Di solito è la sinistra antagonista a fare da apripista: sotto la minaccia di problemi di ordine pubblico, cerca di impedire la commemorazione di Sergio Ramelli. Quest’anno, invece, l’iniziativa è stata presa direttamente dai gruppi della sinistra istituzionale: in due consigli di zona di Milano, il 2 e l’8, sono state presentate mozioni pressoché identiche per chiedere che il sindaco Giuliano Pisapia e la giunta comunale impongano il divieto. Entrambe, con un notevole salto logico, lo fanno partendo dalla legge Scelba e dalla legge Mancino. In particolare, il consiglio di zona 2, su iniziativa del gruppo Sinistra per Pisapia, chiede «alla giunta comunale che il ricordo di un giovane militante di estrema destra, ucciso da avversari politici durante gli anni settanta, non sia il pretesto per dare vita a una parata in stile nazista che attraversa la zona est di Milano da ormai 5 anni, i quali (sic!) possono ricordare i propri caduti, così come accade da sempre, davanti ai luoghi dove sono presenti targhe o lapidi in ricordo».
Al di là della grammatica zoppicante, ciò che colpisce è il tentativo di tenere “nascosto” alla città il ricordo, di cancellare la memoria collettiva di Ramelli, che viene indicato come un caduto di parte, etichettato per quello che non era, un estremista di destra, e mai chiamato per nome. È come se si dicesse che se proprio i “fascisti” devono ricordare questo loro caduto almeno lo facciano senza disturbare troppo, un po’ ricalcando lo schema che in quella primavera del 1975 impedì il corteo funebre ai funerali del ragazzo. Ancora più esplicita, poi, la richiesta avanzata dalla sinistra in zona 8. Lì la mozione, con uno stile da rapporto di polizia, chiede «al sindaco agire con urgenza nei confronti organismi competenti», perché «non vengano più autorizzate manifestazioni pubbliche dal chiaro stampo nazi-fascista, negazionista e antisemita nella città di Milano, rappresentando il fatto che tali manifestazioni sono in violazione della legge Mancino. Particolare attenzione, fin da subito, va posta alla manifestazione del 29 aprile, durante la quale negli anni scorsi un triste anniversario è diventato il pretesto per esibire emblemi fascisti». Di nuovo si riscontra il tentativo di cancellazione, stavolta ancora più estremo di quello della zona 2, visto che l’assassinio di un diciottenne viene trasformato in un generico «triste anniversario».
Inoltre, c’è da sottolineare che il centrosinistra dei due consigli strumentalizza la morte di Ramelli per attaccare presenze politiche sgradite: sia sul territorio della zona 2 sia su quello della zona 8 ci sono sedi di di associazioni di destra, che vengono ampiamente citate con la richiesta al Comune di «vigilare» e intervenire. Nessuno dei due consigli di zona, invece, ha competenza sul luogo in cui Ramelli è stato ucciso, che si trova in zona 3. Lì, la mozione per impedire la commemorazione è stata presentata già lo scorso anno. Quest’anno, invece, il presidente di zona, Renato Sacristani, insieme a Camera del Lavoro e Anpi provinciale, ha presentato un esposto al prefetto e al questore di Milano, in cui si legge che, poiché alla commemorazione ci sono tra l’altro delle bandiere con la croce celtica, «la manifestazione del 29 aprile, nelle sue edizioni precedenti oltre ad avere certamente offeso Milano, città medaglia d’oro alla resistenza, costituisce altresì una palese violazione delle leggi poste a tutela del bene giuridico più importante da tutelare, vale a dire la nostra democrazia». Per questo, richiamando ancora una volta la legge Scelba e la legge Mancino e ricordando «la possibilità di attività preventiva di polizia» e «la facoltà di arresto in flagranza», i firmatari dell’esposto «confidano» che «le autorità competenti possano preventivamente porre in essere ogni più opportuna misura diretta a evitare che il prossimo 29 aprile 2014 si debba assistere a palesi violazioni di apologia del fascismo»
Fonte art.
http://www.secoloditalia.it
Al di là della grammatica zoppicante, ciò che colpisce è il tentativo di tenere “nascosto” alla città il ricordo, di cancellare la memoria collettiva di Ramelli, che viene indicato come un caduto di parte, etichettato per quello che non era, un estremista di destra, e mai chiamato per nome. È come se si dicesse che se proprio i “fascisti” devono ricordare questo loro caduto almeno lo facciano senza disturbare troppo, un po’ ricalcando lo schema che in quella primavera del 1975 impedì il corteo funebre ai funerali del ragazzo. Ancora più esplicita, poi, la richiesta avanzata dalla sinistra in zona 8. Lì la mozione, con uno stile da rapporto di polizia, chiede «al sindaco agire con urgenza nei confronti organismi competenti», perché «non vengano più autorizzate manifestazioni pubbliche dal chiaro stampo nazi-fascista, negazionista e antisemita nella città di Milano, rappresentando il fatto che tali manifestazioni sono in violazione della legge Mancino. Particolare attenzione, fin da subito, va posta alla manifestazione del 29 aprile, durante la quale negli anni scorsi un triste anniversario è diventato il pretesto per esibire emblemi fascisti». Di nuovo si riscontra il tentativo di cancellazione, stavolta ancora più estremo di quello della zona 2, visto che l’assassinio di un diciottenne viene trasformato in un generico «triste anniversario».
Inoltre, c’è da sottolineare che il centrosinistra dei due consigli strumentalizza la morte di Ramelli per attaccare presenze politiche sgradite: sia sul territorio della zona 2 sia su quello della zona 8 ci sono sedi di di associazioni di destra, che vengono ampiamente citate con la richiesta al Comune di «vigilare» e intervenire. Nessuno dei due consigli di zona, invece, ha competenza sul luogo in cui Ramelli è stato ucciso, che si trova in zona 3. Lì, la mozione per impedire la commemorazione è stata presentata già lo scorso anno. Quest’anno, invece, il presidente di zona, Renato Sacristani, insieme a Camera del Lavoro e Anpi provinciale, ha presentato un esposto al prefetto e al questore di Milano, in cui si legge che, poiché alla commemorazione ci sono tra l’altro delle bandiere con la croce celtica, «la manifestazione del 29 aprile, nelle sue edizioni precedenti oltre ad avere certamente offeso Milano, città medaglia d’oro alla resistenza, costituisce altresì una palese violazione delle leggi poste a tutela del bene giuridico più importante da tutelare, vale a dire la nostra democrazia». Per questo, richiamando ancora una volta la legge Scelba e la legge Mancino e ricordando «la possibilità di attività preventiva di polizia» e «la facoltà di arresto in flagranza», i firmatari dell’esposto «confidano» che «le autorità competenti possano preventivamente porre in essere ogni più opportuna misura diretta a evitare che il prossimo 29 aprile 2014 si debba assistere a palesi violazioni di apologia del fascismo»
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