lunedì 24 febbraio 2014

La dignità nel dolore di Donna Rachele



Dal 25 luglio ’43 al 28 aprile ’45: i giorni di passione della donna che sopravvisse al Duce e al Fascismo.
“Forse noi due non ci rivedremo più … ti chiedo perdono di tutto il male che involontariamente ti ho fatto.
È la notte del 25 luglio. Quando Benito arriva a casa sono le quattro del mattino: “racconterò tutto al Re” dice “non me la sento di continuare senza che il Re sappia quello che accade …”. Rachele esplode: “Un fessone, sei! Un povero fessone!”.
Il mattino successivo il Duce chiede alla moglie l’abito nero. Puntoni lo ha avvertito che il Re lo riceverà in borghese. “Ti vogliono vestito in quel modo perché è più facile arrestarti così che in uniforme”. Lui si fida di Vittorio Emanuele: “Anche tu fai i romanzi gialli” dice alla moglie. “Non andare dal Re, Benito!” si accora Rachele. Mentre il Duce ascolta le parole della moglie, un’ambulanza fa il giro di Villa Savoia: è il mezzo destinato a trasferire il prigioniero Mussolini. Sono le 16. Alle 20 un funzionario telefona a Villa Torlonia: “Il Duce è stato arrestato”, si sente dire Rachele dall’altro capo del filo.
Dopo qualche giorno arriva una lettera: Badoglio  vuole che sia Rachele a mandare da mangiare per il Duce. “Non ha lavorato abbastanza in tutti questi anni, perché gli diano almeno da mangiare?” risponde, delusa da un Paese ingrato e traditore. “In venti anni di lavoro Mussolini ha rinunciato a titoli e prebende – urla, fuori di sé - ha regalato quanto gli veniva offerto dagli italiani e dagli stranieri. Che ora Badoglio, carico di milioni guadagnati con il Regime, gli neghi un pezzo di pane, supera ogni limite!”
Manda al marito del cibo, insieme ad un libro, “Vita di Cristo”. Benito lo legge ogni giorno, a Ponza. Lo lascerà in dono al parroco dell’isola quando se ne andrà per essere trasferito.
Nel ‘46 Rachele racconterà: “Un giorno, mentre portavo da mangiare alle galline , arrivano dei soldati che non sanno chi sono, mi domandano se possono vedere la casa di Mussolini, tanto ormai, dicevano, non c’è più nessuno. Vanno dentro, si fanno molte meraviglie perché credevano di trovarci le magnificenze, uno si ferma davanti a un ritratto di Bruno … mi domanda se sono di casa. “si, abbastanza” dico. “Abbiamo fatto – dice lui – le elementari insieme a Milano. Lo conoscevate bene?”. ‘Sono la madre’ dico”.
Rachele dovrà aspettare il 12 settembre per apprendere da un ufficiale della Wehrmacht che il marito è libero e sta volando verso Vienna. Il giorno successivo il Duce riabbraccia la sua famiglia: “ cosa hai intenzione di fare?” gli chiede Rachele. “sono sempre deciso a non abbandonare la mia linea di condotta ed a fare tutto quello che sarà ancora possibile per la salvezza del popolo italiano”. Rachele è concreta, come sempre: “credi che ne valga la pena?”. Benito è appassionato, come sempre: “so che forse mi costerà la vita, ma terrò fede alla parola data”.
Il 18 aprile 1945, mentre sta per spostarsi a Milano, Benito dice a Rachele: “Ci rivedremo presto, prestissimo …”. È l’ultima volta che la signora Mussolini vede suo marito.
Il 24 le scrive: “ … eccomi giunto all’ultima fase della mia vita … forse noi due non ci rivedremo più … ti chiedo perdono di tutto il male che involontariamente ti ho fatto”.
L’ultima telefonata è delle 23,30  del 25: “io seguo il mio destino, ma tu devi mettere in salvo i ragazzi … la tua vita poteva essere così serena senza di me …”.
“Resto inebetita all’apparecchio – racconterà Rachele – sento l’altro microfono posarsi lentamente, come a interrompere il colloquio facendo il meno male possibile … mi sembra impossibile che tutto debba finire così”.
29 aprile: L’Avanti! , edizione straordinaria. “So’ tutti morti” urlano gli strilloni a Roma. A Como, in una cella del carcere femminile, Rachele affronta il dolore con volto immobile. “E voi? Non piangete?” le dice una detenuta, mentre da lontano arrivano scariche di mitra. Non sa con chi sta parlando. Non la riconosce, del resto la figura di Rachele è sempre stata discretamente in ombra. “Non avete lasciato nessuno, voi?”, continua la sconosciuta. Rachele non risponde. È la forza d’animo, anche nel dolore, della moglie del Duce, la signora Mussolini.
Emma Moriconi
 
Fonte art.
 
http://www.ilgiornaleditalia.org
 

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