venerdì 16 maggio 2014

SALVA L’ITALIA, L’ITALIA NEL DUCE…


Siamfatticosì
Foglio informativo di Liberazione Nazionale


di Filippo Giannini

   Nella parte finale della “Preghiera del Legionario” è inserita questa invocazione all’Onnipotente, ma Iddio non ha ritenuto opportuno non salvare né il Duce, né l’Italia. E siamo nella “cacca”.
   Così, anche se nel “mai sufficientemente deprecato, infausto Ventennio” (Va bene questa condanna, Presidente Napolitano?) furono compiuti dei veri miracoli, ma “la sua condanna deve essere severa e definitiva” (mi auguro che anche questa sentenza vada bene, Signor Presidente, oppure non è suficiente?).
   Anche se la risposta sarebbe ovvia, come vedremo più avanti, desidero aprire un solo spicchio di quel Ventennio (da incubo è ovvio. E inizio. Molti economisti e storici (così si fanno chiamare) attestano che la famosa crisi congiunturale iniziata nel 1929 fosse peggiore di quella che stiamo vivendo in questi anni. Con la Carta del Lavoro (derivazione della Carta del Carnaro) per la prima volta nel mondo, venivano fissati dal truce tiranno, i cardini del rapporto fra lavoro, produzione ed economia nazionale. Premessa essenziale per giungere alla Socializzazione dello Stato.
   Se a causa della crisi internazionale, appunto del 1929, nei Paesi ad economia liberale i suicidi per la disperazione si contavano a decine (oggi in Italia sono centinaia), nel Paese governato dalla perfida tirannia fascista la congiuntura veniva superata senza eccessivi drammi. Mentre Franklin Delano Roosevelt eletto Presidente degli Stati Uniti a marzo del 1933, periodo nel quale un americano su quattro era disoccupato in Italia veniva concepito l’IRI, Istituto con il quale vennero gettate le premesse dello Stato imprenditore così da definire le linee di demarcazione  tra l’area pubblica e quella privata. Tutto questo mentre l’Italia era impegnata  nei grandi lavori e poteva lamentare solo 403 mila disoccupati, dei quali almeno la metà a carattere stagionale: cifra trascurabile se consideriamo che, ad esempio, la Gran Bretagna ne lamentava un milione e mezzo, la Germania era giunta a sei milioni e mezzo.
   Possiamo tranquillamente riportare un pensiero di Pino Rauti (Le idee che mossero il mondo, pag 326) <L’Italia più che uno Stato del vecchio continente  era una meschina provincia in una grande Europa ma dettava leggi al mondo). Tornando a Roosevelt, ricordiamo che questi aveva impostato la campagna elettorale  all’insegna del New Deal, ossia un vasto intervento statale in campo economico, in altre parole proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta eletto, Roosevelt (E QUESTO NEL DOPOGUERRA FU ACCURATAMENTE CELATO; E I MOTIVI SONO OVVII) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i più preparati uomini del Brain Trust (“cervelloni”), per studiare il miracolo italiano. In merito lo studioso Lucio Villari osserva: <Tugwell e Moley, incaricati alla ricerca di un metodo di intervento pubblico e di diretto impegno dello Stato, ne colpisse la degenerazione e trasformasse il mercato capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in un sistema sottoposto alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme di efficienza produttiva>.
   Roosevelt inviò Tugwell a Roma per incontrare Mussolini (il Truce) e studiare da vicino le realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda l’episodio, tratto dal diario inedito di Tugwell in data 22 ottobre 1934 (anche l’Economia Italiana tra le due Guerre ne riporta alcune parti, pag. 123): <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio… La sua forza e intelligenza sono evidenti COME ANCHE L’EFFICIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE ITALIANA, È IL PIU’ PULITO,IL PIU’ LINEARE, IL PIU’ EFFICIENTE CAMPIONE DI MACCHINA SOCIALE CHE ABBIA MAI VISTO> Esattamente come oggi in regime di democrazia antifascista)….
   Il documento relativo a questo contattto Mussolini-Roosevelt, ci fa sapere Villari, è custodito in copia nell’Archivio Jung, il cui originale, come il diario inedito di Tugwell, si trova nella Roosevelt Librery.
   Nel 1933 Roosevelt emanò il First New Deal, il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936. Quindi fu Franklin D. Roosevelt a istituire il Social Security Act, una legge che introduceva, nell’ambito del New Deal., indennità di disoccupazione, di malattia e di vecchiaia. Contemporaneamente nacque anche il programma Aid to Family with Dependent Children (Aiuto alle famiglie con figli a carico). Glielo facciamo sapere al Signor Presidente Giorgio Napilitano che tutti questi provvedimenti avevano già visto la luce in Italia al tempo del Ventennio fascista? Chiedo venia, dovevo scrivere: al tempo dell’infame Ventennio fascista, ma sapete avevo trascurato di ricordare che il nostro Presidente era un iscritto ai GUF (Gruppi Universitari Fascisti) e osannava, su varie riviste, il Fascismo e il suo Capo.
   Torniamo al New Deal di Roosevelt: subito dopo l’emanazione di queste leggi, sotto la spinta del grande capitale, la Corte costituzionale degli Usa decretò l’incostituzionalità di alcune di queste leggi. Da questo momento Italia e Usa presero, non solo economicamente, strade diverse.
   A questo punto è opportuno ricordare quanto ebbe a dire Bernard Shaw nel 1937: <Le cose da Mussolini già fatte lo conducano prima o poi ad un serio conflitto con il capitalismo>. Non si dovranno attendere molti anni prima che la profezia del celebre scrittore si avveri. Non a caso di fronte alla confermata crisi del liberismo e delle utopie del marxismo, un autorevole personaggio democratico inglese Michael Shanks, già direttore della Commissione Europea degli Affari Sociali, nonché presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro “Wath is the wrong with the modern World?” che <Non c’è alternativa: o lo Stato Corporativo o lo sfascio dello Stato>.  D’altra parte lo stesso Gaetano Salvemini, circa la validità della proposta corporativa mussoliniana, ha attestato: <L’Italia (attenzione, amico lettore parliamo del periodo dell’”infame Ventennio!!!!) è diventata la Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i quali si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come funziona lo Stato Corporativo fascista (…)>. E ancora; J.P. Diggins (L’America, Mussolini e il fascismo, pag. 45) ha scritto: <Negli anni Trenta (attenzione! Stiamo parlando degli anni della più pesante crisi congiunturale) lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici offriva un allettante esempio di azione diretta e di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine con cui il Presidente Hoover effrontò la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività>.  La liberale e antifascista Nation arrivava ad auspicare un Mussolini anche per gli Stati Uniti.
   Per fare un dispettuccio ad un Signore, già citato in questo articolo, riportiamo due giudizi (attenzione di nuovo: di simili giudizi ne potremmo citare mille e mille), addirittura di Winston Churchill, nel 1933: <Il genio romano  impersonato da Mussolini, il più grande legislatore vivente, ha mostrato a molte nazioni come si può resistere all’incalzare della crisi>. E nel 1947: <Le grandi strade che egli tracciò resteranno un monumento al suo prestigio persoanale e al suo lungo governo>.
   Concludo ponendo una domanda: “se tutto ciò è vero, PERCHE’ i nostri politicastri non studiano quanto fu fatto in “quel periodo” e vedere se alcuni punti possono essere riproposti oggi? La risposta sarebbe ovvia: perché i nostri “politicastri” pensano solo ad arricchirsi e se ne fregano altamente del popolo italiano; al contrario dell’”infame tiranno”.
   Questo articolo è dedicato ai grandi falsificatori della Storia e ci riferiamo principalmente a RAI STORIA.
    Terminiamo con alcune osservazioni storiche dell’amico Alessandro Mezzano.
 
   QUANDO C’ERA IL FASCISMO.. di Alessandro Mezzano
-Quando c’era il Fascismo la mafia era dovuta fuggire in America.
-Quando c’era il Fascismo i ragazzi non si drogavano.
-Quando c’era il Fascismo le città erano sicure.
-Quando c’era il Fascismo la scuola italiana era ai primi posti nel mondo.
-Quando c’era il Fascismo non ci si doveva vergognare di essere italiani.
-Quando c’era il Fascismo il potere non era corrotto e non corrompeva.
-Quando c’era il Fascismo non c’era il “Paese”, ma la Patria.
-Quando c’era il Fascismo anche i figli degli operai andavano nelle colonie al mare o in montagna.
 

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