Visto che il mito della lotta del bene contro il male che aleggia intorno alla Seconda Guerra Mondiale è ancora forte, vorrei provare a sensibilizzare i miei lettori su una realtà storica ancora taciuta: i numerosi episodi di crimini alleati in tutta Europa. Ho già reperito dell'ottimo materiale che presto riveserò in qualche mio scritto. Oggi, invece, vi propongo due articoli circa alcune pubblicazioni di James Bacque, storico canadese. Lo faccio perché mi sembra che diano il senso di ciò che, ancora oggi, voglia dire andare a scavare su certe vicende: si rischia il linciaccio mediatico, si attirano accuse di simpatie naziste, si viene "sconfessati" dall'ortodossia liberal-democratica e si è accusati di mendacità. Rischi a cui mi sono già esposto con questo blog, (pensate cosa può significare scrivere un libro di successo!), e a cui continuerò ad espormi per amor di verità e per profondo disprezzo delle falsità storiche impiegate a scopi politici. Costi quel che costi. E questo non è che l'inizio!
Buona lettura,
Roberto Marzola
Buona lettura,
Roberto Marzola
1) Crimini Alleati: Un libro scomodo (ma da leggere)
http://ricordare.wordpress.com/perche-ricordare/047-crimini-alleati-un-libro-scomodo-ma-da-leggere/
Un libro scomodo
Il nuovo libro dello storico James Bacque, Crimini e Carità, costituisce il seguito del suo libro, del 1989, Gli altri lager [edito in Italia da Mursia]. Mentre quest’ultimo libro si concentrava sul destino di milioni di soldati tedeschi prigionieri di guerra alla fine della seconda guerra mondiale, più di un milione dei quali venne lasciato deliberatamente morire per mezzo di una combinazione sinergica di malattie, esposizione alle intemperie e fame, il libro successivo si concentra in gran parte sul sinistro destino postbellico di 60 milioni di civili tedeschi. Pubblicato lo scorso Settembre [1993] ‘Crimini e Carità’ è lungo più di 300 pagine. Tra queste sono incluse oltre 30 mappe, foto e illustrazioni; una prefazione dello storico e giurista Alfred de Zayas, e un’introduzione dell’autore; otto capitoli di testo, come pure un indice, una bibliografia, note e appendici.
Secondo Bacque, date le condizioni straordinariamente dure imposte alla Germania dagli Alleati (vale a dire gli inglesi, i francesi, i sovietici e gli americani), dopo la fine delle ostilità morì un numero di tedeschi compreso tra un minimo di nove milioni e trecentomila e un massimo di tredici milioni e settecentomila vittime. Egli scrive:
«Questo numero è molto superiore a quello dei tedeschi che morirono durante la guerra in battaglia, a causa dei raid aerei e nei campi di concentramento. Milioni di queste persone morirono lentamente di fame davanti agli occhi dei vincitori ogni giorno per anni».
E aggiunge:
«questi morti non sono mai stati onestamente nominati né dagli Alleati né dal governo tedesco».
È a questa disonestà, che è fatta di silenzio, di indifferenza, di ostilità antitedesca e di brutta storiografia, che Bacque intende porre rimedio con il presente volume.
«Questo numero è molto superiore a quello dei tedeschi che morirono durante la guerra in battaglia, a causa dei raid aerei e nei campi di concentramento. Milioni di queste persone morirono lentamente di fame davanti agli occhi dei vincitori ogni giorno per anni».
E aggiunge:
«questi morti non sono mai stati onestamente nominati né dagli Alleati né dal governo tedesco».
È a questa disonestà, che è fatta di silenzio, di indifferenza, di ostilità antitedesca e di brutta storiografia, che Bacque intende porre rimedio con il presente volume.
Un certo numero di motivi ricorrenti si intersecano nella trama centrale del libro. C’è naturalmente la denuncia dell’imperturbabile inumanità dei leader Alleati: Roosevelt, Churchill, Stalin e De Gaulle. Ma è il Segretario di Stato americano Henry Morgenthau Jr, che emerge come il malvagio per eccellenza, quello che rompe l’uovo del serpente: il maligno, vendicativo Piano Morgenthau per la pastoralizzazione del popolo tedesco (che prevedeva la totale deindustrializzazione di quella nazione).
Ideato, “cancellato”, infine attuato [in parte] attraverso la direttiva punitiva JCS/1067, il Piano Morgenthau ebbe un impatto devastante sull’economia tedesca e, per estensione, sulla fragile economia europea. A causa di ciò, la ricostruzione postbellica in Germania venne rinviata fino alla fine del 1948; una data in cui milioni di tedeschi erano già morti. In totale contrasto con questi fatti, l’eroe del libro – e a cui il libro è dedicato – è Herbert Hoover.
Fu Hoover che, nello spirito della carità cristiana e fedele alle sue radici quacchere, condusse un programma mondiale di rifornimento cibo durante il periodo postbellico; salvando, secondo Bacque, probabilmente almeno 800 milioni di persone; un campione in un libro di storia pieno di statistiche tanto spaventose. Hoover fece anche pressioni per un programma di rifornimento cibo che alleviasse le condizioni disperate all’interno della Germania, un programma che, insieme al Piano Marshall, aiutò a porre un termine all’incubo del Piano Morgenthau e a salvare letteralmente milioni di vite da una morte lenta e dolorosa.
Bacque pone anche in una luce impietosa i media occidentali, dal New York Times in giù, per aver nascosto o interamente negato la responsabilità degli Alleati in numerose atrocità; il loro tradimento della resistenza tedesca anti-hitleriana, dei cosacchi anti-sovietici e dei polacchi [anti-comunisti]; e le crudeltà odiose che essi, in quanto vincitori, inflissero alle deboli, inermi ma intrepide donne tedesche che cercavano di aiutare i loro mariti malati e affamati internati nei campi per prigionieri di guerra.
La determinazione di Bacque nel mettere in evidenza alcune verità lungamente nascoste e neglette riguardanti gli Alleati e le loro azioni spesso ingloriose durante e dopo la seconda guerra mondiale, verità sicure come il giorno che segue la notte, ha suscitato il risentimento dei mitografi che hanno propinato il mito dell’eroismo e del decoro degli Alleati – e quello della esclusiva malvagità tedesca – durante il mezzo secolo appena trascorso.
Ricordando la burrasca seguita alla pubblicazione de Gli altri lager lo storico James Bacque si aspetta similmente un’altra bufera per Crimini e Carità. In Canada, nella pagina delle lettere del Toronto Globe and Mail, il dibattito è già iniziato, e segni di ostilità, se non di cattiveria, sono già evidenti. Ma quello che è incoraggiante è che Bacque si aspetta anche che la verità su questa tragica pagina della storia tedesca sarà finalmente fatta conoscere.
(Crimini e carità: un olocausto segreto ora rivelato
di Eric Blair – 16/01/2008 – da Arianna editrice)
(Crimini e carità: un olocausto segreto ora rivelato
di Eric Blair – 16/01/2008 – da Arianna editrice)
2) I crimini Alleati – i campi di concentramento)
http://ricordare.wordpress.com/perche-ricordare/046-i-crimini-alleati-i-campi-di-concentramento/
Other Losses, ovvero quanto è difficile per uno storico fare accettare una verità non ufficiale.
Quella che non si trova sui libri di storia.
Criticato aspramente negli Stati Uniti e in Francia, oggetto di pesanti accuse anche a livello accademico, James Bacque non si è perso d’animo. Il suo Other Losses, best-seller in Canada, tradotto in francese, in tedesco e presto in italiano (Gli altri lager, i prigionieri tedeschi nei paesi alleati, Mursia) ha scatenato un putiferio.
Bacque è stato accusato di revisionismo da Stephen Ambrose, professore all’università di New Orleans, di nazismo o di apologia del nazismo da più di un giornalista.
In particolare negli Stati Uniti «Il New York Times ha detto molte bugie sul mio libro. E sui prigionieri di guerra continua a mentire da oltre 45 anni», dice Bacque in un’intervista esclusiva a L’Italia settimanale, lamentando il fatto che il quotidiano non abbia voluto pubblicare nessuna delle lettere di precisazione da lui inviate.
Ma cosa ha detto Jamer Bacque di tanto blasfemo?
Che nei campi di prigionieri tedeschi nelle mani degli americani e dei francesi si stava male, anzi malissimo. Che le condizioni di vita lì non erano molto diverse da quelle dei Gulag e dei Lager nazisti. Che tra il 1945 e il 1946 almeno ottocentomila soldati tedeschi (ma non solo soldati e non solo tedeschi, ci tiene a precisare Bacque: in mezzo c’erano anche italiani) morirono di fame, sete, malattie.
A Mosca, negli archivi del Nkvd (il predecessore del Kgb), Bacque ha trovato conferma di quanto sostiene. La sua tesi è stata “ampiamente accettata e condivisa” in Germania. In Gran Bretagna le reazioni sono state ambivalenti. Dopo un iniziale interessamento, un editore giapponese ha deciso i sospendere la pubblicazione. E’ stato prontamente sostituito da un’altra casa editrice.
A chi lo accusa di aver esagerato l’entità delle “altre perdite“, Bacque risponde «andate a leggere gli archivi dell’Nkvd. Le memorie scomparse degli archivi i Stato di Washington, Parigi e Londra, li ci sono tutte. Anche se i russi non erano certo teneri nei confronti dei tedeschi: il loro obiettivo era quello di trasformare i tedeschi in schiavi».
Schiavi? E perché? L’autore non ha dubbi: «Perché i russi erano stupidi».
Prigionieri italiani in Usa: nemici o alleati?
Tra i prigionieri di guerra degli Americani c’erano anche 50 mila italiani, catturati sulle coste nord-africane e in Sicilia e trasferiti negli Stati Uniti tra il 1941 e il 1943.
La maggior parte fu catturata dagli inglesi.
I racconti di questi soldati, marinai e avieri, rivelano non solo l’orrore della guerra, ma le condizioni disperate nelle quali anche i più valorosi furono costretti ad arrendersi.
Louis Keefer, nell’esercito americano tra il ’43 e il ’46 e pubblicista nel settore bellico dopo la Seconda guerra mondiale, ha dedicato a questo argomento Italian prisoners of War in America, 1942-1946 Captives or Allies (dicembre 1992, Praeger Publishers – New York) basandosi sulle testimonianze di ex prigionieri di guerra italiani, Keefer ha ricostruito l’odissea dei nostri connazionali in viaggio coatto verso le coste americane, e la loro esperienza diretta come prigionieri. Secondo Keefer la maggior parte del personale dell’esercito Usa addetto ai “Pows” rispettava scrupolosamente, almeno in un primo momento, le regole fissate dalla Convenzione di Ginevra: tra le altre il trasferimento immediato dalle zone di combattimento, un adeguato sostentamento e un’adeguata assistenza sanitaria, la possibilità di inviare e ricevere posta.
Ma, ciononostante, si verificarono molti “incidenti“, tra cui l’uccisione di prigionieri italiani e tedeschi che cercavano sollievo dalle infezioni intestinali dovute al terribile clima del deserto africano “liberandosi” in prossimità di trincee vicine al filo spinato. Keefer, come Bacque, solleva inoltre pesanti dubbi sull’affidabilità del coverage della vita dei prigionieri di guerra da parte di quotidiani come il New York Times.
In particolare quest’ultimo, sostiene infatti Keefer, verso la fine del ’43 cominciò a descrivere gli italiani prigionieri a Pine Camp, nei pressi di New York, come «gente disciplinata, pulita, energica, cooperativa e timorata di Dio». L’unica differenza tra gli italiani e i soldati americani (i “G.I.”, “Government Issues“) era «quel piccolo crocifisso al collo».
Dal quadretto idilliaco che dipingeva il New York Times, insomma, gli italiani emergevano come gente allegra, vitale, alla mano, tutto sommato contenta si stare lì.
Beati loro… una storia molto diversa è quella raccontata da chi nei campi di prigionia in America c’è stato sul serio. Nella primavera del 1945 il ministero della Guerra ridusse drasticamente l’ammontare giornaliero di calorie destinato ai prigionieri italiani. Le motivazioni addotte avevano un carattere di rappresaglia: alcuni soldati americani erano tornati dai campi di prigionia tedeschi ed avevano detto di essere stati malnutriti. Molti italiani prigionieri in America furono inoltre assegnati a lavori rischiosi, in alcuni casi fatali, e comunque ben al di là dei limiti fissati dalla Convenzione di Ginevra.
(Olocausto americano con vittime tedesche di Daniela Cavallari)
(Olocausto americano con vittime tedesche di Daniela Cavallari)
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