Dal camerata Marco Affatigato.
La tortura che non dice il suo nome .
La tortura non è propria delle “dittature” . La tortura esiste anche in quegli Stati che spesso vengono citati come esempi di libertà individuali e di democrazia. Torturare qualcuno ...non necessita obbligatoriamente ricorrere a sevizie fisiche
La tortura detta “bianca” oppure “pulita” od ancora “psicologica” distrugge le vittime così efficacemente quanto la tortura fisica.
Per entrare nel meccanismo di questa tortura che non dice il suo nome è necessario conoscere alcuni particolari. Il primo fra di essi è la “cella di isolamento”. Una cella di isolamento è configurata in 2metri e mezzo per cinque ed una “finestra” detta a “bocca di lupo” , ovvero di una misura di 80cm di l x 50 centimetri di h ma con una visuale indirizzata verso il cielo di 20cm di h x 50cm di larghezza. All’interno della cella di isolamento una branda, un armadietto pensile ad un battente ed i sanitari (a vista). Niente tavolo , niente sedia. Mettere qualcuno in cella di “isolamento”, giorno e notte, è posizionarlo in una situazione di stress, privarlo dei movimenti, privarlo delle sensazioni sensoriali (la luce accesa giorno e notte), privarlo della propria intimità (per i controlli ordinari ogni ora da parte degli agenti di custodia), privarlo dei contatti, privarlo delle visite (i colloqui), privarlo della lettura ed altre vere e proprie “umiliazioni” (perquisizioni corporali) che fanno di questa “tecnica di detenzione” una vera è propria tortura perché , la messa in isolamento per lunga durata (spesso utilizzata dai magistrati inquirenti per rompere l’equilibrio psichico degli arrestati) è , per colui che la subisce, un danno psicologico permanente. La “tortura bianca” ha, per chi la utilizza, il vantaggio dell’impunità essendo difficile provarla , da chi la subisce, davanti ad un “giudice giudicante” perché non lascia tracce visibili e vuoi perché percepita “accettabile” dall’opinione pubblica. “L’imputato” che subisce un tale trattamento, dopo la liberazione trova distrutta la sua capacità di socializzazione. Allora voi che siete amici , compagni, compagne, mogli, mariti o figli di una persona che è stata detenuta per lungo tempo e che per lungo tempo questa persona è stata “rinchiusa” in cella d’isolamento non meravigliatevi della “sua assenza” , del suo “silenzio””, del suo “vivere solitario”.
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