Un altro esposto contro Gazzetta di Viareggio e il suo direttore accusati di istigazione all'odio razziale
giovedì, 11 aprile 2013, 11:30
di aldo grandi
Dopo l'esposto contro chi scrive e il nostro giornale fatto da una collega (sic!) di Viareggio, un'altra perla è stata inviata presso l'ordine dei giornalisti del Lazio dove il sottoscritto milita da oltre 20 anni. L'esposto è stato inviato dall'associazione Carta di Roma e a firma Anna Meli che chi scrive non solo non sa chi sia, ma si guarda bene dall'interessarsene visto che prima ancora di contattare noi ha fatto, come osano fare coloro che hanno coraggio, la spia segnalando l'articolo non gradito. E poi c'è anche chi ha la faccia di prendersela con il Ventennio, le sue veline o le sue delazioni! Udite udite cari lettori che avete tutti, tra i sicuri mille difetti, anche il pregio di ragionare con la vostra testa e non a colpi di carta bollata o di ideologie o di stereotipi o di Carte che pretendono di dire a noi e a voi quali sono i doveri del buon giornalista. Questi colleghi, infatti, hanno redatto un documento che racchiude le regole cui dovrebbero attenersi tutti i giornalisti degni, a loro avviso, di questo nome. Poiché chi scrive crede di essere un po' - ma solo un po' - più capace di chi pretende di insegnare agli altri come comportarsi, replica a questa associazione Carta di Roma che fino a quando avrà respiro e coscienza, continuerà a pensare, dire e scrivere ciò che riterrà giusto in piena libertà di stampa e fuori da ogni costrizione e obbligo imposto, tra l'altro, da voi che che non avete alcun diritto di pensarvi superiori.L’associazione lavora per diventare un punto di riferimento stabile per tutti coloro che lavorano quotidianamente sui temi della carta, giornalisti e operatori dell’informazione in primis, ma anche enti di categoria e istituzioni, associazioni e attivisti impegnati da tempo sul fronte dei diritti dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle minoranze e dei migranti nel mondo dell’informazione.
Queste parole sono scritte nel sito dell'associazione Carta di Roma che ci accusa di istigazione all'odio razziale per aver usato e usare, comunemente, la parola clandestino e per aver pubblicato, il 9 aprile, il comunicato di Forza Nuova con il titolo: "Se sei anziano e italiano crepi, se immigrato e clandestino ti curano gratis". Per questa ragione ci hanno denunciato all'ordine dei giornalisti pretendendo che si venga messi all'indice perché non la pensiamo come loro.
Eccola la democrazia di questi colleghi tutti, evidentemente, baciati dalla Verità Assoluta al punto che, come ai tempi di Hitler e Mussolini, chiedono che vengano banditi dal vocabolario termini non graditi. Clandestino, quindi, non va usato e noi, al contrario, lo continueremo ad usare finché avremo inchiostro, pc e cervello per ragionare.
E adesso, cari colleghi di Carta di Roma leggete attentamente queste parole:
Chi scrive, nella sua vita, le ha provate e patite davvero tutte, iniziando a farsi il mazzo quando ancora, probabilmente, alcuni di voi erano in pantaloncini corti o chissà in quale attività politica e/o spirituale dediti. Non avendo, come voi, la dote innata del missionario, l'autore di queste poche righe è cresciuto alla scuola di chi, il pane, se lo deve guadagnare lavorando sodo, duro, senza pretendere niente e, possibilmente, nel caso, pretendendo solo dopo aver dato. Per fare il giornalista con la G maiuscola come immodestamente crede di essere, ha lavorato come cameriere nei ristoranti fino alle 2 di notte, nella stessa città dalla quale, voi, pretendete di impartire lezioni di bontà e giornalismo. Ha dormito sui corridoi dei treni la notte, in partenza dalla stazione Tiburtina per raggiungere Bologna e partecipare a una borsa di studio per diventare quello che, voi, non considerate degno di essere chiamato giornalista o collega.
Si è, letteralmente, spaccato il fondoschiena lavorando fino a notte inoltrata e, senza madri e padri né santi in paradiso e nemmeno all'inferno, è riuscito a pubblicare libri per le più grosse case editrici italiane arrivando, addirittura, a sfidare la casa editrice più di sinistra d'Europa, la Feltrinelli, quando ha osato pubblicare, con Alessandro Dalai - se non sapete chi è andate su Wikipedia - la biografia non autorizzata di Giangiacomo Feltrinelli. Ha mangiato merda in provincia dove si impara, veramente, a fare cronaca e il mestiere producendo in un giorno, tra articoli e titoli, quello che molti colleghi, giornalisti nelle capitali, a malapena riescono a fare in una settimana.
Poi, dopo 21 anni di onorato servizio senza carriera e senza calci nel culo, ha lasciato il quotidiano dove lavorava - La Nazione - con uno stipendio di 44 mila euro netti l'anno per fondare, ad oggi, tre giornali dove, a suo avviso, fosse davvero possibile fare il giornalismo rompicoglioni che il sottoscritto aveva sempre sognato in gioventù, un giornalismo che non guardasse in faccia nessuno, tantomeno la politica dei politicanti, senza distinzione di colore, mantenendosi con la pubblicità che arriva dalla capacità di saper convincere commercianti e imprenditori che il prodotto è valido e vale la pena puntarci. Chi scrive, cari colleghi della Carta di Roma, non prende soldi da personaggi politici né dai partiti né dagli enti locali né dalle fondazioni. Viviamo con quello che riusciamo a guadagnare avendo fiducia solo e soltanto sulla nostra capacità di vendere agli altri qualcosa che merita di essere acquistato. Nessuno di noi è razzista e tutti i miei collaboratori hanno avuto, dal sottoscritto, la stessa indicazione, la medesima che Sergio Lepri, indimenticato direttore dell'Ansa quando voi eravate ancora con il ciuccio in bocca, disse a chi scrive studente aspirante rompicoglioni a metà anni Ottanta: "Non mi interessa come la pensa, politicamente, un mio giornalista. Mi interessa solo che da ciò che scrive non traspaia". Chi scrive non è fascista né razzista, solo uno che odia ipocrisia, falsibuonismi e che mal sopporta chi si erge, come voi, a paladini della professione e della verità.
Infine, e si chiude l'argomento per non riaprirlo mai più se non in occasione della convocazione che è stata preannunciata dall'ordine per rispondere alle denunce della collega Donatella Francesconi del Tirreno di Viareggio (grazie di nuovo Donatella!) e vostra della Carta di Roma, tre anni fa il sottoscritto ha subìto la più grande tragedia che un essere umano può patire: la morte di un figlio. Questo non per chiedere comprensione o compassione ché non gliene frega nulla, ma soltanto per dirvi, ribadirvi e dichiararvi che delle vostre accuse, delle vostre critiche, del vostro modo di pensare e gestire l'informazione, delle vostre seghe mentali, a chi scrive fotte, davvero, un cazzo!
P.S. A proposito: ai vostri esposti, aggiungeteci, ovviamente, anche questo articolo.
Nessun commento:
Posta un commento
Commenti dai camerati.