mercoledì 5 novembre 2014

NON SONO CHE CARNE DI ANIMALI TORTURATI E SOFFERENTI PER LEGGE


Camerata Marco Affatigato.


Qualcuno crede che agli animali destinati all’alimentazione kasher o halal sia garantito agio e benessere e che, poiché esistono anche le norme civili che proteggono gli animali, a queste bisogna attenersi ? La verità è che questi animali destinati a questo tipo di alimentazioni provengono dagli allevamenti intensivi, che la legge civile non assicura loro benessere e che polpette, stracotto, salsicce, salami, piatti tradizionali ebraici come piatti tradizionali musulmani non sono che carne di animali torturati e sofferenti.
Nell’ambito delle norme sugli animali da reddito, ovaiole, mucche da latte, vitelli o polli da carne, sono evidenti alcune gravi contraddizioni. Essendo gli animali sia la fonte di alimentazione per l’uomo che la fonte di reddito per gli operatori del settore, la necessità del massimo rendimento/minima spesa entra inevitabilmente in conflitto con le esigenze del benessere in senso lato degli animali allevati. La conseguenza è che il pieno benessere non si persegue, ma non si persegue neppure quel livello minimo di “benessere” che per legge si vorrebbe raggiungere. Si riscontrano continue e diffuse violazioni delle norme, le quali, innalzando fortemente i costi di gestione, incoraggiano di fatto ogni sorta di abuso e di illecito che, paradossalmente, negli allevamenti, nei trasporti, nei macelli, sono la norma. Ci si adegua con estrema lentezza alle modeste regole della UE sugli animali e ci si trova tutti, anche musulmani e ebrei, nella situazione di consumare animali violati ed abusati.
Una seconda contraddizione riguarda il fatto che le norme civili, stabilendo il livello minimo di sofferenza ammesso nell’ambito dello sfruttamento intensivo degli animali, sono in effetti esse stesse la misura del tormento legalizzato, ammesso cioè per legge. E’ la legge, infatti, che, in base alle esclusive ed inflessibili necessità degli uomini di produrre carne, latte e uova a prezzi vantaggiosi, stabilisce caratteristiche e misura della sofferenza lecita degli animali da reddito. È la legge che rende legale ciò che in realtà è una produzione etologicamente inaccettabile ed ecologicamente insostenibile. Al confronto di un bovino che vive libero vent’anni e più nei pascoli, un vitello che vive costretto per sei mesi o un gallo che vive per qualche settimana per essere macellati non sono che una forma estrema di sofferenza. In questo senso le norme civili sugli animali da reddito si configurano esse stesse come un abuso che anche gli ebrei e musulmani, malgrado ciò che dicano, in quanto compratori e consumatori degli stessi animali sofferenti, accettano e perpetuano.
A tutto ciò si aggiunga la considerazione più importante. Se la legge civile che stabilisce il livello di sofferenza legalizzata non è che la sintesi dei negoziati in atto tra chi sostiene la perversa realtà degli allevamenti industriali e chi si batte per il benessere degli animali, la legge ebraica relativa alla protezione degli animali, tzar balè chaim, come quella della macellazione rituale musulmana non prevedono negoziati e stabiliscono solamente che gli animali non devono soffrire. Il precetto che vieta di procurare qualunque sofferenza agli animali durante la loro vita è una norma fondamentale di tutte le religioni monoteistiche; l’insostenibilità della sofferenza animale è tale che bisognerebbe prima preoccuparsi del loro benessere e solo dopo valutare le questioni relative al rendimento economico e produttivo. Questo significa che gli allevamenti industriali, dove la sofferenza estrema per ragioni economiche è la prassi, non possono essere ammessi.

 
 
 

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti dai camerati.