lunedì 3 giugno 2013

MA CHI SONO QUESTI “NEOFASCISTI”? RIFLESSIONI SUI NEOFASCISTI DI IERI ED OGGI

Scrivo questo articolo quasi a chiusura di una sorta di percorso tematico iniziato con il post “Neofascisti: coscienza e dovere” e proseguito con gli altri a proposito degli eventi di Roma, (in cui sono stati tirati in ballo,per presunti sabotaggi verso la “pacifica” manifestazione di protesta contro la crisi, proprio i “neofascisti”). C’è una sorta di filo comune che lega tutti questi articoli, idoneo a descrivere un        piccolo-grande mondo della realtà politica,sociale e culturale italiana, quello del neofascismo appunto, su cui in questi giorni si è detto di tutto, più per pregiudizio che per conoscenza.
A tal proposito, è tornato in auge il solito  teoremino da quattro soldi, sempre buono per far credere alla gente che trattasi di “giovani ammaestrati”, “educati all’odio” e, in quanto tali, “violenti”, “schiavi del potere”, magari della borghesia. Gli schemi mentali della nostrana «intelligencija»,(non a caso uso un termine russo!), non sono mai stati capaci di andare oltre, di arrivare ad un risultato diverso: è stato così  ieri per il Fascismo, (definito “la guardia bianca della borghesia”, teoria sbugiardata dallo stesso Mussolini[1]); è stato ed è così per il neofascismo, che nell’immaginario collettivo proposto da questi signori gioca sempre il ruolo del cane da guardia del potente di turno: ieri della D.C., oggi di Berlusconi.
Tutte balle!
Non parlerò di Fascismo, perché non c’è bisogno di addentrarmi in lunghe e complesse analisi storiche. Bastano le parole del Duce, pesanti come macigni, riportate a piè di pagina a sbugiardare la solita propaganda antifascista. A me preme parlarvi di quei ragazzi, da sempre rifiutati dalla politica che conta, (persino da coloro che da questo ambiente provengono),che hanno scelto di porsi come continuazione di quegli stessi ideali che il Fascismo ha portato avanti per tutta la sua breve ma intensa storia. Quasi una sorta di passaggio di consegne, un’investitura diretta, un affidamento di ideali che non possono e non devono morire, in quanto frutto dell’indole e della stessa essenza italiana ed europea. Parlo di tutti quei valori, di quei costumi, di quel modo di intendere la vita,la politica e la società che derivano direttamente dalla Tradizione, di cui ho già parlato.
Ebbene, questi ragazzi, partiti dall’orizzonte fascista, sono andati oltre la semplice nostalgia per un passato tanto onorevole quanto sfortunato ed osteggiato. Hanno esplorato orizzonti politici nuovi, solcato sconosciuti mari della coscienza, accarezzato gli altissimi ed ignoti cieli del pensiero. Sono riusciti ad andare al di là delle categorie politiche,culturali e sociali comuni, ben oltre gli schemi rigidi del pensiero democratico, il mondo dei binomi: destra-sinistra, fascismo-antifascismo, cominismo-capitalismo,bene-male.
Tutto questo venne rifiutato dalla politica di allora, (proprio come oggi). Nacque così un movimento “terzaforzista”, volto a superare questa sorta di pantano democratico, fatto di alternative secche ed autoescludenti. Si scelse di concentrarsi su una realtà diversa, trascendente rispetto alla politica stessa. Nacque, cioè, il concetto di “metapolitica”. Proprio come Aristotele aveva creato la “metafisica” per descrivere ciò che trascende la natura, questi giovani proposero un concetto nuovo, di ricerca teoretica e pratica del cd. “fondamento non politico della politica”. Basta parlamentarismo. Partitocrazia al bando. Si rifuggono le logiche elettorali, la conta dei voti; in poche parole i “ludi cartacei”. Tutto passa in secondo piano. Si sceglie di lavorare su un qualcosa che sta prima rispetto a questa politica e che da essa è indipendente: lo spirito. Merito sicuramente degli insegnamenti di Evola, che propone la cura dello spirito e dalla Tradizione, sua estrinsecazione nel corso dei secoli, come strumento di lotta rispetto al delirante ed imperante materialismo moderno che tutto distrugge. Non c’era, (e non c'è ancora oggi), solo Evola negli zaini e sui comodini di questi ragazzi; si leggevano anche Pasolini e Marcuse, (come ricorda una persona di profondo spessore culturale che ho avuto modo di conoscere ed apprezzare, pur con le distanze di vedute che ci sperano, uno che il neofascismo, inteso in questo senso, l’ha conosciuto da vicino); aggiungo: così come si leggevano Mircea Eliade, Oswald Spengler, Massimo Scaligero, Giuseppe Tucci e Pio Filippani Ronconi, René Guénon, Ezra Pound. Autori che hanno ben poco a che fare con la politica come viene ancora oggi intesa. Autori che parlano di spiritualismo, di mistica,persino di paganesimo ed esoterismo. Ma parlano anche di elitismo, cioè di un potere invisibile nelle mani di pochi, corrotto e corruttore, di rivolta e di rinascita di un mai domo spirito ancestrale, super-individuale, praticamente oltreumano.
Partendo da queste solidissime basi culturali, quei ragazzi di ieri accettarono di sfidare la modernità ed i suoi ritmi, tanto frenetici quanto umilianti per l’uomo. Si lanciarono in una critica feroce nei confronti di quest’ultima, cercando di valorizzare l’uomo, di riproporre la teoria della socializzazione dell’economia ed i valori corporativi, ammonendo sui pericoli dell’usura bancaria e del suo potere occulto, dichiarando guerra alle lobby massoniche ed economiche, sposando la causa ambientalista, difendendo l’identità culturale e nazionale, il sacrosanto diritto di ogni popolo a vivere in casa propria, in pace coi suoi simili, parlando la proprio lingua, secondo i propri usi e costumi, proponendo insomma un nuovo senso di comunità interna e di fratellanza dei popoli europei, basate su vincoli tradizionali e di sangue.
Questo è stato il neofascismo fino agli anni ’70. Purtroppo, è stato vituperato a causa dei soliti pregiudizi ideologici, nonché ostacolato da vecchi nostalgici, (come il povero Giorgio Almirante, grandissimo e stimabile politico, che però non capì fino in fondo la potenza di quei messaggi), e da giovani già vecchi, (come Gianfranco Fini che, a mio avviso, quei messaggi non li ha mai nemmeno ascoltati né capiti), che l’hanno rifiutato e bandito, confinandolo ai margini della politica.
Ma quelle idee e quello spirito non sono morti. Sopravvivono nei cuori e nelle menti di tanti giovani che, pur consapevoli di incamminarsi su di un sentiero ripido, tortuoso ed infame, hanno scelto di leggere ancora quegli autori, di superare quegli schemi ancora oggi imperanti, di rifiutare la dilagante mentalità consumistica  e capitalistica, per combattere quelle sacrosante battaglie, fatte di un idealismo folle, di un amore disperato per l’uomo, per la famiglia, per la società, per l’Italia e per l’Europa.  Mi ci metto anche io. Ci metto, anche e soprattutto, tutti gli altri ragazzi che ho avuto la fortuna di conoscere da quando ho intrapreso questa strada, a cui mi sento legato da vincoli di cameratismo, di fratellanza e di sangue. Siamo pochi e con poche armi, soli contro tutto e tutti, evenienza che sembra essere scritta nel destino di chiunque osi sfidare il libero pensiero ed il libero mercato, (o presunti tali). Una sorte infame, fatta di pochissime gioie, tanti dolori e tante delusioni, legate alla constatazione della quasi impossibilità del compito che ci siamo prefissati; alla visione del mondo che marcisce sotto i nostri occhi, dei giovani senza più speranza e dei vecchi che ormai attendono solo la morte; ai tradimenti di tanti che lasciano, (scarsamente compensati dalle gioie di chi sceglie di lottare), dal fanatismo di tanti presunti neofascisti,incapaci di pensare e di partorire un pensiero con la propria testa; alla fatica di essere costretti ad andare contro corrente, sempre e comunque, per necessità, non certo per miope scelta.
Altro che “odio, violenza e sudditanza verso i poteri forti” !

Il neofascismo è sì un mondo che propone battaglia; ma una battaglia proprio contro quei poteri forti, quelle oligarchie politico-finanziarie che hanno reso tutti schiavi e che ancora uccidono in nome della “democrazia”; una battaglia, però, fatta senza odio né violenza, con la sola forza del pensiero e della militanza. Una battaglia disperata, di pochi contro tanti. Non perché siano in tanti a comandare,(è vero il contrario),  ma perché bisogna combattere il comune pregiudizio da un lato e, dall’altro, la cricca di “camerieri e banchieri”.  Un compito arduo, una missione impossibile. Non ce ne lamentiamo, perché lo facciamo con amore e abnegazione; perché eravamo stati avvertiti: “il compito che ci siamo assunti non è da uomini, ma da eroi […]  Eroe è chi riesce a spezzare i vincoli condizionanti che lo legano, ora ad ora, alla grigia materialità del quotidiano, per seguire ad ogni costo la suprema armonia del cosmo, il sentiero della super-vita e della partecipazione al Grande Spirito. L’eroe è quindi portato a fare il proprio dovere, senza bisogno di alcuna costrizione, ed ha nella propria coscienza un giudice ben più acuto e inesorabile che un pubblico impiegato seduto dietro a un bancone. Libero, non è chi non ha padrone, ma chi è padrone di se stesso, e quindi l’eroe è il solo tipo umano veramente libero”  [2].

E come piccoli eroi,pur con tutti i nostri affanni, i nostri difetti, i nostri cronici difetti, le nostre paure e i nostri rimpianti, tentiamo di rimboccarci le maniche per far fronte al dramma odierno, sperando di raggiungere prima o poi l’orecchio della gente comune ed onesta, insieme alla quale vogliamo combattere questo mondo, per costruire un domani migliore e libero, un nuovo avvenire, per noi stessi, per i nostri figli e per tutti quelli che verranno. Un mondo in cui l’uomo possa vivere secondo la sua natura umana,secondo il proprio spirito, in pace con se stesso e con gli altri, nonché con l’ambiente naturale che lo circonda. Su questa strada camminiamo e vogliamo continuare a camminare. Soli oggi, domani speriamo in tanti. “Stanchi, sporchi ma…FELICI”.
Roberto Marzola.           

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