Benito Mussolini Il Patto d'Acciaio
Appena si rese conto che il risultato politico generale dell'annessione dell'Albania fù negativo, Mussolini affrettò la decisione di accettare la proposta di Hitler di dare all’Asse una sanzione formale mediante la firma di un vero e proprio trattato di alleanza. Dopo che, in seguito all’invasione della Cecoslovacchia, il Duce aveva temporeggiato, all’improvviso, il 6 maggio 1939, impartì a Ciano, che si trovava a Milano in un incontro con Ribbentrop, l’ordine di stipulare un trattato di alleanza tra l’Italia e la Germania. Lo aveva indotto a questa decisione il fatto che alcuni giornali francesi avevano dato notizia delle tiepide accoglienze riservate a Milano al ministro degli Esteri tedesco, prova del diminuito prestigio personale di Mussolini. Così il Duce prendeva le più gravi decisioni in fatto di politica estera!
Firmato da Ciano e Ribbentrop il 22 maggio 1939 a Berlino, il trattato trasformò l’Asse nel Patto d’Acciaio, come lo stesso Mussolini lo definì. Non solo l’alleanza aveva un carattere offensivo e non meramente difensivo, ma Mussolini lasciò che il trattato fosse redatto dai tedeschi, cosicché l’Italia si trovò impegnata a dover appoggiare militarmente la Germania in modo automatico nel caso che quest’ultima fosse venuta a trovarsi in guerra. E Hitler già meditava l’aggressione alla Polonia, e Mussolini non lo ignorava. Per di più le forze italiane in Etiopia dovevano fronteggiare l’attiva resistenza abissina ed erano ridotte a vivere asserragliate nei fortini. Nel suo Diario Ciano, a proposito della situazione disastrosa degli armamenti, annotava:
Ma il duce che fa? Si concentra piuttosto in questioni di forma: succede l’ira di Dio se il presentat‘ami è fatto male o se un ufficiale non sa alzare la gamba nel passo romano, ma di queste deficienze che conosce a fondo non sembra preoccuparsi oltre un certo limite (...). Si fa un’inflazione di nomi. Si moltiplica il numero delle divisioni, ma in realtà queste sono così esigue da aver poco più della forza di un reggimento. I magazzini sono sprovvisti. Le artiglierie sono vecchie. Le armi antiaeree ed anticarro mancano del tutto. Si è fatto molto bluff nel settore militare e si è ingannato lo stesso duce: ma è un bluff tragico.
D’altra parte Mussolini non si preoccupava dell’iniziativa tedesca alla frontiera polacca perché pensava che in una generale guerra europea egli avrebbe avuto mano libera nei Balcani e avrebbe potuto rivolgersi contro la Grecia, la Romania e la Turchia. Ritenendosi assai più grande politico di Hitler, mulinava grandiosi piani planetari di carattere strategico e ideologico: incoraggiare e appoggiare un movimento autonomista in Alsazia, Bretagna, Corsica e Irlanda; nessun timore per un intervento degli Stati Uniti, che non avrebbero salvato dalla sconfitta e dal disastro la Francia e l’Inghilterra; idem per quanto riguardava un intervento dell’Unione Sovietica, che anzi, se ci fosse stato, avrebbe favorito le potenze fasciste con la diffusione del bacillo comunista in tutta l’Europa. Malgrado tutto questo, Mussolini non ignorava completamente le reali condizioni dell’Italia nella prospettiva di una guerra mondiale. Nonostante le sue smargiassate, alla fine del maggio 1939 scrisse a Hitler che avrebbe preferito rinviare la loro guerra al 1943. Hitler si limitò a non rispondere.
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