Rendo pubblico l'intervento personale in conferenza: con grande emozione penso di aver dato un modesto ma sentito contributo ad attualizzare ciò che della RSI va davvero riscoperto, la sua attualità profonda e la mistica che ci sta dietro.
...come ben diceva il Prof. Stelvio Dal Piaz la RSI fu INTERVENTO CONFERENZA MANTOVA 11 MAGGIO 2013 (BARBARA SPADINI)
Mentre nel 2013 si continua ad insistere sulla convivenza in Italia di due storie, un’insistenza avvalorata dalla forza dei vincitori, oggi – nel ricordare la figura di mio nonno Professor Maggiore Ferruccio Spadini- sono qui a raccontare qualcosa di diverso: non esistono due storie.
Ne esiste una soltanto, quella che dà voce alle memorie , quella che dà vita ai ricordi.
Le memorie e i ricordi restano vivi finchè qualcuno sa mantenerli tali: ecco che oggi ricordare mio nonno ha senso, siamo qui in tanti a ricordarlo e quindi a dargli senso.
Un senso storico, un senso umano e un senso attuale: così come nella Repubblica Sociale Italiana la parola “sociale” che sta giusto nel mezzo è ancora oggi attualissima, anche la figura di Ferruccio Spadini resta attuale, in quanto rappresenta un esempio ed una testimonianza luminosa di vita vissuta in un contesto ampio, teso entro tutto l’arco del Novecento, che lascia un segno valoriale ed ideale di patriottismo, di servizio, di liberò ed estremo sacrificio per “qualcosa” per cui tutti noi combattiamo ancora , la Patria, l’Italia, questa nazione che vorremo ben governata, che vorremmo libera, che vorremmo “nostra”, a misura d’uomo, lontana da globalizzazioni, mondialismi, relativismi, qualunquismi, multiculturalità destrutturate e spesso non basate sulla vera legalità, una patria nella quale tutti noi possiamo partecipare, col nostro lavoro e con le nostre intelligenze operanti, a rendere migliore la vita sociale di tutti, dei bambini, dei giovani, degli anziani, dei malati, dei cittadini. Questo sogno e questa visione era chiara a mio nonno e tutti coloro che aderirono alla RSI : l’onore da salvaguardare fu anche il non ammettere la sconfitta e la perdita delle valorialità implicite nel concetto di Patria così come l’ho delineato poco fa.
Ecco che morire gridando “viva l’Italia” ebbe un senso per mio nonno e per tutti i caduti della RSI che dico sempre sono tutti miei nonni, e tutti oggi presenti qui.
Il ricordo e la memoria sono i due principali strumenti dello storico, quelli che servono a far luce sugli eventi del passato.
L’onestà intellettuale e la visione lungimirante, sono gli strumenti ulteriori, che permettono alla storico di poter analizzare l’oggi ed il domani, mai slegati da ieri. Non esisterà mai in Italia un domani sereno sociale e politico, finchè non verrà metabolizzato dalle coscienze di tutti il nostro passato, che in molto ignorano proponendo un “oltre” che non c’è e che molti rendono servo delle menzogne più disparate, quelle menzogne che innalzano a “miti” alcuni e abbassano a “mali assoluti” tutti gli altri.
13 febbraio 1946, sessantasette anni fa, all’alba: un plotone d’esecuzione partigiano, dopo processo iniquo con una sentenza di morte dettata dall’odio, metteva fine alla vita dell’allora cinquantenne Maggiore G.N.R. Ferruccio Spadini, nella vita privata professore di lettere al liceo classico “Arici” di Brescia, padre di cinque figli, pluridecorato della prima guerra mondiale, Ardito d’Italia,Cavaliere della Corona d’Italia per meriti di guerra, veterano della Campagne di Grecia e d’Albania, aderente alla Repubblica Sociale Italiana per conservare a se stesso ed alla sua famiglia l’Onore di sentirsi italiani.
Mantovano di nascita, traferitosi a Brescia dal 1922, fu persona retta ed onesta, patriota, umanista, soldato sempre e sempre volontario.
Con ulteriore processo postumo, voluto fortemente dalla sua famiglia per riabilitarne la memoria scempiata nell’onore e nei beni, la Repubblica Italiana attraverso un suo libero tribunale sanciva l’estraneità ai fatti addebitatigli e con sentenza di Cassazione del 23 aprile 1960 ne stabiliva l’innocenza.
Ricordare mio nonno è ricordare oggi tutti i Caduti per l’Onore e per la Patria della Repubblica Sociale Italiana, coloro che seppero distinguersi per dignità e per coerenza tra i tanti che scappavano, svaligiavano, si trasformavano, si mascheravano e si riproponevano in altre forme ipocrite.
Questi soldati, dal più giovane all’ultimo dei vecchi veterani , dal più umile al più alto graduato, hanno dato una prova di saldezza d’animo e di profondità di valori che , secondo me, va oltre i limiti della consapevolezza, oltre l’eroismo, oltre il coraggio: questi uomini sapevano che la loro sorte era segnata, che la disfatta era dietro l’angolo, ma – ugualmente- rimasero tutti al loro posto, quello dei soldati.
In molti, il cui destino non fu quello eroico della morte sul campo di battaglia, ebbero in sorte la tortura, la violenza, la persecuzione gratuita, l’odio dei vincitori, gli sputi della folla, le percosse, l’internamento a Coltano o in altri campi, la fucilazione alla schiena – forse la più insopportabile onta per un soldato, e questa fu la sorte di mio nonno- ed ebbero tutti l’implacabile giudizio di condanna della storia posteriore , che condizionò a lungo la serenità dei parenti, dei figli, delle vedove.
Ancora oggi questi nostri soldati, i miei nonni, restano nella memoria di tanti di noi e sono fari, esempi, in molti casi Martiri.
Per tanti altri essi furono il male , l’assoluto male e potessero di nuovo morire, li ucciderebbero ancora e ne oscurerebbero la memoria sotto metri e metri di iniqui giudizi antistorici e pieni di becera ideologia.
La miglior cosa: la Memoria, il ricordo, l’omaggio di ogni giorno.
La miglior cosa: non strumentalizzare le loro memorie in nome di pacificazioni che in realtà sono solo tentativi di non affrontare il passato con coscienza, onestà intellettuale e libertà di pensiero.
La miglior cosa: combattere con penna e documenti, scrivere, scrivere tutto, fotografare, trascrivere, creare cultura attorno a loro, farli conoscere ai giovani, diffonderne gli esempi, parlarne, celebrarli ogni qual volta se ne presenti l’occasione, nei loro cimiteri e accanto ai loro monumenti, con fiori, corone e il nostro esserci fisico ed interiore.
La miglior cosa, ricordare la figura del Maggiore Ferruccio Spadini, e del Professore, educatore di giovani anche attraverso il suo esempio, con alcune sue parole, scelte non a caso e che ascoltare oggi non è insensato, né nostalgico, ma attuale : Lettera ai compagni di cella, che avevano steso per lui la domanda di grazia
“ Non avendo ben capito la tua generosa offerta e quella dei tuoi cari compagni di cella, hai strappato il consenso del mio animo sempre pronto ad acconsentire ad una proposta partita dai condannati, che nel giorno dell’approdo sono gli ultimi a scendere e nell’ora del naufragio sono i primi a morire. Ti prego perciò di non ritenerlo valido, pur stimando la generosità e la bontà dei vostri animi.
La mia miseria non è un dono di tutti: è privilegio che mi ha concesso la mia Patria, dopo averla fedelmente e onestamente servita. E’ un titolo d’onore che non mi abbatte, anzi mi ritempra le forze. La Patria ha avuto bisogno dei miei pochi beni: che le siano di utilità! Almeno così spero.
Pochi vivono nel privilegio dell’azzurro e se la mia vita dovrà durare un solo giorno, la mia morte durerà tutta la vita e si riprodurrà nei miei figli. Vivo in questa meditazione e nel sacrificio la vita acquista la sola vera libertà. Vi prego di lasciarmi in questo privilegio. Vi bacio tutti. Ferruccio”
A mio nonno e a tutti i Caduti della Repubblica Sociale Italiana, nel suo settantesimo anniversario della fondazione il mio ricordo, il mio impegno,la mia battaglia d’ogni giorno.Visualizza altro soprattutto "uno stato d'animo".Fatto d'ONORE.
...come ben diceva il Prof. Stelvio Dal Piaz la RSI fu INTERVENTO CONFERENZA MANTOVA 11 MAGGIO 2013 (BARBARA SPADINI)
Mentre nel 2013 si continua ad insistere sulla convivenza in Italia di due storie, un’insistenza avvalorata dalla forza dei vincitori, oggi – nel ricordare la figura di mio nonno Professor Maggiore Ferruccio Spadini- sono qui a raccontare qualcosa di diverso: non esistono due storie.
Ne esiste una soltanto, quella che dà voce alle memorie , quella che dà vita ai ricordi.
Le memorie e i ricordi restano vivi finchè qualcuno sa mantenerli tali: ecco che oggi ricordare mio nonno ha senso, siamo qui in tanti a ricordarlo e quindi a dargli senso.
Un senso storico, un senso umano e un senso attuale: così come nella Repubblica Sociale Italiana la parola “sociale” che sta giusto nel mezzo è ancora oggi attualissima, anche la figura di Ferruccio Spadini resta attuale, in quanto rappresenta un esempio ed una testimonianza luminosa di vita vissuta in un contesto ampio, teso entro tutto l’arco del Novecento, che lascia un segno valoriale ed ideale di patriottismo, di servizio, di liberò ed estremo sacrificio per “qualcosa” per cui tutti noi combattiamo ancora , la Patria, l’Italia, questa nazione che vorremo ben governata, che vorremmo libera, che vorremmo “nostra”, a misura d’uomo, lontana da globalizzazioni, mondialismi, relativismi, qualunquismi, multiculturalità destrutturate e spesso non basate sulla vera legalità, una patria nella quale tutti noi possiamo partecipare, col nostro lavoro e con le nostre intelligenze operanti, a rendere migliore la vita sociale di tutti, dei bambini, dei giovani, degli anziani, dei malati, dei cittadini. Questo sogno e questa visione era chiara a mio nonno e tutti coloro che aderirono alla RSI : l’onore da salvaguardare fu anche il non ammettere la sconfitta e la perdita delle valorialità implicite nel concetto di Patria così come l’ho delineato poco fa.
Ecco che morire gridando “viva l’Italia” ebbe un senso per mio nonno e per tutti i caduti della RSI che dico sempre sono tutti miei nonni, e tutti oggi presenti qui.
Il ricordo e la memoria sono i due principali strumenti dello storico, quelli che servono a far luce sugli eventi del passato.
L’onestà intellettuale e la visione lungimirante, sono gli strumenti ulteriori, che permettono alla storico di poter analizzare l’oggi ed il domani, mai slegati da ieri. Non esisterà mai in Italia un domani sereno sociale e politico, finchè non verrà metabolizzato dalle coscienze di tutti il nostro passato, che in molto ignorano proponendo un “oltre” che non c’è e che molti rendono servo delle menzogne più disparate, quelle menzogne che innalzano a “miti” alcuni e abbassano a “mali assoluti” tutti gli altri.
13 febbraio 1946, sessantasette anni fa, all’alba: un plotone d’esecuzione partigiano, dopo processo iniquo con una sentenza di morte dettata dall’odio, metteva fine alla vita dell’allora cinquantenne Maggiore G.N.R. Ferruccio Spadini, nella vita privata professore di lettere al liceo classico “Arici” di Brescia, padre di cinque figli, pluridecorato della prima guerra mondiale, Ardito d’Italia,Cavaliere della Corona d’Italia per meriti di guerra, veterano della Campagne di Grecia e d’Albania, aderente alla Repubblica Sociale Italiana per conservare a se stesso ed alla sua famiglia l’Onore di sentirsi italiani.
Mantovano di nascita, traferitosi a Brescia dal 1922, fu persona retta ed onesta, patriota, umanista, soldato sempre e sempre volontario.
Con ulteriore processo postumo, voluto fortemente dalla sua famiglia per riabilitarne la memoria scempiata nell’onore e nei beni, la Repubblica Italiana attraverso un suo libero tribunale sanciva l’estraneità ai fatti addebitatigli e con sentenza di Cassazione del 23 aprile 1960 ne stabiliva l’innocenza.
Ricordare mio nonno è ricordare oggi tutti i Caduti per l’Onore e per la Patria della Repubblica Sociale Italiana, coloro che seppero distinguersi per dignità e per coerenza tra i tanti che scappavano, svaligiavano, si trasformavano, si mascheravano e si riproponevano in altre forme ipocrite.
Questi soldati, dal più giovane all’ultimo dei vecchi veterani , dal più umile al più alto graduato, hanno dato una prova di saldezza d’animo e di profondità di valori che , secondo me, va oltre i limiti della consapevolezza, oltre l’eroismo, oltre il coraggio: questi uomini sapevano che la loro sorte era segnata, che la disfatta era dietro l’angolo, ma – ugualmente- rimasero tutti al loro posto, quello dei soldati.
In molti, il cui destino non fu quello eroico della morte sul campo di battaglia, ebbero in sorte la tortura, la violenza, la persecuzione gratuita, l’odio dei vincitori, gli sputi della folla, le percosse, l’internamento a Coltano o in altri campi, la fucilazione alla schiena – forse la più insopportabile onta per un soldato, e questa fu la sorte di mio nonno- ed ebbero tutti l’implacabile giudizio di condanna della storia posteriore , che condizionò a lungo la serenità dei parenti, dei figli, delle vedove.
Ancora oggi questi nostri soldati, i miei nonni, restano nella memoria di tanti di noi e sono fari, esempi, in molti casi Martiri.
Per tanti altri essi furono il male , l’assoluto male e potessero di nuovo morire, li ucciderebbero ancora e ne oscurerebbero la memoria sotto metri e metri di iniqui giudizi antistorici e pieni di becera ideologia.
La miglior cosa: la Memoria, il ricordo, l’omaggio di ogni giorno.
La miglior cosa: non strumentalizzare le loro memorie in nome di pacificazioni che in realtà sono solo tentativi di non affrontare il passato con coscienza, onestà intellettuale e libertà di pensiero.
La miglior cosa: combattere con penna e documenti, scrivere, scrivere tutto, fotografare, trascrivere, creare cultura attorno a loro, farli conoscere ai giovani, diffonderne gli esempi, parlarne, celebrarli ogni qual volta se ne presenti l’occasione, nei loro cimiteri e accanto ai loro monumenti, con fiori, corone e il nostro esserci fisico ed interiore.
La miglior cosa, ricordare la figura del Maggiore Ferruccio Spadini, e del Professore, educatore di giovani anche attraverso il suo esempio, con alcune sue parole, scelte non a caso e che ascoltare oggi non è insensato, né nostalgico, ma attuale : Lettera ai compagni di cella, che avevano steso per lui la domanda di grazia
“ Non avendo ben capito la tua generosa offerta e quella dei tuoi cari compagni di cella, hai strappato il consenso del mio animo sempre pronto ad acconsentire ad una proposta partita dai condannati, che nel giorno dell’approdo sono gli ultimi a scendere e nell’ora del naufragio sono i primi a morire. Ti prego perciò di non ritenerlo valido, pur stimando la generosità e la bontà dei vostri animi.
La mia miseria non è un dono di tutti: è privilegio che mi ha concesso la mia Patria, dopo averla fedelmente e onestamente servita. E’ un titolo d’onore che non mi abbatte, anzi mi ritempra le forze. La Patria ha avuto bisogno dei miei pochi beni: che le siano di utilità! Almeno così spero.
Pochi vivono nel privilegio dell’azzurro e se la mia vita dovrà durare un solo giorno, la mia morte durerà tutta la vita e si riprodurrà nei miei figli. Vivo in questa meditazione e nel sacrificio la vita acquista la sola vera libertà. Vi prego di lasciarmi in questo privilegio. Vi bacio tutti. Ferruccio”
A mio nonno e a tutti i Caduti della Repubblica Sociale Italiana, nel suo settantesimo anniversario della fondazione il mio ricordo, il mio impegno,la mia battaglia d’ogni giorno.Visualizza altro soprattutto "uno stato d'animo".Fatto d'ONORE.
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