sabato 30 marzo 2013



Il governo Mussolini dal 1922 ai Patti Lateranensi
Il primo provvedimento preso da Mussolini fu, il 15 dicembre 1922, la costituzione del Gran Consiglio del Fascismo. Era essenzialmente un organo di partito, ma aveva anche un ruolo governativo, in quanto i suoi componenti ricoprivano cariche dello Stato. Poco più tardi, il 28 ottobre 1922, trasformò le squadre fasciste il Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MSVN), in modo da legittimarle e da attribuire al Partito Fascista un ruolo dominante all'interno dello Stato.
Il 23 luglio 1923 predispose una legge elettorale in grado di fargli mantenere il controllo del Governo, la cosiddetta "legge Acerbo", dal nome del suo proponente. Tale legge prevedeva un premio di maggioranza, ossia la lista che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti e avesse superato tutti gli altri partiti avrebbe ottenuto i due terzi dei seggi. La legge doveva essere approvata dalla Camera, dove il voto decisivo era quello dei deputati del Partito Popolare di don Luigi Sturzo. Mussolini riuscì ad ottenere aiuto dalla Santa Sede, che impose al sacerdote di ritirarsi dalla politica. Privi della guida del sacerdote, i popolari si arresero e uscirono di scena. La legge fu approvata il 23 luglio 1923; don Sturzo prese la via dell'esilio per ritornare in Italia solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il 6 aprile 1924 si tennero le elezioni politiche con il nuovo sistema maggioritario. Il governo aveva promosso il cosiddetto "listone", una lista di coalizione che includeva oltre ai fascisti alcuni elementi della tradizionale classe dirigente. La lista fascista ottenne il 65% dei voti e 374 deputati, dei quali ben 275 erano iscritti al Partito Fascista.
Riconfermatosi come Duce del Fascismo e sancendo l'impotenza dell'opposizione con il discorso del 3 gennaio 1925, Mussolini soppresse le libertà politiche, e da quel periodo si comincia a parlare di regime fascista. Le leggi più significative di quel periodo furono:
- la legge del 24 dicembre 1925, che attribuiva al Capo del Governo poteri quasi assoluti;
- la legge del 31 dicembre 1925, che sottoponeva ogni pubblicazione al controllo politico;
- la legge del 25 novembre 1926, che rendeva illegale qualsiasi dissenso, istituiva un tribunale speciale per i reati
   politici e ristabiliva la pena di morte.
Dopo di allora, il partito ebbe il ruolo di inquadrare nelle sue strutture il maggior numero di italiani, e di svolgere una intensa opera di propaganda. Nacquero varie organizzazioni specifiche: l'Opera Nazionale Balilla (ONB), più tardi Gioventù Italiana del Littorio (GIL), per l'inquadramento dei bambini e dei giovani; i Gruppi Universitari Fascisti (GUF), a cui aderivano gli studenti universitari; le Massaie Rurali e i Fasci Femminili, rivolte delle donne di campagna e di città; l'Opera Nazionale Dopolavoro, per assicurare ai lavoratori una rete di attività assistenziali e ricreative, e con la quale ci fu un tentativo ben riuscito di avvicinare al partito il ceto operaio.
La "Battaglia del Grano"
La politica agraria del regime si realizzo dopo che il fascismo aveva organizzato una politica brutale nei confronti delle campagne, eliminando ogni conquista dei contadini e dei braccianti ottenuta subito dopo la guerra. Inoltre fu introdotta una legge per limitare i movimenti dei contadini dalle campagne alle città. Nel giugno del 1925 fu lanciata la "battaglia del grano", con l'obiettivo di raggiungere l'autosufficienza in campo granario, grazie anche al reinserimento di un dazio sulle importazioni di grano. Erano previste la meccanizzazione della produzione, la concimazione chimica, la sperimentazione culturale. L'obiettivo non fu raggiunto, ma la campagna ebbe un forte effetto propagandistico, e le foto del Duce che trebbiava il grano a torso nudo erano molto popolari negli anni Trenta, facendo aumentare il consenso.
La rivalutazione della Lira: Quota 90
Nel 1926 il ministro De Stefani diede le dimissioni e alle Finanze fu chiamato Giuseppe Volpi, che ottenne un ingente prestito dagli Stati Uniti. Abbandonato il precedente liberismo, Volpi attuò una politica protezionistica favorevole alle grandi imprese, efficacemente detta di "privatizzazione dei profitti" e di "socializzazione delle perdite". Nel 1927 la lira fu rivalutata, fissando il tasso di cambio a 90 lire per una sterlina, mentre prima ne occorrevano 150. L'operazione aveva anche un valore propagandistico, in quanto era in favore dei piccoli risparmiatori. In Italia vi fu una forte deflazione, favorita da alcune misure complementari: restrizione del credito, riduzione di sconti e anticipazioni ad altre banche da parte della Banca d'Italia, taglio dei salari del 20%, introduzione del prestito del Littorio (ossia la conversione dei Buoni del Tesoro in prestiti consolidati). La lira finì per essere, paradossalmente, una moneta troppo forte, e ciò provocò una diminuzione delle esportazioni e la crisi di alcuni settori produttivi.
I Patti Lateranensi
I rapporti tra l'Italia e la Chiesa erano rimasti bruscamente interrotti dal 1870. Le trattative ripresero con il governo Mussolini nell'estate del 1926 per concludersi l'11 febbraio 1929, con la firma dei Patti Lateranensi, comunemente chiamati "Conciliazione". Erano sostanzialmente divisi in tre parti:
- la prima parte era un trattato internazionale, con il quale la Santa Sede riconosceva lo Stato Italiano ponendo fine alla questione romana, e lo Stato Italiano riconosceva la sovranità della Santa Sede sul territorio di Città del Vaticano e su altri particolari edifici;
- la seconda parte era una convenzione finanziaria, con la quale lo Stato Italiano si impegnava a corrispondere alla Santa Sede una cospicua somma, a risarcimento dei territori persi con l'annessione dello Stato Pontificio al Regno d'Italia;
- la terza parte era una concordato, che definiva i diritti della Chiesa in Italia, elevando la religione cristiana cattolica a religione di stato, limitando i diritti degli altri culti ammessi e limitando anche chi incorresse in sanzioni ecclesiastiche.
La Conciliazione giovò alla Chiesa sul piano pratico, e al fascismo, che essendo riconosciuto dalla Chiesa rafforzò le proprie posizioni e consolidò il proprio potere.
Il 24 marzo 1929 si svolsero le prime elezioni del regime fascista, quasi un plebiscito. L'affluenza fu quasi del 90%, altissima per l'epoca. I sì furono 8.506.576, mentre i no furono solo 136.198. Il Fascismo era ormai saldamente insediatoalla guida dello Stato Italiano.

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