sabato 31 maggio 2014

Uno stile di vita fra presente e futuro. La nostra intervista ad Alain de Benoist

di Francesco Marotta - 28/05/2014
Fonte.
http://www.ariannaeditrice.it


Una voce fuori dal coro può stimolare la facoltà di percepire tutto quello che avviene, escludendo le regole e i condizionamenti a cui siamo sottoposti quotidianamente. Superare i presentimenti e la conformità di giudizio, formatisi grazie alle astuzie e ai mezzi di cui godono alcuni “specialisti” dell’informazione, non è una prassi. Segni di una delle regole adottate dalle società che consentono, senza opporre freni, un giudizio altrui. Dalla politica alle ultime elezioni europee 2014, dalla società del “benessere” occidentale alle forme di proteste di piazza, dalla crisi ucraina all’operato dell’UE, sino ai colpevoli del furto dell’ago della meridiana europea (del senno), abbiamo deciso di porre alcune domande ad Alain de Benoist. Augurandoci che la crepa formatasi nel muro dell’identità delle genti d’Europa, delle comunità scompaginate dalle logiche mercantili della mondializzazione, dell’individualità collettiva, possa essere risanata per gettare le basi di un ritrovato stile, unico nel suo genere, fondamentale per la rinascita dei popoli europei. Logicamente, passando per le priorità di tutti gli stati che la compongono, in una visione indifferente alle tendenze ideologiche.

Sono appena terminate le elezioni europee e i partiti euroscettici hanno fatto il pieno di voti. Dall’Austria alle Fiandre, dalla Grecia all’Inghilterra, contando anche le forze indipendentiste della Catalogna e del Belgio. In alcuni casi, Inghilterra in testa, sembra un voto contro l’Europa e non contro le politiche di Bruxelles e la burocrazia di Strasburgo?
Le ultime elezioni europee hanno registrato una straordinaria crescita dei partiti populisti, tanto che sono arrivati in testa in tre paesi: la Francia, l’Inghilterra e la Danimarca. Fra questi partiti ci sono delle somiglianze ma anche numerose differenze. Per quanto riguarda, infatti, i voti a favore del’ UKIP, sono chiaramente diretti contro la politica di Bruxelles, ma contengono anche un aspetto complementare che si può spiegare con la dimensione geopolitica: l’Inghilterra è un’isola che non fa parte del continente europeo. E questo aspetto rende l’euroscetticismo anglosassone molto più radicale rispetto a quello espresso dai movimenti dello stesso tipo negli altri paesi europei.  Si potrebbe parlare di un euroscetticismo insulare.
 In questi ultimi anni abbiamo assistito a tante interpretazioni su cosa è diventata l’Europa di oggi. Alcune forze partitiche e di movimento, come il Front National francese, puntano dirette all’uscita dall’Eurozona. Cosa ne pensa ?
Il Front national é un partito ostile, non solo all’Unione Europea ma anche all’idea generale di un’Europa politicamente unita. Personalmente non condivido questo punto di vista. Sono molto critico rispetto agli attuali orientamenti dell’Unione Europea, ma le mie critiche non sono rivolte ad una questione « nazionale» o « sovranista ». Credo che si debba instaurare la sovranità a livello sovranazionale europeo. Il problema è che oggi, la sovranità (politica, economica, finanziaria, fiscale, etc.) che è stata tolta agli stati nazionali è sparita senza essere né restituita né riaffermata con forza e a un livello superiore. In altre parole, le sovranità nazionali spariscono, ma la sovranità dell’Unione Europea non riesce a emergere. Il motivo per il quale non emerge è riconducibile al fatto che l’Unione Europea è diventata un grande corpo malato, impotente, paralizzato, incurante di farsi forza della sua identità, né tanto meno della possibilità di costituirsi come potenza autonoma e che anzi conferma ogni giorno i suoi orientamenti atlantisti, liberali e libero scambisti. Di fronte a questo scenario, la tentazione è forte di un ripiegamento sugli Stati-nazione. Ma quest’ultimi stanno vivendo una crisi senza precedenti, di cui avevamo avuto già i primi segni negli anni 1930. Gli Stati-nazione francamente non sono più in grado di affrontare le sfide che si presentano a livello mondiale, a cominciare dal controllo del sistema finanziario. Da dove viene il senso d’inquietudine attuale: il ritorno al passato non porta a nulla mentre il futuro sembra totalmente bloccato. La stessa cosa vale per l’euro. Ritengo che l’istituzione di una moneta comune sia stata una buona idea, ma le modalità di questa introduzione sono state deplorevoli. Su richiesta della Germania, il valore dell’euro è stato fissato troppo alto e questo motivo l’ha reso inutilizzabile dai paesi del Sud. Detto ciò, l’euro non è l’unico responsabile dei problemi attuali : la Gran Bretagna che non appartiene alla zona euro non si trova in una situazione migliore rispetto ai paesi che ne fanno parte. Un ritorno alla moneta nazionale comporta, d’altronde, dei rischi, in particolare d’inflazione e di un incremento del debito pubblico (quest’ultimo se restasse redatto in euro). Una svalutazione globale dell’euro presenterebbe una prospettiva più che soddisfacente. Ad ogni modo, anche se la moneta unica dovesse sparire, occorrerebbe mantenere una moneta comune per gli scambi con i paesi non appartenenti all’Unione Europea. La scomparsa dell’euro non ci farebbe comunque, uscire dal sistema capitalistico!
La dipendenza individuale della politica, vive di esaltazione e di brand. Non crede che la poca informazione non chiara e l’assenza di contenuti, offerti come slogan, sia in realtà espressione di una classe borghese che segue solo un fine in particolare ?
L’assenza di contenuti della politica attuale deriva innanzi tutto dal prodigioso ricentraggio politico (partiti politici) al quale abbiamo assistito negli ultimi decenni. Questo ricentraggio (regressione), che ha reso indiscernibili le politiche di « destra » e di «sinistra», è una delle cause profonde del fossato che si è scavato tra la classe politica e il popolo. L’imborghesimento dei partiti di sinistra spiega peraltro l’adesione al sistema del mercato: il partito comunista è diventato socialdemocratico, il partito socialista è divenuto social-liberale. Parallelamente, gli strati superiori della borghesia si sono raggruppati in una nuova classe sociale (capitalistica) transnazionale che ha per patria il luogo dove poter trarre i maggiori benefici.
La società del “benessere” occidentale vive seguendo i miti della produttività e della crescita. Ci sono stati cambiamenti importanti. E’ finita l’era delle grandi proteste di piazza che abbiamo visto in tutta Europa ? Oppure, si sono trasformate in manifestazioni di semplice malcontento ?
Le grandi proteste del mondo occidentale, alle quali Lei fa riferimento sono caratteristiche peculiari della modernità. Andavano di pari passo con l’impegno politico e sindacale di tipo « sacerdotale », che durava tutta la vita insieme all’elaborazione di grandi progetti collettivi sull’onda della mobilitazione. La post-modernità ha astratto un altro modello. L’accelerazione sociale ha messo in disparte la dimensione storica a favore del « presentismo». La crescita dell’individualismo che ha generato il tipo antropologico narcisista e immaturo, ha reso impossibile la crescita di grandi progetti collettivi. Tutto ciò che era stabile e duraturo è stato sostituito dai cambiamenti all’interno di una « società liquida » (Zygmunt Bauman), dove si vive per l’effimero e il futile. Le manifestazioni di protesta e di malcontento non sono null’altro che episodi tempestivi senza uno sviluppo politico a lungo termine. Si potrebbe dire che l’implosione é subentrata all’esplosione. Parallelamente, la società del benessere non ha cessato in effetti di credere alle virtù di una crescita e di uno sviluppo permanenti, senza realizzare che una crescita infinita dei consumi materiali è impossibile in un sistema a risorse finite (il nostro pianeta è uno spazio finito). Si pensava dianzi che le risorse naturali fossero gratuite e inesauribili; oggi sappiamo che non è così. Il fabbisogno energetico é in continuo aumento, mentre le riserve petrolifere vanno esaurendosi. Tutto questo può solo finire in un modo più o meno catastrofico. Gli alberi non possono crescere fino al cielo e gli orientamenti attuali non possono protrarsi in maniera esponenziale.
Cosa ne pensa delle nuove spinte populiste europee come nel caso del Movimento 5 Stelle guidato da Beppe Grillo in Italia ?
La parola « populismo » é un « guazzabuglio » utilizzata oggigiorno con una valenza spesso peggiorativa, per indicare tutta una serie di nuovi movimenti politici e sociali che si atteggiano a ultima risorsa per quei cittadini delusi dall’inefficienza dei grandi partiti politici classici. L’errore è supporre che tutti questi movimenti populisti abbiano una stessa natura. E’ sufficiente confrontarli tra loro per rendersi conto che é falso. Il Front National, per esempio, ha un programma economico e sociale nettamente orientato « a sinistra », mentre la maggior parte degli altri partiti populisti europei sono chiaramente liberali. Il FN è anche molto ostile alla NATO e agli Stati Uniti, mentre numerose formazioni populiste sono nettamente « atlantiste ». In conclusione, il FN professa un giacobinismo marcato che lo porta a condannare tutte le forme di regionalismo e di « comunitarismo », mentre le Vlaams Belang, nelle Fiandre, e la Lega Nord, in Italia, si collocano su posizioni opposte. Per comprendere questa differenza di orientamenti, bisogna iniziare ad ammettere che il populismo non è un’ideologia ma uno stile, e che tale stile si può coniugare con quasi tutte le ideologie possibili. Non sono abbastanza informato sul Movimento 5 Stelle per poter esprimere un giudizio definitivo. Preferisco considerarlo come un sintomo, tra i tanti, della stanchezza della classe dirigente e del crescente malcontento popolare suscitato dai « grandi partiti del governo». E’ evidente con Beppe Grillo, come il populismo possa cadere nella demagogia che gli rimproverano i suoi avversari, ma ciò nonostante è vero che lui consente a molte persone di esprimersi in maniera diretta. Quanto alla demagogia, sarebbe sbagliato farne un esclusivo appannaggio dei movimenti populisti: la demagogia delle « élites » non è da meno !
Duemilatrecento anni fa la Commedia Nuova greca colpiva il centro. Molte delle sue figure importanti, pensavano che i prestiti trasformano i liberi in schiavi. Pare proprio che non si possa vivere senza prestiti illimitati. Chi ha portato via l’ago della meridiana dei popoli europei ?
 L’indebitamento pubblico è il risultato diretto, non solo dei deficit che si sono accumulati un po’ ovunque nel corso degli anni, ma anche della crisi finanziaria che ha avuto inizio nel 2008 negli Stati Uniti, e che oggi è ancora molto lontana dalla sua fine. Per salvare le banche e i fondi d’investimento dal fallimento, gli Stati dopo essersi privati della concessione dei prestiti dalle loro banche centrali, si sono indebitati con i mercati finanziari, che stabiliscono i loro tassi d’interesse in funzione della buona volontà da parte degli Stati medesimi di soddisfare le loro esigenze. E’ per questo motivo che sono state adottate delle politiche di austerità in tutta l’Europa, per risanare in teoria la situazione. Questo può portare solo al fallimento. L’austerità diminuisce il potere d’acquisto, di conseguenza diminuisce la domanda, il consumo e dunque la produzione. Il calo della produzione si manifesta con dei piani di licenziamento, un aumento delle delocalizzazioni e un aumento della disoccupazione. In fin dei conti, diminuiscono le entrate tributarie. Per pagare gli interessi sui loro debiti, gli Stati devono chiedere in prestito sempre più, denaro, e ciò aumenta automaticamente l’entità del debito e degli interessi. In Francia, ad esempio, lo Stato deve pagare 50 miliardi di euro l’anno per rimborsare gli interessi del debito pubblico (è ormai la voce di bilancio più onerosa dello Stato insieme a quella della pubblica istruzione). Questo significa un prestito di 800 milioni di euro al giorno! E’ evidente che ci troviamo di fronte ad un circolo vizioso sottoposto al rischio di usura, che non potrà durare in eterno.
Werner Sombart pensava che «Le grandi città si sviluppano intensamente, poiché sono residenza del più consistente nucleo di consumatori». Dalle grandi cattedrali metropolitane, simboli e nascita del sistema economico moderno, è possibile rimettere in moto la vitalità dei popoli che necessitano di autonomia, spingendoli dal basso per una giusta visione europea ? Confederale o federale ?
 Da qualche anno, oltre la metà degli abitanti del pianeta vive in grandi aree urbane, che sono in effetti il cuore del sistema consumistico. Ma anche le persone che vivono nelle grandi metropoli sono state colpite dalla crisi, vittime del basso potere d’acquisto etc. Le classi popolari si riversano nelle periferie, mentre per la prima volta, le classi medie impoverite dalla crisi, temono fortemente il declassamento. La sorte di entrambe non si distingue più nettamente da quella del resto della popolazione. La « vitalità dei popoli » può essere ritrovata solo a condizione di uscire definitivamente dal sistema denaro che domina non solo gli Stati e la vita quotidiana degli individui, ma anche lo spirito di ciascuno. Si tratta di uscire dal regno della quantità ,in altre parole « decolonizzare » l’immaginario simbolico (Serge Latouche), ponendo fine al dominio dei valore di mercato, al primato del valore di scambio sul valore d’uso, ma anche diminuendo l’influenza politica in materia di finanza ed economia. Credo che questo sia possibile solo a condizione che l’Europa diventi una vera potenza sovrana, che riesca ad affermarsi come un crogiolo originale e autonomo di culture e di civiltà, e a essere un polo di regolazione in un mondo ridivenuto multipolare. Questa Europa, a mio parere, dovrebbe essere costruita su una base di tipo federale. Ma oggi ne siamo ancora lontani!
Non potevano non chiedere un suo parere sulla crisi in UcrainaCome valuta l’operato dell’Unione Europea ?
Nella questione ucraina, l’Unione europea ha dimostrato ancora una volta di essere incapace di fare sentire la propria voce come una potenza indipendente dagli Stati Uniti d’America. I leader europei si sono accontentati di rilanciare gli anatemi lanciati dagli Americani contro la Russia di Vladimir Poutine, senza neanche realizzare che le sanzioni contro Mosca alle quali si sono adeguati rischiano gravemente di rivoltarsi contro di loro. L’Europa in effetti ha molto più da perdere che da guadagnare in un braccio di ferro con la Russia, che è oggi la sola grande potenza mondiale insieme alla Cina capace di affrontare sul serio la concorrenza con la superpotenza americana. L’Europa occidentale e la Russia sono complementari sotto numerosi punti di vista, in particolare sul piano tecnologico e energetico. Gli Americani, che sono ben consapevoli della posta in gioco, si sforzano di far passare nel campo « occidentale » gli ex-paesi del blocco dell’Est con il solo scopo di accerchiare la Russia e di limitare la sua sfera di influenza. E’ deplorevole che gli europei accettino di prendere parte a questo progetto nefasto.
Le elezioni europee 2014 hanno “tolto” il sonno anche a lei ?
Vent’anni fa, l’Europa era considerata la soluzione di tutti i problemi. Oggi rappresenta un ulteriore problema che rende assai più grave gli altri. Secondo l’opinione comune, le elezioni europee del 2014 dovrebbero mostrare l’entità del grado di sfiducia dei cittadini verso l’Unione Europea. Di nuovo, un sintomo del malfunzionamento del sistema in atto. Mi spiace solo che gli avversari dell’Unione Europea non vedano come questo spesso screditi l’Europa ancor più che essere una minaccia per gli Stati nazionali.

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