É quello che vorrebbero far credere, ma non è così.
I comunisti, infatti, si sono rivelati criminali in tutta la storia e in qualsiasi parte del mondo non perché si chiamavano comunisti, ma per il fatto che erano marxisti.L’origine dell’orrore risiede proprio nell’ideologia marxista.
Il marxismo infatti, mentre dichiara che tutte le religioni sono l’oppio dei popoli, impone se stesso come l’unica, vera religione. Ha i suoi dogmi, le sue litanie e i suoi profeti. Ed ha anche il Paradiso, non più in cielo, ma in terra. Pone lo Stato al di sopra di tutto (Stato che poi sparirà una volta raggiunto il Paradiso) e l’individuo viene visto solo come un mattone su cui costruire la società nuova. Questa nuova società, che sarà il fulcro del futuro paradiso, ha bisogno dell’uomo nuovo. Uomo nuovo che occorre costruire eliminando il vecchio. Da qui ne deriva che prima dell’agognato paradiso bisogna scendere all’inferno. Un inferno di violenze e sopraffazioni inaudite, ma necessario per forgiare quell’uomo nuovo che è tanto auspicabile e, senza il quale, non è possibile raggiungere il Paradiso.
Come ogni religione che si rispetti, anche il marxismo ha la sua Santa Inquisizione, i suoi sacerdoti, i suoi santi e i suoi demoni. E le sue armi, che possono variare a seconda delle realtà in cui opera, ma che sono tutte micidiali. Oggi in Italia, visto che gli omicidi sono lasciati a quelle che vengono definite le frange estreme, le armi più usate sono la calunnia e la persecuzione giudiziaria.
Mentre per le calunnie viene sfruttata la capillare rete dell’informazione, per la parte giudiziaria ci si basa sulle toghe rosse. Poiché però queste ultime pur essendo maggioranza nella fascia più bassa della magistratura, sono invece ancora minoranza nei gradi superiori, ci si affida sempre più ai processi ‘popolari’, quelli cioè che avvengono tramite i giornali e le reti televisive, ovviamente senza alcuna garanzia, ma tali da influenzare l’opinione pubblica e gli eventuali processi veri successivi. Queste farse mediatiche servono inoltre a legittimare le sentenze a dir poco fantasiose di molti giudici che altrimenti potrebbero dare adito a sospetti e riflessioni anche tra il vasto pubblico.
Siamo ormai giunti a quello che, forse, è il punto più basso cui la giustizia poteva giungere. E ciò attraverso le leggi approvate dal Parlamento da un lato e una grossa parte di magistratura politicizzata dall’altro. Non passa giorno che non si vedano crimini, spesso molto gravi, compiuti da pregiudicati che in teoria dovrebbero essere in carcere, ma che sono stati graziosamente liberati da magistrati compiacenti. E non passa giorno che non venga imbastito un processo pubblico sulla stampa del tipo di quello intentato negli anni ’70 contro il Presidente Giovanni Leone (vedi il capitolo ‘Lo scandalo Lockheed’).
Ma come si fa a distinguere un comunista?
Come detto il termine comunista, utilizzato per semplicità, va inteso come ‘marxista’. Ma di movimenti e persone che si ispirano, almeno idealmente, al marxismo ve ne sono molti e non tutti sono pronti ad arrivare alle conclusioni che tale ideologia propone. Il problema è che spesso si intende per marxismo il semplice fatto di essere vicini a chi soffre e a chi è messo in disparte dalla società. É una visione che non ha nulla a che vedere con il marxismo vero e proprio, ma che si è riusciti a rendere popolare.
Come si fa dunque a distinguere un comunista?
Il marxista ha delle peculiarità che lo rendono facilmente identificabile. Innanzi tutto l’odio che, normalmente, non è in grado di nascondere. Deriva sia dalla teoria, sia dell’invidia di cui è permeato nei confronti di chi è o è stato più bravo di lui.
Il marxista quindi è sempre un predicatore di odio.
Una seconda caratteristica è la sua convinzione di essere sempre circondato da nemici da eliminare: la reazione in agguato, l’imperialismo, il fascismo o nazi-fascismo, il trotzkismo, il deviazionismo, il negazionismo, la CIA, e tutta una serie di simili fantasmi. Questi fantasmi sono necessari per mantenere insieme le forze del ‘bene’. Un po’ come per la Chiesa è necessario il ‘Maligno’. Sono, per i marxisti, tutti obiettivi su cui far puntare di volta in volta l’odio che si è seminato, a seconda delle circostanze e del fine che si vuole raggiungere.
Già con queste due ‘qualità’ è possibile individuare con ottima certezza chi è comunista, a prescindere dal nome che si da e dagli atteggiamenti che si attribuisce. Per fare alcuni esempi, lo sono Repubblica, l’Espresso, il Manifesto, l’Unità, il PD, il partito di Diliberto e quello di Bertinotti, e molti altri.E i più pericolosi sono quelli che si definiscono ‘indipendenti’, come è il caso di Repubblica, ma che in effetti appoggiano e sostengono tutte le campagne di disinformazione e di calunnie lanciate ai marxisti.
Altre ‘qualità’ derivano proprio dal fatto che il marxismo è una religione e Marx è il suo profeta. Il marxista pertanto non può che essere fazioso, pronto a sottoporre qualsiasi considerazione alla causa del movimento. Chi non è marxista è automaticamente un ‘infedele’, e come tale va eliminato. Il fine giustifica qualsiasi mezzo, l’omicidio singolo o di massa, lo sfruttamento, la calunnia, la persecuzione. D’altra parte il marxista è un materialista. Quindi l’individuo non ha alcuna dignità e importanza e può tranquillamente essere violato pur di avvicinare il traguardo prefisso.
In questa ottica il carnefice, se ovviamente ha operato per la ‘giusta’ causa, è molto più degno delle vittime. E lo si è visto in tutto il dopoguerra, prima con le onorificenze e i riconoscimenti ai criminali partigiani e recentemente (governo Prodi 2006-2008, il primo con la partecipazione attiva dei comunisti) con nomine molto significative:
Susanna Ronconi: Già militante di Prima Linea e poi brigatista, partecipò nel 1974 all’assalto della sede dell’Msi-Dn a Padova in cui persero la vita due persone e per questo condannata a 12 anni di carcere. L’ex terrorista lavora da molti anni nel campo delle droghe. Sotto il governo Prodi è componente della nuova Consulta nazionale sulle tossicodipendenze. (Dichiarazione del ministro Ferrero: “La Ronconi ha i titoli adatti”)
Sergio D’Elia: Condannato a 25 anni di carcere per banda armata e omicidio. Sotto il governo Prodi è segretario d’Aula alla Camera dei Deputati.
Roberto Del Bello: Segretario provinciale di Venezia per il Prc, ha scontato una condanna per associazione a banda armata. Sotto il governo Prodi é collaboratore del Sottosegretario all’Interno, Francesco Bonato (Prc).
Silvia Baraldini: Grazie all’indulto approvato dal Parlamento (governo Prodi), chiude una vicenda cominciata oltre 25 anni fa quando, fu arrestata per associazione sovversiva con l’accusa di aver partecipato il 20 ottobre 1981 ad una rapina ad un furgone portavalori della Brink’s a New York nella quale furono uccisi due poliziotti e una guardia privata. Prima di essere estradata in Italia, ha sottoscritto una dichiarazione nella quale si impegnava a non richiedere né accettare sconti di pena. Sotto il governo Prodi è consulente per il Comune di Roma (sindaco Walter Veltroni)
Daniele Farina: Condannato a 1 anno e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale e possesso di una molotov. Ulteriore condanna a 10 mesi per scontri in piazza Duomo tra Leoncavallo e servizio d’ordine del sindacato. Condannato a 4 mesi e 20 giorni per l’occupazione del centro sociale. Ha una lista di condanne negli ultimi 20 anni non indifferente. Sotto il governo Prodi è vicepresidente della commissione Giustizia alla Camera.
Fonte art.
http://dietrolequintee.wordpress.com
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