lunedì 12 maggio 2014

Se hanno mentito sulla morte del Duce...

 

Un grosso cumulo di cose fatte male, una sola certezza: su quelle ore solo inspiegabili bugie Il fatto di aver raccontato fandonie su un fatto così eclatante, e di averle propinate sui libri di storia, dimostra che molto altro, di falso, è stato scritto e detto.


Un grosso cumulo di bugie, insomma. E di cose fatte male. Molte le domande che restano irrisolte ancora oggi, dopo quasi settanta anni. Ma almeno una certezza: hanno detto e scritto un mare di fandonie. E la cosa grave è che le hanno scritte sui libri di scuola, che con esse hanno riempito la testa dei giovani, menti duttili, facili da manipolare. Bisogna chiamare le cose con il loro nome: si è trattato (e si tratta ancora oggi) di manipolazione. E questo aver appurato che di bugie si è trattato fa nascere una riflessione: quante altre ce ne sono sui libri che, ancora oggi, vengono sottoposti all'attenzione dei ragazzi in quell'istituzione della Repubblica che dovrebbe essere la scuola? Hanno mentito su una vicenda grossa come l'assassinio di Mussolini, figuriamoci cosa hanno potuto fare sul resto. Nello specifico, sui ventuno anni di Regime, ma chissà su cos'altro.
A sbugiardare definitivamente le numerose e tutte sballate versioni diffuse nel tempo, le indagini scientifiche. Abbiamo già parlato dell'autopsia effettuata da Cattabeni la mattina del 30 aprile 1945 all'obitorio di Milano, condotta in condizioni a dir poco di confusione totale. Ci sono poi le deduzioni eccellenti di Aldo Alessiani, che ricostruì la possibile dinamica attraverso il combinato studio del referto dell'autopsia e delle foto scattate sia a piazzale Loreto che all'obitorio. C'è poi la consulenza della squadra del prof. Pierucci, al quale anche Pisanò si rivolse per chiarire alcuni dubbi. Ecco, nello specifico, alcuni dei quesiti proposti da Pisanò: quanto colpi hanno raggiunto Mussolini da vivo? Quali sono stati mortali? Come si spiegano il colpo all'avambraccio destro e quello al fianco destro? Quale poteva essere la posizione del braccio destro quando venne trapassato dal proiettile?
Pierucci si basa, per la sua indagine, sul verbale dell'autopsia del 3 aprile, sul rendiconto di Cattabeni, sul verbale dell'autopsia effettuata dopo il recupero della salma trafugata a Musocco dal prof. Cazzaniga, sul verbale di consegna dei "resti mortali" al cimitero di Predappio e sull'ormai noto "documento Cova". Inoltre è a sua disposizione materiale fotografico e cinematografico. Sorvolando sui tecnicismi, ecco le conclusioni di Pierucci: "Mussolini Benito da vivo fu attinto da almeno otto colpi di arma da fuoco, forse nove: l'incertezza deriva dal fatto che il colpo all'avambraccio Dx potrebbe - una volta uscito - essere ripenetrato nel corpo; ovvero potrebbe essere pertinente ad un proiettile che già aveva trapassato il corpo annoverandosi fra uno degli altri otto [...] Il verbale d'autopsia non documenta un foro d'uscita per il colpo che attinse la regione sopraioidea: il proiettile potrebbe dunque essere "ritenuto" nei resti (non risulta che il cadavere sia stato mai sottoposto ad esame radiografico)" (!).
Ancora, dice Pierucci tra l'altro: "Il colpo trapassante all'avambraccio Dx [...] è attribuito da Cattabeni, "con tutta probabilità", ad un atto di schermo con l'arto alzato istintivamente, a mo' di "scudo" contro la minaccia incombente. La spiegazione prospettata è del tutto compatibile con l'obiettività traumatologica [...] tuttavia non è l'unica plausibile; anzi sul piano psicologico ("autopsia psicologica"), ci sembra poco coerente con il comportamento di un giustiziando. D'altronde una lesione del genere, anziché avere preceduto l'impatto del proiettile sul corpo, potrebbe avere seguito l'uscita del proietto dal corpo stesso. Questa ipotesi presuppone che Mussolini, all'atto dell'esecuzione, avesse le mani legate dietro la schiena, in modo che il bordo ulnare dell'avambraccio Dx venisse a trovarsi dietro il gluteo  Dx, quadrante antero-superiore, sulla stessa linea del tramite con entrata al fianco". Pierucci non esclude che "l'avambraccio Dx di Mussolini sia stato raggiunto dal colpo mentre tentava d' impugnare un'arma con la mano corrispondente". (Nella foto la duplice immagine del braccio dimostra le possibili angolazioni che esso può aver assunto al momento in cui venne trapassato dal proiettile).
Molte sono le informazioni che Pierucci consegna ai posteri, tra queste va certamente menzionata questa che segue: "Le traiettorie degli altri sette proiettili che raggiunsero il Duce [...] dimostrano - come scrisse Cattabeni nel "rendiconto" d'autopsia - 'che l'esecuzione è avvenuta con il petto del giustiziando rivolto alle armi'". A Dongo, ai fucilati sul lungolago, tale privilegio non fu concesso.  
Insomma le indagini compiute negli ultimi settanta anni hanno portato certamente luce su molti misteri. Molti sono ancora insoluti. Ma resta la domanda più pesante di tutte: perché tante menzogne?

 Di Emma Moriconi.
Fonte art.
http://www.ilgiornaleditalia.org

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