mercoledì 21 maggio 2014

Quando i partigiani ammazzano i partigiani...

 

Ecco la vicenda di Gianni e Neri, una delle tante che nessuno vi racconta

Lui si chiamava Luigi Canali, nome di battaglia “Neri”. Lei era Giuseppina Tuissi, nome di battaglia Gianna. Facevano parte del gruppo coinvolto nelle vicende dell’assassinio di Benito Mussolini. I due vennero arrestati dalle Brigate Nere nel gennaio del 1945, Neri riuscì ad evadere e questo, agli occhi dei “compagni” risultò come un tradimento: supposero che la fuga fosse concordata con i fascisti, dunque che l’uomo fosse un traditore. Il 21 febbraio successivo un tribunale partigiano emise la sentenza: condanna a morte. Che venne eseguita a Milano il 7 maggio del 1945. Il 23 giugno fu la volta di Gianna: la donna, compagna di lotta e di vita di Neri, viene scaraventata dalla scogliera del Pizzo di Cernobbio. La ragione, si disse, erano le ricerche sulla morte di Neri che la giovane stava facendo insieme alla madre di Canali. Ma i due, probabilmente, sapevano anche qualcosa di troppo sulla morte di Mussolini (erano tra coloro che avevano organizzato gli spostamenti del Capo del Fascismo dopo la sua cattura) e sulla vicenda “oro di Dongo”. E probabilmente è questa la vera ragione del duplice omicidio.
Di recente sono venute alla luce alcune carte private di Maddalena Zanoni Canali, madre di Neri. Carte che mettono sotto accusa il partito comunista e che contengono molte importanti informazioni. In una lettera della donna a Gianna sono rivelate le azioni poste in essere dalle due per scoprire la verità sulla sorte di Neri. La mamma di Canali incontrò nel tempo molti personaggi del Pci e tentò una disperata difesa del figlio, nel tentativo di rendergli giustizia anche se dopo morto. Il Pci non solo non accolse le rimostranze della donna, ma rivendicò pubblicamente l’assassinio. La vicenda è complessa e torbida, un’altra brutta pagina della storia d’Italia, macchiata di sangue.

Di Emma Moriconi.
Fonte
http://www.ilgiornaleditalia.org

 

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