John Ronald Reul Tolkien nacque nel 1892 in Sudafrica da genitori inglesi, ma la sua famiglia tornò nel 1896 in Inghilterra; compì gli studi all'Exeter College di Oxford (con una interruzione dovuta alla prima guerra mondiale, durante la quale combatté in prima linea). Dal 1925 fino al suo ritiro dall¹attività didattica insegnò lingua e letteratura sia anglosassone che inglese.
Si è tanto discusso del significato anche politico delle opere di Tolkien, il grande scrittore e padre della fantasy, vero creatore di un mondo immaginario e simbolico. Tutti quelli che hanno una passione politica (nel senso più alto del termine) e che leggono Il Signore degli Anelli non possono evitare di cogliere una serie di simboli che hanno valenze spirituali, morali ma anche direttamente politico-dottrinarie. Del resto non sono mancate le polemiche antitolkeniane da parte dei soliti orchetti politicamente corretti su certi aspetti dell’opera: ad esempio quella sulla presunta omofobia del Signore degli Anelli che con il suo continuo rimandare al concetto di Stirpe, di discendenza familiare, di appartenenza al mondo dei padri, di destino legato anche al sangue, avrebbe offeso o comunque discriminato gli omosessuali – quasi fosse colpa del grande scrittore inglese se l’eterosessualità porta alla famiglia e alla procreazione mentre l’omosessualità è da sempre e necessariamente sterilità! Ma a prescindere da critiche e squallidi attacchi condotti con totale sprezzo del ridicolo, anche ad una lettura superficiale il Signore degli Anelli appare un monumento al politicamente scorretto, a cominciare da un antipacifismo di fondo che sembra accusare chi non osa mai schierarsi, chi cerca il compromesso, l’adattamento alle mode contemporanee, chi cerca di riciclarsi al servizio dei vincitori.
Nonostante questo non sono mancate interpretazioni diverse e contrastanti del capolavoro tolkeniano come quella hippy, soprattutto in America dove il fumare l’erba-pipa era semplicisticamente interpretato come una giustificazione per gli spinelli (non a caso Tolkien parlava del “mio deplorevole culto”!) ma anche in ambienti di sinistra geograficamente più vicini a noi dove le forze oscure di Mordor venivano viste come l’immagine del totalitarismo fascista.
In realtà, non solo il simbolismo tolkeniano rimandava a una tradizione mitologica, culturale, epica e persino folcloristica tipica dei popoli europei (in particolare di quelli nordici) ma indicava come nemici esterni agglomerati etnici e culturali inassimilabili provenienti dalle steppe dell’oriente e del sud – una visione che appare oggi profeticamente anti-immigrazione. Saruman, prototipo del traditore, da “il bianco” che era come difensore del bene, passato al campo nemico aspira a divenire “il multicolore”: sembra anticipare simbolicamente lo spirito di tutti quelli che, dimentichi della propria origine, accettano la nuova società multirazziale illudendosi di potervi svolgere ancora un ruolo positivo. Se poi aggiungiamo che questi nemici esterni si raggruppavano intorno a un sistema massificante e materialista come quello di Mordor l’immagine del male sembrava assumere sembianze sovietiche e staliniste. Per di più, questi invasori razzialmente e culturalmente inassimilabili alla Terra di Mezzo trovano degli alleati in traditori come Saruman e Vermilinguo: sembrerebbe una visione spengleriana di una Europa assediata dall’esterno dai popoli di colore e minata all’interno dalla sovversione liberale e comunista dove i protagonisti combattono una battaglia epocale che si svolge in anni decisivi per la sopravvivenza dei loro popoli.
D’altra parte, una analisi del Tolkien privato aiuterebbe a identificare meglio certi simbolismi. Ad esempio, tenere presente il fervore religioso cattolico di Tolkien ci porta a escludere certe semplicistiche interpretazioni neopagane apparse “a destra” anche in Italia. Ma per restare a un livello politico-sociale, ci sono alcuni dati che sembrano rimandare non solo all’anticomunismo ma anche all’antiliberismo e all’anticapitalismo. Infatti, se il contatto umano e l’amicizia di Tolkien col fascista britannico A. K. Chesterton(1) potrebbero teoricamente avere in se una valenza neutra, una lettera di Tolkien all’amico fascista svelerebbe già una impostazione “scandalosa”, una visione del mondo etnico-identitaria europea, esclusivista e persino antisionista dietro al simbolismo dell’opera tolkeniana. Ancora più importante – e più grave dal punto di vista democratico e liberale – il sostegno di Tolkien alla rivista ideologica di Chesterton Candour, assume una forte connotazione ideale, politica e dottrinaria. Non solo Tolkien era un lettore fedele della rivista dottrinaria della destra radicale britannica, ma ne era anche un sostenitore e un estimatore convinto. Nel corso di circa 20 anni, Tolkien non ha solo letto regolarmente e fedelmente la rivista in questione, ma sembra averla anche apprezzata, sostenuta, studiata e meditata con attenzione, raccogliendo scrupolosamente negli anni i numeri di Candour in ben 24 volumi e sottolineando in rosso le frasi che più lo colpivano. Mentre in tutto il mondo i fans del grande scrittore custodivano e rileggevano con cura talvolta certosina e “maniacale” le opere tolkeniane cercando di sviscerarne i significati più reconditi, Tolkien sembra aver fatto lo stesso con la rivista dell’estrema destra britannica. Quello che emerge da questa analisi è, per gli standard attuali, quanto di più politicamente scorretto si possa immaginare, un ritratto del grande scrittore che definire “scomodo” sarebbe un eufemismo. Scomodo, scandaloso, pericoloso per la cultura attuale ma anche per molti suoi estimatori che in campo politico adottano una linea “ragionevole” e “moderata”, aliena da ogni radicalismo. Se Tolkien da una parte è notoriamente critico nei riguardi del nazionalsocialismo tedesco, che avrebbe male interpretato il mito nordico, dall’altra appare fortemente in sintonia con altre correnti di pensiero del fascismo europeo legate alla tradizione cristiana (un contrasto che ricorda la contrapposizione tra la figura “hitleriana” di Denethor, suicida disperato tra le fiamme nella sua capitale assediata e Gandalf che combatte gli stessi nemici ma nutrito dalla virtù della Speranza anche nel momento più tragico) e in particolare con la tradizione distributista e populista della destra radicale britannica.
Negli anni ’50, mentre il mondo si avvia verso la decolonizzazione, la fine del primato politico della razza europea, la proclamazione dell’uguaglianza razziale mondiale e la colpevolizzazione dei bianchi, Tolkien sottolinea emblematicamente che “l’Africa non è popolata da europei neri, ma è un continente pieno di tribù mentalmente e moralmente all’alba della storia” e che “l’egemonia africana porterebbe al suicidio della comunità bianca nell’Africa orientale e centrale e alla rovina della speranza africana di un progresso sostenuto”.
Similmente Tolkien sottoscrive la condanna di Chesterton contro la democrazia moderna – “la concentrazione di potere della stampa ha da lungo tempo trasformato in una farsa qualunque grado di democrazia informata che possiamo aver conosciuto” – e cosa più importante, vede nel sistema democratico una copertura per il potere finanziario internazionale: “La vera equazione è ‘democrazia’ = governo dei banchieri mondiali” . Chesterton afferma – e Tolkien concorda e sottoscrive – che in democrazia non capiamo mai chi governa veramente, di nome o di fatto: vediamo il politicante ma non il suo sostenitore dietro le quinte, meno ancora il sostenitore del sostenitore e ancor meno il banchiere del sostenitore(2).
Nel corso degli anni, Tolkien sottolinea ripetutamente frasi di condanna dell’usura, del denaro creato dal nulla dalle banche centrali, della ricchezza nominale e fittizia del potere finanziario e del suo potere che opprime i popoli e condivide in pieno l’idea della moneta di popolo contrapposta a quella della banca: “ci dovrebbe essere una sola fonte di denaro … la prerogativa di creare e emanare il denaro della nazione dovrebbe essere restituita allo Stato”.
Queste poche note gettano una luce particolare su Tolkien, una luce rivoluzionaria che ci da una ulteriore e più attuale chiave di lettura del Signore degli Anelli. Tenendole presenti non sarà difficile vedere nell’anello forgiato per incatenare l’umanità nell’oscurità di Mordor, il dominio della finanza mondialista. L’anello magico del potere oscuro, l’anello che rende invisibili e che quindi, in particolari circostanze può anche salvare il suo portatore, è intrinsecamente tendente al male, perché svuota, schiavizza e uccide spiritualmente anche coloro che lo usano illudendosi di esserne i padroni. Il suo potere è illusorio, la sua apparente sicurezza porta in realtà alla perdizione e alla disgregazione – proprio come l’attuale moneta di proprietà della banca di emissione. L’oscuro sire nella reggia tetra di Mordor – assiso in cima a una torre che ricorda da una parte quella di babele e dall’altra la piramide massonica del dollaro americano – appare purtroppo oggi molto più reale quando vediamo popoli interi massacrati dall’usura, da speculazioni finanziarie e crisi economiche e ridotti di fatto in schiavitù dalla grande finanza massonica e mondialista, sottoposti allo sguardo spietato del suo occhio senza palpebre. L’attuale moneta-debito di proprietà della banca e prestata con logica usurocratica a popoli e Stati è l’anello usato dal male per dominare il mondo intero, “per ghermirli e nel buio incatenarli”. L’anello non può essere usato a fin di bene, non può essere nascosto e dimenticato, perché esso stesso tende a tornare nelle mani del suo padrone che l’ha forgiato, non può neppure essere solo tollerato e custodito da una persona onesta e idealista perché l’anello maledetto la trasformerebbe, lentamente ma inesorabilmente, in un Gollum, un essere egoista, viscido, dissociato, squallido e patetico prima ancora che malvagio – un ritratto del borghese moderno, del massone, del drogato, del politicante di oggi. L’anello dell’usura può solo essere distrutto, gettato nell’inferno da dove è stato tratto e allora, solo allora, tutto l’edificio magico edificato con il suo potere malvagio crollerà liberando i popoli – o almeno quelli che avranno ancora la volontà di sopravvivere, di ritrovare la Verità e riconquistare la libertà.
Le radici profonde non gelano.
Si è tanto discusso del significato anche politico delle opere di Tolkien, il grande scrittore e padre della fantasy, vero creatore di un mondo immaginario e simbolico. Tutti quelli che hanno una passione politica (nel senso più alto del termine) e che leggono Il Signore degli Anelli non possono evitare di cogliere una serie di simboli che hanno valenze spirituali, morali ma anche direttamente politico-dottrinarie. Del resto non sono mancate le polemiche antitolkeniane da parte dei soliti orchetti politicamente corretti su certi aspetti dell’opera: ad esempio quella sulla presunta omofobia del Signore degli Anelli che con il suo continuo rimandare al concetto di Stirpe, di discendenza familiare, di appartenenza al mondo dei padri, di destino legato anche al sangue, avrebbe offeso o comunque discriminato gli omosessuali – quasi fosse colpa del grande scrittore inglese se l’eterosessualità porta alla famiglia e alla procreazione mentre l’omosessualità è da sempre e necessariamente sterilità! Ma a prescindere da critiche e squallidi attacchi condotti con totale sprezzo del ridicolo, anche ad una lettura superficiale il Signore degli Anelli appare un monumento al politicamente scorretto, a cominciare da un antipacifismo di fondo che sembra accusare chi non osa mai schierarsi, chi cerca il compromesso, l’adattamento alle mode contemporanee, chi cerca di riciclarsi al servizio dei vincitori.
Nonostante questo non sono mancate interpretazioni diverse e contrastanti del capolavoro tolkeniano come quella hippy, soprattutto in America dove il fumare l’erba-pipa era semplicisticamente interpretato come una giustificazione per gli spinelli (non a caso Tolkien parlava del “mio deplorevole culto”!) ma anche in ambienti di sinistra geograficamente più vicini a noi dove le forze oscure di Mordor venivano viste come l’immagine del totalitarismo fascista.
In realtà, non solo il simbolismo tolkeniano rimandava a una tradizione mitologica, culturale, epica e persino folcloristica tipica dei popoli europei (in particolare di quelli nordici) ma indicava come nemici esterni agglomerati etnici e culturali inassimilabili provenienti dalle steppe dell’oriente e del sud – una visione che appare oggi profeticamente anti-immigrazione. Saruman, prototipo del traditore, da “il bianco” che era come difensore del bene, passato al campo nemico aspira a divenire “il multicolore”: sembra anticipare simbolicamente lo spirito di tutti quelli che, dimentichi della propria origine, accettano la nuova società multirazziale illudendosi di potervi svolgere ancora un ruolo positivo. Se poi aggiungiamo che questi nemici esterni si raggruppavano intorno a un sistema massificante e materialista come quello di Mordor l’immagine del male sembrava assumere sembianze sovietiche e staliniste. Per di più, questi invasori razzialmente e culturalmente inassimilabili alla Terra di Mezzo trovano degli alleati in traditori come Saruman e Vermilinguo: sembrerebbe una visione spengleriana di una Europa assediata dall’esterno dai popoli di colore e minata all’interno dalla sovversione liberale e comunista dove i protagonisti combattono una battaglia epocale che si svolge in anni decisivi per la sopravvivenza dei loro popoli.
D’altra parte, una analisi del Tolkien privato aiuterebbe a identificare meglio certi simbolismi. Ad esempio, tenere presente il fervore religioso cattolico di Tolkien ci porta a escludere certe semplicistiche interpretazioni neopagane apparse “a destra” anche in Italia. Ma per restare a un livello politico-sociale, ci sono alcuni dati che sembrano rimandare non solo all’anticomunismo ma anche all’antiliberismo e all’anticapitalismo. Infatti, se il contatto umano e l’amicizia di Tolkien col fascista britannico A. K. Chesterton(1) potrebbero teoricamente avere in se una valenza neutra, una lettera di Tolkien all’amico fascista svelerebbe già una impostazione “scandalosa”, una visione del mondo etnico-identitaria europea, esclusivista e persino antisionista dietro al simbolismo dell’opera tolkeniana. Ancora più importante – e più grave dal punto di vista democratico e liberale – il sostegno di Tolkien alla rivista ideologica di Chesterton Candour, assume una forte connotazione ideale, politica e dottrinaria. Non solo Tolkien era un lettore fedele della rivista dottrinaria della destra radicale britannica, ma ne era anche un sostenitore e un estimatore convinto. Nel corso di circa 20 anni, Tolkien non ha solo letto regolarmente e fedelmente la rivista in questione, ma sembra averla anche apprezzata, sostenuta, studiata e meditata con attenzione, raccogliendo scrupolosamente negli anni i numeri di Candour in ben 24 volumi e sottolineando in rosso le frasi che più lo colpivano. Mentre in tutto il mondo i fans del grande scrittore custodivano e rileggevano con cura talvolta certosina e “maniacale” le opere tolkeniane cercando di sviscerarne i significati più reconditi, Tolkien sembra aver fatto lo stesso con la rivista dell’estrema destra britannica. Quello che emerge da questa analisi è, per gli standard attuali, quanto di più politicamente scorretto si possa immaginare, un ritratto del grande scrittore che definire “scomodo” sarebbe un eufemismo. Scomodo, scandaloso, pericoloso per la cultura attuale ma anche per molti suoi estimatori che in campo politico adottano una linea “ragionevole” e “moderata”, aliena da ogni radicalismo. Se Tolkien da una parte è notoriamente critico nei riguardi del nazionalsocialismo tedesco, che avrebbe male interpretato il mito nordico, dall’altra appare fortemente in sintonia con altre correnti di pensiero del fascismo europeo legate alla tradizione cristiana (un contrasto che ricorda la contrapposizione tra la figura “hitleriana” di Denethor, suicida disperato tra le fiamme nella sua capitale assediata e Gandalf che combatte gli stessi nemici ma nutrito dalla virtù della Speranza anche nel momento più tragico) e in particolare con la tradizione distributista e populista della destra radicale britannica.
Negli anni ’50, mentre il mondo si avvia verso la decolonizzazione, la fine del primato politico della razza europea, la proclamazione dell’uguaglianza razziale mondiale e la colpevolizzazione dei bianchi, Tolkien sottolinea emblematicamente che “l’Africa non è popolata da europei neri, ma è un continente pieno di tribù mentalmente e moralmente all’alba della storia” e che “l’egemonia africana porterebbe al suicidio della comunità bianca nell’Africa orientale e centrale e alla rovina della speranza africana di un progresso sostenuto”.
Similmente Tolkien sottoscrive la condanna di Chesterton contro la democrazia moderna – “la concentrazione di potere della stampa ha da lungo tempo trasformato in una farsa qualunque grado di democrazia informata che possiamo aver conosciuto” – e cosa più importante, vede nel sistema democratico una copertura per il potere finanziario internazionale: “La vera equazione è ‘democrazia’ = governo dei banchieri mondiali” . Chesterton afferma – e Tolkien concorda e sottoscrive – che in democrazia non capiamo mai chi governa veramente, di nome o di fatto: vediamo il politicante ma non il suo sostenitore dietro le quinte, meno ancora il sostenitore del sostenitore e ancor meno il banchiere del sostenitore(2).
Nel corso degli anni, Tolkien sottolinea ripetutamente frasi di condanna dell’usura, del denaro creato dal nulla dalle banche centrali, della ricchezza nominale e fittizia del potere finanziario e del suo potere che opprime i popoli e condivide in pieno l’idea della moneta di popolo contrapposta a quella della banca: “ci dovrebbe essere una sola fonte di denaro … la prerogativa di creare e emanare il denaro della nazione dovrebbe essere restituita allo Stato”.
Queste poche note gettano una luce particolare su Tolkien, una luce rivoluzionaria che ci da una ulteriore e più attuale chiave di lettura del Signore degli Anelli. Tenendole presenti non sarà difficile vedere nell’anello forgiato per incatenare l’umanità nell’oscurità di Mordor, il dominio della finanza mondialista. L’anello magico del potere oscuro, l’anello che rende invisibili e che quindi, in particolari circostanze può anche salvare il suo portatore, è intrinsecamente tendente al male, perché svuota, schiavizza e uccide spiritualmente anche coloro che lo usano illudendosi di esserne i padroni. Il suo potere è illusorio, la sua apparente sicurezza porta in realtà alla perdizione e alla disgregazione – proprio come l’attuale moneta di proprietà della banca di emissione. L’oscuro sire nella reggia tetra di Mordor – assiso in cima a una torre che ricorda da una parte quella di babele e dall’altra la piramide massonica del dollaro americano – appare purtroppo oggi molto più reale quando vediamo popoli interi massacrati dall’usura, da speculazioni finanziarie e crisi economiche e ridotti di fatto in schiavitù dalla grande finanza massonica e mondialista, sottoposti allo sguardo spietato del suo occhio senza palpebre. L’attuale moneta-debito di proprietà della banca e prestata con logica usurocratica a popoli e Stati è l’anello usato dal male per dominare il mondo intero, “per ghermirli e nel buio incatenarli”. L’anello non può essere usato a fin di bene, non può essere nascosto e dimenticato, perché esso stesso tende a tornare nelle mani del suo padrone che l’ha forgiato, non può neppure essere solo tollerato e custodito da una persona onesta e idealista perché l’anello maledetto la trasformerebbe, lentamente ma inesorabilmente, in un Gollum, un essere egoista, viscido, dissociato, squallido e patetico prima ancora che malvagio – un ritratto del borghese moderno, del massone, del drogato, del politicante di oggi. L’anello dell’usura può solo essere distrutto, gettato nell’inferno da dove è stato tratto e allora, solo allora, tutto l’edificio magico edificato con il suo potere malvagio crollerà liberando i popoli – o almeno quelli che avranno ancora la volontà di sopravvivere, di ritrovare la Verità e riconquistare la libertà.
Le radici profonde non gelano.
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