, portati con due autocarri e una corriera (quindi in numero rilevante) al ponte di Greggio sul canale Cavour e qui, a quattro a quattro, uccisi e gettati nel canale. Nei giorni successivi i cadaveri ritrovati nei canali di irrigazione alimentati dal canale Cavour furono più di sessanta.
Solo il giorno 13 maggio, domenica, gli americani prenderanno il controllo dei prigionieri ed eviteranno altri massacri. Era già pronta la lista dei prigionieri da prelevare quello stesso giorno alle ore 18.
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La strage di Lovere (Bergamo)
Mercoledì 25 aprile 1945 un piccolo presidio della Legione “Tagliamento”, 26 militi della 4^ Cmp, II Rgt, di stanza nell’edificio delle scuole elementari a Piancamuno in Val Canonica venne sorpreso da un gruppo di partigiani fra i quali erano dei polacchi in divisa tedesca. Malgrado la sorpresa i militi reagiscono, ma le perdite sono gravi : 9 morti fra cui il comanda...nte aiutante maresciallo Ernesto Tartarini e tre feriti. Anche il comandante partigiano, però, tale Luigi Macario, viene ucciso insieme ad altri due, cosicché i partigiani, rimasti senza comandante, cedono al fuoco intenso dei militi superstiti e si ritirano. A questo punto giunge in aiuto una squadra del plotone Guastatori al comando del brigadiere Amerigo De Lupis.
Egli si rende conto che i tre feriti che giaccioni all’Ospedale di Darfo non hanno una assistenza adeguata. Uno dei tre, infatti, Sandro Fumagalli, muore la mattina del 26. Allora nel pomeriggio il De Lupis, con una piccola scorta, porta i due feriti ancora vivi all’Ospedale di Lovere, sul lago d’Iseo. Ma egli non sa che i partigiani stanno occupando la città. Al mattino, infatti, il locale presidio del 612° Comando Provinciale della G.N.R. comandato dal Ten. Agostino Ginocchio si è arreso a un gruppo di partigiani e altri partigiani stanno affluendo dalle montagne. Così il De Lupis e i suoi uomini vengono sorpresi all’uscita dall’Ospedale e catturati. Condotti presso la casa canonica (Palazzo Bazzini) che veniva utilizzata come prigione, vennero rinchiusi insieme agli uomini del Ten. Ginocchio. Testimoni dell’epoca affermano che ai prigionieri vennero inflitti pesanti maltrattamenti. Il 30 aprile un legionario, Giorgio Femminini di 20 anni, ottenne di potersi sposare con la sorella di un commilitone, Laura Cordasco, così fu condotto in chiesa col De Lupis e il commilitone Vito Giamporcaro come testimoni. Ma poichè la cerimonia si prolungava i partigiani condussero via tutti gli uomini del De Lupis e li portarono dietro il cimitero dove furono massacrati con raffiche di mitra. Gli uccisi furono sei: Amerigo De Lupis, Aceri Giuseppe, Femminini Giorgio, Mariano Francesco, Giamporcaro Vito, Alletto Antonino. I due legionari: Le Pera Giovanni e De Vecchi Francesco, ricoverati, come si è detto, in ospedale per gravi ferite, furono quasi ogni giorno percossi e maltrattati e, infine, prelevati da partigiani fra il 7 e l’ 8 di Giugno, oltre 40 giorni dopo la fine della guerra, percossi, seviziati e, infine, gettati nel lago e annegati. Vedi la documentazione. <(per collegarsi a internet puntare il “dito” su Vedi la documentazione) (redatto con la collaborazione preziosa di Giuliano Fiorani e Sergio Geroldi)
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IN RICORDO DEI CADUTI DI ODERZO
La strage di Oderzo (Treviso)
Negli ultimi giorni di aprile del 1945, esattamente il 28, 126 giovani militi dei Btg. “Bologna” e “Romagna” della GNR e 472 uomini della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo della... R.S.I. (450 allievi più 22 ufficiali) si arresero al C.L.N. con la promessa di avere salva la vita. L’accordo fu sottoscritto nello studio del parroco abate mitrato Domenico Visentin, presenti il nuovo sindaco di Oderzo Plinio Fabrizio, Sergio Martin in rappresentanza del C.L.N., il Col, Giovanni Baccarani, comandante della Scuola di Oderzo e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del Btg. Romagna. Ma quando scesero i partigiani della Brigata Garibaldi “Cacciatori della pianura” comandati dal partigiano Bozambo l’accordo fu considerato carta straccia e il 30 aprile cominciarono a uccidere. Molti furono massacrati senza pietà fra il 30 aprile e il 15 maggio. La maggior parte, ben 113, fu uccisa al Ponte della Priula, frazione di Susegana e gettati nel Piave. Pare si trattasse di 50 uomini del “Bologna”, 23 del “Romagna”, 12 della Brigata Nera, 4 della X^ MAS, e gli altri di altri reparti fra cui gli allievi della scuola. Altri furono trucidati sul fiume Monticano.
LA BANDA DI “BOZAMBO”, “BOIA DI MONTANER”, AL MATRIMONIO TRA ADRIANO VENEZIAN E VITTORINA ARIOLI, ENTRAMBI PARTIGIANI
Al banchetto di addio al celibato di Venezian uno della banda affermò :- Ti auguriamo che tu abbia ad avere dodici figli e perché±uesto augurio abbia ad essere consacrato domandiamo che siano uccisi, vittime di propiziazione, dodici fascisti -.
Fu così che la mattina del 16 maggio scelsero tredici allievi ufficiali della Scuola di Oderzo e li assassinarono nei pressi del Ponte della Priula. (Particolare delle stragi di Oderzo).(Contributo di Francesco Fatica dell’ISSES Napoli)
Vedi anche, qui appresso i caduti sulla corriera della morte. In totale le vittime fra gli ufficiali della scuola di Oderzo furono 144.
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Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
Nei giorni dal 23 al 26 aprile 1945 si erano concentrate a Vercelli tutte le forze della R.S.I. della zona, circa 2000 uomini, che andarono a costituire la Colonna Morsero, dal nome del Capo ...Provincia di Vercelli Michele Morsero. Tale colonna partì da Vercelli alle ore 15 del 26 aprile, dirigendo verso nord per raggiungere la Valtellina. I reparti che costituivano la colonna erano : Il 604° Comando Provinciale GNR Vercelli Comandato dal Colonnello Giovanni Fracassi, la VII^ B.N. “Punzecchi di Vercelli, parte della XXXVI^ B.N. “Mussolini” di Lucca, CXV° Btg “Montebello”, I° Btg granatieri “Ruggine”, I° Btg d’assalto”Ruggine”, I° Btg rocciatori (poi controcarro) “Ruggine”, III° Btg d’assalto “Pontida”. La colonna raggiunse Castellazzo, a Nord di Novara, la mattina del 27 aprile e, dopo trattative, la sera decise, dopo molte incertezze, di arrendersi ai partigiani di Novara dietro promessa di essere trattati da prigionieri di guerra. Il 28 aprile i prigionieri vengono condotti a Novara e rinchiusi in massima parte nello stadio. Subito cominciarono gli insulti e i maltrattamenti e il 30 cominciarono i prelevamenti di gruppi di fascisti dei quali non si ebbe più notizia. Lo stesso accadde nei giorni successivi insieme a feroci pestaggi. Il 2 maggio Morsero viene portato a Vercelli e fucilato. Intanto sono giunti gli americani che tentano di ristabilire un minimo di legalità. Ma il Corriere di Novara dell’8 maggio parla di molti cadaveri di fascisti ripescati nel canale Quintino Sella. Finché©l 12 maggio giungono da Vercelli i partigiani della 182^ Brigata Garibaldi di “Gemisto” cioè Francesco Moranino che prelevano circa 140 fascisti elencati in una loro lista. Questi uomini saranno le vittime della più incredibile ferocia. Portati all’Ospedale Psichiatrico di Vercelli saranno, in buona parte massacrati all’interno di questo. Le pareti dei locali dove avvenne l’eccidio erano lorde di sangue fino ad altezza d’uomo. Altri saranno schiacciati in un cortile da un autocarro, altri fucilati nell’orto accanto alla lavanderia, altri, pare tredici, fucilati a Larizzate e altri ancora, infine, portati con due autocarri e una corriera (quindi in numero rilevante) al ponte di Greggio sul canale Cavour e qui, a quattro a quattro, uccisi e gettati nel canale. Nei giorni successivi i cadaveri ritrovati nei canali di irrigazione alimentati dal canale Cavour furono più di sessanta.
Solo il giorno 13 maggio, domenica, gli americani prenderanno il controllo dei prigionieri ed eviteranno altri massacri. Era già pronta la lista dei prigionieri da prelevare quello stesso giorno alle ore 18.
Centro Documentazione Rsi
La strage di Lovere (Bergamo)
Mercoledì 25 aprile 1945 un piccolo presidio della Legione “Tagliamento”, 26 militi della 4^ Cmp, II Rgt, di stanza nell’edificio delle scuole elementari a Piancamuno in Val Canonica venne sorpreso da un gruppo di partigiani fra i quali erano dei polacchi in divisa tedesca. Malgrado la sorpresa i militi reagiscono, ma le perdite sono gravi : 9 morti fra cui il comanda...nte aiutante maresciallo Ernesto Tartarini e tre feriti. Anche il comandante partigiano, però, tale Luigi Macario, viene ucciso insieme ad altri due, cosicché i partigiani, rimasti senza comandante, cedono al fuoco intenso dei militi superstiti e si ritirano. A questo punto giunge in aiuto una squadra del plotone Guastatori al comando del brigadiere Amerigo De Lupis.
Egli si rende conto che i tre feriti che giaccioni all’Ospedale di Darfo non hanno una assistenza adeguata. Uno dei tre, infatti, Sandro Fumagalli, muore la mattina del 26. Allora nel pomeriggio il De Lupis, con una piccola scorta, porta i due feriti ancora vivi all’Ospedale di Lovere, sul lago d’Iseo. Ma egli non sa che i partigiani stanno occupando la città. Al mattino, infatti, il locale presidio del 612° Comando Provinciale della G.N.R. comandato dal Ten. Agostino Ginocchio si è arreso a un gruppo di partigiani e altri partigiani stanno affluendo dalle montagne. Così il De Lupis e i suoi uomini vengono sorpresi all’uscita dall’Ospedale e catturati. Condotti presso la casa canonica (Palazzo Bazzini) che veniva utilizzata come prigione, vennero rinchiusi insieme agli uomini del Ten. Ginocchio. Testimoni dell’epoca affermano che ai prigionieri vennero inflitti pesanti maltrattamenti. Il 30 aprile un legionario, Giorgio Femminini di 20 anni, ottenne di potersi sposare con la sorella di un commilitone, Laura Cordasco, così fu condotto in chiesa col De Lupis e il commilitone Vito Giamporcaro come testimoni. Ma poichè la cerimonia si prolungava i partigiani condussero via tutti gli uomini del De Lupis e li portarono dietro il cimitero dove furono massacrati con raffiche di mitra. Gli uccisi furono sei: Amerigo De Lupis, Aceri Giuseppe, Femminini Giorgio, Mariano Francesco, Giamporcaro Vito, Alletto Antonino. I due legionari: Le Pera Giovanni e De Vecchi Francesco, ricoverati, come si è detto, in ospedale per gravi ferite, furono quasi ogni giorno percossi e maltrattati e, infine, prelevati da partigiani fra il 7 e l’ 8 di Giugno, oltre 40 giorni dopo la fine della guerra, percossi, seviziati e, infine, gettati nel lago e annegati. Vedi la documentazione. <(per collegarsi a internet puntare il “dito” su Vedi la documentazione) (redatto con la collaborazione preziosa di Giuliano Fiorani e Sergio Geroldi)
Centro Documentazione Rsi
IN RICORDO DEI CADUTI DI ODERZO
La strage di Oderzo (Treviso)
Negli ultimi giorni di aprile del 1945, esattamente il 28, 126 giovani militi dei Btg. “Bologna” e “Romagna” della GNR e 472 uomini della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo della... R.S.I. (450 allievi più 22 ufficiali) si arresero al C.L.N. con la promessa di avere salva la vita. L’accordo fu sottoscritto nello studio del parroco abate mitrato Domenico Visentin, presenti il nuovo sindaco di Oderzo Plinio Fabrizio, Sergio Martin in rappresentanza del C.L.N., il Col, Giovanni Baccarani, comandante della Scuola di Oderzo e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del Btg. Romagna. Ma quando scesero i partigiani della Brigata Garibaldi “Cacciatori della pianura” comandati dal partigiano Bozambo l’accordo fu considerato carta straccia e il 30 aprile cominciarono a uccidere. Molti furono massacrati senza pietà fra il 30 aprile e il 15 maggio. La maggior parte, ben 113, fu uccisa al Ponte della Priula, frazione di Susegana e gettati nel Piave. Pare si trattasse di 50 uomini del “Bologna”, 23 del “Romagna”, 12 della Brigata Nera, 4 della X^ MAS, e gli altri di altri reparti fra cui gli allievi della scuola. Altri furono trucidati sul fiume Monticano.
LA BANDA DI “BOZAMBO”, “BOIA DI MONTANER”, AL MATRIMONIO TRA ADRIANO VENEZIAN E VITTORINA ARIOLI, ENTRAMBI PARTIGIANI
Al banchetto di addio al celibato di Venezian uno della banda affermò :- Ti auguriamo che tu abbia ad avere dodici figli e perché±uesto augurio abbia ad essere consacrato domandiamo che siano uccisi, vittime di propiziazione, dodici fascisti -.
Fu così che la mattina del 16 maggio scelsero tredici allievi ufficiali della Scuola di Oderzo e li assassinarono nei pressi del Ponte della Priula. (Particolare delle stragi di Oderzo).(Contributo di Francesco Fatica dell’ISSES Napoli)
Vedi anche, qui appresso i caduti sulla corriera della morte. In totale le vittime fra gli ufficiali della scuola di Oderzo furono 144.
Centro Documentazione Rsi
Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
Mercoledì 25 aprile 1945 un piccolo presidio della Legione “Tagliamento”, 26 militi della 4^ Cmp, II Rgt, di stanza nell’edificio delle scuole elementari a Piancamuno in Val Canonica venne sorpreso da un gruppo di partigiani fra i quali erano dei polacchi in divisa tedesca. Malgrado la sorpresa i militi reagiscono, ma le perdite sono gravi : 9 morti fra cui il comanda...nte aiutante maresciallo Ernesto Tartarini e tre feriti. Anche il comandante partigiano, però, tale Luigi Macario, viene ucciso insieme ad altri due, cosicché i partigiani, rimasti senza comandante, cedono al fuoco intenso dei militi superstiti e si ritirano. A questo punto giunge in aiuto una squadra del plotone Guastatori al comando del brigadiere Amerigo De Lupis.
Egli si rende conto che i tre feriti che giaccioni all’Ospedale di Darfo non hanno una assistenza adeguata. Uno dei tre, infatti, Sandro Fumagalli, muore la mattina del 26. Allora nel pomeriggio il De Lupis, con una piccola scorta, porta i due feriti ancora vivi all’Ospedale di Lovere, sul lago d’Iseo. Ma egli non sa che i partigiani stanno occupando la città. Al mattino, infatti, il locale presidio del 612° Comando Provinciale della G.N.R. comandato dal Ten. Agostino Ginocchio si è arreso a un gruppo di partigiani e altri partigiani stanno affluendo dalle montagne. Così il De Lupis e i suoi uomini vengono sorpresi all’uscita dall’Ospedale e catturati. Condotti presso la casa canonica (Palazzo Bazzini) che veniva utilizzata come prigione, vennero rinchiusi insieme agli uomini del Ten. Ginocchio. Testimoni dell’epoca affermano che ai prigionieri vennero inflitti pesanti maltrattamenti. Il 30 aprile un legionario, Giorgio Femminini di 20 anni, ottenne di potersi sposare con la sorella di un commilitone, Laura Cordasco, così fu condotto in chiesa col De Lupis e il commilitone Vito Giamporcaro come testimoni. Ma poichè la cerimonia si prolungava i partigiani condussero via tutti gli uomini del De Lupis e li portarono dietro il cimitero dove furono massacrati con raffiche di mitra. Gli uccisi furono sei: Amerigo De Lupis, Aceri Giuseppe, Femminini Giorgio, Mariano Francesco, Giamporcaro Vito, Alletto Antonino. I due legionari: Le Pera Giovanni e De Vecchi Francesco, ricoverati, come si è detto, in ospedale per gravi ferite, furono quasi ogni giorno percossi e maltrattati e, infine, prelevati da partigiani fra il 7 e l’ 8 di Giugno, oltre 40 giorni dopo la fine della guerra, percossi, seviziati e, infine, gettati nel lago e annegati. Vedi la documentazione. <(per collegarsi a internet puntare il “dito” su Vedi la documentazione) (redatto con la collaborazione preziosa di Giuliano Fiorani e Sergio Geroldi)
Centro Documentazione Rsi
IN RICORDO DEI CADUTI DI ODERZO
La strage di Oderzo (Treviso)
Negli ultimi giorni di aprile del 1945, esattamente il 28, 126 giovani militi dei Btg. “Bologna” e “Romagna” della GNR e 472 uomini della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo della... R.S.I. (450 allievi più 22 ufficiali) si arresero al C.L.N. con la promessa di avere salva la vita. L’accordo fu sottoscritto nello studio del parroco abate mitrato Domenico Visentin, presenti il nuovo sindaco di Oderzo Plinio Fabrizio, Sergio Martin in rappresentanza del C.L.N., il Col, Giovanni Baccarani, comandante della Scuola di Oderzo e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del Btg. Romagna. Ma quando scesero i partigiani della Brigata Garibaldi “Cacciatori della pianura” comandati dal partigiano Bozambo l’accordo fu considerato carta straccia e il 30 aprile cominciarono a uccidere. Molti furono massacrati senza pietà fra il 30 aprile e il 15 maggio. La maggior parte, ben 113, fu uccisa al Ponte della Priula, frazione di Susegana e gettati nel Piave. Pare si trattasse di 50 uomini del “Bologna”, 23 del “Romagna”, 12 della Brigata Nera, 4 della X^ MAS, e gli altri di altri reparti fra cui gli allievi della scuola. Altri furono trucidati sul fiume Monticano.
LA BANDA DI “BOZAMBO”, “BOIA DI MONTANER”, AL MATRIMONIO TRA ADRIANO VENEZIAN E VITTORINA ARIOLI, ENTRAMBI PARTIGIANI
Al banchetto di addio al celibato di Venezian uno della banda affermò :- Ti auguriamo che tu abbia ad avere dodici figli e perché±uesto augurio abbia ad essere consacrato domandiamo che siano uccisi, vittime di propiziazione, dodici fascisti -.
Fu così che la mattina del 16 maggio scelsero tredici allievi ufficiali della Scuola di Oderzo e li assassinarono nei pressi del Ponte della Priula. (Particolare delle stragi di Oderzo).(Contributo di Francesco Fatica dell’ISSES Napoli)
Vedi anche, qui appresso i caduti sulla corriera della morte. In totale le vittime fra gli ufficiali della scuola di Oderzo furono 144.
Centro Documentazione Rsi
Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
La strage di Oderzo (Treviso)
Negli ultimi giorni di aprile del 1945, esattamente il 28, 126 giovani militi dei Btg. “Bologna” e “Romagna” della GNR e 472 uomini della Scuola Allievi Ufficiali di Oderzo della... R.S.I. (450 allievi più 22 ufficiali) si arresero al C.L.N. con la promessa di avere salva la vita. L’accordo fu sottoscritto nello studio del parroco abate mitrato Domenico Visentin, presenti il nuovo sindaco di Oderzo Plinio Fabrizio, Sergio Martin in rappresentanza del C.L.N., il Col, Giovanni Baccarani, comandante della Scuola di Oderzo e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del Btg. Romagna. Ma quando scesero i partigiani della Brigata Garibaldi “Cacciatori della pianura” comandati dal partigiano Bozambo l’accordo fu considerato carta straccia e il 30 aprile cominciarono a uccidere. Molti furono massacrati senza pietà fra il 30 aprile e il 15 maggio. La maggior parte, ben 113, fu uccisa al Ponte della Priula, frazione di Susegana e gettati nel Piave. Pare si trattasse di 50 uomini del “Bologna”, 23 del “Romagna”, 12 della Brigata Nera, 4 della X^ MAS, e gli altri di altri reparti fra cui gli allievi della scuola. Altri furono trucidati sul fiume Monticano.
LA BANDA DI “BOZAMBO”, “BOIA DI MONTANER”, AL MATRIMONIO TRA ADRIANO VENEZIAN E VITTORINA ARIOLI, ENTRAMBI PARTIGIANI
Al banchetto di addio al celibato di Venezian uno della banda affermò :- Ti auguriamo che tu abbia ad avere dodici figli e perché±uesto augurio abbia ad essere consacrato domandiamo che siano uccisi, vittime di propiziazione, dodici fascisti -.
Fu così che la mattina del 16 maggio scelsero tredici allievi ufficiali della Scuola di Oderzo e li assassinarono nei pressi del Ponte della Priula. (Particolare delle stragi di Oderzo).(Contributo di Francesco Fatica dell’ISSES Napoli)
Vedi anche, qui appresso i caduti sulla corriera della morte. In totale le vittime fra gli ufficiali della scuola di Oderzo furono 144.
Centro Documentazione Rsi
Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
Un interessante articolo su Marilena Grill, il cui ricordo merita sempre attenzione ed omaggio.
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
Marilena GRILL nacque il 26 settembre 1928 da una famiglia di religione Valdese. Studentessa del Liceo Massimo d’Azeglio, nel luglio 1944 si arr...uolò volontaria nel Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale Italiana, prestando servizio disarmato presso l’ufficio che curava le ricerche dei militari torinesi dispersi nei vari fronti. Il 28 Aprile del 1945 venne prelevata dalla sua casa da quattro partigiani che la strapparono dalle braccia della mamma Silvia. Venne trattenuta cinque giorni presso la caserma Valdocco per poi essere uccisa con un colpo alla nuca, nella notte tra il 2 ed il 3 maggio, all’angolo di C.so Regina con C.so Valdocco. Su di Lei poche testimonianze, tra cui quella della sua comandante dell’epoca che ricorda come Marilena, come tutto il corpo Ausiliarie, non rifiutava di aiutare ai posti di ristoro anche quei giovani che si presentavano “mal messi” ed evidentemente in fuga dai loro obblighi militari. Marilena era una studentessa bionda, dolce e carina, aveva sedici anni, di Lei ci resta una foto stropicciata con il suo sguardo buono.
Ricorre ora il sessantesimo anniversario della Liberazione e Marilena Grill, con i tanti morti innocenti di una parte e dell’altra, ci chiede se deve sopravvivere la stagione dell’odio o se questa data non debba segnare invece la condivisione dell’amore patrio tra tutti gli Italiani.
Marilena infatti è stata semplicemente cancellata dalla nostra memoria storica e la richiesta di una lapide a ricordo della sua figura e del suo sacrificio è costantemente respinta dall’Amministrazione Comunale di Torino. Non si vuole riconoscere che anche presso gli sconfitti tanti furono gli innocenti uccisi? Ettore dovrà sempre essere trascinato dal carro di Achille? Forse non ci si dovrebbe seriamente interrogare e “ ... cercare di capire perché migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò ...” come fece l’allora Presidente della Camera, On. Luciano Violante, in un intervento del 10 maggio del 1996.
Soprattutto interrogarsi con coraggio, senza le reticenze del passato, sul loro destino spesso tragico, distinguendo tra chi è andato alla morte a guerra finita perché responsabile di gravi delitti e chi invece l’ha subita completamente innocente come Marilena, anche Lei finita nel tritacarne della guerra civile ( “Fate pulizia in due, tre giorni, ma al terzo giorno non voglio più vedere morti per le strade” disse il Colonnello Stevens a Franco Antonicelli; in Gianni Oliva, L’alibi della resistenza, Mondadori 2003, pag. 76). In questa prospettiva risulta preziosa la riflessione dello storico Roberto Vivarelli, nell’intervista rilasciata a Paolo Mieli su La Stampa del 5 novembre 2000:
“…Credo che in Italia la vera divisione sul piano morale non sia tanto tra chi ha combattuto in buona fede da una parte della barricata e chi dall’altra; bensì tra coloro i quali, una minoranza, sia pure in base a convinzioni diverse e basate su diversa percezione dei fatti e quindi di una loro diversa valutazione, hanno comunque messo a repentaglio allora la loro vita, e coloro i quali invece, la maggioranza, hanno preferito stare alla finestra e vedere come andava a finire.”Visualizza altro
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