L’indifferenza delle istituzioni del vicinato è davvero sconvolgente.. Buona lettura!
“Via Lami: una normalissima strada di città che corre lungo la ferrovia dello Statuto, delimitata da un muro completamente imbrattato che evoca un forte senso di degrado, di ghetto. Dall’altro lato della strada eleganti palazzine residenziali. Ha da poco smesso di piovere. Auto e motorini sfrecciano indifferenti lungo la via. Basta percorrere pochi metri dall’imbocco della strada per intravedere un camper, vecchio e po’ malconcio, ricoperto di appelli scritti con pennarelli colorati che iniziano a sbiadire.
Arrivati di fronte alla casa mobile, troviamo ad accoglierci un bel bimbo biondo che gioca sul marciapiede, rincorrendo la sorellina di quattro anni. I bambini sorridono e ci dicono che il “nonno” è dentro con il fratellino più piccolo, Siro. L’uomo sulla settantina, accortosi della nostra presenza, spunta fuori dal camper, in braccio a lui un neonato dagli immensi occhi blu, con una voce rauca richiama i fratellini verso la casa mobile e ci saluta, chiedendoci chi cerchiamo. Maurizio Villani, il papà e proprietario del camper tornerà a momenti con Rita, la mamma dei bambini.
Durante la breve attesa, cerchiamo di metabolizzare le immagini che ci scorrono davanti. L’avevamo letto sui giornali e visto nei TG ma l’impatto è comunque surreale. I piccoli sono incredibilmente sereni: il camper è un gioco e poi, in quella buffa casa, ci vive il babbo, che incontrano solo nei fine settimana. Loro vivono fino al giovedì con mamma a “Casa Speranza” una struttura d’accoglienza di Settignano che ospita solo madri e figli. Giocano per tutto il tempo, corrono intorno a noi, ci fanno qualche buffa domanda, senza smettere un secondo di ridere, nessun capriccio, nemmeno un velo di tristezza nei loro occhi. Si rincorrono fino al bordo della strada, tanto da suscitare la nostra preoccupazione ma Jacopo, tre anni, ci rassicura sorridendo “No, no !Non ci andiamo sulla strada, è pericolosa, poi ci arrotano”.
Dopo una decina di minuti arrivano mamma e papà. Sono sorpresi della nostra presenza. I bambini corrono verso i genitori e gli saltano in braccio. Ci presentiamo e iniziamo a chiacchierare.
“Io avevo una ditta con diversi dipendenti, lavoravo nel campo edile – dice Maurizio con voce sicura – purtroppo, da quando le cose hanno iniziato ad andare male, i soldi guadagnati in una vita sono finiti con incredibile rapidità: il lavoro diminuiva, aumentavano i ritardi nei pagamenti, da parte di privati ma anche di committenti pubblici e così, nemmeno io ero in grado di saldare tutti i conti- ammette l’uomo – poi è arrivato lo sfratto, mentre Rita aveva appena scoperto di aspettare il nostro terzo bambino. Siamo in attesa di un alloggio popolare che sembra non arrivare mai. Io vivo nel camper da un anno e mezzo e da poco, ho invitato a stare con noi il “nonno”, non c’è nessun legame di parentela, era un vecchio conoscente finito in disgrazia dopo gravi problemi di salute, anche lui aveva perso la casa, dormiva al pronto soccorso ed abbiamo deciso di ospitarlo, i bambini gli vogliono un gran bene”.
I membri delle istituzioni non hanno fatto niente per loro, solo qualche vana promessa. In oltre un anno di permanenza solo un paio di persone gli hanno fatto visita. Anche il vicinato è completamente indifferente. Qualche vicino di casa, talvolta, porta un po’ di pane o una fetta di torta ma per la maggior parte, girano alla larga da quel camper e spesso negano addirittura il saluto alla famiglia. I negozianti della via in cui vivevano in precedenza, fanno credito a Maurizio, lo conoscono da una vita e si fidano di lui. Hanno anche subito due tentativi di furto: dei Rom hanno tentato di entrare nel camper.
Ci facciamo avanti e chiediamo a Maurizio se le numerose associazioni di volontariato abbiano fatto qualcosa o se abbiano mai valutato l’ipotesi di affidarsi a “uno di quei movimenti che lottano per la casa” ma la risposta è sempre la stessa: “Quelli a noi, non ci pensano proprio, hanno altre priorità, trattano solo con gli immigrati – dice Maurizio – io non voglio scavalcare nessuno, non pretendo che qualcuno dia la precedenza al nostro caso, cercate di capirmi, voglio solo riunire la mia famiglia”. Nell’ultimo bando per l’alloggio popolare, avevano incluso nel nucleo famigliare il nonno, che con una pensione da qualche centinaio di euro, aveva abbassato il loro punteggio in graduatoria.
“Siamo in attesa delle graduatorie di luglio, ora il nostro punteggio è molto alto, siamo a 15 punti adesso, questa è l’unica speranza per tornare a vivere. Il Comune è sempre molto puntuale quando si tratta di vedersi pagare le multe o le tasse, peccato che tutta questa puntualità non vi sia quando tocca a loro dare qualcosa ai cittadini”.
Maurizio non è remissivo, non si è fatto schiacciare dalla sua condizione, anzi: “Spesso mi chiedo cosa farò quando riuscirò a sollevarmi da questa situazione, e penso proprio che mi batterò per i diritti di tutti i fiorentini in difficoltà, sono più di quanti se ne possano vedere. Bisogna davvero toccare il fondo per riuscire ad ammetterlo. Siamo un popolo orgoglioso. Conosco molte famiglie che campano una settimana con un kg di riso ma si vergognano di ammetterlo, lo considerano un fallimento”.
Il suo caso ci fa comunque pensare che il comune, solerte nella cura di migliaia di immigrati, stia dimenticando quella parte della popolazione che dopo aver pagato ogni contributo al comune per generazioni, per anni, ora, complice la crisi economica, si trova in completa povertà. Il discorso si sposta infatti sulle condizioni in cui versa il paese, sulle ditte fallite, sulle bancarotte e sugli innumerevoli suicidi.
“Sapete perché non mi suicido? – dice Maurizio – ho imparato a mettere la dignità in tasca, per la mia famiglia. Non sono solo i debiti, ma anche la mortificazione ad uccidere. Trovarsi a 47 anni, in un camper, senza poter offrire nulla ai propri figli è terribile ma ho imparato a convivere con questa sensazione. Sono qui e resterò qui, per mia moglie, i miei bambini, per il “nonno” e per tutto quello che spero di poter fare per la comunità, una volta uscito da questa situazione”.
“Ho fatto più di un appello a Renzi, ma quello pensa solo a Roma. Le istituzioni sono lontanissime. Anche mia moglie, con il bambino piccolo, si è più volte presentata in Palazzo Vecchio e a risponderle solo un citofono e ore di attesa sotto il caldo estivo con un neonato. Nessuno si è nemmeno degnato di aprirle la porta, di chiederle se voleva aspettare dentro all’ufficio: una situazione scandalosa.”
Noi chiediamo cosa possiamo fare per loro, se hanno bisogno di qualcosa e la loro risposta, in tono mesto, è: “Abbiamo bisogno di tutto, non abbiamo niente, davvero niente”.
Mentre i bambini sorridono per il vasetto di Nutella trovato nei sacchetti della spesa e ci salutano con la manina, noi ci dirigiamo verso la macchina, in silenzio. Ogni persona dovrebbe avere la possibilità di guardare da vicino questa famiglia e le tante altre che versano in queste condizioni. Mentre le varie associazioni di volontariato non fanno altro che pensare a immigrati e clandestini, mentre la tv chiede l’ 8×1000 per i missionari, il supermercato, alla cassa, raccoglie fondi per i pozzi in Africa e le famiglie adottano bambini a distanza, sotto casa, a pochi metri dal portone, i loro connazionali patiscono il freddo e la fame in un camper.
Ci sentiamo in colpa per l’indifferenza di una città che si sta disumanizzando, che sta perdendo il contatto umano, sta dimenticando la solidarietà e l’amicizia che stringevano i rapporti tra concittadini, tra vicini. In una società in cui il primato non spetta mai ai nostri fratelli ma alla beneficenza mediatica, teniamo a ricordare ad ogni fiorentino, che la famiglia Villani, era quella che comprava frutta e verdura da voi, che mangiava la pizza nel vostro ristorante, che si riforniva nel vostro negozio, che pagava i contributi al nostro comune. Adesso, sono loro ad aver bisogno di noi, con la dovuta precedenza su chi, in questa città non è nato e vissuto”.
Nessun commento:
Posta un commento
Commenti dai camerati.