La vita come una lotta, l'ideale come forza per vincere questa lotta, e l'amore come un dono che rende l'uomo felice, libero da un'esistenza in schiavitù. La critica ad una vita che si lascia vivere, e l'esaltazione di un'esistenza valida al servizio del prossimo prima che di se stessi.
31 marzo 1994 – 31 marzo 2014. Vent’anni fa moriva Leon Degrelle, fondatore del Rexismo, movimento nazionalista belga di matrice ed ispirazione cattolica. A causa del suo passato, delle sue idee e delle sue posizioni politiche, la sua opera, e insieme ad essa la sua figura, è stata da i più messa all’indice, bollata come nazionalsocialista.
Ma se, emancipati dal pregiudizio, i moderni provassero a leggere i brevi saggi di Degrelle, a capirne il pensiero ed analizzarne il contenuto andando oltre la connotazione politica dell’autore, scoprirebbero che questi libelli calzano in maniera perfetta con la società odierna, profetici rispetto al mondo in cui viviamo. Un intellettuale, oltre che un politico. Un pensatore, oltre che un soldato. Le sue riflessioni sul mondo, sull’uomo e sulla società sono state spesso gettate nel dimenticatoio, a fronte della sua simpatia per i regimi autoritari del XX secolo, e la vicinanza ai diversi fascismi d’Europa. Militia la sua opera più famosa, pubblicata nel 1964.
Degrelle parla di “cuori vuoti”, denunciando la decadenza del mondo moderno, un mondo in cui i giardini interiori dell’uomo hanno perduto i loro colori e i loro canti di uccelli. Egli denuncia la società che va formandosi ed affermandosi, una società priva d’amore, un secolo che non sprofonda per mancanza di supporto materiale, poiché l’universo non è mai stato così ricco, colmo di tanto benessere, di risorse e di un così grande numero di beni disponibili. Per Degrelle è il cuore dell’uomo ad essere in stato fallimentare. È per mancanza di amore, è per mancanza di fede e capacità di donarsi, che il mondo stesso si abbatte sotto i suoi stessi colpi. La vita come una lotta, l’ideale come forza per vincere questa lotta, e l’amore come un dono che rende l’uomo felice, libero da un’esistenza in schiavitù. La critica ad una vita che si lascia vivere, e l’esaltazione di un’esistenza valida al servizio del prossimo prima che di se stessi. L’attacco ad una società sempre più brutale e meschina, basata sulle lotte tra le classi sociali e sulla smodata ricerca di beni materiali il cui possesso rivela il nulla e alimenta l’odio tra gli uomini.
Un pensatore moderno, attuale, profondo, che guarda all’uomo con speranza, scorgendo un’unica uscita dal decadimento morale, sociale e politico del suo tempo, come del nostro: un’immensa rettificazione morale, che insegni all’uomo a sacrificarsi per l’altro e a lottare per una società priva di egoismo e di individualismo. “La materia, sola a se stessa, o muore o si suicida”.
Fonte art. http://www.lintellettualedissidente.it
31 marzo 1994 – 31 marzo 2014. Vent’anni fa moriva Leon Degrelle, fondatore del Rexismo, movimento nazionalista belga di matrice ed ispirazione cattolica. A causa del suo passato, delle sue idee e delle sue posizioni politiche, la sua opera, e insieme ad essa la sua figura, è stata da i più messa all’indice, bollata come nazionalsocialista.
Ma se, emancipati dal pregiudizio, i moderni provassero a leggere i brevi saggi di Degrelle, a capirne il pensiero ed analizzarne il contenuto andando oltre la connotazione politica dell’autore, scoprirebbero che questi libelli calzano in maniera perfetta con la società odierna, profetici rispetto al mondo in cui viviamo. Un intellettuale, oltre che un politico. Un pensatore, oltre che un soldato. Le sue riflessioni sul mondo, sull’uomo e sulla società sono state spesso gettate nel dimenticatoio, a fronte della sua simpatia per i regimi autoritari del XX secolo, e la vicinanza ai diversi fascismi d’Europa. Militia la sua opera più famosa, pubblicata nel 1964.
Degrelle parla di “cuori vuoti”, denunciando la decadenza del mondo moderno, un mondo in cui i giardini interiori dell’uomo hanno perduto i loro colori e i loro canti di uccelli. Egli denuncia la società che va formandosi ed affermandosi, una società priva d’amore, un secolo che non sprofonda per mancanza di supporto materiale, poiché l’universo non è mai stato così ricco, colmo di tanto benessere, di risorse e di un così grande numero di beni disponibili. Per Degrelle è il cuore dell’uomo ad essere in stato fallimentare. È per mancanza di amore, è per mancanza di fede e capacità di donarsi, che il mondo stesso si abbatte sotto i suoi stessi colpi. La vita come una lotta, l’ideale come forza per vincere questa lotta, e l’amore come un dono che rende l’uomo felice, libero da un’esistenza in schiavitù. La critica ad una vita che si lascia vivere, e l’esaltazione di un’esistenza valida al servizio del prossimo prima che di se stessi. L’attacco ad una società sempre più brutale e meschina, basata sulle lotte tra le classi sociali e sulla smodata ricerca di beni materiali il cui possesso rivela il nulla e alimenta l’odio tra gli uomini.
Un pensatore moderno, attuale, profondo, che guarda all’uomo con speranza, scorgendo un’unica uscita dal decadimento morale, sociale e politico del suo tempo, come del nostro: un’immensa rettificazione morale, che insegni all’uomo a sacrificarsi per l’altro e a lottare per una società priva di egoismo e di individualismo. “La materia, sola a se stessa, o muore o si suicida”.
Fonte art. http://www.lintellettualedissidente.it
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