martedì 29 luglio 2014
Gli auguri di un giovane di oggi al suo statista preferito
Una lettera immaginaria che attraversa il tempo e lo spazio
"Ti auguro buon compleanno ti prometto che farò tutto quello che posso perché l'Italia, che entrambi amiamo, sia una Patria di cui andare orgogliosi!"
Caro Duce ti scrivo, così mi distraggo un po'. E siccome sei molto lontano più forte ti scriverò. Molto probabilmente il buon Lucio Dalla non sarebbe affatto contento di questo utilizzo di una delle sue più note canzoni, sia per l'evidente (e voluto) plagio, sia perché non penso proprio che ti abbia mai considerato come un Amico.
A dirla tutta, caro Benito, non è che siano proprio in tanti a considerarti tale, per lo meno nell'odierno star system. Lo so che ai tuoi tempi era vietato usare parole straniere, ma sinceramente non mi viene la parola italiana per definire l'ambiente di quelli che oggi, in tutti gli ambiti, a torto o a ragione si considerano delle stelle.
Oddio, non è che me ne frega poi tanto (ecco, un “me ne frego” buttato lì per farmi perdonare per il precedente inglesismo è proprio quello che ci vuole!). Dell'approvazione di Lucio Dalla intendo. Ho scelto le sue parole perché mi sono sembrate le più appropriate per iniziare questa lettera, che ho pensato di scriverti nel giorno del tuo compleanno. Che, peraltro, è anche il mio: siamo nati lo stesso giorno, anche se a cent'anni di distanza. Un secolo insomma!
Te lo saresti mai immaginato di ricevere gli auguri da un uomo del futuro? Già, perché è proprio questo che voglio dirti: tanti auguri! Centotrentuno anni e non sentirli! Eh sì, perché anche se il tempo trascorso dal giorno della tua nascita ad oggi è lunghissimo, ci sono ancora persone che hanno questa data segnata sul calendario e che, non solo in occasione del tuo genetliaco, si ricordano di te.
Non mi riferisco ovviamente a quelli che non perdono occasione di insultarti, con parole e azioni sempre molto colorite e fantasiose (probabilmente, se fossi ancora qui, spesso invece di arrabbiarti ti faresti grandi risate). E nemmeno ai tuoi seguaci o presunti tali, che si riempiono la bocca di termini e concetti riferiti al tuo pensiero politico senza probabilmente comprenderli fino in fondo (in questo caso invece credo che ti arrabbieresti molto). Non penso infatti che fare altisonanti dichiarazioni di fedeltà al fascismo, che spesso e volentieri hanno il sapore amaro di una neanche troppo celata e un po' ridicola mania di protagonismo, sia il modo migliore di dimostrare che in quell'Idea ci si crede davvero. Un'Idea che, sono sicuro concorderai, prescinde da periodi storici, eventi e, caro Benito, anche persone, per quanto importanti come te. Molto meglio dimostrare la propria lealtà silenziosamente, con azioni quotidiane anche semplici ma sincere e coerenti. Come quelle di quel gruppo di ragazzi che si prende cura con amore delle tombe di coloro che quell'Idea in cui anche tu hai creduto l'hanno portata nel cuore fino alla fine. E' il ricordo di gente come loro (e per fortuna ce n'è parecchia) quello che conta davvero.
Questo pomeriggio, per festeggiare degnamente, prenderò per mano mio figlio Alessandro (ha otto anni e già capisce molte cose) e farò una passeggiata in uno dei luoghi più straordinari della nostra Roma: via dei Fori Imperiali. Come sempre, passando da Piazza Venezia, alzeremo gli occhi verso il “tuo” balcone, in un muto ma sentito saluto. Che oggi è anche un augurio di buon compleanno e una promessa: farò tutto quello che posso perché l'Italia, che entrambi amiamo, sia una Patria di cui andare orgogliosi!
Fonte http://www.ilgiornaleditalia.org
domenica 27 luglio 2014
Ministero istruzione: Partigiani nelle scuole per la “memoria della Resistenza”
I SOLDI DEI CONTRIBUENTI ITALIANI SONO DESTINATI A.................
Siamo in default, ma allo stesso tempo siamo il Paese più ricco del mondo.
25 luglio – I partigiani entrano nelle scuole. È la nuova idea del governo Renzi, che si è concretizzata in un accordo firmato ieri mattina a Roma tra il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e il professor Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’Anpi. Come se non bastassero i finanziamenti a pioggia che palazzo Chigi elargisce ogni anno con la Finanziaria alle varie associazioni di partigiani, stavolta l’«ideona» è quella di portare i rappresentanti dell’associazione dei partigiani direttamente nelle aule scolastiche.
A insegnare cosa? «Divulgare i valori della Costituzione repubblicana e gli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale» spiega il comunicato del ministro Stefania Giannini. La quale si mostra particolarmente orgogliosa del suo progetto: «Questo accordo – ci ha tenuto a sottolineare – è uno strumento fondamentale per far comprendere a tutti gli studenti il valore della nostra Costituzione e l’importanza della raccontata anche da chi l’ha vissuta in prima persona».
«Ritengo – ha poi aggiunto il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia – che questa firma assuma una grandissima importanza rispondendo ad una esigenza profonda che emerge dal mondo della scuola e che assicuri un’attività continuativa in favore della cittadinanza attiva”.
E qual è la necessità di stipulare proprio adesso questo accordo? Perché il governo vuole realizzare una serie di iniziative per le celebrazioni dei 70 anni della Resistenza e della Guerra di Liberazione. E per questo vuole anche promuovere «processi tematici di riscoperta dei luoghi della memoria e la divulgazione dei valori fondanti la Costituzione repubblicana». Ma il governo Renzi si è sempre dimostrato molto comprensivo nei confronti delle associazioni dei partigiani.
Lo scorso 9 aprile la Commissione Difesa della Camera dei deputati ha dato parere favorevole, con l’avallo del Movimento 5 Stelle, al via libera al Decreto interministeriale con il quale il ministro della Difesa Roberta Pinotti, insieme a quello dell’Economia Padoan, ha presentato lo schema di riparto per lo stanziamento di altri 300 mila euro per le associazioni combattentistiche e partigiane. Uno stanziamento che si aggiunge ai 674 mila euro che lo stesso decreto 114 aveva previsto per le associazioni combattentistiche e partigiane, vincolandole alla pubblicazione e alla rendicontazione delle loro spese.
Il totale di questi stanziamenti, fissati per legge, è . Una bella cifra. Ma come si dividono i fondi le associazioni dei partigiani con l’integrazione voluta dal ministro dell’Economia Padoan? Ecco qualche esempio. L’associazione italiana dei combattenti Volontari antifascisti in Spagna se la passa molto bene. Rispetto al 2012 i contributi a questa associazione aumentano da 10.750 a 15.550 euro. Anche l’Associazione Nazionale dei Partigiani italiani continua a godere di ottima salute: rispetto al 2012, l’Anpi passa da un contributo di 65.300 euro a uno stanziamento di 94.350 euro. Anche la Federazione Italiana dei Volontari della Libertà, fondata da Enrico Mattei, non conosce crisi: il suo contributo passa da 57.880 euro a 83.550 euro. Col vento in poppa anche la Federazione italiana delle associazioni partigiane, nata da una costola dell’Anpi, voluta da Ferruccio Parri. Anche in questo caso il contributo aumenta da 10.800 euro a 15.600 euro.
Fonte http://www.imolaoggi.it
Art di Luigi Frasca il tempo.
Choc: clandestini possono rifiutare visita sanitaria!
PIOMBINO – Avevano chiesta la Concordia per dare un po’ di respiro ad una città devastata dalla crisi dell’Ilva, invece, avere votato da quasi un secolo il Pd nelle sue varie incarnazioni, è valso ai cittadini di Piombino qualche decina di clandestini dell’operazione Mare Nostrum.
Pseudo volontari della Croce rossa sono andati a prenderli martedì notte all’aeroporto di Pisa, dove erano sbarcati insieme ad altre centinaia poi sparpagliati in tutta la Toscana.
Si tratta di eritrei e bengalesi. E si sa, in Eritrea e Bangladesh c’è la guerra. Ah no, non c’è.
A Pisa, i volontari della Cri li hanno messi su un pullman e portati a Riotorto, nella ex scuola di Franciana. Molti sono subito fuggiti, andando a rinforzare le fila del crimine che assedia piazze e stazioni.
Non è la prima volta che la scuola ospita un gruppo di clandestini camuffati da profughi.
La prefettura pagherà la Croce rossa (che aveva vergognosamente partecipato a un bando per il business dell’accoglienza) mentre il Comune ha concesso la struttura. Senza vergogna.
I clandestini riceveranno vitto, alloggio prevedendo anche accompagnamento, assistenza e orientamento, e tutto quello che gli operai dell’Ilva non hanno: una paga di 45 al giorno, e percorsi individuali di inserimento socio-economico.
Mercoledì scorso, alcuni eritrei avevano abbandonato la struttura. Otto di questi sono stati segnalati da alcuni camionisti sulla Variante, all’altezza di San Vincenzo. Fermati dalla polizia, gli stranieri sono stati raggiunti dai ‘volontari’ della Croce rossa e convinti a tornare indietro. Il business rende fior di soldi alla Croce Rossa, soldi delle nostre tasse, e non hanno intenzione di rinunciarci.
Prenderanno parte al business anche le associazioni Gdeim Izik, Cantiere in movimento ed Emergency. Piatto ricco, mi ci ficco.
Si apprende un fatto sconcertante: tutti i sedicenti profughi hanno rifiutato la visita sanitaria per accertare eventuali malattie contagiose.
Non è obbligatoria. Roba da Renzi.
Fonte art. http://voxnews.info
sabato 26 luglio 2014
Ex consigliere comunale di Rifondazione, indignato per le morti a Gaza, lancia la proposta shock su Facebook contro gli ebrei
ATTENZIONE UDITE-UDITE
TERAMO. Le immagini dell’ultimo, sanguinoso, conflitto israelo-palestinese si rincorrono ormai da giorni sulla rete, “rimbalzate” in ogni parte del mondo attraverso pagine e profili social. Perché il racconto della guerra oggi è anche questo: se condividi una foto dai luoghi dell’orrore, se scrivi o commenti con un post quel che accade, hai l’impressione di partecipare al dolore di un’intera comunità, lo fai più vicino e lo comunichi agli altri. Il meccanismo però a volte scappa di mano. Il rischio di passare dall’opinione, dalla libera espressione di un pensiero, alla provocazione e all’offesa razziale è dietro l’angolo. E il rischio è ancor più forte se la storia dei due popoli in guerra, ed è questo il caso, richiama alla memoria odi e orrori neanche troppo lontani come l’Olocausto e l’antisemitismo da una parte, dall’altra l’oppressione e il mancato riconoscimento del diritto ad esistere come stato per la Palestina. La premessa aiuta a spiegare il post comparso tre giorni fa sulla pagina Facebook di un ex consigliere comunale di Rifondazione Comunista,Lanfranco Lancione, esponente storico della sinistra locale e da anni impegnato nel volontariato e nella solidarietà come presidente dell’associazione SocialCuba. “Riaprire i campi…subito!” recita il testo pubblicato con sotto la celebre foto del cancello del campo di concentramento di Auschwitz su cui campeggiano le parole “Arbeit macht frei”, “Il lavoro rende liberi”.
Il riferimento storico è chiaro: il dramma della Shoah e dei campi di concentramento, interpretati però come risposta plausibile all’altro dramma, quello contemporaneo, vissuto dal popolo palestinese in seguito all’invasione di Gaza da parte del governo israeliano. Il post com’è facile immaginare ha acceso il dibattito sulla pagina Facebook. Tanti, 14 a ieri, i “mi piace”, così come i commenti a favore della tesi di Lancione: «La fiamma pilota è sempre accesa» scrive un utente, «gli “ospiti” però li decido io» fa sarcasmo un altro amico.
Non mancano però neanche i commenti contro: chi dice che «su alcuni argomenti e foto ci sia poco da scherzare», chi invoca «lo stop ad ogni tipo di violenza» o, ancora, chi parla apertamente di «nazismo» perché «tutti gli stermini di massa sono da condannare». Per loro, la replica di Lancione è netta: «Gli ebrei con la storia dell’antisemitismo hanno stufato», scrive, «non si può dire né fare nulla contro di loro, da 50 anni stanno massacrando un popolo che ha come unica colpa quella di essere stato invaso e costretto ad abbandonare la propria terra. Gli ebrei sono soltanto ebrei, non ci sono ebrei buoni ed ebrei cattivi…sono ebrei e basta!». Poi l’ultimo commento, tre giorni fa, che chiude ogni discorso con queste parole: «Prima si distrugge Israele e meglio è per tutti».
Fonte art. http://ripuliamolitalia.wordpress.com
Pagina facebook Lanfranco Lancione.
Riportiamo sotto commenti del compagno Lanfranco.
Lanfranco Lancione Riaprire i campi........subito!
Lanfranco Lancione Non è affatto una provocazione......e per favore cominciamo a dire le cose come stanno! Gli ebrei con la storia dell'antisemitismo hanno stufato.......non si può dire ne fare nulla contro di loro, sono autorizzati a fare tutto, da 50 anni stanno massacrando un Popolo che ha come unica colpa quella di essere stato invaso e costretto ad abbandonare la propria terra. Quello che fanno a Popolo Palestinese non può essere accettato da nessun uomo libero! Chi fa finta di non vedere o prova a fare la differenza fra sionismo e semitismo è complice del massacro. Gli ebrei sono soltanto ebrei non ci sono ebrei buoni ed ebrei cattivi......sono ebrei e basta!
Lanfranco Lancione forse una visione meno faziosa della storia ( quella vera.......non quella che ci hanno raccontato ) potrebbe aiutare tutti......i nazisti furono solo "il terminale" di una vicenda che coinvolse tutta l'europa.....gli ebrei erano invisi a tutti i governi europei. I russi li cacciarono, i francesi ne fecere quello che ne fecero, gli italiani cominciarono a trattarli come meritavano dal 1933, gli inglesi non li vollero accogliere sul loro territorio........poi la germania perse la guerra e e fu fin troppo facile trovare un colpevole. Per il resto la propaganda ha fatto il suo mestiere e "il popolo eletto" ora è padrone del mondo!
Lanfranco Lancione Anche la stessa posizione che ha il Popolo di Palestina......ma questo conta poco! Sinceramente della "posizione" degli altri no me ne può fregare di meno.....io dico la mia e la mia è che prima si distrugge Israele è meglio è per tutti.
Lanfranco Lancione Dopo la prima pagina de "il centro" di oggi c'è da aspettarsi anche una denuncia.........raccontare la verità è proibito per legge!
https://www.facebook.com/lanfranco.lancione
Foto profilo facebook del compagno Lanfranco Lancione.
cosa penseranno ora di lei i suoi amici pacifisti ugualitaristi........??? gli stessi amici suoi che Si riempono la bocca con tutte quelle belle parole contro L'estrema destra italiana del tipo razzisti, antisemiti ,violenti ecc ecc........ "Sigor " Lanfranco.
Le leggi razziali fasciste e tutta quella bella roba che raccontate dove è finita.........???
Ma come...... non sono i fascisti Italiani brutti violenti e cattivi.....???
Chi è causa del suo mal pianga se stesso " Signor" Lanfranco Lancione,
da anni impegnato nel volontariato e nella solidarietà "Signor " lancione ?
Continua lo sciacalaggio acchiappa voti vero!!!
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Solidarietà al popolo palestinese, ferma condanna nei confronti di soggetti falsi e tendensiosi quelli che ci buttano la m...a addosso finti pacifisti che vivono fuori dalle regole.
Boia Chi Molla il blog amministrazione.
Quella notte di luglio, tra attese e tradimenti
Testimonianze impossibili
La caduta del Duce raccontata da un commesso di Palazzo Venezia
La caduta del Duce raccontata da un commesso di Palazzo Venezia
Mi piaceva il mio lavoro. Camminavo per i corridoi di un meraviglioso e storico edificio svolgendo le mansioni più svariate e, soprattutto, avevo l'occasione di respirare un po' dell'aria inebriante delle stanze del potere. Già, perché spesso mi capitava di dover svolgere qualche incarico per il Duce: una persona un po' lunatica forse (c'erano giorni in cui si arrabbiava per un nonnulla), ma profondamente consacrata al suo lavoro, che considerava quasi come una missione. A volte, mentre aspettavo di portargli qualche comunicazione, osservavo le persone in attesa di parlare con lui: gente di tutti i tipi e con le più varie richieste e preghiere, che lui ascoltava sempre.
Questa tranquilla routine degli anni di governo durò più o meno fino all'entrata in guerra del nostro Paese a fianco della Germania. E andò progressivamente deteriorandosi in parallelo al volgere del conflitto a favore degli Alleati.
Io, umile commesso di Palazzo Venezia, pensavo soltanto a fare bene il mio lavoro – ero molto fortunato, in tempi come quelli, ad averne uno – e non mi occupavo di politica. Che tra l'altro, per quel che potevo osservare, era sempre più piena di intrighi, discorsi a mezza bocca e complotti. Tirava insomma un'aria decisamente brutta, per l'Italia e soprattutto per quell'uomo che l'aveva governata per vent'anni.
Le notizie che continuavano a provenire dai vari fronti di guerra erano pessime. Il 10 luglio c'era stato lo sbarco degli Alleati in Sicilia e il 19 luglio gli aerei americani avevano sorvolato Roma, sganciando sul popolare quartiere di San Lorenzo il loro carico di bombe e morte. Erano in molti a domandarsi cosa sarebbe successo e le richieste di convocare il Gran Consiglio del Fascismo (organo supremo del regime, anche se aveva solo funzioni consultive) si moltiplicarono: l'intenzione espressa era quella di discutere dell'andamento del conflitto ma quello a cui molti gerarchi miravano, come seppi in seguito, era la deposizione di Mussolini.
Il Duce convocò una riunione per il 24 luglio alle ore 17. Insieme ad altri colleghi mi occupai di preparare la Sala del Pappagallo per quello che intuivo essere un momento cruciale non solo per il governo, ma per l'Italia tutta. Allestimmo 28 scranni più quello di Mussolini, posizionato su una pedana per elevarlo rispetto agli altri. Nessuna decorazione, nessuno stendardo. All'ordine del giorno c'era la votazione di un documento a firma di Dino Grandi, con cui si chiedeva a Mussolini di rimettere al re il comando delle forze armate.
I membri del Gran Consiglio arrivarono alla spicciolata. Tutti avevano un'aria tesa e nervosa. Il Duce, che entrò nella sala per ultimo, mi diede l'incarico di fare l'appello: erano tutti presenti. La riunione cominciò con un lungo discorso di Mussolini, che fece un riassunto della situazione bellica e concluse affermando che la questione che si poneva era una sola: arrendersi o resistere ad oltranza. Dopo di lui presero la parola altri gerarchi, che parlarono per alcune ore. Erano le 21 quando Grandi prese la parola per esporre il suo ordine del giorno. Era preoccupatissimo, al punto da aver nascosto due bombe a mano nella sua valigetta, come raccontò lui stesso in seguito. Mussolini non reagì e la riunione andò avanti con la presentazione di altri documenti (a firma di Farinacci e Sforza).
Alle 23 si decise di fare una pausa. I gerarchi si riversarono quindi nell'anticamera della Sala, dove era stato preparato in tutta fretta un tavolo con alcuni panini e bibite. Io ero rimasto sulla porta e da quel privilegiato punto di osservazione mi accorsi che diversi gerarchi stavano firmando il documento presentato da Grandi. Poi la riunione riprese. Alle due e mezza si stava ancora discutendo.
In passato le sedute del Gran Consiglio si erano concluse con la lettura di un ordine del giorno redatto da Mussolini stesso che sintetizzava i punti principali di quelli presentati. Quella notte però, sorprendendo tutti, il Duce non fece niente di simile e chiese di iniziare le votazioni partendo proprio dall'ordine del giorno Grandi. Che ottenne 19 voti a favore, 8 contrari e un' astensione. Alle 2.40 il capo del governo, reputando inutile proseguire con le votazioni, tolse la seduta dicendo: “Signori, con questo documento avete aperto la crisi del regime”.
Lì per lì, forse per la stanchezza, non mi resi conto del tutto della portata storica dell'avvenimento al quale avevo assistito. Lo capii pienamente soltanto quella sera, quando sentii alla radio l'annuncio con cui si comunicava che Mussolini si era dimesso e che il nuovo capo del Governo era il maresciallo Pietro Badoglio. Erano le 22.45 del 25 luglio e per l'Italia cominciava un periodo tra i più terribili della sua storia, non solo per i fascisti (molti dei quali, anche tra i più in vista, divennero quasi immediatamente ex fascisti, con un voltafaccia che divenne un marchio di infamia stampato a fuoco sulla pelle di tutti gli italiani) ma anche per la gente semplice come me, che fascista non era mai stata ma che aveva sempre rispettato chi, anche sbagliando, aveva avuto come unico scopo la grandezza della Patria.
Cristina Di Giorgi
Gli attori di un dramma che ha segnato la Storia della Nazione
Mussolini è il Fascismo, il Fascismo è Mussolini
L'epilogo delle passioni e delle pulsioni di un'epoca
Se l'intento dei personaggi di quella notte del 25 luglio era quello di far cadere Mussolini per fare la scalata al Partito Nazionale Fascista e dunque ai vertici dello Stato, i congiurati avevano fatto male i loro conti. Perché non poteva esserci Fascismo senza Mussolini, e loro, proprio loro, avrebbero dovuto saperlo. Il Fascismo fu un'esperienza unica proprio perché fu la concretizzazione di una concezione dello Stato fuori da ogni schema passato e, almeno fino ad oggi, futuro. Come scrive Sebastiano Grimaldi nella sua prefazione al volume "Il Gran Consiglio del Fascismo" di Paolo Cavallaro, "il Fascismo fu Mussolini o, quanto meno, esso fu una sua personalissima creazione; talmente personale e talmente legata alla figura del suo 'demiurgo' da terminare - come terminò - con la scomparsa del 'duce'. Alla luce di questa fondamentale premessa va letto - a mio avviso - ogni pur minimo aspetto del regime fascista".
Il lungo periodo trascorso da quella notte ad oggi consente di osservare la scena con uno sguardo maggiormente distaccato, certamente, e permette di fare considerazioni più lucide di quanto fosse possibile allora, in un momento storico convulso e difficile. Ma che con la caduta del Duce sarebbe caduto anche il Fascismo era chiaro. Il lettore attento, allo scoccare di questo 25 luglio, oggi, conosce ormai nei dettagli i personaggi che in quella notte si sono alternati. Ne conosce le passioni e le pulsioni, ne conosce i pregi ed i difetti, ne conosce le origini e la vita. Il lettore che quotidianamente segue il nostro speciale sul Giornale d'Italia li conosce uno per uno, ormai. Li abbiamo raccontati tutti, gli attori di questo dramma. Conosce dunque le due facce di Dino Grandi, che ebbe il coraggio di definire Carlo Scorza "falso, mentitore e pagliaccio", senza fare i conti con la possibilità che i posteri avrebbero potuto dedicare proprio a lui queste stesse parole. E poi Biggini, Polverelli, Tringali-Casanova, Frattari, Buffarini Guidi, Galbiati, che alla chiamata di Grandi rispondono "no". Ma anche l'anziano generale De Bono, De Vecchi, Federzoni, il controverso Galeazzo Ciano, De Marsico, Acerbo, Pareschi, Cianetti - con il suo ripensamento del giorno dopo - Balella, Gottardi, Bignardi, De Stefani, Rossoni, Marinelli, Alfieri, Albini, Bastianini, infine Bottai. Che rispondono "si". E Suardo, l'unico astenuto di quella notte. E Farinacci, che si batte fino alla fine a sostegno del suo, di documento, e che finirà fucilato dai partigiani, offrendo il petto e morendo con la testa alta come sempre era vissuto.
Il 25 luglio si chiude un'epoca e se ne apre un'altra. Mussolini lo sa. Ciò che non sa è che il re Vittorio Emanuele, quel piccolo uomo sul cui capo il Duce aveva posto un giorno la corona di Imperatore, sta per farlo arrestare. Anche perché è stato Mussolini a creare dal nulla il Gran Consiglio, e sa bene che si tratta di un organo consultivo e che nulla può decidere. Ma il re ha già pensato alla successione del Duce: "Ho pensato - gli dice - che l'uomo della situazione è in questo momento il Maresciallo Badoglio". Insomma, per assurdo che sia, è così che cade il Fascismo: con un colpo di Stato ordito dal re e da quegli stessi uomini a cui Mussolini aveva per venti lunghi anni dato tutto. Che a lui dovevano tutto. Loro avevano posto una questione, non avendo alcun titolo per decidere alcunché. Ma avevano fornito al re gli strumenti per "dimissionare" Mussolini. Sull'arresto che seguì, poi, si potrebbe parlare a lungo.
Cosa accadde quella notte è noto, sui dettagli varrebbe la pena di soffermarsi un po' di più: alcuni di questi dettagli sono disseminati lungo gli ultimi nove mesi del nostro quotidiano, nel nostro speciale giornaliero, su molti altri avremo modo di ragionare nei mesi a venire. Ciò su cui vale la pena di riflettere per un istante è, piuttosto, immaginare cosa sarebbe accaduto se quella notte non fosse andata così. Manca la controprova, è vero, ma quella storia scritta con il sangue di tanti italiani deve aprire almeno una riflessione: Benito Mussolini aveva governato l'Italia per ventuno anni, aveva tirato su la Nazione dallo stato di indigenza in cui versava all'indomani della Grande Guerra. Il Fascismo di Mussolini aveva dotato lo Stato di leggi certe, aveva fatto una lunga serie di riforme in ogni settore, aveva dato l'esempio di cosa fosse un vero Stato sociale. Lo aveva fatto con l'unico mezzo di governo possibile in quel dato momento storico e sociale: la dittatura. Una dittatura che si può definire non del tutto totalitaria, però, e ne abbiamo parlato a lungo in più di un'occasione. Benito Mussolini aveva dimostrato di essere un grande Capo di Stato, non v'è questione. La riflessone dunque è d'obbligo: cosa sarebbe accaduto se a gestire il momento più difficile della storia della Patria fosse stato lui anziché l'indegno Badoglio o l'inadeguato re? I quali infatti non esitarono a fuggire lasciando i soldati allo sbando e i civili senza alcun punto di riferimento? Il 25 luglio 1943 segna un momento storico essenziale, è il fulcro di ciò che sarebbe accaduto negli anni a venire.
Fonte http://www.ilgiornaleditalia.org
Art Emma Moriconi.
Fonte http://www.ilgiornaleditalia.org
Art Emma Moriconi.
Il disegno criminoso di Renzi, Berlusconi e Napolitano.
ASCOLTA QUESTA GIOVANE DEPUTATA. E TI SARANNO CHIARE MOLTE COSE.
Fonte http://www.grandecocomero.com
giovedì 24 luglio 2014
COMMEMORAZIONE DELLA NASCITA ...29/07/1883 NASCE BENITO AMILCARE MUSSOLINI IL DUCE.
Evento commemorazione domenica 27/07/ Predappio ore 09,00.
Raduno nazionale camerati Predappio.
Comunicato.
Vorremmo ricordare a tutti che per la commemorazione della nascita del Duce, dopo la cerimonia a Predappio, ci sarà, per chi vuole partecipare, un pranzo conviviale con Padre Tam a Villa Mussolini dove si vuole mantenere il ricordo di ciò che Donna Rachele, una volta rientrata a Forlì dopo l'esilio, amava fare in onore di suo marito ricordando e festeggiando il suo compleanno con i camerati che andavano a trovarla. Per chi è interessato a questo pranzo può contattare il numero 3487075858. Camerati vi aspettiamo a Predappio per onorare il Nostro Duce....A NOI!
Vogliamo il ripristino della pagina FaceBook di Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova
Destinatario: FaceBook Italia
Chiediamo il ripristino della pagina di Roberto Fiore (42.000 likes), segretario nazionale di Forza Nuova, già deputato europeo, chiusa su segnalazione di gruppi organizzati ostili senza alcuna reale motivazione, ma solo per impedire l' espressione di un pensiero ad essi non gradito.
Forza Nuova attacca FaceBook; AIUTACI ANCHE TU! Offensiva legale per difendere la libertà di espressione.
http://www.citizengo.org/it/9784-ripristino-della-pagina-di-roberto-fiore-segretario-nazionale-di-forza-nuova?tc=fb&tcid=5508420
mercoledì 23 luglio 2014
IL FAR WEST PALESTINESE
Con il cuore siamo con i Palestinesi, ma la ragione ci dice che la loro è una causa persa.
Troppi soldi, troppa tecnologia, troppi appoggi internazionali, troppa ipocrita solidarietà figlia dei soldi e degli appoggi internazionali stanno a favore di Israele e delle sue pretese.
I Palestinesi sono i padroni di casa per il diritto acquisito che deriva loro da secoli e secoli di residenza in quelle terre che sono la loro Patria.
I sionisti accampano pretese assurde basate solamente su di un loro credo che deriva da un libraccio razzista e crudele che chiamano bibbia in cui sta scritto che Dio stesso, discriminando tra le sue stesse creature, avrebbe dato a loro e solamente a loro quelle terre che essi hanno abbandonato migliaia di anni fa perdendo ogni diritto di cittadinanza.
I sionisti accampano un risarcimento che sarebbe loro dovuto per ripagarli delle persecuzioni subite nei secoli, ma tra tutti coloro che hanno perseguitato gli ebrei nel mondo NON ci sono assolutamente i Palestinesi per cui non si capisce perché dovrebbero essere loro a pagare il risarcimento con la perdita delle terre, delle case e della vita così come invece è successo quando gli ebrei li hanno scacciati, deportandoli, massacrandoli e distruggendo le loro case ed i loro averi.
La cronaca degli avvenimenti degli ultimi sessanta anni la conoscono tutti ed è lì a dimostrare che non solo i sionisti di Israele continueranno ad occupare la Patria dei Palestinesi scacciati, ma che il loro progetto finale è quello del “Grande Israele” e cioè la loro intenzione è quella di impadronirsi di tutta la Palestina scacciando ed uccidendo tutti i Palestinesi.
Le frange più estreme e meno intelligenti lo dichiarano abbastanza apertamente, ma anche coloro che ufficialmente dicono di volere la convivenza pacifica, nei loro cervelli coltivano lo stesso sogno di “Pansionismo”!
Sembra di assistere al ripetersi degli avvenimenti che negli Stati Uniti hanno portato alla conquista dei territori con la cacciata ed il genocidio dei pellerossa che erano gli unici ad avere diritto di cittadinanza in quelle terre. Ai Palestinesi è negata la possibilità di costituirsi in Stato indipendente nemmeno nelle terre dove sono profughi. I Palestinesi sono relegati in “Riserve” dove mancano acqua, pascoli, infrastrutture, ospedali, centrali energetiche e tutto quanto necessita per uno sviluppo sociale ed economico decenti.
I Palestinesi sono continuamente assaliti e massacrati nelle città e nei campi profughi e, come accadeva agli indiani in America, ad ogni loro atto di ribellione si risponde con rappresaglie che sono cento volte più potenti e più cruente.
Insomma è la stessa strategia che gli americani hanno usato per rubare le terre agli indiani e per farne genocidio culturale e fisico ( sono 6 milioni i pellerossa assassinati dagli Yankies ).
Per tutti questi motivi siamo pessimisti sulla futura sorte dei Palestinesi e simo certi che Israele troverà sempre i pretesti per continuare nel suo disegno di genocidio senza che nessuno nel mondo si ribelli o intervenga, a parte le solite parole, i soliti ammonimenti, le solite ipocrite condanne formali che non valgono nemmeno la carta su cui sono scritte..!!
L’unica flebile speranza di un riequilibrio della giustizia è la consapevolezza che la storia ha spesso le sue nemesi e chi è oggi sugli altari, potrà domani giacere sconfitto nelle polvere..!!
Alessandro Mezzano
Una parlamentare Israeliana: uccidete tutte le madri palestinesi
Si chiama Ayelet Shaked ed è una parlamentare Israeliana, l’animale ( non esiste altro termine per definirla ) che ha dichiarato sulla sua pagine Facebook: ““Devono morire e le loro case devono essere demolite in modo che non possano portare alla luce altri terroristi. Loro sono tutti nostri nemici e il loro sangue deve essere versato sulle nostre mani. Ciò vale anche per le madri dei terroristi morti”. “Loro” sono, semplicemente, i palestinesi. Anzi, le madri dei palestinesi, che hanno la colpa di dare alle luce “piccoli serpenti”, cioè neonati, che un giorno potrebbero diventare nemici. Meglio quindi ucciderle tutte, le «madri palestinesi», nel corso di un bell’attacco via terra nella Striscia di Gaza, prima che mettano al mondo altri piccoli mostri.
Questa deficiente è stata eletta nelle file del partito religioso “casa ebraica” e fa parte del parlamento di Israele.
Niente male per chi, da sempre, piange e lancia anatemi contro i responsabili dell’”Olocausto” e dimentica regolarmente il genocidio cui furono vittime dei sionisti i Palestinesi.
“Parole sanguinarie, che ancora nel 2014 hanno libero corso in un paese che dopo decenni non riesce ad ammettere di essere nato, storicamente, dal “peccato originale” della pulizia etnica contro i palestinesi, come ricorda il professor Ilan Pappe, il più importante storico israeliano.
Un genocidio avviato molto prima di Auschwitz e poi rimosso dai maggiori leader, tutti ex terroristi ricercati dalle autorità coloniali inglesi prima della Seconda Guerra Mondiale.”
Saremmo interessati a conoscere in proposito l’illuminato parere di Riccardo Pacifici e del rabbino capo di Roma, ma temiamo che avremo solamente un desolato e colpevole silenzio!
Alessandro Mezzano
Ipocrisia e corruzione.
Foglio informativo di Liberazione Nazionale
Periodico politico e culturale degli Uomini Liberi .
Siamo sconvolti dalla corruzione che dilaga, che fa crescere la rabbia delle persone che quotidianamente compiono il proprio dovere. Qualcuno pensava che questo fenomeno poteva essere cancellato con le grandi inchieste giudiziarie, con libri inchiesta che hanno fatto solo la loro fortuna editoriale, con film e trasmissioni televisive che hanno fatto solo ascolto. Non si sconfigge con le chiacchiere un fenomeno che esiste sin dalla nascita della repubblica italiana, fenomeno ripreso perché esistente dall’unità d’Italia al 1922. Questo non significa che tentativi di corruzione non sono emersi durante il ventennio, ma venivano stroncati sul nascere, presi seri provvedimenti,
garantita la pena e l’interdizione a vita senza nessun bisogno che l’interdizione facesse parte della eventuale sentenza. I fatti conosciuti, venivano denunciati dal capo del governo. Oggi viviamo nella corruzione più completa e i fatti, la cronaca di ogni giorno, fanno emergere questo cancro italiano. Non ci interessano gli scandali europei ed internazionali, dobbiamo pensare ai nostri che sono tanti. Forse la corruzione nasce con alcuni uomini, è una malattia che invade il corpo con il potere, è la dipendenza al dio denaro, al facile arricchimento per una sedicente vite felice ed agiata. Abbiamo avuto di tutto nell’arco di 69anni di sedicente democrazia, non esiste un solo anno politico che non ha visto nascere uno scandalo di varie dimensioni. Capisco che governare è difficile, criticare è facile, fare opposizione un mestiere per pochi capaci.
Qualcosa va fatto, perché potremmo essere una fra le prime nazioni al mondo per benessere e tranquillità se si rubasse molto meno a seconda delle fasce interessate e se si sfruttassero al meglio le risorse naturali che il Signore ci ha donato. Parliamo dunque di una corruzione che non è soltanto politica ma anche imprenditoriale, così come la cronaca giudiziaria insegna. Abbiamo avuto imprenditori ritenuti angeli del paradiso, che guardavano e giudicavano chi li circondava, che esibivano la loro ricchezza e il loro tenore di vita, poi le inchieste, le condanne, il carcere. In questa rete sono cadute tutte le alte fasce sociali, chi governava e comandava, chi avrebbe dovuto controllare e chi doveva giudicare. Praticamente politici, istituzioni, militari, polizie, giudici. Non si salva praticamente nessuno.
Cosa fare.
Intanto pene certe per tutti, carcere da fare a completamento dell’intera condanna, interdizioni automatiche dai pubblici uffici, nessuna condanne esemplare, nessuna legge speciale, applicazione di quanto abbondantemente esistente. Blocco rigido delle norme, nessuna possibilità o esistenza di prescrizione, ritardo di comunicazioni giudiziarie e quant’altro per aggirare l’ostacolo e baipassare la legge. Pertanto obbligo di una magistratura arbitra, non politicizzata, non sindacalizzata, cui sia vietato parlare delle inchieste e di fare spettacolo con le forze dell’ordine in Tv e sui giornali. Nessun bavaglio alla informazione, ma più cura, cautela, presunzione totale sino alla sentenza finale. Prudenza, tanta prudenza. Notizia, fatti concreti e non liberi commenti a seconda dell’appartenenza partitica.
Pensate ad alcuni processi che si svolgono in più tribunali per lo stesso argomento, ebbene, nessuna sentenza uguale, identica, ma provvedimenti diversi. Un esempio fuori tema che da però un senso pratico alle parole dette. Una causa di lavoro, un ricorso per il riconoscimento della esposizione all’amianto di lavoratori che operavano nella stessa società avente vari stabilimenti produttivi in Italia e che facevano lo stesso identico tipo di lavorazione. Inoltre è da dire che tutti i lavoratori, erano esposti all’amianto allo stesso modo. Ebbene, per esempio a Pistoia i giudici la vedono in un modo, a Palermo, a Reggio di Calabria, a Napoli e a Matera in un modo diverso per ogni sede giudiziaria. Ad aggravare la situazione già discutibile, l’azione della magistratura per i dipendenti della stessa unità produttiva, per esempio Matera, che vede propri lavoratori residenti in province diverse. Le sentenze in provincia di Matera, Taranto e Bari, sono tre modi diversi di fare giustizia, amianto riconosciuto a tutti i lavoratori residenti a Matera, a scacchi ai lavoratori residenti a Taranto, niente ai lavoratori residenti a Bari.
Come è possibile. Questo è il dilemma. Questa è la nostra Italia.
Occorre meno ipocrisia. Tanta povera gente per mille e passi euro perde l’appartamento pagato sino alla penultima rata alla banca; perdono l’azienda per una piccola multa non pagata all’erario; altri, i più deboli esposti, decidono di suicidarsi
Ce ne freghiamo di quei pochi che non possono mangiare, perché sono ancora pochi. Ma stiamo attenti a non tirare troppo la cinghia. Attenti ad una giustizia sommaria.
Abbiamo bisogno di certezze per superare il buio che ci circonda e per tentare di ritornare ad essere una grande nazione, sicura e temuta.
Insegnare la legalità a scuola, questo un primo passo per parlare anche all’interno delle famiglie. Qualcuno ha detto che iniziare nella scuola significa dare un antidoto ai ragazzi, agli uomini di domani. Proviamo a fare più lezioni di vita o a riportare un insegnamento come materia a parte, che somigli alla educazione civica.
Nella pratica, clausole che esplicitamente, senza interpretazioni prevedano espressamente protocolli di legalità per quanto riguarda la concussione e la corruzione.
lunedì 21 luglio 2014
Roma, capo Rom minaccia presidente Onlus 'Ti mando in coma se parli del mio campo'
Roma, capo Rom minaccia presidente Onlus: ‘Ti mando in coma se parli del mio campo’
“Se lei parla ancora della Barbuta, la mando in coma, la mando in coma, lo dico qui: mi autodenuncio”. E’ la minaccia reiterata di Sartana Halilovic un “capo” del campo nomadi ‘La Barbuta’ di Roma, rivolta a Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, una Onlus, che si occupa di promuovere i diritti dei rom e sinti in Italia. La minaccia – ripresa in esclusiva dalle telecamere de ilfattoquotidiano.it – è chiara: non si deve toccare l’insediamento in questione, altrimenti è guerra.
Cala il silenzio. Stasolla è scosso, pietrificato dalle intimidazioni. Le parole di Halilovic, accompagnato da almeno quattro uomini che poi si allontaneranno con lui, rimbombano nella piccola sala rossa del municipio VII di Roma nel popoloso quartiere di Cinecittà, dove l’associazione ha sciorinato un lungo elenco di cifre che alimentano quello che, senza mezzi termini, viene definito il rapporto ‘Nomadi Spa’, il sistema ‘campi’ della Capitale. Un rapporto, il primo, che analizza nel dettaglio le spese che il Comune effettua per il mantenimento degli insediamenti rom di Roma. Le cifre sono esorbitanti: nel 2013 l’amministrazione comunale ha speso 24 milioni di euro per la gestione di 11 insediamenti. E l’assessore al commercio del Pd, Massimo De Simoni, commenta: “Questo rapporto a me fa paura, se presentiamo questi conti non vorrei che qualche testa calda interpreti male e si possa scatenare uno scontro”. L’altro fatto grave è che nonostante fossero presenti diversi consiglieri comunali e municipali, nessuno ad oggi ha denunciato le gravissime minacce alle autorità competenti.
Fonte.
http://www.grandecocomero.com
SBARCARE INFORMATI
Fatelo vedere a tutti i politici e chiedete loro se sono in grado di smentire questo Video!!
domenica 20 luglio 2014
19 luglio 1943:
Fonte art.
19 luglio 1943: oltre mille cittadini ( cifra ufficiale, stimata invece tremila) di Roma perirono sotto le macerie del primo bombardamento alleato, che costò anche il ferimento di migliaia di persone e la totale distruzione del quartiere S. Lorenzo.
Da fonti americane il bombardamento fu operazione "tecnicamente perfetta", volta a colpire la ferrovia.
La replica avvenne il 13 agosto successivo e -... a dire il vero- queste mattanze non vengono ricordate e celebrate dalle istituzioni, che invece si scagliano sempre con voce roboante sulla vergogna nazifascista.
Che qualcosa storicamente non quadri è chiaro a molti da settant'anni ed è settant'anni che i conti con la storia sono e restano ferite profonde, mai adeguatamente rimarginate e , ancora, attendono lì, aperte .
Un ricordo ai civili caduti.
Da fonti americane il bombardamento fu operazione "tecnicamente perfetta", volta a colpire la ferrovia.
La replica avvenne il 13 agosto successivo e -... a dire il vero- queste mattanze non vengono ricordate e celebrate dalle istituzioni, che invece si scagliano sempre con voce roboante sulla vergogna nazifascista.
Che qualcosa storicamente non quadri è chiaro a molti da settant'anni ed è settant'anni che i conti con la storia sono e restano ferite profonde, mai adeguatamente rimarginate e , ancora, attendono lì, aperte .
Un ricordo ai civili caduti.
sabato 19 luglio 2014
giovedì 17 luglio 2014
PERCHÉ FU ANTICIPATO “QUEL” 25 LUGLIO 1943
di Filippo Giannini
25 luglio 1943, le logge massoniche-liberalcapitaliste in quegli anni, anche se fortemente domate, ancora resistevano negli ambienti industriali e vicini alla Corona. Riprendiamo alcune pagine del mio volume “Il sangue e l’oro” per proporre ai lettori un fatto poco noto o, comunque, trascurato per spiegare certi avvenimenti accaduti in quei giorni.
Il 21 aprile 1943 Vittorio Emanuele III aveva ricevuto alcuni uomini politici che lo sollecitavano ad allontanare il Capo del Governo. La cosa era stata segnalata a Mussolini il quale rispose che era a conoscenza di questo incontro, ma che fidava nella lealtà del Re: "Lealtà", aveva sottolineato "di cui non era lecito dubitare".
Due giorni prima il Duce aveva nominato Tullio Cianetti ministro delle Corporazioni.
Cianetti, quando nell’agosto 1939 apprese dell’accordo Ribbentrop-Molotov, reagì con soddisfazione. Infatti aveva scritto: "consideravo il sovietismo, il nazionalsocialismo ed il fascismo molto più vicini e simili di quanto non lo fossero nei confronti delle grandi democrazie plutocratiche".
Proprio per queste idee Tullio Cianetti era considerato negli ambienti di Corte "elemento troppo spinto e pericoloso". Ma, almeno in parte, le idee di Cianetti erano condivise anche da Mussolini: che egli fosse anticomunista è fuori discussione, ma non era antisovietico.
Ad accreditare questa tesi è sufficiente ricordare gli insistenti tentativi di Mussolini per indurre, nel corso della guerra, Hitler a trovare il mezzo per giungere ad una pace separata con l’URSS e rivolgere così tutti gli sforzi contro i reali nemici del fascismo: le democrazie plutocratiche.
Ma torniamo al "più rosso dei neri" o al "comunista del Littorio", come era chiamato Cianetti in un certo ambiente.
La stesura di questa sezione di capitolo è suggerita da un esame del libro di “Memorie” del Ministro delle Corporazioni, che nella Prefazione avverte: "Queste pagine non sono state scritte per piacere a qualcuno. Le ho scritte nelle carceri della Repubblica Sociale Italiana: i capitoli essenziali mentre attendevo il processo nelle carceri di Verona; gli altri secondari, subito dopo le tragiche giornate di Castelvecchio".
Mussolini, che trascorreva in casa un periodo di convalescenza, ricevette Cianetti a Villa Torlonia in un pomeriggio degli ultimi di maggio 1943. Il colloquio durò più di due ore. Il Duce appariva stanco e dimagrito, Cianetti avrebbe voluto parlargli brevemente, ma Mussolini gli disse: "Non vi preoccupate e ditemi con schiettezza tutto quello che avete intenzione di espormi".
Cianetti: "Duce, desidero innanzi tutto fare una premessa, dichiarandovi che io credo al corporativismo forse come al vangelo di Nostro Signore".
Mussolini: "Perché dite questo?"
Cianetti: "Perché ce ne è bisogno".
Mussolini: "Anch’io credo al corporativismo (…). Avete un progetto?".
Cianetti: " Si parla molto di concentrazioni industriali e lo si fa senza rendersi conto della portata di un così vasto problema. La concentrazione delle industrie presuppone quella del capitale e quando questo ha raggiunto un certo stadio si slitta con più facilità verso i monopoli, nei confronti dei quali desidero manifestarvi, fin da questo momento, la mia più netta avversione".
Mussolini si dice d’accordo e invita Cianetti a continuare.
Cianetti: "Desidero prospettarvi qualche cosa di più importante in merito agli sviluppi della politica sociale. In questi ultimi anni il Regime, per effetto della guerra, ha dovuto deviare da alcune linee maestre. La quasi carenza corporativa e l’enorme accrescimento dei complessi industriali hanno alterato, a danno dei lavoratori, un equilibrio che potrebbe compromettere l’attuazione definitiva del corporativismo (…). Ricordo che qualche anno fa voi mi diceste che, finché vivrete, non sarebbero sorti più complessi industriali dell’entità della FIAT e della Montecatini; purtroppo quel pericolo che volevate scongiurare esiste e si potrebbe dire che è già in atto. Vi chiedo pertanto che si dia valore e sostanza ad un principio già enunciato e cioè: quando i complessi industriali superano un certo limite, perdono il loro carattere privatistico ed assumono un aspetto pubblico e conseguentemente collettivo".
Il Duce, nel corso dell’esposizione, aveva continuamente fatto cenno di condividere il punto di vista del suo interlocutore. "E allora?" chiese.
Cianetti: "Allora non c’è che un rimedio: stroncare la tendenza al monopolio e socializzare le aziende più importanti".
Mussolini: "Voi pensate che siamo maturi per la socializzazione?".
Cianetti: "Penso che siamo in notevole ritardo, Duce. La socializzazione è cosa troppo seria perché si possa attuare di colpo (…). Siamo al quarto anno di guerra e le guerre accelerano fatalmente i tempi dell’evoluzione sociale. Avremo reazioni violente da parte di alcuni capitalisti, ma questi signori si devono convincere che oggi non si sfugge più al dilemma: o corporativismo o collettivismo".
In pratica il Duce accetta in toto il programma di Cianetti, poi disse: "E’ importantissimo: potremmo presentarlo al Consiglio dei Ministri nel mese di ottobre".
Ma Cianetti osserva: "No, Duce, mi permetto di insistere sull’urgenza del provvedimento, data la inevitabile perdita di tempo alla quale ho accennato. Vi propongo, quindi, di non andare oltre il mese di luglio o agosto".
Mussolini: "Sta bene, parlate con il Ministro della Giustizia e superate con lui gli ostacoli formali".
Uscendo da Villa Torlonia Cianetti sapeva "di andare incontro a difficoltà non comuni".
Interessante è leggere le motivazioni con le quali Alfredo De Marsico, Ministro della Giustizia, bocciò il progetto di Mussolini e Cianetti (“Memorie”, pag. 385):
De Marsico: "Tu, caro Cianetti, con questa legge mi calpesti e mi devasti addirittura tutto il diritto tradizionale".
Cianetti: "Non lo metto in dubbio, ma osservo soltanto che il diritto non può congelare la vita e l’evoluzione degli uomini; o serve ad entrambe o sarà spazzato quando si rivelerà un ostacolo al progresso sociale".
De Marsico: "Ma io non posso ignorarlo, questo diritto, e tanto meno infirmarlo".
Cianetti: "Chi pretende questo? Io ti chiedo soltanto di trovare le formule che siano atte alla preparazione di un clima giuridico che possa accogliere le innovazioni sociali che propongo. Tu non puoi chiuderti nel sancta santorum del tuo tempio, ignorando un fermento sociale che va incanalato".
De Marsico: "D’accordo, ma mentre tu sei la fiumana che avanza, io non posso essere che la diga che frena".
Cianetti: "Scusa se ti interrompo, caro De Marsico, ma il paragone non regge. Ammesso che io rappresenti la fiumana, non ti pare che sia poco saggia l’esistenza di una diga? La fiumana deve andare al mare; opporle una diga vuol dire provocare inondazioni e disastri. Alla fiumana si preparano il letto, gli argini e le piccole serre a cascata per regolarne il corso verso il mare; è proprio quello che io ti chiedo. Non parliamo, quindi, di dighe, ma predisponiamoci a costruire gli argini".
Ci siamo soffermati a lungo sulle memorie di Cianetti perché siamo convinti che la “congiura di Corte e militare”, già in programma per rovesciare il Governo fascista, fu accelerata nell’invitare Cianetti a "parlare con il Ministro della Giustizia", che vedremo in prima linea la notte del 24/25 luglio. Uomo della destra liberale, legatissimo alla Dinastia della quale rappresentava, oltretutto, gli interessi, De Marsico oppose il più deciso rifiuto anche all’esame del provvedimento, minacciando addirittura le dimissioni.
Il Duce, data la situazione militare difficilissima, cercò di evitare che a quella si aggiungesse anche una crisi ministeriale. Sicché fu costretto a soprassedere; ma, come ricorda Cianetti, lo rassicurò garantendogli che il provvedimento sarebbe comunque stato varato, "ma non prima del mese di ottobre".
Scrive a conclusione di questa vicenda Santorre Salvioli (“StoriaVerità”, N° 16) e del quale condividiamo l’opinione: "Non è da escludere che, riferito dal De Marsico ai vertici del Quirinale e dell’organizzazione capitalistica, la intenzione svoltista di Mussolini sia stata fra le cause scatenanti del Colpo di Stato del 25 luglio, posto paradossalmente in essere con l’ausilio involontario – non determinante - di Tullio Cianetti e del suo gruppo".
Tullio Cianetti, quasi al termine della sua vita osserva: "Come è avvenuto nel passato, si continuerà a truffare il mondo in nome della libertà e della democrazia di cui sarebbero depositari perenni – non si sa perché – i responsabili principali delle più grandi ingiustizie e schiavitù" Le sottolineature sono di FG).
Il colloquio con Cianetti in quel lontano giugno 1943, probabilmente va letto nella consapevolezza di Mussolini che la guerra per l’Asse era fortemente compromessa, e il suo animo di vecchio socialista gli imponeva di lasciare l’Italia, anche se sconfitta militarmente, socializzata, cioè vincitrice sul piano delle innovazioni sociali. La stessa operazione verrà riproposta l’anno successivo. Cianetti al termine della guerra, nel 1947, si trasferì in Mozambico dove morì nel 1976.
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