La fine della R.S.I.
Mussolini, che il 18 aprile si era portato a Milano e il 25 a Como, alle ore 8 del 27 aprile viene catturato dai partigiani nei pressi di Dongo mentre con alcuni gerarchi, uomini della Brigata Nera di Lucca e un reparto tedesco si sta dirigendo verso Nord.
Secondo la versione partigiana (ormai da molti messa in dubbio) Mussolini, che era stato isolato dagli altri gerarchi, viene ucciso insieme a Claretta Petacci a Giulino di Mezzegra, davanti al cancello di Villa Belmonte, alle ore 16,20 del 28 aprile 1944. A Dongo, alle ore 17,48 dello stesso giorno, vengono uccisi quindici gerarchi o presunti tali : Pavolini, Barracu, Mezzasoma, Zerbino, Liverani, Romano, Porta, Coppola, Daquanno, Utimpergher, Calistri, Casalinovo, Nudi, Bombacci, Gatti. Ed anche Marcello Petacci, che i gerarchi non vollero fosse fucilato con loro, fu ucciso subito dopo.
Il 29 i diciotto cadaveri vengono portati a Milano con un camion e appesi per i piedi alla tettoia di un distributore di benzina a Piazzale Loreto. I cadaveri vengono vergognosamente insultati e vilipesi da una folla imbarbarita.
E non furono i soli morti della R.S.I. In quei giorni si scatenò una feroce caccia al fascista e diverse decine di migliaia di fascisti, civili o militari, furono trucidati, spesso in modo orrendo, anche quando, fidando nella parola del nemico che garantiva salva la vita, avevano già deposto le armi. Molte le stragi da ricordare, avvenute soprattutto nel nord Italia, opera quasi sempre di partigiani comunisti.
Le operazioni di guerra in Italia cessarono ufficialmente con la nota resa di Caserta, firmata il 29 aprile 1945 da Germania e R.S.I. Essa prevedeva il cessate il fuoco alle ore 18 del 2 maggio 1945.
Alcune decine di migliaia di combattenti della R.S.I., più fortunati, ebbero salva la vita e furono rinchiusi in campi di concentramento. Circa 35.000 di essi furono rinchiusi nel Campo di concentramento di Coltano, presso Pisa, dove vissero in condizioni disumane fino all’autunno, allorché i sopravvissuti poterono tornare in libertà. Non tutti, però, poterono tornare veramente liberi alle loro case. Molti dovettero vivere nascosti ancora per mesi, per non essere assassinati dai partigiani comunisti, ancora ben armati e ancora a caccia di fascisti. E per lunghi anni i fascisti superstiti patiranno le conseguenze di una feroce discriminazione, che li condannerà ai margini della società, costringendoli a lavori spesso umili, quasi sempre autonomi, essendo stati quasi tutti rimossi dai loro impieghi mediante la così detta “epurazione”. La lotta per la sopravvivenza delle loro persone e dei loro ideali fu, per molti fascisti della R.S.I., la continuazione di una guerra che per loro non era ancora finita. E nessuno si è arreso.
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