martedì 21 gennaio 2014

SALVIAMO I NOSTRI MARO’ DALLA PENA DI MORTE E DAL CARCERE.




SALVIAMO I NOSTRI MARO’ DALLA PENA DI MORTE E DAL CARCERE
MA ABROGHIAMO ANCHE LA LEGGE 130/2011

Ho riflettuto molto prima di scrivere queste poche righe perché se sono d’accordo che i nostri militari (ma anche i civili, cittadini italiani) non si abbandonano, qualsiasi cosa abbiano fatto esercitando, se del caso, la “nostra sovranità” su di loro sul nostro territorio e cioè in Italia (così come prevede fra l’altro anche il nostro Codice Penale e il nostro Codice Militare) …non mi si trova però d’accordo sulla motivazione che ha portato la loro presenza sulla nave petroliera Enrica Lexie, privata (come tutt’oggi altri militari sono presenti su “navi mercantili” private battenti il tricolore italiano, in ossequio alla legge 130/2011 approvata dal governo Berlusconi che ha previsto la possibilità di utilizzare i cosiddetti “Nuclei Militari di Protezione” su «mercantili o passeggeri battente bandiera italiana, chiamati a garantire la sicurezza di equipaggio, carico e passeggeri negli spazi marittimi internazionali a rischio pirateria», una norma che lascia entrare nel redditizio settore sia i privati che la Marina Militare Italiana, perché gli armatori “privati” pagano il “servizio di sicurezza armato” effettuato dalla Marina Militare Italiano al ministero della Difesa e i “militari” incaricati al servizio ricevono una “indennità di premio” oltre alla paga giornaliera e indennità di rischio per l’attività di vigilanza armata esercitata a bordo delle navi mercantili e sotto il comando non del Comandante del Corpo militare ma sotto il comando del Comandante della nave mercantile e quindi dell’armatore privato). Del resto la Commissione Difesa ascoltando Antonio De Felice , ex militare ed esperto di Crisis e Incident Management, prima del varo di questa legge, aveva avvertito sui rischi insiti in questa legge: «Un incidente privato, con la presenza di personale militare a bordo, si sarebbe potuto trasformare in una crisi tra governi». Ed è esattamente quello che è successo. Il comandante civile dell’Enrica Lexie, decidendo legittimamente di rientrare nel porto di Kochi in ottemperanza agli ordini della Guardia costiera indiana, ha messo l’Italia di fronte a «un corto circuito della catena di comando che, avallato dalla firma del Ministero della Difesa, permette al personale civile di interferire con gli ordini della sfera militare».
L’obbrobio è che l’Italia sia l’unico Paese al Mondo ad aver legalizzato un uso così esteso delle proprie Forze Armate a bordo di “mercantili privati” agendo in “regime di monopolio” (essendo fatto divieto a “mercantili battenti bandiera italiano” di poter avere a bordo servizi di sicurezza privata armati) esponendosi a rischi e conseguenze legali che, del resto, il caso Enrica Lexie esemplifica in tutta la sua gravità.
Dalle news si susseguono notizie ben poco rassicuranti sulla sorte dei nostri due marò, arrestati per la morte di due “pescatori indiani”, al largo delle coste del Kerala in India meridionale, scambiati per pirati , dice l’accusa-difesa , e quindi accusati quindi di omicidio e oggi rinchiusi in “detenzione domiciliare” presso l’Ambasciata italiana in India.
Quindi, in conclusione, giusto attivarsi per il ritorno in Patria dei due militari perché “eseguivano” ordini superiori nell’interesse e nella difesa della nave mercantile battente bandiera italiana sulla quale erano imbarcati-comandati su ordine del ministero della Difesa e posti sotto il comando del Comandante della suddetta nave.
Altrettanto legittimo, ma purtroppo non se ne parla affatto, è richiedere l’immediata abrogazione della Legge 130/2011 perché trasforma i nostri militari in “contractors” per aziende (armatori) private.


Dal Camerata Marco Affatigato.

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti dai camerati.