lunedì 6 gennaio 2014

“NAZIFASCISMO” o “NAZIONALSOCIALISMO E FASCISMO”?

di Filippo Giannini.



   Non era ancora finita la guerra 1939-1945, che l’antifascismo coniò il termine “nazifascismo”. Il motivo è palese: si vogliono accorpare le responsabilità sulle infamie – reali, presunte o costruite che siano – del nazionalsocialismo con il fascismo.
Una cosa va chiarita prima di entrare nell’argomento: Mussolini sin dalla nascita del movimento hitleriano e fino agli ultimi giorni della sua vita, anche quando l’aiuto tedesco per la conduzione della guerra ormai compromessa, sino ad allora, ripeto, differenziò sempre l’ideologia della sua creatura, il Fascismo, da quella del Nazionalsocialismo.
   Agli osservatori superficiali o interessati, parrebbe evidente che l’uno (il Nazionalsocialismo) e l’altro (il Fascismo) avessero molte analogie, una fra tutte: avere gli stessi avversari e cioè il comunismo e il capitalismo. Tuttavia, sin dai primordi dei due Movimenti – certamente “totalitario” il primo, “autoritario” il secondo – erano evidenti precise differenze, così profonde che il confronto fra le due “dittature” può essere trasportato solo a livello di generica astrazione.
   Una delle massime mussoliniane era: <O lo Stato Fascista è uno Stato Corporativo, o non è uno Stato Fascista>. Il Corporativismo economico di tipo italiano fu ricusato da Hitler in quanto contemplava una certa autonomia per ben precise componenti istituzionali. Il Führer impose il controllo completo del Partito su ogni organo sociale ed economico dello Stato.
   Una delle più profonde divergenze fra le due ideologie è quella del “razzismo”, concezione sconosciuta ai fascisti italiani ed estranea agli italiani in generale. La qual cosa darà adito, proprio a partire dal 1938 (data della divulgazione in Italia delle “leggi razziali”) a contrasti sempre più stridenti fra i due Paesi “alleati”.
   Ogni rivoluzione prevede la nascita dell’”uomo nuovo”: quello nazionalsocialista sarebbe stato un prodotto biologico, quello fascista era orientato sulla tenacia, sulla tradizione ed i valori della “romanità” e sulla formazione culturale.
   Come sappiamo, il fascismo salì al potere come Movimento di minoranza che venne scelto dalla Monarchia come “male minore”, vista la situazione pre-rivoluzionaria esistente in Italia in quegli anni. Ecco, quindi, un’altra delle differenze fra il fascismo e il nazionalsocialismo. Quest’ultimo giunse al potere nel 1933 forte del consenso – democratico – del 40% dei tedeschi.
   Altra differenza sostanziale fra i due regimi è che quello italiano si sviluppa all’interno di uno Stato fortemente radicato nella Chiesa cattolica, intralcio che in quello tedesco era inesistente.
   Stessa situazione esisteva per l’istituto monarchico con il quale il fascismo dovette fare i conti. Ostacolo insussistente in Germania.
   Certamente le differenze più sostanziali fra i due regimi sono forse quelle che riguardano il rapporto fra Partito e Stato e l’assetto futuro del mondo. Nel fascismo si esaltavano le funzioni di popolo e comunità, ma l’uno e l’altro debbono operare nell’interno dello Stato. Nello Stato fascista il Partito stesso è subordinato allo Stato: <Tutto nello Stato, niente fuori dello Stato, nulla contro lo Stato>. E’ fuor di dubbio che nel programma fascista c’è la volontà di creare uno “Stato totalitario”, ma “totalitario” nel senso fascista: “totalitario in quanto la totalità è nello Stato”.
   Così, se in Italia trovano forma i “Codici Rocco”, certamente autoritari e che ancor oggi, a livello giurisdizionale, sono validi, se vi era un Senato di nomina regia, se vi era un Parlamento che si svilupperà poi nella “Camera dei Fasci e delle Corporazioni”, per cui il lavoro parlamentare svolgeva le sue funzioni e il legislatore poteva manifestare la propria opera in modo organica, tutto questo nella teoria giuridica nazionalsocialista non esiste. Nella Germania nazionalsocialista il Partito controlla lo Stato, anzi e più propriamente, lo Stato è il Partito.
   Con maggior precisione il professor F. Muni, nella conferenza tenuta all’Istituto Storico di Terranova Bracciolini il 16 settembre 1998, ha precisato. <Il legislatore è la comunità, è il popolo, è il Führer, il “Capo” il quale agisce non perché delegato dal popolo, ma opera per volontà del popolo tedesco. Così prende vita quel che viene chiamato il Führerprinzip, il “principio del Capo”, il principio del Führer che sostanzialmente diventa legge. Il fascismo vuol creare, invece, un “Ordine Nuovo”, vuol far capire che la migliore soluzione possibile è “quella soluzione economica, quella teoria filosofica”. Il nazionalsocialismo esprime una volontà dogmatica, una volontà che non può andare oltre i canoni del nazionalsocialismo>.
   Nell’Italia fascista teorie del genere erano impensabili.
   Per concludere questo certamente incompleto esame delle diversità dottrinarie e di sostanza fra i due regimi, va evidenziato l’aspetto decisamente di base che differenziava le due “dittature”: la personalità e il senso del comune vivere civile dei due “dittatori”, così diversi che condizionerà la storia quando questa sarà libera di essere scritta senza gli agganci che le sono stati imposti.
 
   Chiudiamo ricordando il pensiero di Renzo De Felice, come riportato nell’”Intervista sul Fascismo”, pag.51: <Nei rapporti con le Grandi Potenze il fascismo si presenta come un regime pacifico, un regime che, quando Hitler va al potere, non sente le sirene del Führer, anzi gli si oppone (…). Leggendo i libri scritti da fascisti, guardando la pubblicistica fascista, i giornali fascisti, ciò che colpisce è l’ottimismo vitalistico che c’è dentro, un ottimismo vitalistico che è la gioia, la giovinezza, la vita. Una prospettiva che – sia pure nei termini che poteva avere un fascista – è progresso. Nel nazismo questo non c’è. Intanto non c’è l’idea di progresso: semmai c’è l’idea di tradizione, l’idea di razza (…). Un ottimismo esiste anche nel nazismo, ma non è vitalista come quello fascista, piuttosto un ottimismo tragico>.
   Insomma: tra fascismo italiano e nazionalsocialismo tedesco ci sono semmai più punti di divergenza che di somiglianza. Come ha osservato Michael Ledeen.
   Se si volessero trovare similitudini fra le tre grandi rivoluzioni del XX Secolo (Comunismo, Fascismo e Nazionalsocialismo), queste sono più evidenti fra il Comunismo e il Nazionalsocialismo che fra quest’ultimo e il Fascismo. 
 
 

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