giovedì 12 giugno 2014

A 40 anni dalla morte del Barone Evola .

Frase di Julius Evola

“Conta solo il silenzioso tener fermo di pochi, la cui presenza impassibile da convitati di pietra serva a creare nuovi rapporti, nuove distanze, nuovi valori; a costruire un polo il quale, se di certo non impedirà a questo mondo di deviati di essere quello che è, varrà però a trasmettere a qualcuno la sensazione della verità-sensazione, che potrà fors'anche essere principio invisibile di qualche crisi liberatrice.”  

                               Pensiero magico, alchimia, "letteratura della crisi", filosofie orientali, denuncia dei "poteri forti". Nelle opere di Evola i temi caldi dei nostri giorni

Evola fra tradizione e futuro. Così anticipò il XXI secolo

«Julius Evola oltre il muro del tempo. Ciò che è vivo a 40 anni dalla morte» è il titolo del convegno che si apre domani alle 16,30 a Palazzo Ferrajoli di Roma (Piazza Colonna, 335). Organizzato dalla «Fondazione Evola» e dalla casa editrice Pagine, all'incontro partecipano Gianfranco de Turris, Marcello Veneziani, Gennaro Malgieri, Diego Fusaro e Andrea Scarabelli.
A moderare sarà l'editore Luciano Lucarini. In questa pagina pubblichiamo un'anticipazione dell'intervento di de Turris sul tema dell'eredità di Evola (Roma, 19 maggio 1898 – 11 giugno 1974).

Questo è un Paese che si adatta a tutto e alla fine accetta tutto: classicisti che fanno l’apolo­gia di Stalin come grande stati­sta e modernizzatore dell’Urss non intaccato dall’esistenza dei gulag e dei loro morti; scrit­tori condannati in via definiti­va per omicidio, uno all’estero e l’altro graziato da Scalfaro, che pubblicano i loro romanzi senza problemi- e guai a ricor­darne i precedenti; negazioni­sti e negazioniste dell’olocau­sto istriano e delle foibe ospiti graditi in tv nel nome del plura­lismo; ex terroristi delle Br che presentano le loro verità in luo­ghi pubblici e istituzionali sen­za ostacoli se non le proteste dei parenti delle vittime.
Tutti in Italia possono fare e dire e pubblicare e parlare. Ma prova tu a chiedere che qual­che assessore alla Cultura ap­poggi il tuo progetto di ricorda­re i 40 anni dalla morte di Ju­lius Evola, che ricorrono oggi, e vediamo le reazioni... L’uni­co che ebbe il coraggio di farlo nel 1998 a Roma fu il compian­to Gianni Borgna, comunista, che non ebbe paura e lo finan­ziò, così come fece a Milano Marzio Tremaglia. Nessuno ha preso esempio dalla sua apertura mentale, purtroppo. Merito di una parolina magi­ca, «fascista», di fronte alla qua­le non c’è replica che tenga... Parlare di Evola, recensirlo, in­trodurre i suoi libri sembra es­sere ritenuto una colpa, qual­cosa di sconveniente, che ti fa correre il rischio di finire nel mirino dei commentatori «mo­derati » ma politicamente più che corretti, o magari dei «cen­tri sociali».
Eppure, questo pensatore, un vero e proprio outsider del­la cultura italiana del Novecen­to, si dimostra quanto mai at­tuale proprio per le sue analisi fuori dal coro, per averle fatte in una prospettiva non limita­ta al contingente, ma avendo lo sguardo proiettato lontano. Un buon motivo, dunque, per leggerlo e rimeditarlo, trala­sciando tutti i luoghi comuni che si sono affastellati sulla sua figura. Facciano qualche esempio, necessariamente stringato, di analisi anticipatri­ci, uno dei tanti modi per af­frontare il suo pensiero dopo otto lustri.
Il tentativo di Evola di anda­re oltre l’idealismo e di appro­dare, come ultima conclusio­ne, al pensiero magico ( Teoria dell’individuo assoluto , 1927; Fenomenologia dell’individuo assoluto , 1930 - queste e tutte le altre opere citate sono ora riedite dalle Edizioni Medi­terranee) non fu velleita­rio ma aprì una «terza via» filosofica e lo col­loca come uno dei maggiori pensato­ri­italiani del Nove­cento accanto a Croce e Gentile (Franco Volpi).
La magia e l’al­chimia, allora e adesso ridicoliz­zate a causa dei ciarlatani e dei cartomanti, sono state studiate e presentate quali vie realizzative inte­riori, come ha poi spiegato la psicologia analitica ( Introduzione alla magia , 1927-9 ; La tradizione ermetica, 1931).
Ieri imperversavano le fal­se religioni, le sette, le pseudo dottrine salvifiche, l’occulti­smo, il satanismo. Oggi è lo tes­so. Evola le criticò in Maschera e volto dello spiritualismo con­temporaneo (1932) in nome di una e per una difesa dell’Io.
Nella sua opera maggiore, Ri­volta contro il mondo moderno (1934), che rientra a pieno dirit­to nella «letteratura della cri­si », descrisse la nascita del «mondo moderno» in contrap­posizione al «mondo della Tra­dizione », svelando le radici della decadenza che ora abbia­mo pienamente sotto gli occhi. La moda del Graal, che ha imperversato per due decenni con libri im­probabili e ridicoli, era stata ben più seriamente anticipata da Evola ne Il mistero del Graal (1937) che presenta come alle­goria e simbolo della via impe­riale.
Tantrismo e Zen, Buddha e Lao-Tze sono diventati popola­rissimi con la New Age e la fuga in Oriente di tanti giovani occi­dentali in cerca della «illumi­nazione ». Una visione ante lit­teram profondamente consa­pevole degli aspetti dimentica­ti di simili dottrine e autori è nei suoi L’uomo come potenza (1926), La dottrina del risve­glio ( 1943), Lo yoga della poten­za (1949).
Una critica all’economici­smo, alla finanza anonima, al­la politica succube dei «poteri forti» è ne Gli uomini e le rovine (1953), mentre un richiamo a quei valori etici e alla necessità di tenere «la schiena dritta» (per usare la frase del presiden­te Ciampi) di fronte alle tenta­zioni del potere, a un recupero di dignità e serietà nell’azione pubblica è in Orientamenti (1950) e anche in Cavalcare la tigre (1961). Se la destra politi­ca ne avesse tenuto conto non sarebbe sprofondata anch’es­sa in tanti scandali.
Se ne Il fascismo (1964) anti­cipa un revisionismo storico vi­sto da destra, in Metafisica del sesso (1958) rende dignità ad un aspetto della vita che oggi è pervasivo, contraddittorio, ba­nalizzato e degradato in una patologia inquietante.
Naturalmente Julius Evola è stato anche altro, e questi sono soltanto pochi esempi per un lettore interessato a certi aspet­ti più diretti e contingenti del suo pensiero. Si è occupato di svariati argomenti e su di essi ha scritto. Per questo Evola lo si deve intendere complessiva­mente e non estrarre alcuni suoi aspetti per osannarlo o condannarlo. Del resto, è quel che si fa nei confronti di tantis­simi altri fondamentali autori del Novecento (d’Annunzio, Pound, Marinetti, Mishima, Céline ecc.). Non si capisce perché non lo si dovrebbe fare per Julius Evola.
Per capire il Novecento biso­gna leggere Evola, è stato det­to. E si potrebbe aggiungere che per capire il mondo del XXI secolo con le sue contrad­dizioni, il suo cupio dissolvi , il nichilismo, la secolarizzazio­ne, il disincanto, l’abbandono di ogni certezza anche perso­nale, addirittura sessuale, biso­gna leggere Evola. Evola è, pur con le sue difficoltà e asprezze filosofiche, uno dei pochi, se non l’unico, a fornire indica­zioni per non far sopraffare il tuo Io, conciliando, fra i pochis­simi, metafisica e concretezza, meditazione e azione. Ognu­no, leggendolo, deve scegliere la sua via, anzi, per l’esattezza, il suo cammino personale.

- Mar, 10/06/2014
http://www.ilgiornale.it


 

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