La Strage di Oderzo avvenuta tra il 30 aprile e il 15 maggio 1945, fu l’esecuzione sommaria di 120-144 persone appartenenti alle forze armate della R.S.I., Repubblica Sociale Italiana.
Il 28 aprile 1945 nella Casa Canonica di Oderzo fu firmato, presenti l’abate parroco don Domenico Visentin e il nuovo sindaco della città Plinio Fabrizio, un accordo di resa tra il Comitato di Liberazione Nazionale rappresentato dal sig. Sergio Martin e il col. Giovanni Baccarani, comandante della Scuola allievi ufficiali di Oderzo della RSI. e il maggiore Amerigo Ansaloni comandante del battaglione Romagna della RSI. In tutto si arresero 126 uomini del Battaglione Romagna e 472 della scuola allievi ufficiali.
I militari repubblichini consegnarono le armi.
Successivamente sopravvenne la brigata “Cacciatori della pianura” delle Brigate Garibaldi, legate al Partito Comunista Italiano, che non accettò l’accordo del Comitato di Liberazione Nazionale.
Al finire della guerra contro Il nemico esterno le Brigate affini al Partito Comunista tendevano a ricevere ordini da una propria organizzazione, assai più che dal CLN.
La brigata era comandata dai partigiani “Bozambo”, “Tigre”,”Biondo”, Jim” (pseudonimi).
Dopo un processo ritenuto sommario (per l’alto numero di condanne in appena due giorni) tenuto presso il cortile del Collegio “Sigismondo Brandolini”, gestito dai Giuseppini del Murialdo, cominciarono le “esecuzioni”, condotte con particolare violenza, tra il 30 aprile e il 15 maggio 1945.
Circa 120 furono gli uccisi il 30 lungo l’argine del fiume Piave presso il Ponte della Priula; altri furono uccisi in seguito.
Un particolare impressionante fu il 16 maggio, che per le nozze di due partigiani, il “Biondo” e “Anita” (pseudonimi) cui furono augurati dodici figli, si provvide, come atto propiziatore, all’uccisione di dodici allievi ufficiali della scuola, avvenuta nei pressi del Ponte della Priula.
Il 16 maggio 1953 alcuni degli autori della strage furono condannati a pene variabili da 30 a 24 anni di reclusione.
Scontarono solo 5 anni.
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