lunedì 3 giugno 2013

A VOLTE MI CHIEDO: SE CI FOSSE ANCORA IL DUCE?

Anno domini 2012: l’Italia della Costituzione democratica e antifascista, che permette la sospensione della democrazia medesima grazie all’imposizione di “governi tecnici”, sembra affondare sotto il peso dell’assenza di sovranità su tutti i livelli, dal debito pubblico, della disoccupazione, della dittatura bancaria, dalla disgregazione dello stato sociale, dell’alto costo delle fonti di energia e -perché no?- del crollo della natalità degli autoctoni. Davanti alla mole di dati, scritti ed elementi empirici che ben testimoniano il disastro ormai conclamato, mi faccio una domanda: cosa accadrebbe oggi se l’Italia, anziché essere asservita al liberalcapitalismo, fosse ancora la culla del socialismo mussoliniano? Cosa ne sarebbe dell’Italia, in altre parole, se quella guerra l’avesse vinta Lui o, almeno, se ci fossero ancora Lui e le Sue idee?
Non sono domande retoriche e non si tratta nemmeno di mera nostalgia; più che altro, si vuole proporre una riflessione critica su ciò che è stato il vituperato Ventennio e su cosa potrebbe ancora ispirarci oggi, grazie alla sua tremenda attualità, alla sua essenza quasi profetica.
Sarei stato proprio curioso di vedere, infatti, come tutte quelle lobby che affamano il nostro Paese, (dalla massoneria alle lobby speculative, dalle multinazionali ai gruppi bancari), avrebbero potuto sottomettere stati e popoli, al cospetto di un movimento che intendeva creare un popolo unito e coeso, senza spaccature tra “padroni” e “proletari”, tra “capitalista” e “prestatore d’opera”, tra “guelfo” e “ghibellino”, in modo che tutti partecipassero allo sviluppo e al progresso della Nazione; dinanzi ad uno stato centrale inteso non di certo come stato-apparato o stato-burocrazia, (come avviene nei paesi di matrice comunista), bensì come stato-etico di concezione hegeliana, ossia come fonte di libertà per il singolo e norma etica, nonché proteso al bene universale. 
Avrei voluto vedere le banche e le grandi aziende inseguire i loro guadagni folli e smodati a spese del popolo, se ancora vi fossero istituti come l’IMI e l’IRI, voluti da Mussolini per sostenere l’economia, evitare i fallimenti e, appunto, per monitorare l’operato di tutti i soggetti economici. Di sicuro, poi, non ci sarebbe stato l’Euro e non ci sarebbe stata l’Unione Europea, ma una Lira al passo con le valute più importanti, (ai tempi, la famosa “Quota Novanta”, per parificare il valore della moneta italiana alla Sterlina inglese), e una confederazione di stati, ciascuno dei quali signore in casa propria. A pensarci bene, ci saremmo pure risparmiati tutti quei sermoni su “quanto faccia bene cedere dei pezzi di sovranità nazionale”, firmati Monti e Napolitano. Vi pare poco?
Ancora: probabilmente non saremmo angosciati nemmeno da questo fantomatico debito pubblico, dato che il Governo fascista raggiunse il pareggio di bilancio già nel 1924 grazie al Ministro De Stefani e che, oltre 20 anni più tardi, il suo collega De Stefani consegnò alle autorità dell’ Italia “democratica” il bilancio della Repubblica Sociale Italiana, potendo vantare un netto attivo malgrado la guerra!
Pure l’economia sarebbe stata diversa, perché non più votata unicamente al profitto, bensì alla cd. “socializzazione”, ossia alla partecipazione del datore di lavoro e del lavoratore non solo al processo produttivo, bensì anche nella proprietà e nella gestione dei mezzi produttivi e, dunque, pure nella divisione degli utili. I lavoratori, magari, sarebbero ancora sostenuti come vennero sostenuti dalle organizzazioni corporative e le imprese alleggerite dal carico fiscale, proprio come allora. Si può addirittura sostenere che sarebbe molto più sviluppata e progredita anche la cd. "green economy",dato che già l'Autarchia mussoliniana suggeriva  una produzione a basso impatto ambientale e senza sprechi, capace di riciclare quasi integralmente i rifiuti generati e che fosse mossa, anche e soprattutto, da carburanti alternativi. Altro, dunque, che imprese che fuggono all’estero, (vedi la Fiat), e che minacciano la salute pubblica, (vedi il petrolchimico di Venezia o l’Ilva)!
Dulcis in fundo, mentre oggi si spingono i malati di SLA a protestare, si dimezzano le pensioni ai vecchi e si lasciano i lavoratori per strada, ieri si creava lo stato sociale, con misure di sostegno -giusto per fare qualche esempio- agli anziani, (Assicurazione invalidità e vecchiaia, R.D. 30 dicembre 1923, n. 3184), ai disoccupati, (Assicurazione contro la disoccupazione, R.D. 30 dicembre 1926 n. 3158), ai meno abbienti, (Assistenza ospedaliera ai poveri R.D. 30 dicembre 1923 n. 2841), ai lavoratori (Tutela del lavoratore di donne e fanciulli R.D 26 aprile 1923 n. 653), ai nuovi nati, (Opera nazionale maternità ed infanzia, R.D. 10 dicembre 1925 n. 2277 e Assistenza illegittimi e abbandonati o esposti, R.D. 8 maggio 1925, n. 798), ecc.
Insomma, siamo davanti ad un modello che, per un singolare scherzo del destino, curava già da allora i mali di oggi, a colpi di stato, etica, buon senso e giustizia sociale. Medicine, a mio modesto parere ancora valide per l'oggi. Quindi, mi chiedo e vi chiedo: perché non tornare a riflettere su questa "terapia"?  Che ne sarebbe dell’Italia e dell’Europa se avessero continuato la terapia contro il cancro moderno, individuato già da allora e che è tornato ad affliggerle da 70 anni a questa parte? In altre parole, cosa ne sarebbe di tutti noi se venisse ancora seguita la via indicata dal socialismo mussoliniano?
Io azzardo una risposta: un mondo migliore. Problematico, certo, ma sicuramente migliore. 
RITORNO ALLA TRADIZIONE
 

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