martedì 2 aprile 2013





Achille Starace nacque a Sannicola di Gallipoli in Provincia di Lecce il 18 agosto 1889 da un’agiata famiglia di commercianti di vino ed olio. Studente non particolarmente brillante, nel 1905 si reca a Venezia per frequentare l’Istituto di Ragionieria. Quivi si sposa appena ventenne (1909) con Ines Massari, ponendo però la residenza di famiglia a Gallipoli. Frequentato il Corso Allievi Ufficiali nei Bersaglieri (1910), si congeda prima della guerra di Libia. Sempre in Veneto si dedica, come il padre, al commercio di vini, ma allo scoppio della Grande Guerra conosce e aderisce all’interventismo Mussoliniano e si arruola volontario. Combatté valorosamente distinguendosi subito per molti atti di coraggio e ottenendo una medaglia d’argento al valor militare, quattro di bronzo e diverse croci di guerra. Viene così promosso sul campo a Tenente e si congeda come Capitano.

Nel dopoguerra, divenuto Mussoliniano di ferro, è posto a capo dello Squadrismo tridentino, conducendo una vasta campagna propagandistica coadiuvato da Farinacci. Presidente del congresso di Bologna che nel gennaio 1922 vide la nascita della Confederazione delle Corporazioni Sindacali Fasciste, partecipò alla Marcia su Roma. Fu Commissario Politico del Gran Consiglio del Fascismo nel 1923. Nel 1924 viene eletto Deputato, nel 1926 è alla Vicesegreteria del Partito e diventa Luogotenente Generale della Milizia, entrando nel Gran Consiglio del Fascismo. 

Giunge alla ribalta negli anni ’30 divenendo Segretario Generale del Partito Nazionale Fascista (1931-1939), promovendo una rinnovellata importanza politica della carica. In tale veste si fa carico in prima persona dell’inquadramento delle masse e della diffusione dello spirito e dell’etica Fascista. In quegli anni fu uno dei Gerarchi più importanti del Regno e fu il principale organizzatore delle adunate oceaniche e delle grandi manifestazioni del Regime. Sua l’introduzione del

cosiddetto “sabato Fascista”, giorno dedicato alle manifestazioni pubbliche del Regime e di tutto il Popolo d’Italia, unito nel Fascismo, nonché all’attività sportiva ed alla ginnastica (sabato ginnico). ‘E inoltre lui il cerimoniere delle manifestazioni e delle adunate, codificandone minuziosamente l’etichetta. ‘E ancora lui l’inventore e il realizzatore di motti, saluti e di tutto uno stile che diventerà tipico e caratterizzante (dal saluto al Duce perfettamente codificato, al “voi” Fascista, dalle parate dell’Impero alla divisa d’orbace). Sotto la sua guida il Partito divenne un organo d’importanza sempre maggiore nella vita pubblica. 
Questa impostazione ebbe da un lato molti grandi meriti, dall’altro alcuni difetti oggettivi. Tra i grandi meriti si annoverano: la difesa della lingua e della cultura Italiana con l’importantissima lotta per la purezza della lingua, contro le parole straniere od errate; la diffusione, anche con l’esempio, delle corrette pratiche igienico-sanitarie comprensive della promozione sportiva; l’istituzione delle Colonie marine e montane nonché delle Scuole rurali per i ragazzi, con il famoso “cambio d’aria” che tanta salute portò in ispecie alle popolazioni delle regioni povere. Tra i difetti oggettivi di quest’impostazione si trova invece un notevole eccesso di vuota retorica e di demagogia, a fronte di una scarsa reale diffusione dell’etica Fascista. 
Con lo scoppio della Guerra d’Etiopia s’arruola volontario ed è posto al comando della mitica colonna celere, di cui lascerà scritte le memorie nel celeberrimo libro “La Marcia su Gondar”. Ottiene una nuova medaglia d'argento al valor militare. 
Favorevole alle leggi razziali (1938), si allinea senza discutere all’alleanza con la Germania. Il 31 ottobre 1939 Starace viene sostituito da Muti alla Segreteria del Partito e diventa Comandante e Capo di Stato Maggiore della MVSN. Con la guerra di Grecia dell'ottobre del 40 è in prima linea al comando della Milizia, ma, dopo numerose sconfitte, rassegna le dimissioni.
Si ritira quindi dalla vita pubblica, rinunciando a tutte le cariche e conducendo vita schiva e spartana. Con l’avvento della RSI, si trasferisce a Milano, disponibile ad un eventuale chiamata del Duce. Tuttavia i tedeschi e gli stessi Repubblichini non si fidano di lui e lo confinano a Lumezzane, nel Bresciano, dal giugno al settembre del 1944, quando torna nel suo appartamento milanese. 
Il 28 aprile 1945, mentre in tuta da ginnastica fa la solita corsa mattutina in strada, assolutamente ignaro della sorte del Capo, viene apostrofato da un gruppo di uomini, che quasi scherzando gli urlano “dove vai Starace?”; al che egli risponde “vado a prendere un caffè”. Ma purtroppo si tratta di banditaglie partigiane, che lo rapiscono trascinandolo in una scuola vicina per organizzargli un processo farsa e assassinarlo barbaramente e altrettanto barbaramente condurlo allo scempio di Piazzale Loreto.

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