Leggere senza pregiudizi la storia del ventennio fascista.
di Piero Vassallo
In ossequio al pregiudizio settario, la storiografia progressista ha calpestato perfino l'ammonimento di Benedetto Croce, il più rigido e implacabile fra gli avversari di Mussolini: «noi non possiamo staccarci dal bene e dal male della nostra Patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte. (Discorso del 24 luglio 1947 all'Assemblea costituente).
Dal 1945 ad oggi i banditori dell'anti-Italia, gli storici al potere nelle accademie, non han fatto altro che predicare e promuovere la separazione degli italiani (specialmente dei giovani italiani) dal loro passato.
Gli studenti, i lettori dei giornali, gli spettatoti dei cinema e della televisione di stato, prima che alla critica delle numerose dottrine del fascismo, sono stati educati alla condanna di un intero ventennio di vita italiana. La censura storiografica si è accodata all'epurazione dei tribunali speciali. Una nube oscura e avvelenata si è appiattita sulla memoria di italiani illustri, colpevoli soltanto di essere vissuti al tempo del bieco tiranno.
Il furore vandalico non si è fatto mancare niente. Compiuto l'ingente massacro dei fascisti (e dei presunti tali) si è dedicato alla demonizzazione indiscriminata dei protagonisti del Novecento italiano. Gli autodistruttori hanno calunniato le grandi e meritorie opere compiute dagli italiani negli anni del regime fascista. Sotto la bandiera dell'antifascismo, la faziosità e la demenza sono avanzate fino al punto di minacciare il reimpianto della palude malarica.
Fedele all'insegnamento della pedagogia settaria, l'ecologo Fulco Pratesi, generosamente sovvenzionato da un governo progressista, avviò addirittura costosi lavori finalizzati al restauro delle paludi pontine, rovinate dalla bonifica voluta dal bieco tiranno.
Strisciante come una lebbra nel pensiero, l'antifascismo non si arrestò neppure davanti alle conquiste dell'intelligenza italiana. Furono banditi o vilipesi grandi poeti (ad esempio D'Annunzio, Marinetti e Cardarelli) celebri musicisti (ad esempio Pietro Mascagni) commediografi illustri (ad esempio Ugo Betti). L'autolesionismo ha sminuito l'ispirazione sociale della cinematografia italiana intitolandola ai telefoni bianchi. Ha espulso dalle università con motivazioni infamanti, insigni maestri del pensiero quali Giorgio Del Vecchio, Nicola Petruzzellis, Carmelo Ottaviano, Armando Carlini, Carlo Costamagna.
In compenso ha glorificato gli assassini di Giovanni Gentile.
Ha calunniato e infangato la memoria del grande pontefice Pio XII. Giornalisti miserabili hanno messo sotto accusa perfino San Pio da Pietrelcina, colpevole di aver scritto un'amichevole lettera a Mussolini.
L'attività degli studiosi intesi alla revisione storiografica costituisce pertanto l'argine al fiume di menzogne che inquina e avvilisce la memoria storica degli italiani.
Ora un prezioso contributo alla restaurazione è offerto dal saggio di Filippo Giannini, "Benito Mussolini nell'Italia dei miracoli", edito da Solfanelli in Chieti.
Confortato da un'ingente documentazione, l'autore ridisegna la figura di Mussolini smentendo la leggenda che descrive un tiranno collerico e guerrafondaio. A sostegno della tesi sull'umanità di Mussolini è rammentata la vicenda di Gramsci che, nel 1937, fu messo in libertà per volere del capo del governo ed ottenne (anche per l'intervento di Mario, il fratello fascista di Antonio) il ricovero a spese dello stato nella clinica Quisisana.
Un denso capitolo è dedicato alla politica fascista in difesa della famiglia, in cui Mussolini riconosceva la cellula primaria della società.
Per dimostrare che la volontà di Mussolini era intesa ad evitare la seconda guerra mondiale e che l'Italia fascista non aveva mire aggressive contro chicchessia, è citato il discorso tenuto a Tripoli nel 1937: «Noi desideriamo vivere in pace con tutti e offriamo la nostra collaborazione a coloro che manifestino un'identica volontà ... il popolo italiano esige di essere lasciato tranquillo perché è intento ad una lunga e dura fatica.
L'Italia fascista, infatti, era impegnata alla costruzione di una terza via, ossia all'attuazione di un piano di riforme finalizzato al superamento dell'ideologia liberale e del comunismo rimedio peggiore del male capitalista, secondo Pio XI.
Grazie alla riforma fascista l'economia italiana diventò un modello invidiato e imitato perfino dall'America, il paese guida del capitalismo.
Gli archivi degli stati occidentali nascondono gelosamente la storia delle cause che scatenarono la seconda guerra mondiale.
E' ad ogni modo certo che il pericolo per i capitalisti non proveniva dal bolscevismo ma dal fascismo. La politica di Roosevelt peraltro confermò che il nemico del capitalismo non era Stalin ma Mussolini.
L'odio nutrito dai signori finanza iniziatica contro la riforma fascista e l'invidia nei confronti della crescente popolarità di Mussolini è da includere fra le cause del conflitto. Tale sospetto è alimentato dal ricordo delle parole di Mussolini: «Nei paesi della cosiddetta democrazia, il continuo allarmismo nevrotico, la seminagione di panico e di sospetto non serve certamente alla causa della pace, perché turba profondamente l'atmosfera fra i popoli.
L'opera di Giannini, in ultima analisi, conferma le ragioni del revisionismo e incrementa il desiderio che siano resi pubblici gli archivi che conservano la verità sulle origini della II guerra mondiale.
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