illustri uomini di cultura, comunisti Italiani per voi una data da ricordare!!!
Il 17 settembre 1939 è una data da ricordare, specie in Italia, dove l’egemonia degli apparati comunisti e filocomunisti l’ha a lungo cancellata.
Il giorno in cui Stalin ed Hitler si spartirono la Polonia
L’anniversario dimenticato. Nessuno lo ricorda, ma due settimane dopo il Reich si mise in moto anche l’Urss. Il 17 settembre 1939 l’Armata Rossa travolse i confini orientali e come prima cosa regalò ai forni tedeschi gli ebrei detenuti nei gulag…..
Il 17 settembre 1939 è una data da ricordare, specie in Italia, dove l’egemonia degli apparati comunisti e filocomunisti l’ha a lungo cancellata.
In un libro di Gianni Corbi (“Togliatti a Mosca”) c’è l’ennesimo esempio di cronologia storica col buco. Eccola: “23 agosto 1939, firma del patto tedesco-sovietico di non aggressione; 1° settembre, Hitler invade la Polonia; 3 settembre, inizia la Seconda guerra mondiale; 28 settembre, firma del trattato d’amicizia tedesco-sovietico con la nuova delimitazione dei confini”.
Il 17 settembre, per il libro di Corbi, editore Rizzoli, non era successo niente.
Invece no, il 17 settembre accadde uno dei misfatti previsti dalle clausole segrete del patto Ribbentrop-Molotov: l’invasione sovietica della Polonia, tanto più squallida e vile perché la popolazione credette o fu indotta a credere che l’Armata rossa interveniva per opporsi alla Wehrmacht.
Fatto è che Hitler e Stalin, a coronamento del nazicomunismo, s’erano spartiti d’amore e d’accordo, metà per uno, quella nazione appena rinata, facendosi anche inauditi ed originali doni. Stalin, ad esempio, neppure richiesto, spontaneamente, a mo’ di grazioso presente, consegnò al Führer, ai suoi lager ed alle sue camere a gas tutti gli israeliti già prigionieri nelle carceri russe o nei Gulag. L’attuale feroce antisemitismo di sinistra, insomma, ha precedenti notevoli e autorevoli nella storia comunista.
Per tutta la durata del patto Ribbentrop- Molotov (agosto 1939 – giugno 1941), la Polonia fu il terreno di collaborazioni e di scambi tra Urss e Terzo Reich. Attraverso la Polonia giungeva il carburante sovietico per i tanks e gli aerei della Luftwaffe e, in direzione contraria, viaggiavano i macchinari tedeschi destinati all’Urss.
Lo spazio vitale
Il 17 settembre 1939 sarà anche una data spiacevole da ricordare per i comunisti, ma ciò non toglie che sia ben degna di memoria e di approfondimenti. A parte la contiguità geografica, c’erano motivazioni precise e sedimentate per dispiegare tanta violenza proprio contro la Polonia. Hitler progettava non solo l’espansione territoriale verso Est (lo spazio vitale), ma anche la reintroduzione della schiavitù con l’utilizzo della forza-lavoro polacca in un sistema economico-concentrazionario ad imitazione del Gulag sovietico. Gli slavi, infatti, nella scala razziale inventata dai nazisti si trovavano un gradino appena sopra gli ebrei, rimanendo, comunque, sotto-uomini (“Untermenschen”), ergo naturalmente e letteralmente schiavi e da sfruttare come tali. Stalin, da parte sua, oltre lo spazio vitale del realsocialismo in un solo Paese, doveva vendicarsi e cancellare la sua personale responsabilità nella umiliante sconfitta dell’agosto 1920.
Il miracolo del Ferragosto ’20
Nel 1920, si stava realizzando la attesa, profetizzata rivoluzione permanente comunista, a cominciare dall’Europa industrializzata: l’Armata rossa era giunta di slancio alle porte di Varsavia e i sovversivi tedeschi, francesi, italiani, etc. erano pronti all’ora x. Travolta Varsavia, Berlino era ad un tiro di schioppo e nessuno avrebbe potuto fermare – come allora la chiamarono – la peste rossa. Sembrava fatta e i giornali inglesi del 12 agosto 1920 diedero la capitale polacca già nelle mani del generale sovietico Mikhail Tukhacevskij.
Avvenne, però, un miracolo. Un errore madornale di Stalin, allora commissario politico del fronte occidentale, fece sì che l’esercito polacco, galvanizzato dal generale Jozef Pilsudski, riuscisse non solo a bloccare ma addirittura a mettere in fuga rovinosa l’Armata rossa. Pilsudski, con la vittoria del 15 agosto 1920, aveva salvato la civiltà occidentale – per questo anch’egli è pressoché ignorato in Italia -, grazie anche alla paranoia del georgiano, che incautamente distolse truppe dal fronte polacco, nel tentativo di far sollevare anche la Jugoslavia. Dopo aver fatto ammazzare, nel 1937, l’innocente Tuchacevskij, pericoloso testimone della follia del 1920, Stalin ebbe sempre l’ossessione di rifarsi sul Paese, che lo aveva mostrato in tutta la sua mediocrità agli occhi di Lenin e di Trockij.
Gli imbecilli di Monaco
Tuttavia, sia Hitler, sia Stalin, s’erano adattati alla possibilità di tempi medio-lunghi, tanto vero che nella prima metà degli anni Trenta stipularono con la Polonia patti di non aggressione: nel 1932 l’Urss, nel 1934 il Terzo Reich. Fu l’atteggiamento, fiacco, acquiescente e complice, delle potenze europee, culminato nel patto di Monaco di Baviera (29-30 settembre 1938) a stimolare le brame dei due stati totalitari.
L’Europa di Monaco ’38, purtroppo, somiglia sinistramente a quella pacifista e dialogante di oggi, infingarda, ipocrita, filoaraba e antisemita [...].
Fatto è che, incoraggiata dagli europei pavidi e dialoganti, all’inizio del 1939 la diplomazia tedesca comincia a esigere l’annessione di Danzica, nonché a pretendere di costruire un’autostrada extraterritoriale attraverso la Pomerania polacca.
Finalmente, Gran Bretagna e Francia, ma è tardi, dopo aver sacrificato l’Austria e la Cecoslovacchia, aprono gli occhi e si schierano decisamente a fianco della Polonia. Allora – va pur rimarcato – continuarono a sfilare per le strade cortei di comunisti, mascalzoni, idioti e quinte colonne, con lo slogan “Non vogliamo morire per Danzica”. Invece morimmo e come se morimmo, a milioni, anche grazie a questi “pacifisti” portatori di morte.
Togliatti e il nazicomunismo
Con la presa di posizione di Gran Bretagna e Francia, il Terzo Reich comunque, era finalmente isolato. A questo punto Stalin, dopo aver giocato su due tavoli, pensò che il massimo vantaggio lo avrebbe conseguito sostenendo i progetti di Hitler. Il 23 agosto ’39, fu stipulato il patto Ribbentrop-Molotov, evento esiziale per l’Europa, ma importante perché segnò, in vario modo ma irreversibilmente, la fine di ogni residua credibilità politica e morale del comunismo e dei comunisti.
Il nostro Palmiro Togliatti, ad esempio, sempre in linea con Stalin, quindi anche col patto scellerato del 1939, coprì d’eterna vergogna se stesso e il suo partito spiegando l’origine della Seconda guerra mondiale in perfetta chiave nazicomunista: “Firmato il patto di non aggressione tra l’Urss e la Germania, l’imperialismo inglese e l’imperialismo francese si gettarono addosso al loro rivale tedesco e incominciò la guerra… Doveva oramai esser ben chiaro, infine, che invece di prestar fede e lasciarsi influenzare dalla propaganda di guerra degli imperialisti inglesi e francesi e dei loro servitori socialdemocratici, che presentano la guerra come una guerra per la libertà e contro il fascismo, noi dovevamo porre in luce in modo particolare le responsabilità particolari e dirette delle classi dirigenti e reazionarie dell’Inghilterra e della Francia, che hanno agito come provocatori e fautori di guerra…”.
Ci voleva la fantasia di un tirapidiedi di Stalin, come il nostro Togliatti, per dipingere Hitler nelle vesti di un innocente agnellino proditoriamente aggredito da inglesi e francesi, provocatori e guerrafondai!
Le due invasioni
Il primo settembre 1939, la Germania senza dichiarare guerra attaccò la Polonia. Il 17 settembre, l’Armata Rossa senza dichiarazione di guerra invase i territori polacchi sino al fiume Bug, come stabilito dal patto scellerato. A fine settembre, Molotov annunciò soddisfatto: “La Polonia ha cessato di esistere”, aggiungendo, utilizzando il lessico nazionalsocialista, che quel Paese altro non era se non “il bastardo di Versailles”.
Nella Polonia occupata dai sovietici, entrò subito in azione la famigerata polizia segreta (Nkvd), che stilò dettagliati elenchi delle persone da deportare preventivamente: membri dei partiti nazionali, borghesi, menscevichi, anarchici, trotzkisti, funzionari di polizia, gendarmeria, guardie carcerarie, ufficiali bianchi, specie gli ufficiali del 1920, giudici dei tribunali militari polacchi e lituani, ex comunisti o espulsi dal Pc, stranieri, rappresentanti di ditte straniere, persone in contatto di lavoro all’estero, personale della Croce rossa, intellettuali non comunisti, preti, suore, iscritti ad associazioni religiose, aristocratici, proprietari terrieri, commercianti, industriali, imprenditori, etc. etc. Il delirio persecutorio giunse a far inserire nell’elenco delle persone pericolose i cultori dell’esperanto e gli appassionati di filatelia.
Dopo il 28 settembre, con l’accordo Stalin-Hitler sulla cosiddetta “frontiera della pace”, il territorio polacco fu suddiviso in tre parti: l’Oriente annesso all’Unione sovietica; l’Occidente al Terzo Reich; la striscia tra Varsavia e Cracovia, chiamata Gubernia Generale, affidata al governatore tedesco Hans Frank, il quale prescelse come residenza il castello Wawel, storica sede dei re polacchi. Frank si rivelerà uno dei più bestiali criminali nazisti. L’indipendenza della Polonia era durata appena vent’anni. La cattività sotto il nazismo per quanto atroce – oltre sei milioni di morti – durò poco. Quella sotto il comunismo, tra fucilazioni, carcere, stato di polizia, miseria e fame, andò avanti per cinquanta interminabili anni. La Polonia rinascerà nel giugno del 1989.
Fonte art. http://dietrolequintee.wordpress.com
STALIN ERA ANTISEMITA MA NON BISOGNA RACCONTARLO
Nota.Stalin, antisemita da sempre
Josif Stalin fu antisemita da sempre: la “malattia” lo contrasse sin dalla giovane età, in famiglia. Il padre – un ubriacone che aveva dilapidato in vodka tutti i suoi averi e che quindi alternava la propria esistenza tra taverne e banchi dei pegni, entrambi per lo più tenuti da ebrei – e la madre, devota cristiana ortodossa convinta del “deicidio” imputato ai giudei, non potevano che trasmettergli la convinzione che quello del Talmud e della Torah fosse un popolo di cui diffidare.
Il nome stesso di Stalin, Josif, veniva da San Giuseppe, a lungo pregato da mamma Ekaterina perché le desse, finalmente, un figlio sano. Nella scala etnica georgiana – Stalin era di Gori – gli ebrei occupavano l’ultimo gradino, dopo la moltitudine di minoranze, dagli osseti .
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