mercoledì 26 febbraio 2014

Abolire il divieto di ricostituzione del partito fascista? Il DdL presentato al senato che fa discutere




Era prevedibile che anche questa ipotesi potesse suscitare scandalo, perché nel nostro paese si vive più di miti e mitologie, che di concreta realtà. Da noi la politica informata all’antifascismo, nei decenni, ha assunto una sostanza dogmatica e quasi religiosa. Con i suoi riti, i suoi sacerdoti e i suoi giorni sacri. Per carità… ci vogliono anche questi, altrimenti non saremmo patria e non avremo una memoria storica, ma mai che nasca in seno ai nostri politicanti – soprattutto di sinistra – un minimo di autocritica, di ammissione di responsabilità, di considerazioni storico-sociali che vadano oltre l’ideologia della resistenza. Magari ammettendo che in un contesto come quello del novecento, il fascismo fu la logica e inevitabile contrapposizione al terrore del comunismo, e che il comunismo – al pari del fascismo e forse più di esso – è stata un’ideologia nefasta che ha fatto da sfondo a tutti i drammi sociali mondiali fino ai giorni nostri, peraltro con la capacità subdola di contrabbandarsi per «ideologia buona».
Il fatto comunque è questo: alcuni esponenti del PDL e uno di FLI (che poi ha ritirato la propria firma) hanno presentato al senato un DdL costituzionale che prevede l’abolizione della XIIª norma transitoria (e del conseguente reato di apologia del fascismo, previsto dalla legge Scelba del ’52), che vieta in qualsiasi modo la ricostituzione del disciolto partito fascista. Orbene, quando si è saputo, è nato il prevedibile caso politico. L’opposizione è insorta, e per dirla con gli esponenti romani del PD, il DdL mette in «risalto quanto questo governo sia ben lontano dai valori incarnati dalla Costituzione».
Allora, io debbo proprio rispondere a questa osservazione che pare davvero ridicola. Premetto che non sono fascista e che non auspico certo per il futuro del mio paese un nuovo e ricostituito partito fascista. Ciò premesso, a questi signori sarebbe opportuno fare due tipi di considerazioni: una di carattere giuridico-costituzionale, l’altra di carattere più propriamente politica. Perché a volte ci sono persone che non sanno esattamente quello che dicono.
Da un punto di vista giuridico-costituzionale (e dunque anche sistematico), la norma che vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista, è la XIIª norma transitoria, attuata poi dalla legge Scelba più su citata. Il che ci fa porre una domanda: perché in nostro padri costituenti hanno inserito il divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista in una norma transitoria e non già nel corpus costituzionale dei principi e dell’organizzazione dello Stato? Beh, la risposta è semplice: perché l’idea era quella di non limitare a tempo indeterminato la libertà di opinione, anche in relazione all’ideologia fascista. Se avessero voluto questo, cioè se avessero voluto cristallizzare definitivamente il divieto anzidetto, avrebbero posto questo limite all’interno del corpus dei principi fondamentali e organizzativi della Repubblica italiana, magari in deroga all’art. 49 Cost. (libertà dei cittadini di concorrere alla vita politica del paese anche organizzandosi in partiti). Non l’hanno fatto e hanno posto il limite in una norma transitoria che per sua stessa natura è una norma precaria, destinata nel tempo a scomparire, come è accaduto per quella che vietava il rientro dei Savoia in Italia, abolita nel 2003.
Da un punto di vista prettamente politico, la considerazione criticata pecca di un’evidente intolleranza ideologica. È proprio perché si è vicini ai princìpi della Costituzione che è stata proposta l’abolizione della XIIª norma transitoria. Le libertà di pensiero e opinione – garantite dai nostri precetti costituzionali (artt. 21 e 49 cost.) – non possono infatti essere ideologicamente limitate a tempo indeterminato, superando persino l’intenzione dei padri costituenti. La proposta in sé dunque è piuttosto figlia di un atteggiamento liberale e democratico che di un fantomatico quanto infondato tentativo di ripristinare il fascismo o di legittimarlo politicamente. Chi invece propone il mantenimento del divieto a oltranza, senza un ragionamento che si incardini nel solco degli ideali di libertà e democrazia, non fa altro che riproporre il dogma della resistenza privo di un ragionamento storico e politico, essendo solo alimentato dal pregiudizio ideologico. Ergo, dimostra ancora una volta di essere egli ben lontano dai valori incarnati dalla Costituzione.
Ciò detto, ecco il ragionamento corretto da fare per considerare inaccettabile l’idea di abolire (per ora) la XIIª norma transitoria. Si tratta di una chiara ed evidente inopportunità storica. Secondo la mia personale opinione, non credo che i tempi siano ancora maturi per considerare il venir meno del divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista. La nostra è una repubblica democratica ancora troppo giovane e poco consolidata per esporla a ideologie che comunque in concreto si sono rivelate deleterie per la nostra nazione e dalle quali poi è emersa la coscienza democratica sulla quale è stata costruita la Repubblica italiana, con tutti i suoi pregi e difetti. I presupposti storici (più che politici) della transitorietà del divieto, in altre parole (e al di là del preconcetto ideologico antifascista, che non condivido minimamente), non mi pare siano ancora cessati. Forse fra dieci o venti anni le cose saranno diverse. Ma fino ad allora, credo che la portata precettiva e storica della XIIª norma transitoria sia ancora valida.

Fonte: Il Corriere.
Pubblicato da Critica Libera.
 

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