In questi giorni un consigliere regionale ha rivolto al presidente dell'Assemblea legislativa della sua regione (l'Emilia Romagna) un'interrogazione riguardo a un fatto accaduto a Reggio Emilia, dove un insegnante di religione avrebbe redarguito un'alunna di terza media colpevole di essersi fatta il segno della croce mentre passava un'ambulanza.
L'insegnante riprendeva bonariamente la ragazza ricordandole che un gesto come quello poteva urtare la sensibilità di alunni non credenti o appartenenti ad altre religioni, e le consigliava, per la prossima volta, di limitarsi a toccare ferro.
Di fatti simili a questi ne accadono da tanti anni. La variante, qui, è che a redarguire la ragazza sia stato l'insegnante di religione. Questo induce il consigliere (e anche il sottoscritto) a pensare che l'insegnante possa aver ricevuto, diciamo così, alcune istruzioni in materia di etica professionale e ad esse si sia attenuto nel timore che qualche altro ragazzo potesse denunciare la sua omissione proclamandosi offeso.
È l'ipotesi migliore perché ci permette di assolvere (in parte) un membro di una classe, quella degli insegnanti, già abbastanza tartassata. Certo, nessuno ama sparare, come si dice, sulla croce rossa, ma non si può nemmeno avere voglia di fare gli spiritosi. Verrebbe voglia di lasciar perdere, passare ad altro. Tuttavia non si può stare zitti sull'ipocrisia che regna sovrana in episodi (purtroppo non isolati) come questo.
Vorrei ricordare che la decisione di qualche zelante funzionario pubblico (preside, direttore generale, sovrintendente e quant'altro) di eliminare presepi, alberi di Natale, crocefissi e altri simboli religiosi dai locali pubblici, e segnatamente dalle scuole, risale a più di trent'anni fa, quando nelle vie delle nostre città si sentiva parlare solo italiano e i grandi flussi migratori erano di là da venire.
Fu, insomma, una faccenda tra italiani doc. Ben più di trent'anni fa nelle scuole elementari si insegnava che la scienza è credibile perché prova le sue affermazioni mentre la religione non lo è perché non le prova. Ben più di trent'anni fa cominciavano le polemiche sui presepi e sui crocefissi, quando nelle nostre scuole i membri di altre religioni non c'erano, o quasi. Perciò la storia secondo cui un gesto come il segno della croce offende chi professa un'altra fede è una frottola colossale, anche se talvolta è successo che membri di altre religioni si prestassero a questo gioco sporco. Ma la fede vera e sincera non offende e non divide nessuno. A dividere è, piuttosto, la malafede, che a quanto pare continua a crescere.
Io vorrei dire che trovo molto offensiva per esempio la pubblicità del Bronchenolo sedativo fluidificante, dove un fraticello riceve il medicinale come se fosse la Santa Eucaristia. Eppure a nessuno è venuto in mente di fare una bella interpellanza contro le anime caprine che l'hanno prodotta.
La ragione è che la Chiesa non è ancora una lobby, e perciò non passa il suo tempo a curare la propria immagine o, come si dice, a «fare pressione».
È triste pensare che una civiltà come la nostra, fondata sul valore inalienabile della persona umana, si riduca a considerare degno di rispetto solo chi ha una pressione da esercitare, chi ha la forza.
Nell'odio per l'uomo che si nasconde dietro la maschera dei buoni sentimenti e che caratterizza la cultura di tanti (politici, giornalisti e intellettuali inclusi), personalmente sono fiero di appartenere alla Chiesa, che ancora sa far sentire la propria voce in difesa dei poveri, dei disperati e di chi non ha una patria. E che, non avendo paura degli insegnanti emiliani di religione, continua a farsi il segno della croce.
Fonte http://www.ilgiornale.it
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