martedì 15 luglio 2014

Vanni Teodorani, congiunto e fidato del Duce


Uomo di fede e di coraggio, fu il fondatore della Federazione Nazionale Combattenti della Rsi

Marito di Rosina, la figlia di Arnaldo Mussolini, uscì miracolosamente indenne da tre tentativi di fucilazione
“Sul lago madido/ mi coprirono di sputi./ Tute blu,/ cravatte rosse,/ mitraglie sovietiche,/ pallottole USA./ False madri/ bestemmiavano/ figli non nati./ Liberali/ battevano le mani./ Per tre volte/ il muro mi respinse,/ risparmiandosi/ una morte inutile/ di più./ L'Italia/ era defunta/ da cinque minuti”. Sono i versi di una poesia di Vanni Teodorani, si intitola “Fucilazione”.
Vanni Teodorani, uomo di spicco di Salò e fondatore della Federazione Nazionale Combattenti della R.S.I., ha vissuto su questa terra solo 47 anni: nato nel 1916, morì infatti nel 1964. Era stato capo della Segreteria Militare del Capo dello Stato, collaborando alla ricostituzione delle Forze armate della Repubblica Sociale, era stato Sottocapo di S. M. della Divisione San Marco, ufficiale superiore addetto al Raggruppamento Mobile B.N. , capo manipolo della Milizia, e aveva sposato la figlia di Arnaldo Mussolini, Rosina. Ad accompagnare la sposa all’altare era stato il Duce, suo zio: il buon Arnaldo aveva voluto lasciare il suo posto all’amato fratello. Le immagini del matrimonio di Teodorani con la giovane Rosina circolano in rete, si possono ammirare in quelle sequenze i Moschettieri del Duce che snudano i pugnali al passaggio degli sposi dopo la cerimonia.
Di Vanni Teodorani il Duce si fidava e spesso gli affidava compiti delicati sia in Patria che all’estero.
Aveva tentato di negoziare la salvezza di Mussolini, nelle ore frenetiche che precedevano la fine, aveva preso contatti con il Consolato americano a Berna e con il comandante della Regia Marina Dessy, per costituire una zona neutra dove affrontare la resa militare, ma non era riuscito a portare a termine il suo lavoro. Era stato catturato da una brigata partigiana mentre si recava dal Duce a Como, il 27 aprile 1945. A nulla erano valsi gli accordi presi con Dessy, a nulla le trattative intavolate con gli americani. Tre volte i partigiani cercarono di fucilarlo, tre volte Teodorani subì sevizie e percosse, tre volte riuscì a fuggire. Racconta questi episodi drammatici in una poesia dal titolo “Seviziato”: “Mi hanno/ seviziato/ e percosso./ Imprigionato/ e spogliato./ Calunniato/ e rinnegato./ Ma nessuna/ sevizia/ più tragica”. Era riuscito così a rientrare a Como, grato al Signore per aver avuta salva la vita. Il periodo successivo alla primavera del ’45 fu costretto a vivere in clandestinità, partecipando anche alle attività dei gruppi anticomunisti clandestini, “convinto – scrive Anna Teodorani – di essere sì un superstite ma non un rassegnato”. E continua: “Rifiutandosi di considerare il Fascismo, specie della RSI, come una storia negativa della Nazione da dimenticare e che ai superstiti rimanesse solo il dovere di recitare il mea culpa perché causa della tragedia nazionale in corso, rappezzata dalla ‘liberazione’ grondante sangue fratricida”.
Teodorani fu poi arrestato a Roma, detenuto a Regina Coeli e poi liberato in seguito all’amnistia.  La sua scelta di fondare la Federazione Nazionale Combattenti Repubblicani nacque dalla necessità di non dimenticare quei seicento giorni di orgoglio nazionale. Di lui disse Vittorio Mussolini: "Vanni riuscì a trovare la forza per sopportare il crollo del nostro ideale , non credette che fosse finito con il 28 aprile, che l'odio dei nemici potesse durare tanto a lungo, che gli italiani non potessero ritrovarsi di nuovo in pace a lavorare per il bene comune. Sopportò il terrore morale e fisico. Sofferse, lottò, gridò alto la sua fede, la sua speranza che l'incubo sarebbe stato breve, il disastro riparato, il valore riconosciuto, i caduti rispettati da ambo le parti, la pace tornata fra gli italiani, ma il buio durò anni, l'odio fu trasmesso alle generazioni che non avevano conosciuto la guerra e dura ancora più per ignoranza che per cattiva memoria".
Le battaglie di Teodorani per l’affermazione della verità storica proseguirono poi con la rivista “Asso di Bastoni”, di cui fu direttore, dove si prodigò anche per una campagna atta a dare sepoltura cristiana alle spoglie del Duce. “Naturalmente – scrive ancora Anna Teodorani – queste campagne fruttarono al giornale 53 sequestri, 103 denunce e querele, 89 processi”.
Vanni Teodorani farà in tempo a vedere almeno la sepoltura dei resti mortali di Benito Mussolini: quando la salma del Duce giunse a Predappio, nell’agosto 1957, per trovare finalmente pace nella cripta di famiglia, Vanni era a San Cassiano con i familiari del Duce.
 
Art di Emma Moriconi.
 
 
 

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