giovedì 8 maggio 2014

A Brescia si discute persino di un necrologio per Mussolini

L’amministrazione locale pare non abbia di meglio da fare che puntare il dito contro la pietas cristiana


Non avere rispetto per i morti significa odio cieco, è l’ennesima dimostrazione di inciviltà

“Il necrologio del Giornale di Brescia di lunedì 28 aprile 2014, che ricorda l’anniversario della morte di Benito Mussolini, non può passare inosservato e soprattutto sottaciuto da chi crede nei valori intramontabili della Democrazia, nati dalla Resistenza”.
Non è uno scherzo, nonostante sembri davvero tale. È un passaggio di una lettera inviata al Giornale di Brescia dall’amministrazione locale. Che continua: “Anche se tale pubblicazione pare essere una prassi annualmente consolidata, non possiamo esimerci dall’esprimere il nostro profondo dissenso”. Avete letto bene: “profondo dissenso” rispetto ad un necrologio. È veramente assurdo oggi, nel terzo millennio, leggere roba di questo genere. Naturalmente l’anpi si è levata in difesa della posizione dell’amministrazione bresciana esprimendo tutto il suo sdegno bla bla bla. Secondo gli amministratori della città “medaglia d’argento al valore militare nella lotta di liberazione”, addirittura “il dittatore che perpetrò atrocità e guerre non può essere elencato nella pagina dei necrologi del quotidiano storico di Brescia”.
Sarebbe interessante sapere cosa si intende per “atrocità”: potrebbe riferirsi, questo termine, all’ “atrocità” di aver promulgato leggi sociali? O all’ “atrocità” di aver bonificato le paludi? O forse all’ “atrocità” di aver tutelato la maternità e l’infanzia? Potrebbe anche trattarsi dell’ “atrocità” di aver battuto l’analfabetismo e la malaria. O dell’ “atrocità” di aver mandato i bimbi d’Italia in colonia a spese dello Stato. Certo, tutte “atrocità” che non si possono perdonare… Come quella dell’assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia, o come l’assistenza ospedaliera per i poveri. Ma forse l’ “atrocità” di cui parlano a Brescia si riferisce alla tutela del lavoratore, a quella dei figli illegittimi e abbandonati o esposti. O forse potrebbe trattarsi dell’ “atroce” battaglia contro la tubercolosi, o ancora dell’Opera Nazionale Orfani di Guerra, o dell’ “orrore” di aver voluto un’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali.
Molto probabilmente, ancora, puntano il dito contro la realizzazione dell’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, o si riferiranno forse alla Carta del Lavoro? O agli infortuni sul lavoro? Certo, di fronte a tutte queste “atrocità” è difficile stabilire esattamente a cosa sia dovuto tanto livore, a meno che non si riferiscano all’istituzione dell’INAM, allo IACP, alla riforma Gentile, alla costruzione di scuole, università, città… può darsi che il bersaglio da colpire sia l’aver voluto debellare la schiavitù in Etiopia, o forse sono così adirati per l’ “atrocità” di aver dato vita a Cinecittà? Certo, se ne potrebbero citare a centinaia, di “atrocità” di questo tipo… forse è per questo che scrivono ancora: “Tutto ciò va a discapito della pietà per i morti, a tutto vantaggio del livore e dell’ostentata provocazione dei committenti”. Parlano di “livore”: in nessun modo si può dimostrare “livore” più di quando non si dimostra rispetto per i morti. Nel frattempo nessuno si lamenta del fatto che in quasi tutte le città italiane ci siano vie e piazze dedicate ai partigiani, spesso distintisi per azioni sanguinose lungo tutto lo Stivale. È l’Italia che va.
 
Art di Emma Moriconi.
 

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