Dopo il caso del ragazzo italiano massacrato da una banda di minorenni stranieri, e l’accusa da lui lanciata alla situazione di degrado in cui versa la città, ecco la denuncia di un altro residente.
Salve,Falso buonismo della sinistra risultato..........
non saprei a chi altro rivolgermi per segnalare una caso esemplare della
situazione a Padova.
Ci sono circa una trentina di persone a piedi (extracomunitari, ma non avanzo
pregiudizi circa la nazionalità) che sistematicamente al venerdì sera (dopo
mezzanotte, in Via dell’Artigianato, zona industriale a Padova) formano dei
posti di blocco per le tutte auto in transito con targa italiana.
Allo stato attuale rincorrono le auto e tentano sistematicamente di
circondarle, essendo una via a senso unico con le uscite facilmente bloccabili.
Sto provvedendo ad avvertire anche le forze dell’ordine, tuttavia se qualcuno
di voi avesse occasione di passare per quella via e fosse disposto a riprendere
la scena con una telecamera, sarebbe un’ottima prova del degrado a cui siamo
giunti.
PADOVA. «Mi hanno provocato e hanno scaricato su di me tutta la loro rabbia. Ecco come mi hanno ridotto, in pieno giorno, alla fermata del tram. Questo non è bullismo: è un problema molto più ampio e articolato». Alexander Guedi, 26 anni, padovano, laureando in Giurisprudenza, madre italiana e padre francese, si sfoga così dopo l’aggressione subita giovedì pomeriggio da un gruppo di giovanissimi: due ragazzi e due ragazze, tutti minorenni, immigrati di seconda generazione.
«Stavo aspettando il tram per tornarmene a casa quando una di quelle due ragazze si è avvicinata a me e mi ha spinto. Io l’ho invitata a portare rispetto e lei mi ha offeso e minacciato. Non ho avuto nemmeno il tempo di replicare che sono stato circondato dal suo gruppo. In quattro mi hanno preso a pugni e trascinato per i capelli. Hanno continuato a colpirmi anche quando mi trovavo a terra». È successo verso le 16 alla fermata di riviera Tito Livio. L’aggressione è stata vista da molte persone. «Un’ambulanza si è fermata e gli infermieri a bordo sono intervenuti in mia difesa. I due ragazzi sono fuggiti e lì sono rimaste solo le due giovani».
Lo studente padovano è stato medicato in pronto soccorso e ora porta vistose bende in faccia. Alexander Guedi se la prende con il “sistema Padova” che consente certi fenomeni. «Il bullismo è un’altra cosa. Questa è stata un’aggressione ad un adulto che stava aspettando il tram dopo una giornata di studio, da parte di quattro ragazzi stranieri, con bandane, treccine e capellini in testa e desiderosi di scaricare sul malcapitato di turno violenza e rabbia senza alcun un motivo. Il termine “bullismo” banalizza e maschera un problema assai più grave e diffuso che non riguarda solo me e non si ferma alla fermata di riviera Tito Livio piena del mio sangue ma va davvero oltre e riguarda tutti noi come collettività. Lo stato di insicurezza e allarme in cui siamo costretti a confrontarci quotidianamente a Padova ci sta lentamente abituando a vivere a pugni chiusi e in difesa con le spalle al muro. Un problema quindi non del singolo ma della comunità in cui viviamo e in particolar modo di chi ci rappresenta politicamente e dalle scelte fino ad ora compiute dai medesimi».
I carabinieri della stazione di Prato della Valle stanno seguendo il caso. L’episodio va ad aggiungersi ai numerosi altri casi segnalati nel centro storico cittadino. Gruppi di ragazzini stranieri che picchiano in branco coetanei e non, specie se padovani. Gli investigatori che stanno seguendo il caso arrivano ad ipotizzare addirittura una sorta di “razzismo al contrario”, la violenza usata come forma di rivalsa.
«Ciò che mi è successo non è un caso isolato ma una prassi consolidata delle gang di giovani. Ho l’impressione che qui manchino le condizioni per favorire la vera integrazione. Non voglio fare politica ma ciò che mi è successo proprio non riesco ad accettarlo».
«Stavo aspettando il tram per tornarmene a casa quando una di quelle due ragazze si è avvicinata a me e mi ha spinto. Io l’ho invitata a portare rispetto e lei mi ha offeso e minacciato. Non ho avuto nemmeno il tempo di replicare che sono stato circondato dal suo gruppo. In quattro mi hanno preso a pugni e trascinato per i capelli. Hanno continuato a colpirmi anche quando mi trovavo a terra». È successo verso le 16 alla fermata di riviera Tito Livio. L’aggressione è stata vista da molte persone. «Un’ambulanza si è fermata e gli infermieri a bordo sono intervenuti in mia difesa. I due ragazzi sono fuggiti e lì sono rimaste solo le due giovani».
Lo studente padovano è stato medicato in pronto soccorso e ora porta vistose bende in faccia. Alexander Guedi se la prende con il “sistema Padova” che consente certi fenomeni. «Il bullismo è un’altra cosa. Questa è stata un’aggressione ad un adulto che stava aspettando il tram dopo una giornata di studio, da parte di quattro ragazzi stranieri, con bandane, treccine e capellini in testa e desiderosi di scaricare sul malcapitato di turno violenza e rabbia senza alcun un motivo. Il termine “bullismo” banalizza e maschera un problema assai più grave e diffuso che non riguarda solo me e non si ferma alla fermata di riviera Tito Livio piena del mio sangue ma va davvero oltre e riguarda tutti noi come collettività. Lo stato di insicurezza e allarme in cui siamo costretti a confrontarci quotidianamente a Padova ci sta lentamente abituando a vivere a pugni chiusi e in difesa con le spalle al muro. Un problema quindi non del singolo ma della comunità in cui viviamo e in particolar modo di chi ci rappresenta politicamente e dalle scelte fino ad ora compiute dai medesimi».
I carabinieri della stazione di Prato della Valle stanno seguendo il caso. L’episodio va ad aggiungersi ai numerosi altri casi segnalati nel centro storico cittadino. Gruppi di ragazzini stranieri che picchiano in branco coetanei e non, specie se padovani. Gli investigatori che stanno seguendo il caso arrivano ad ipotizzare addirittura una sorta di “razzismo al contrario”, la violenza usata come forma di rivalsa.
«Ciò che mi è successo non è un caso isolato ma una prassi consolidata delle gang di giovani. Ho l’impressione che qui manchino le condizioni per favorire la vera integrazione. Non voglio fare politica ma ciò che mi è successo proprio non riesco ad accettarlo».
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