Allarme neonazi nel paese guidato dai popolari di Rajoy, mentre i nostalgici franchisti lanciano un nuovo partito.
Porta la data di qualche settimana fa, ma a è stato reso pubblico solo negli ultimi giorni grazie ad uno scoop del Pais. Malgrado il titolo, dal sapore burocratico, non suoni troppo allarmistico, “Misure da applicare al personale militare di tendenze radicali”, il rapporto redatto dallo Stato maggiore dell’esercito spagnolo è in realtà un vero e proprio segnale di pericolo. Per questo, non si voleva che circolasse al di fuori dei vertici militari. E, anche dopo la sua diffusione, dai generali che lo hanno commissionato non si è ottenuto niente di più di un “No comment” e un rigido trincerarsi dietro al Segreto di Stato.
Realizzato in base ai dati raccolti da un’ampia inchiesta condotta dall’intelligence dell’Ejército de Tierra, il documento rivela «l’esistenza di membri delle forze armate dalle chiare tendenze radicali, in termini ideologici, religiosi o criminali, le cui azioni, in molti casi, sono circoscritte alla loro sfera privata e all’ambiente sociale a loro circostante», mentre in altri possono addirittura «arrivare a rappresentare una minaccia per la stessa sicurezza nazionale».
Indagando, nelle caserme dell’intero paese, sui circa 130mila membri dell’esercito che è stato completamente professionalizzato fin dal 2002, si è infatti scoperta la presenza di militari vicini alle posizioni del radicalismo islamico, della sinistra radicale o in qualche modo legati, se non affiliati, alle gang criminali nate in America Latina e che si sono poi diffuse in tutto il mondo, come Los Ñetas o i Latin Kings. Ma è soprattutto una la minaccia che sembra preoccupare di più i vertici dell’esercito spagnolo: la crescita di una vera e propria sottocultura “neonazista” in un paese dove i fantasmi della dittatura franchista hanno continuato ad aleggiare per molto tempo sugli uomini in divisa.
E ciò che l’indagine dello Stato maggiore non dice, è invece ampiamente descritto dalle cronache che già da tempo raccontano di questa recrudescenza del radicalismo di destra anche a partire dalle caserme. Era ad esempio un militare di professione Josuè Estebanez de la Hija, il giovane neofascista di ventisette anni che l’11 novembre del 2007 uccise a coltellate Carlos Palomino, un attivista di sinistra di soli sedici anni. All’apoca, le immagini del brutale omicidio, compiuto mentre l’assassino si stava recando ad una manifestazione anti-immigrati organizzata dal gruppo di Democracia Nacional in una zona della periferia di Madrid, furono riprese dalle telecamere a circuito chiuso della metropolitana della capitale spagnola è hanno scosso l’intero paese.
Quello di Estebanez de la Hija, condannato a ventisei anni di carcere nel 2009, non rappresenta però un caso isolato. Come denunciato più volte da Esteban Ibarra, presidente del Movimiento contra la Intolerancia, la maggiore ong antirazzista spagnola, «la violenza razzista e l’odio motivato dall’ideologia neonazista» sono cresciuti in modo esponenziale nel paese nel corso degli ultimi anni. Coinvolgendo spesso anche dei giovani militari, magari degli ex skinheads che hanno cercato di entrare a far parte dei corpi d’élite dell’esercito. Diverse denuncie hanno ad esempio riguardato delle reclute della Brigada de Infantería Ligera Paracaidista, per gli spagnoli semplicemente Bripac, della base di Alcalá de Henarese, alle porte di Madrid, considerata, insieme alla Legione, come la punta di diamante delle forze armate spagnole, schierata ora in Afghanistan.
Diversi i militari identificati di recente mentre partecipavano a iniziative della destra radicale in particolare nella capitale, vero epicentro del risveglio della galassia nera. Secondi i dati resi noti dalla Brigada Provincial de Información della polizia di Madrid, solo negli ultimi tre anni oltre trecento neofascisti sono stati arrestati per atti di violenza o per manifestazioni non autorizzate. L’ultima azione ha avuto luogo solo qualche settimana fa, quando un gruppo di estremisti di destra ha interrotto violentemente un incontro con un delegato del governo regionale catalano che aveva luogo in una libreria madrilena. L’opposizione alla crescita dell’indipendentismo di Barcellona rappresenta infatti uno dei temi forti del ritorno sulla scena dell’ultradestra.
La “geografia” di questa nuova generazione di estremisti si compone di giovani provenienti dai quartieri popolari, come quelli che ricercano i “valori patriottici” vestendo una divisa o i supporter razzisti del Real Madrid, riuniti sotto l’etichetta di Ultrasur o, ancora, gli aderenti al circuito naziskin che organizzano concerti di “rock anti-comunista”. Accanto a loro, si ritrovano però anche gli studenti di estrema destra della facoltà di Diritto dell’Università Complutense o i giovani rampolli delle famiglie bene dei “Parioli” di Madrid, il quartiere di Salamanca, o delle zone residenziali upperclass come La Finca.
Queste le truppe su cui hanno potuto contare fino ad oggi le maggiori formazioni dell’estrema destra. Gruppi come Alianza Nacional il Nudo Patriota Español, la Falange Española de las Jons, il Movimiento Catolico Español e Democracia Nacional che proprio in questi giorni – l’occasione è stata il 20 novembre l’anniversario della morte del dittatore Francisco Franco, scomparso nel 1975, e di Josè Antinio Primo de Rivera, il fondatore della Falange che del regime franchista incarnò l’anima più radicale, ucciso durante la Guerra civile del 1936, ricordati questo weekend da due iniziative nel centro di Madrid -, hanno annunciato il lancio di una nuova sigla unitaria “España en Marcha” che debutterà in occasione delle elezioni europee del maggio prossimo.
Pericolosi e violenti, i nostalgici del Caudillo sono stati fin qui relegati ad un’estrema marginalità politica, prigionieri delle loro stesse divisioni. Oggi provano la carta dell’unità, già sperimenta con il portale Patriotas.es sorta di spazio federale dell’estremismo nero, puntando a raccogliere qualche deluso del Partido Popular di Mariano Rajoy, che secondo gli ultimi sondaggi potrebbe perdere fino ad un terzo dei propri consensi, e concentrandosi sulla lotta all’immigrazione, la difesa delle vittime “spagnole” della crisi e la guerra senza quartiere al separatismo basco e catalano. Stanno anche cercando un leader, ma al momento l’unico candidato di rilievo è Ricardo Sáenz de Ynestrillas, un avvocato quarantottenne figlio di un militare ucciso dall’Eta, più volte passato per i tribunali e condannato per tentato omicidio nel 2001, appena rientrato in Spagna dall’America Latina. Un profilo decisamente ancora troppo ultrà per tentare di sedurre qualche elettore in libera uscita del centrodestra.
TAG: Francisco Franco, Mariano Rajoy
Porta la data di qualche settimana fa, ma a è stato reso pubblico solo negli ultimi giorni grazie ad uno scoop del Pais. Malgrado il titolo, dal sapore burocratico, non suoni troppo allarmistico, “Misure da applicare al personale militare di tendenze radicali”, il rapporto redatto dallo Stato maggiore dell’esercito spagnolo è in realtà un vero e proprio segnale di pericolo. Per questo, non si voleva che circolasse al di fuori dei vertici militari. E, anche dopo la sua diffusione, dai generali che lo hanno commissionato non si è ottenuto niente di più di un “No comment” e un rigido trincerarsi dietro al Segreto di Stato.
Realizzato in base ai dati raccolti da un’ampia inchiesta condotta dall’intelligence dell’Ejército de Tierra, il documento rivela «l’esistenza di membri delle forze armate dalle chiare tendenze radicali, in termini ideologici, religiosi o criminali, le cui azioni, in molti casi, sono circoscritte alla loro sfera privata e all’ambiente sociale a loro circostante», mentre in altri possono addirittura «arrivare a rappresentare una minaccia per la stessa sicurezza nazionale».
Indagando, nelle caserme dell’intero paese, sui circa 130mila membri dell’esercito che è stato completamente professionalizzato fin dal 2002, si è infatti scoperta la presenza di militari vicini alle posizioni del radicalismo islamico, della sinistra radicale o in qualche modo legati, se non affiliati, alle gang criminali nate in America Latina e che si sono poi diffuse in tutto il mondo, come Los Ñetas o i Latin Kings. Ma è soprattutto una la minaccia che sembra preoccupare di più i vertici dell’esercito spagnolo: la crescita di una vera e propria sottocultura “neonazista” in un paese dove i fantasmi della dittatura franchista hanno continuato ad aleggiare per molto tempo sugli uomini in divisa.
E ciò che l’indagine dello Stato maggiore non dice, è invece ampiamente descritto dalle cronache che già da tempo raccontano di questa recrudescenza del radicalismo di destra anche a partire dalle caserme. Era ad esempio un militare di professione Josuè Estebanez de la Hija, il giovane neofascista di ventisette anni che l’11 novembre del 2007 uccise a coltellate Carlos Palomino, un attivista di sinistra di soli sedici anni. All’apoca, le immagini del brutale omicidio, compiuto mentre l’assassino si stava recando ad una manifestazione anti-immigrati organizzata dal gruppo di Democracia Nacional in una zona della periferia di Madrid, furono riprese dalle telecamere a circuito chiuso della metropolitana della capitale spagnola è hanno scosso l’intero paese.
Quello di Estebanez de la Hija, condannato a ventisei anni di carcere nel 2009, non rappresenta però un caso isolato. Come denunciato più volte da Esteban Ibarra, presidente del Movimiento contra la Intolerancia, la maggiore ong antirazzista spagnola, «la violenza razzista e l’odio motivato dall’ideologia neonazista» sono cresciuti in modo esponenziale nel paese nel corso degli ultimi anni. Coinvolgendo spesso anche dei giovani militari, magari degli ex skinheads che hanno cercato di entrare a far parte dei corpi d’élite dell’esercito. Diverse denuncie hanno ad esempio riguardato delle reclute della Brigada de Infantería Ligera Paracaidista, per gli spagnoli semplicemente Bripac, della base di Alcalá de Henarese, alle porte di Madrid, considerata, insieme alla Legione, come la punta di diamante delle forze armate spagnole, schierata ora in Afghanistan.
Diversi i militari identificati di recente mentre partecipavano a iniziative della destra radicale in particolare nella capitale, vero epicentro del risveglio della galassia nera. Secondi i dati resi noti dalla Brigada Provincial de Información della polizia di Madrid, solo negli ultimi tre anni oltre trecento neofascisti sono stati arrestati per atti di violenza o per manifestazioni non autorizzate. L’ultima azione ha avuto luogo solo qualche settimana fa, quando un gruppo di estremisti di destra ha interrotto violentemente un incontro con un delegato del governo regionale catalano che aveva luogo in una libreria madrilena. L’opposizione alla crescita dell’indipendentismo di Barcellona rappresenta infatti uno dei temi forti del ritorno sulla scena dell’ultradestra.
La “geografia” di questa nuova generazione di estremisti si compone di giovani provenienti dai quartieri popolari, come quelli che ricercano i “valori patriottici” vestendo una divisa o i supporter razzisti del Real Madrid, riuniti sotto l’etichetta di Ultrasur o, ancora, gli aderenti al circuito naziskin che organizzano concerti di “rock anti-comunista”. Accanto a loro, si ritrovano però anche gli studenti di estrema destra della facoltà di Diritto dell’Università Complutense o i giovani rampolli delle famiglie bene dei “Parioli” di Madrid, il quartiere di Salamanca, o delle zone residenziali upperclass come La Finca.
Queste le truppe su cui hanno potuto contare fino ad oggi le maggiori formazioni dell’estrema destra. Gruppi come Alianza Nacional il Nudo Patriota Español, la Falange Española de las Jons, il Movimiento Catolico Español e Democracia Nacional che proprio in questi giorni – l’occasione è stata il 20 novembre l’anniversario della morte del dittatore Francisco Franco, scomparso nel 1975, e di Josè Antinio Primo de Rivera, il fondatore della Falange che del regime franchista incarnò l’anima più radicale, ucciso durante la Guerra civile del 1936, ricordati questo weekend da due iniziative nel centro di Madrid -, hanno annunciato il lancio di una nuova sigla unitaria “España en Marcha” che debutterà in occasione delle elezioni europee del maggio prossimo.
Pericolosi e violenti, i nostalgici del Caudillo sono stati fin qui relegati ad un’estrema marginalità politica, prigionieri delle loro stesse divisioni. Oggi provano la carta dell’unità, già sperimenta con il portale Patriotas.es sorta di spazio federale dell’estremismo nero, puntando a raccogliere qualche deluso del Partido Popular di Mariano Rajoy, che secondo gli ultimi sondaggi potrebbe perdere fino ad un terzo dei propri consensi, e concentrandosi sulla lotta all’immigrazione, la difesa delle vittime “spagnole” della crisi e la guerra senza quartiere al separatismo basco e catalano. Stanno anche cercando un leader, ma al momento l’unico candidato di rilievo è Ricardo Sáenz de Ynestrillas, un avvocato quarantottenne figlio di un militare ucciso dall’Eta, più volte passato per i tribunali e condannato per tentato omicidio nel 2001, appena rientrato in Spagna dall’America Latina. Un profilo decisamente ancora troppo ultrà per tentare di sedurre qualche elettore in libera uscita del centrodestra.
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