venerdì 10 gennaio 2014

Militanti, borghesi e gente di destra: una dovuta precisazione

Piccola dissertazione sulla distinzione tra militanti, borghesi e gente di destra
Comunicato FN. ABRUZZO.

Fonte AzionePuntoZero. 
 Ci siamo espressi più di una volta, sul fatto che il pericolo più grande è rappresentato da “quelli di destra”, “dai fascisti a chiacchiere”, “da quelli che tunonsaiquellochehofattoio”, da quelli che parlano senza produrre uno straccio di partecipazione attiva. Non sostengono le iniziative militanti – qualunque esse siano; sono estremisti ma al massimo, tengono le chiappe al caldo nei partiti istituzionali; non versano un contributo – a qualsiasi organizzazione; non acquistano i prodotti delle rivendite legionarie – qualunque esse siano; non condividono informazioni di eventi, iniziative, incontri delle unità militanti, non partecipano mai, non alzano mai il culo, ma non solo. Sono quelli che amano il Duce ma stanno con il Sindaco, quelli dei tempi belli, quelli del 28 Ottobre, quelli che vanno a cena e si fanno le foto con i politici famosi, quelli che gli parli di Codreanu e ti dicono “ancora co sti cazzo de rumeni”, quelli che “se scoppia la rivoluzione sono il primo a partì”.
Chi fa della militanza uno stile di vita, conosce perfettamente, quello di cui scriviamo e vale per tutti. Quando le elezioni mettono in moto le pavide animelle dei rivoluzionari da cabina elettorale e i supercammeratoni da tre mesi prima e tre mesi dopo le elezioni, è bene marcare le distanze, è bene segnare confini netti, da ambienti con i quali non si ha e non si vuole avere nulla a che spartire.
Cene e pranzi, portachiavi, camicie nere ben stirate, retorica folcloristica, gite a Predappio, sprizzando veleno a destra e a manca, questa gente ha una parola cattiva per tutti. Parlano, parlano e straparlano male di coloro che continuano a sacrificarsi sul sentiero dell’onore, con la schiena dritta, senza concedere nulla al sistema democratico parlamentare. Nonostante il fatto che tutto il mondo della politica, del potere amministrativo e tecnoburocratico, dei media, della cultura e della economia ci contrasta sistematicamente, noi continuiamo a rimanere sulla linea di combattimento.  Cosa dovrebbe farci credere che dei ciarlatani, avendo abbandonato la lotta ed avendola sostituita con il comodo mondo di una vita borghese fatta di enogastronomia e film su skycinema, spalmati sul divano come dei bradipi insensati, debbano essere considerati diversamente?
Al contrario i militanti delle comunità antagoniste al sistema egemonico – qualunque esse siano, ogni giorno si spendono in impegni, riunioni, viaggi, versano soldi e li tolgono ai propri bilanci familiari, tolgono tempo ai propri cari, lasciano far carriera ad altri, si insozzano di colle, inchiostri, vernici, grassi per serrande. Camminano in montagna, organizzano presidi, affissioni, combattono il nemico. Tutto questo con la gioia rivoluzionaria di coloro che sanno che “quella è la loro via, quello è il loro essere e non possono fare altrimenti”.  Questa per noi è la discriminante, molte trincee, stesso fronte. Non pretendiamo che tutti coltivino pomodori, ognuno coltivi il proprio orto, ma lo faccia. Chi nulla fa, nulla vale. E’ proprio vero, occorre stare più attenti a quelli che sembrano i tuoi amici, “agli pseudocamerati della porta accanto” che ai nemici. Almeno quest’ultimi ti combattono apertamente, sai a chi sparano veramente.
E’ per tale motivo che ci ritornano in mente le parole che pronunciò il Duce il 22 Aprile del 1945: “Noi siamo i proletari in lotta, per la vita e per la morte. Siamo i rivoluzionari alla ricerca di un ordine nuovo… Lo spauracchio vero, il pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza sosta viene da destra”. Noi la lezione l’abbiamo imparata e adesso se volete continuare a raccontarvi e a raccontarci favole, dalla comoda poltroncina sulla quale state, fatelo pure, ma non spacciatevi per quello che non siete.



 

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