Benito Mussolini La famiglia
"Mio padre Alessandro era un fabbro ferraio, un uomo robusto con mani forti grandi e vigorose. Il suo cuore e la sua mente erano sempre occupati ed eccitati da teorie socialiste. Il mio più grande amore era mia madre. Era tranquilla, affettuosa, e tuttavia molto forte. Si chiamava Rosa. Non solo si occupava dei figli, ma insegnava anche alla scuola elementare." Così Mussolini descrisse nella sua autobiografia la prima stesura della quale fù dovuta in realtà al fratello Arnaldo, i genitori: dai quali Benito nacque il 29 luglio 1883. D’essere figlio del fabbro e d’un fabbro con idee rivoluzionarie tanto che l’aveva chiamato Benito in omaggio al ribelle messicano Benito Juàrez non fece mai mistero: anzi di quell’origine proletaria che tanto proletaria non era, perché il fabbro, lo si è visto, prese in moglie una insegnante, ed era anche lui uomo di varie anche se disordinate letture fece uno dei fondamenti della sua leggenda.
Alessandro Mussolini era abile, ma un po’ sfaticato, e donnaiolo. Mortagli la moglie, s’era tenuta accanto la vedova d’un bracciante, Anna Guidi, che aveva cinque figlie, la minore delle quali si chiamava Rachele. Si dice che Anna Guidi fosse stata l’amante del Mussolini quando ancora il marito era in vita: ragione per cui qualcuno ha sospettato che Rachele, compagna e poi moglie di Benito, gli fosse sorellastra.
Rachele, ch’era una graziosa biondina di carattere dolce e insieme risoluto, ebbe la figlia Edda prima del matrimonio: al quale Mussolini lasciata Rachele e la bambina a Forlì e trasferitosi a Milano per dirigere "l’Avanti!"non aveva nessuna fretta d’arrivare. Finché un giorno,siamo nel ’19, l’abbandonata Rachele piombò a Milano, e si presentò alla redazione de "l’Avanti!", imponendo al riluttante i suoi doveri. Mussolini, divenuto interventista, andò poi soldato nei bersaglieri, ma trovò il tempo, il 17 dicembre 1915, di sposare Rachele con il rito civile (dieci anni dopo fù celebrato anche il rito religioso).
Dopo quest’avvio piuttosto travagliato la vita familiare dei Mussolini, in particolare dei Mussolini insediatisi a Villa Torlonia, fu del tutto normale: per quanto poteva consentito la presenza in casa del padrone d’Italia. Rachele era una arzdora, una padrona di casa romagnola sensata ed economa: anche perché Mussolini lesinava sul soldo, non avendone mai di suoi, neppure allorché fù Duce: e ogni spesa gli pareva spropositata. I ragazzi crebbero bene tranne Anna Maria colpita da una grave infermità e i due maschi maggiori dovettero, senza eccessiva vocazione, seguire il curriculum che per loro sembrava doveroso: gli studi, le uniformi di balila o avanguardista, e infine l’Arma Azzurra. Padre e figli avevano un rapporto affettuoso ma non intenso. Il preside del liceo Tasso, dove studiavano, inviava al Duce dei rapporti sul profitto scolastico dei ragazzi. Lui non commentava. Durante la guerra d’Etiopia Mussolini scrisse a Vittorio e Bruno, che erano là, una sola lettera, e ricevette due lettere da Vittorio e una cartolina illustrata da Bruno. Ma lo strazio del Duce, quando Bruno precipitò con il suo quadrimotore il 7 agosto 1941, fù indubitabile. Da esperto giornalista, Mussolini buttò giùin un mese le pagine che volevano onorare, in un libro, il caduto, ed erano belle pagine: "Tu sei là, disteso sopra un lettuccio, immobile, con la testa fasciata sino agli occhi chiusi. Le coperte ti coprono tutto sino al collo e sembri dormire. Sul tuo volto qualche macchia di sangue, ma i tuoi lineamenti sono intatti". Per Benito e Rachele quella morte, nel pieno della guerra, quando ancora c’erano speranze di vittoria, fù il misterioso segnale che la tragedia era all’ultimo atto. Dopo la fine di Bruno ci fù la sconfitta, e poi il processo di Verona e la fucilazione di Galeazzo Ciano, il genero vanesio e coraggioso, superficiale e intelligente, che la notte del Gran Consiglio aveva "tradito". Infine la fuga e la cattura di lui, Mussolini. Non accanto a Rachele e ai figli, ma accanto a Claretta Petacci.
Alessandro Mussolini era abile, ma un po’ sfaticato, e donnaiolo. Mortagli la moglie, s’era tenuta accanto la vedova d’un bracciante, Anna Guidi, che aveva cinque figlie, la minore delle quali si chiamava Rachele. Si dice che Anna Guidi fosse stata l’amante del Mussolini quando ancora il marito era in vita: ragione per cui qualcuno ha sospettato che Rachele, compagna e poi moglie di Benito, gli fosse sorellastra.
Rachele, ch’era una graziosa biondina di carattere dolce e insieme risoluto, ebbe la figlia Edda prima del matrimonio: al quale Mussolini lasciata Rachele e la bambina a Forlì e trasferitosi a Milano per dirigere "l’Avanti!"non aveva nessuna fretta d’arrivare. Finché un giorno,siamo nel ’19, l’abbandonata Rachele piombò a Milano, e si presentò alla redazione de "l’Avanti!", imponendo al riluttante i suoi doveri. Mussolini, divenuto interventista, andò poi soldato nei bersaglieri, ma trovò il tempo, il 17 dicembre 1915, di sposare Rachele con il rito civile (dieci anni dopo fù celebrato anche il rito religioso).
Dopo quest’avvio piuttosto travagliato la vita familiare dei Mussolini, in particolare dei Mussolini insediatisi a Villa Torlonia, fu del tutto normale: per quanto poteva consentito la presenza in casa del padrone d’Italia. Rachele era una arzdora, una padrona di casa romagnola sensata ed economa: anche perché Mussolini lesinava sul soldo, non avendone mai di suoi, neppure allorché fù Duce: e ogni spesa gli pareva spropositata. I ragazzi crebbero bene tranne Anna Maria colpita da una grave infermità e i due maschi maggiori dovettero, senza eccessiva vocazione, seguire il curriculum che per loro sembrava doveroso: gli studi, le uniformi di balila o avanguardista, e infine l’Arma Azzurra. Padre e figli avevano un rapporto affettuoso ma non intenso. Il preside del liceo Tasso, dove studiavano, inviava al Duce dei rapporti sul profitto scolastico dei ragazzi. Lui non commentava. Durante la guerra d’Etiopia Mussolini scrisse a Vittorio e Bruno, che erano là, una sola lettera, e ricevette due lettere da Vittorio e una cartolina illustrata da Bruno. Ma lo strazio del Duce, quando Bruno precipitò con il suo quadrimotore il 7 agosto 1941, fù indubitabile. Da esperto giornalista, Mussolini buttò giùin un mese le pagine che volevano onorare, in un libro, il caduto, ed erano belle pagine: "Tu sei là, disteso sopra un lettuccio, immobile, con la testa fasciata sino agli occhi chiusi. Le coperte ti coprono tutto sino al collo e sembri dormire. Sul tuo volto qualche macchia di sangue, ma i tuoi lineamenti sono intatti". Per Benito e Rachele quella morte, nel pieno della guerra, quando ancora c’erano speranze di vittoria, fù il misterioso segnale che la tragedia era all’ultimo atto. Dopo la fine di Bruno ci fù la sconfitta, e poi il processo di Verona e la fucilazione di Galeazzo Ciano, il genero vanesio e coraggioso, superficiale e intelligente, che la notte del Gran Consiglio aveva "tradito". Infine la fuga e la cattura di lui, Mussolini. Non accanto a Rachele e ai figli, ma accanto a Claretta Petacci.
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