mercoledì 16 luglio 2014

La palabra, el mensaje, la idea de José Antonio Primo de Rivera.



Josè Antonio nasce a Madrid nel 1903, da buona famiglia, figlio primogenito di Don Miguel Primo De Rivera, tenente colonnello di fanteria e marchese di Estella. Durante la sua adolescenza, la vita politica spagnola, dall'inizio della guerra in Marocco (1909) fino all'avvento della dittatura del padre Miguel è agitatissima. Egli fin dai primi anni della sua giovinezza segue l'attività politica del padre, tuttavia disattende le aspirazioni di Don Miguel e preferisce gli studi di diritto alla carriera militare. Nel 1923 intensificatisi gli attentati terroristici, le accennate manovre separatiste, specie in Catalogna, l'andamento sfavorevole della guerra d'Africa, rendono popolare la figura di Don Miguel, che diventa primo ministro con l'appoggio di re Alfonso XIII, a seguito di un incruento golpe.La dittatura moderata di Don Miguel dura meno di sette anni, durante i quali si forma il carattere di Josè Antonio e si delineano in lui quei convincimenti che saranno fondamentali per il suo impegno patriottico e culturale. Nel 1930, in seguito a dissapori sociali, Don Miguel si dimette e muore, dopo qualche mese di esilio volontario.Lo sciacallaggio dei liberali e dei marxisti, fanno scaturire in Josè Antonio uno stato d'animo estremamente reattivo nei confronti di coloro che offendono la memoria del padre, entrando a far parte, nel 1931, dell'associazione politica "Fascio", costituita dai camerati di Don Miguel. Nel giro di pochi anni fa le prime esperienze in galera,conosce personalmente Mussolini, e si dedica attivamente alla vita politica creando "la Falange" e allaccia i primi rapporti con il generalissimo Franco.Il profondo messaggio cristiano e nazionalista di Josè Antonio affonda velocemente le proprie radici con un forte riscontro sociale e le persecuzioni del governo liberale marxista si intensificano: sull'orlo della guerra civile, vengono assassinati decine di falangisti durante le manifestazioni, ma ormai la Spagna è tutta con lui.
Nel 1936 Josè Antonio viene fatto arrestare ed uccidere il 20 novembre nel carcere di Alicante, assieme ad altri cinque falangisti. Di lì a poco scoppia la guerra civile. Di lui Franco dirà: "La sua morte segretamente offerta a Dio per la Patria ne fa un eroe nazionale, simbolo del sacrificio della giovinezza del nostro tempo". Josè Antonio fu dunque l'essenziale equilibrio di pensiero ed azione, la perfetta armonia tra l'essere e il sembrare, esempio di tutte le più grandi virtù: la continuità nell'impegno, la coerenza, il coraggio, lo spirito di sacrificio, l'altruismo, la cristiana capacità di stare accanto agli umili e di saper sfidare i potenti.La politica, nella concezione di Josè Antonio, divenne una funzione religiosa e poetica, rivelatrice dell'autentico destino di un popolo. Diceva infatti: "Ci troviamo di fronte ad una guerra che riveste, ogni giorno di più, il carattere di crociata, di grandiosità storica e di lotta trascendente di popoli e di civiltà".
La storia della falange nelle sue premesse, nelle sue origini e nei suoi primi sviluppi, coincide con la storia umana di Josè Antonio, proprio per questa sua impronta "religiosa" che prescinde dall'immanenza, che non è personale ma innata, trascendente ed universale. La Spagna ha costruito per i suoi caduti il tempio della Valle dos Coudos: mirabile testimonianza di cristiana interpretazione della vita e della morte proprio nella terra che più duramente di ogni altra ha patito l'odio della guerra civile. Lì riposa per sempre, accanto al generalissimo Franco e a migliaia di caduti, l'eterno Josè Antonio Primo de Rivera
José Antonio Primo De Rivera, un patriota per la Spagna e per l’Europa
«Auguro le cose migliori a Voi e alla Spagna» così si concluse l'unico incontro fra Josè Antonio e Benito Mussolini, una sera di ottobre del 1933. Mussolini aveva già capito che il destino della Falange era il destino della Spagna, e che la Spagna da lì a poco tempo sarebbe diventata di fondamentale importanza per l'Europa. La
Spagna di Josè Antonio era, infatti, un paese in subbuglio, in continuo scontro. Soltanto tre anni dopo sarebbe scoppiata quella sanguinosa guerra che martoriò la Spagna intera, ma che fu solo il preludio di quello che poco tempo dopo toccò all'Europa intera. Una delle prime vittime di quella guerra fu proprio Josè Antonio, «uno degli spiriti più belli che io abbia mai conosciuto», come lo descrisse Mussolini alla sorella Pilar Primo de Rivera. La prematura scomparsa del giovane leader falangista, non ci permette di capire fin in fondo il suo pensiero politico, su quello
che sarebbe diventato uno dei temi principali dei fascismi degli anni '30 e'40: l'Europa.
Rimanendo fedeli agli scritti di Josè Antonio si può avere una certa difficoltà nel delinearne un profilo europeista. Bisogna perciò cercare di interpretare il pensiero di Josè Antonio in funzione di un periodo di storia che non ha vissuto. Josè Antonio era spagnolo fino al midollo, tanto che si rifiuto sempre di definirsi "fascista"
perché quella parola stava ad identificare un "ideologia italiana e non spagnola". Diceva che con il Fascismo lo legavano "diversi punti di contatto", ma nulla più. Prima di tutto stava la Spagna da salvare, da ridestare. Ma il riscatto della Spagna, passava anche per la sua integrazione nell'Europa, nel suo non rimanere un paese
periferico, ma nel ritornare al ruolo preminente e centrale che le spetta nella politica continentale.
Il 29 ottobre del 1933 a Madrid, nel teatro della "Comedia", Josè Antonio tiene il discorso di fondazione della Falange Espanola, nel quale enuncia tutti i principi fondanti del nuovo movimento: Patria, giustizia sociale, famiglia, corporazioni, Tradizione cattolica, fedeltà e sacrificio. Il simbolo sarà il giogo con le cinque frecce,
dei re Isabella e Ferdinando d'Aragona, che nel 1469 posero le basi per l'unificazione spagnola e da lì la lanciarono nella grande storia europea e mondiale. Il giogo con le frecce richiama, come ha sottolineato Antonio Medrano, al simbolo solare, simbolo ricorrente nella Tradizione europea. Al sole richiamano anche l'inno (Cara al Sol), e il saluto con il braccio teso, tipico di tutti i movimenti fascisti. La grande capacità movimentista delle giovani camicie azzurre faceva da contrappasso con gli insuccessi elettorali del movimento, dovuti al fatto che molti simpatizzanti non avevano ancora raggiunto l'età per recarsi alle urne. Il 4 marzo 1934 sorge la F.E. de las JONS, fusione della FE con le Juntas de offensiva nacional-sindacalista di Ramiro Ledesma Ramos e Onesimo Redondo; nell'ottobre si celebra in Madrid il I° consiglio
nazionale. La guida fu affidata a Josè Antonio. Nel dicembre 1934 Ramiro Ledesma uscirà dal movimento. Nel giugno 1934 la giunta politica decise che la Falange si solleverà "sola o accompagnata" contro la sovversione comunista, sostenuta dall'Unione Sovietica. Nelle elezioni del febbraio 1936 il fronte popolare, unione delle forze della sinistra, vince le elezioni. Il 17 luglio Josè Antonio dal carcere di Alicante riesce a far uscire un appello alla sollevazione di tutto il popolo spagnolo.
All'alba del 18 luglio i generali delle truppe coloniali marocchine, Francisco Franco e Luis Orgaz, occupano Las Palmas. E' l'inizio della guerra civile. Ai militari si unirono nazionalisti, monarchici, carlisti, tradizionalisti e soprattutto dai falangisti. Nei giorni dell'alzamiento, Josè Antonio dal carcere così si esprime «... E' sconsolantemente bello che la Falange abbia molti più cuori che cervelli ...». Josè Antonio fu giustiziato, su ordine dell'ambasciatore di Mosca, il 20 novembre 1935.
Come scrisse Robert Brasillach :«Si può dire senza paradosso che la ribellione del generale Franco è stata utile alla Francia come alla Spagna». Questo discorso si può certamente ampliare a tutta l'Europa e nello stesso modo interpretare l'azione dei vari partiti fascisti, come salvaguardia della Patria e allo stesso tempo dell'Europa
stessa.
Analizzando, allora, il pensiero joseantonista possiamo trovare la cura anche per l'Europa, ben consci dal fatto che la parola "Patria" può stare a significare in maniera uguale sia Spagna sia Europa (ricordando cosa diceva Mazzini in riferimento ai buoni patrioti italiani, che perciò erano anche buoni patrioti europei). Il pensiero di Josè Antonio si può riassumere in una sola parola: Patria. La Patria come un'entità trascendente, un'unita di destino. Solo nel senso più alto della Patria si può avere giustizia e pace. Solo nella negazione dello stato liberale e marxista si può giungere
alla giustizia sociale. Solo nel far rivivere i valori tradizionali e i miti del passato si può costruire un grande futuro. La dottrina joseantoniana ha dell'uomo una concezione profonda, che va al di là del semplice "ente" elettorale e consumistico. L'uomo è in primo luogo un essere che crede, che ha bisogno di credere. Lo stato come lo voleva Josè Antonio si basa su Famiglia, comune e Gremio (=corporazione); autentiche realtà naturali di una società organica. Erano ritenuti inutili i partiti, perché non rappresentativi. L'obbiettivo finale è un sistema corporativo, ripreso dalla dottrina mussoliniana, che alla sua base ha il sindacato nazionale, capace di mediare fra le parti senza favori di classe. Lo stato diventa così «un regime di solidarietà nazionale, di cooperazione coraggiosa e fraterna», che «permetterà ogni iniziativa
privata che sia compatibile con gli interessi della comunità nazionale», in cui «si integrano tutti gli individui e tutte le classi». La Falange non è solo un movimento politico, è una religione, è un modo di essere e di agire. La Falange non deve difendere gli interessi particolari di nessuno, se non quelli di tutto il popolo
spagnolo. Lo spirito della Falange è uno spirito guerriero, aristocratico e poetico: «Il nostro posto è all'aria aperta, sotto la notte limpida, arma al braccio e nel cielo le stelle».
Il motto della Falange era «ESPANA: UNA, LIBRE, GRANDE!». Una Grande
Spagna, in una Grande Europa, ecco il pensiero di Josè Antonio; pensiero che è stato raccolto da tutti i volontari spagnoli della Division Azul che raggiunsero le truppe tedesche per combattere il bolscevismo. E con lo stesso pensiero erano lì a lottare Leon Degrelle, Robert Brasillach, e tutti i grandi patrioti dell'Europa. Proprio Brasillach scriveva nel 1941: «E' lo spirito di Josè Antonio che noi abbiamo sempre proclamato qui e che vogliamo mantenere, al modo nostro, per noi». E ripensando alla Guerra di Spagna ancora Brasillach ricorda: «Bisogna che la guerra in corso perpetui in tutti paesi le magnifiche virtù del luglio 1936». Con quelle virtù si è andato a formare quell'esercito europeo fascista che fino all'ultimo combatté per Berlino.
Iniziata l'avanzata tedesca contro la Russia i camerati di Josè Antonio, dopo aver combattuto per la libertà dell'Europa nella guerra spagnola, decisero che era giunto il momento di ripagare l'Europa e si arruolarono volontariamente. Furono oltre 17.000 gli spagnoli arruolati nella Division Azul (non pochi considerando che
il paese usciva da 3 anni di una tremenda guerra civile), che combatté sul fronte di Leningrado nell'ottobre del 1941, agli ordini del generale Munoz Grande. In due anni di battaglie la Division perse quasi 4.000 combattenti tra caduti e feriti. Rimasero quasi in 2.000 a difendere Berlino e la Germania contro le orde bolsceviche sino all'ultimo respiro. Nel dopoguerra nella Spagna franchista, della Falange joseantoniana rimase poco o nulla. Franco per impostare il suo regime personale non ha risparmiato neanche i suoi vecchi camerati falangisti, nonostante ciò il ricordo di Josè Antonio rimane indissolubile. Il pensiero di Josè Antonio è ritornato in auge anche nel regime reazionario franchista; basta pensare alla Carta del Lavoro o
all'adesione di quell'Europa delle Patrie proposta da Charles De Gaulle. Prima di morire Josè Antonio scrisse che sperava che il suo sangue fosse l'ultimo a spargere nella guerra civile, convinto come era che tutti gli spagnoli dovevano unirsi e combattere per la grandezza della Patria. Questa forse è la sua più importante lezione.
Lezione che capì anche Francisco Franco, quando finita la guerra fece
costruire la monumentale Valle de los Caidos, nella quale riposano uno a fianco all'altro caduti di entrambe le parti in conflitto. Un esempio importante di come chi ha vinto aveva come fine la grandezza di TUTTI gli Spagnoli. E di TUTTI gli Europei.
¡Volveràn banderas vitoriosas! Sventoleranno bandiere vittoriose!





 

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