I Fasci d’azione rivoluzionaria, fondati nell’ottobre 1946 a Roma, sono la prima organizzazione unitaria del neofascismo rivoluzionario, con una distinta struttura paramilitare, l’Esercito clandestino (poi nazionale) anticomunista. Il leader riconosciuto è Pino Romualdi, vice di Pavolini nel Partito fascista repubblicano.
Vi confluiscono vari gruppi, di diversa natura e su articolate posizioni politiche. Il nucleo più consistente è composto da una trentina di reduci di Salò, esponenti della sinistra socializzatrice, che si sono resi protagonisti di azione clamorose come l’esposizione della bandiera nera sulla torre della Milizia il 28 ottobre 1945 o l’occupazione armata della Rai a Monte Mario per trasmettere "Giovinezza", la sera del 29 aprile 1946 (ma l’azione era in programma per il primo anniversario dell’esecuzione di Mussolini, il giorno prima).
Di questa componente facevano parte, tra gli altri, Mario Tedeschi, Luciano Lucci Chiarissi, Enrico De Boccard, Gianfranco Finaldi.
Le difficoltà dell’unificazione sono rimarcate dall’incapacità di dare vita a un unico organo di stampa: continueranno le pubblicazioni i tre fogli Rivoluzione (espressione del gruppo romano), Credere (prodotto da un nucleo di reduci dei reparti M) e Mussolini (organo del Direttorio nazionale dei Far).
Alla fondazione del MSI, nel dicembre 1946 Romualdi lascia il movimento e la leadership passa a Giulio Cesco Baghino. Nel luglio 1947 la componente rivoluzionaria – persa la battaglia per dar vita a un’agile organizzazione di cellule terroristiche, essendo i compiti politici da demandare al partito – abbandona il movimento clandestino che resta sotto il controllo dell’ala spiritualista, che ha la sua espressione politica nella corrente giovanile di Enzo Erra e Pino Rauti.
Il logo e il mito dei Far sopravvive alla fine dell’organizzazione. Nel gennaio 1949 sono arrestati – nelle ultime fasi preparatorie del sabotaggio per affondare la nave destinata all’Urss come riparazione dei danni di guerra – numerosi militanti, tra cui Clemente Graziani e Paolo Andriani.
Passerà alla storia come "processo ai Far" il primo maxiprocesso politico del dopoguerra. Vedrà alla sbarra tutto il gruppo dirigente di Imperium, la corrente giovanile ormai convertita alla dottrina evoliana, a partire dallo stesso Maestro, ovviamente del tutto ignaro degli attentati dimostrativi organizzati dalla Legione nera.
La prima campagna (bomba carta con lancio di volantini a piazza Colonna, il 28 ottobre 1950 e la distruzione delle sedi di PSU e PRI) si conclude con un blitz in cui sono arrestati tra gli altri Rauti, Lucci Chiarissi e Cesare Pozzo, mentre resta latitante per qualche mese Erra, segretario nazionale del Raggruppamento giovanile lavoratori studenti.
Tra marzo e aprile 1951 la campagna per Trieste italiana vede colpire in sequenza l’ambasciata americana e jugoslava, il ministero degli esteri, la casa di Scelba e, per il 25 aprile, le sedi ANPI di Roma, Milano e Brescia.
Nella retata di maggio sono una ventina gli arrestati tra cui Evola, Fausto Gianfranceschi, Graziani, Franco Petronio, Egidio Sterpa (ministro liberale negli anni ’90, eletto alle politiche del 2001 con Forza Italia) e numerosi militanti missini. Il processo si conclude con 12 condannati (a pene miti perché sono considerati solo aderenti e non promotori) e 24 assolti (tra questi Evola, Erra, Rauti, Sterpa, Petronio, Stefano Serpieri e Baghino). Solo in tre (Graziani, Dragoni e Gianfranceschi) si fanno un anno di galera: all’uscita Gianfranceschi abbandona la milizia e si dedica alla cultura. Ancora 40 anni dopo sarà indicato da Vincenzo Vinciguerra, l’organizzatore della strage di Peteano, come "componente dell’organizzazione di sicurezza atlantica che è alle origini della strategia del terrore".
Secondo la Federazione nazionale dei combattenti della RSI (Foglio di Orientamento n.1/1997) alle origini del primo processo politico del dopoguerra sarebbe una soffiata di Giorgio Almirante che avrebbe fatto consegnare da Mieville l'elenco degli aderenti ai Far al Viminale…".
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Vi confluiscono vari gruppi, di diversa natura e su articolate posizioni politiche. Il nucleo più consistente è composto da una trentina di reduci di Salò, esponenti della sinistra socializzatrice, che si sono resi protagonisti di azione clamorose come l’esposizione della bandiera nera sulla torre della Milizia il 28 ottobre 1945 o l’occupazione armata della Rai a Monte Mario per trasmettere "Giovinezza", la sera del 29 aprile 1946 (ma l’azione era in programma per il primo anniversario dell’esecuzione di Mussolini, il giorno prima).
Di questa componente facevano parte, tra gli altri, Mario Tedeschi, Luciano Lucci Chiarissi, Enrico De Boccard, Gianfranco Finaldi.
Le difficoltà dell’unificazione sono rimarcate dall’incapacità di dare vita a un unico organo di stampa: continueranno le pubblicazioni i tre fogli Rivoluzione (espressione del gruppo romano), Credere (prodotto da un nucleo di reduci dei reparti M) e Mussolini (organo del Direttorio nazionale dei Far).
Alla fondazione del MSI, nel dicembre 1946 Romualdi lascia il movimento e la leadership passa a Giulio Cesco Baghino. Nel luglio 1947 la componente rivoluzionaria – persa la battaglia per dar vita a un’agile organizzazione di cellule terroristiche, essendo i compiti politici da demandare al partito – abbandona il movimento clandestino che resta sotto il controllo dell’ala spiritualista, che ha la sua espressione politica nella corrente giovanile di Enzo Erra e Pino Rauti.
Il logo e il mito dei Far sopravvive alla fine dell’organizzazione. Nel gennaio 1949 sono arrestati – nelle ultime fasi preparatorie del sabotaggio per affondare la nave destinata all’Urss come riparazione dei danni di guerra – numerosi militanti, tra cui Clemente Graziani e Paolo Andriani.
Passerà alla storia come "processo ai Far" il primo maxiprocesso politico del dopoguerra. Vedrà alla sbarra tutto il gruppo dirigente di Imperium, la corrente giovanile ormai convertita alla dottrina evoliana, a partire dallo stesso Maestro, ovviamente del tutto ignaro degli attentati dimostrativi organizzati dalla Legione nera.
La prima campagna (bomba carta con lancio di volantini a piazza Colonna, il 28 ottobre 1950 e la distruzione delle sedi di PSU e PRI) si conclude con un blitz in cui sono arrestati tra gli altri Rauti, Lucci Chiarissi e Cesare Pozzo, mentre resta latitante per qualche mese Erra, segretario nazionale del Raggruppamento giovanile lavoratori studenti.
Tra marzo e aprile 1951 la campagna per Trieste italiana vede colpire in sequenza l’ambasciata americana e jugoslava, il ministero degli esteri, la casa di Scelba e, per il 25 aprile, le sedi ANPI di Roma, Milano e Brescia.
Nella retata di maggio sono una ventina gli arrestati tra cui Evola, Fausto Gianfranceschi, Graziani, Franco Petronio, Egidio Sterpa (ministro liberale negli anni ’90, eletto alle politiche del 2001 con Forza Italia) e numerosi militanti missini. Il processo si conclude con 12 condannati (a pene miti perché sono considerati solo aderenti e non promotori) e 24 assolti (tra questi Evola, Erra, Rauti, Sterpa, Petronio, Stefano Serpieri e Baghino). Solo in tre (Graziani, Dragoni e Gianfranceschi) si fanno un anno di galera: all’uscita Gianfranceschi abbandona la milizia e si dedica alla cultura. Ancora 40 anni dopo sarà indicato da Vincenzo Vinciguerra, l’organizzatore della strage di Peteano, come "componente dell’organizzazione di sicurezza atlantica che è alle origini della strategia del terrore".
Secondo la Federazione nazionale dei combattenti della RSI (Foglio di Orientamento n.1/1997) alle origini del primo processo politico del dopoguerra sarebbe una soffiata di Giorgio Almirante che avrebbe fatto consegnare da Mieville l'elenco degli aderenti ai Far al Viminale…".
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