giovedì 4 febbraio 2016

CI SONO VALORI CHE NON SONO NEGOZIABILI


Art. Camerata Marco Affatigato.


Oggi esiste un Italia che non si rassegna , un Italia che non si sottomette e che vuole lottare per cambiare …ma ha bisogno di guide. Le guide devono essere veritiere, nelle intenzioni, nelle idee, nel linguaggio e nei comportamenti.
La manifestazione di sabato 30 gennaio ha portato alla luce l’esistenza di un’altra Italia, ben diversa da quella relativista e pornomane che ci viene presentata dai media come l’unica reale.
L’Italia che è di quel giorno è quella porzione di popolo, più ampia di quanto si possa immaginare, che è rimasta fedele, o ha riconquistato negli ultimi anni, quelli che Benedetto XVI ha definito «valori non negoziabili»: la vita, la famiglia, l’educazione dei figli, nella convinzione che solo su questi pilastri possa fondarsi una società bene ordinata. Quell’Italia si pone come antitetica all’Italia della legge Cirinnà, che prende nome dal disegno di legge presentato dalla senatrice Monica Cirinnà, per introdurre matrimonio civile e adozioni omosessuali nel nostro Paese.
L’Italia di quel giorno non è solo un’Italia che difende l’istituto famigliare, è anche un’Italia che si schiera contro i nemici della famiglia, a cominciare dal gruppo di attivisti che, dietro lo schermo della legge Cirinnà, vuole imporre al Paese un’ideologia e una pratica pansessualista. Questa minoranza è supportata dall’Unione Europea, dalle lobby marx-communitariste che purtroppo godono anche della simpatia e della benevolenza di una parte dei vescovi sotto la guida di mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza Episcopale Italiana e dei movimenti cattolici come come Comunione Liberazione, l’Agesci, i Focolari, il Rinnovamento dello Spirito.
Mons, Galantino ha cercato in tutti i modi di evitare la manifestazione di sabato 30 gennaio, poi nell’impossibilità di fermare la mobilitazione, avrebbe voluto imporre ad essa un altro obiettivo: quello, come osserva Riccardo Cascioli su La Nuova Bussola quotidiana del 1 febbraio di «arrivare a una legge sulle unioni civili che le tenga ben distinte dalla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e che eviti l’adozione. In altre parole la CEI vuole i DICO contro cui aveva combattuto otto anni fa». (La legalizzazione dei DICO fu opposta nel 2007 dai vescovi italiani poiché legge che veniva presentata, giustamente, come porta aperta al pseudo-matrimonio civile omosessuale) ed oggi si sente raccontare, dal maggior esponente dei vescovi della Chiesa, che bisognerebbe accettare le unioni civili, proprio per evitare il cosiddetto matrimonio gay. Lo racconta, tra gli altri, in un’intervista, mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano: «In linea di principio, non ho obiezioni al fatto che sotto il profilo pubblico si dia consistenza giuridica a queste unioni. Mi sembra che la reazione riguardi il tema della generatività, le adozioni, non il riconoscimento pubblico delle unioni. L’importante è che non vengano assimilate alla realtà del matrimonio». E, a scanso di equivoci, aggiunge: «Una legge sulle unioni civili si può senz’altro fare» (Corriere della Sera 31 gennaio). La posizione è chiara: no all’adozione omosessuale, sì alla legalizzazione delle unioni omosessuali, purché non vengano ufficialmente definite matrimonio. Se dal disegno di legge Cirinnà fossero tolti alcuni elementi che equiparano in tutto le unioni civili omosessuali al matrimonio, allora un cattolico potrebbe consentirvi. Mons. Semeraro è considerato, come mons. Galatino, un uomo di fiducia di Papa Francesco. Sorge quindi spontanea la domanda: qual’è la posizione del Papa in proposito? Antonio Socci, su Libero del 31 gennaio, rileva come sia stata «evidentissima l’assenza e palpabile la freddezza» di Papa Francesco, il quale non ha inviato nemmeno un saluto ai manifestanti del 30 gennaio e non vi ha fatto accenno né nel discorso dell’udienza del sabato mattina, né nell’Angelus del giorno successivo. Come giudicare questo silenzio, nel momento in cui il Governo e il Parlamento italiano si apprestano a infliggere una ferita morale al nostro Paese?
La battaglia in atto non è infatti politica, ma culturale, e non si vince tanto con la mobilitazione delle masse, quanto con la forza delle idee che si contrappongono all’avversario. È una battaglia tra due visioni del mondo, fondate entrambe su alcuni princìpi cardine. Se si ammette che esiste la verità assoluta e l’assoluto Bene, che è Dio, nessun cedimento è possibile. La difesa della verità deve essere condotta fino al martirio.
La parola martire significa testimone della verità e oggi, accanto al martirio cruento dei cristiani, che si rinnova in tante parti del mondo, esiste un martirio incruento, ma non meno terribile, inflitto attraverso le armi mediatiche, giuridiche e psicologiche, con l’intento di ridicolizzare, far tacere, e se possibile imprigionare i difensori dell’ordine naturale e cristiano.
La Manif pour tous francese, portò per la prima volta quasi un milione di persone in piazza il 13 gennaio 2013, qualche settimana prima della discussione in Parlamento della legge Taubira, ma continuò a manifestare, con vigore ancora maggiore, anche dopo l’approvazione del pseudo matrimonio omosessuale, innescando un movimento che ha aperto la strada a tanti altri in Europa.
Personalmente mi aspetto in Italia nuove manifestazioni, condotte con forza e determinazione, anche se il numero dei partecipanti dovesse essere minore, perché ciò che conta non è l’ampiezza del numero, ma la forza del messaggio che la manifestazione può dare: di un Italia che non è rassegnata, che non è sottomessa , di un Italia che vuole lottare e ha bisogno di guide. Le guide devono essere veritiere, nelle intenzioni, nelle idee, nel linguaggio e nei comportamenti.


 

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