giovedì 28 aprile 2016

LA VERA FESTA DELLA LIBERAZIONE.


Art. Camerata Marco Affatigato. L’Italia ha una duplice condanna: l’invasione di migranti e la criminalità organizzata. La vera festa della Liberazione si celebrerà solamente quando l’Italia avrà estirpato la criminalità organizzata e la corruzione ed avrà rimpatriato gli invasori clandestini. Le attività di ogni tipo e genere sono in crisi mentre il governo Renzi invoca la crescita. I suicidi d pensionati e imprenditori continuano mentre Renzi invoca la ripresa. Le attività criminali sono l’eccezione, crescono in modo esponenziale e del resto contribuiscono con le “loro attività” a produrre PIL per il Paese. Affrontare una “crisi economica” dovrebbe portare chi governa a controllare soprattutto le spese inutili o improduttive, verificare le attività per potenziarne alcune e crearne altre anche rischiando un’ulteriore esposizione finanziaria. In secondo luogo: ridurre la burocazia e le imposte sulle imprese per permettere l’immediata creazione d’impresa e posti di lavoro. Terzo: difendere le imprese ed il prodotto italiano attraverso una derogazione all’export ed una più ferma regolamentazione all’import . Regole semplici, elementari che tutti i Paesi membri dell’Unione Europea fanno …ad eccezione dell’Italia. L’Italia si occupa, invece, di “accoglienza” di migranti e sembra averne fatta una “occupazione industriale” alla pari delle bande ciminali che organizzano le partenze dalle coste libiche, tunisine, algerine, egiziane e turche. Le navi per raccoglierli, il cibo, i vestiti, gli alberghi, le schede telefoniche, l’assistenza medica, la diaria giornaliera. Questo è “l’investimento economico” dell’Italia per combattere la crisi. Poi, una volta distribuiti nell’entroterra italiano (dal Nord come al Sud) si lascia la polizia il compito di controllarli, perché comunque non contenti dell’ospitalità che viene loro data commettono crimini e aggressioni sessuali. Questo è un altro punto critico: sfogano sentimenti ostili che non hanno ragioni precise, ma sono alimentati da odio atavico per essere diversi, per non essere stati capaci di costruire una civiltà avanzata come l’europea. Detto ciò vi è solo da domandarsi se la “accoglienza” così fatta non sia una forma di complicità con gli invasori che abbandonano un continente ricco, ma socialmente arretrato, per invadere Paesi che hanno costruito società avanzate. Mi chiedo se il sommarsi degli ingenti costi, sia in termini economici che sociali, non sia la principale causa di una crisi economica e del fatto che la stessa non trova vie d’uscita in Italia. Già , in Italia ! Perché la Svezia, la Danimarca, la Finlandia, l’Ungheria , la Slovenia, la Croazia, la Polonia, la Svizzera, la Francia ed ora anche l’ Austria hanno chiuso le frontiere e i risultati elettorali confermano che il sentimento popolare esprime una grande determinazione per contrastare l’invasione migratoria. Ma anche in Italia il sentimento popolare marcia in questa direzione. Solo i personaggi e politici cristallizzati e soggiogati da interessi opachi proclamano processi d’integrazione binaria che comporta anche l’adeguamento di costumi e culture a quelle degli immigrati-invasori.Invasione che comporta anche altri due malanni: il primo, il riapparire di malattie infettive scomparse da tempo in Italia e l’altro, quello della loro bomba demografica che si sposa, a danno dell’Italia e dell’Europa in generale, con la denatalità. La riduzione delle nascite non è di per sé proprio un malanno, se è finalizzata a un’ottimale rapporto tra suolo e antropizzazione, ma lo diventa se ad essa si affianca l’invasione di “altri” che, azionando anche la bomba demografica, vanificano il sacrificio di popoli che intendono rispettare l’ambiente. Il governo italiano , oggi complice e espressione di interessi particolari, fra l’altro non rende noti i costi dell’invasione migratoria e non è dato sapere in quale capitolo del bilancio li abbia inseriti. Forse tra le accise dei carburanti. Anche questo sarà un argomento da approfondire. E non è rilevante il “contributo europeo” perché insufficiente e poi i “fondi europei”, come spiegato in un altro mio post, sono sempre finanziati dagli Stati membri quindi, anche dall’Italia. Patire una crisi economica di rilievo senza riuscire a eliminarne la principale causa, configura la gestione di una morte assistita. Questo almeno per l’Italia.

LO SPIRITO PATRIOTTICO.


Art. Camerata Marco Affatigato. Possibile che lo spirito patriottico in Italia emerga solo di fronte alle gesta sportive della nazionale di calcio, della Ferrari e di Valentino Rossi ? Ma è proprio così infima la realtà culturale del nostro Paese ? Siamo veramente senza “sentimento nazionale”, espressione di civica virtù e di partecipazione politica ? Questa è la cruda verità? Ci fermiamo a “notti magiche” d’Italia 90 e al “grande sogno da attraversare” che si chiama Italia. Un Italia che è rimasta sempre disunita malgrado il disegno di Garibaldi, Mazzini e Cavour che s’inventarono l’Italia unita. Un Italia che non riesce a mettere insieme le popolazioni di Reggio Emilia e Reggio Calabria, di Cuneo e Napoli, di Treviso e Lamezia Terme. Ma non solo, un divario che esiste anche fra “centro” e “periferie” (per esempio, riguardo la città in cui sono nato, fra “Lucca drentro” e “Lucca fora” ) che è lo stesso tra Nord e Sud. E la domanda più naturale, che tuttavia nessuno si vuole porre “giocando” su questo divario, dovrebbe essere la seguente: come si risolve qusto “divario”? Per ridurre il divario tra Nord e Sud, è necessario intervenire con una radicale riforma della Pubblica amministrazione e della burocrazia. La spesa pubblica italiana è molto alta, e ciò è la causa dell’enorme pressione fiscale. Poiché la spesa è sistematicamente superiore alle entrate fiscali, si è prodotto negli anni un elevatissimo debito pubblico. La spesa è concentrata soprattutto sulle pensioni e gli interessi sul debito, ma è elevata anche in molti altri ambiti. Per esempio, rispetto alla Germania, l’Italia spende di più (in proporzione al Pil) nelle seguenti voci: difesa, ordine pubblico, organi legislativi, esecutivi e diplomatici, scuola primaria, scuola secondaria, e sovvenzioni a settori economici quali i trasporti senza però ottenere gli obiettivi ricercati . Complessivamente, le spese fuori linea rispetto alla Germania superano l’11% del PIL. La spesa pubblica è al contrario bassa, relativamente alla Germania, soltanto in una manciata di settori: l’assistenza ai disoccupati e alle famiglie, e la spesa universitaria. L’Italia è quindi caratterizzata da un’elevata spesa pubblica, essendo il primo paese in Europa per spesa pensionistica, e uno dei primi per spesa in interessi sul debito e per i costi della politica (organi legislativi, esecutivi e diplomatici). L’Italia spende inoltre relativamente più della Germania per la difesa, l’ordine pubblico, l’istruzione primaria e secondaria, le sovvenzioni alle imprese. Il risultato è un’elevata pressione fiscale, che disincentiva la produzione e diminuisce la competitività dell’economia. Inoltre la spesa pubblica in deficit ha portato al formarsi del terzo debito pubblico maggiore del mondo, con la conseguente instabilità finanziaria che caratterizza l’economia italiana, nonché l’elevata spesa per interessi. La soluzione: ridurre la spesa consentirebbe di ridurre la pressione fiscale, aumentando la competitività dell’economia, e ridurre il debito, aumentandone la stabilità nel lungo termine. Entrambe le misure sono fondamentali per la crescita; si può ridurre la spesa di oltre sei punti di PIL in cinque anni, anche in assenza di crescita reale; in particolare, occorre intervenire su tutte le voci di spesa nelle quali l’Italia spenda, in proporzione al Pil, più dei paesi comparabili. Tale intervento non deve consistere solo in un taglio dei finanziamenti, ma deve prevedere anche una forte riorganizzazione dei servizi pubblici, allo scopo di introdurre adeguati incentivi all’efficienza: per esempio con la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione oppure con riforme della giustizia, della sanità e del sistema educativo. Per ridurre la spesa per interessi è inoltre necessario abbattere il debito pubblico con una seria politica di privatizzazioni. La spesa per il personale pubblico può diminuire, per riduzione non degli stipendi nominali ma dei contributi a carico del datore di lavoro (riduzione nell’ambito della riforma fiscale). Ciò può essere ottenuto: riducendo il tasso di crescita dei salari nominali, che negli ultimi dieci anni sono cresciuti nel pubblico molto più che nel privato; riducendo il numero di dipendenti pubblici nei settori che appaiono sovradimensionati: l’amministrazione, la difesa, l’ordine pubblico, la scuola primaria e secondaria; riducendo il numero di uffici e gli incarichi dirigenziali; rivedendo al ribasso gli stipendi d’oro degli incarichi politici e della P.A. Gli altri consumi finali, essenzialmente consumi intermedi e acquisti sul mercato, sono cresciuti a un tasso doppio rispetto al PIL negli ultimi dieci anni. I dati sono troppo aggregati per una scomposizione significativa, ma inefficienze, sprechi e rendite di posizione tendono a essere frequenti. Sono in questa categoria le spese per le consulenze esterne, per esempio, che pure vanno affrontate con estrema attenzione e senza populismi. La spesa pensionistica può essere previdenziale o assistenziale (pensioni sociali, invalidi ecc). La seconda non viene toccata, come anche le altre spese sociali, che anzi devono essere rivalutate a un tasso pari alla crescita nominale. Solo la prima spesa pensionistica (previdenziale) deve essere invece ridotta ad un trattamento equo massimo, che al 2016 può essere calcolato in 3mila euro mensili. È così possibile ridurre la spesa previdenziale riducendo il tasso di rivalutazione con l’inflazione, oppure ricalcolando le pensioni erogate, soprattutto quelle di importo maggiore (solo gli assegni sopra i 3.000 € mensili costano circa due punti di PIL), quando sono stati calcolati col metodo retributivo o con legislazioni di favore (per esempio i vitalizi dei parlamentari, dei magistrati, dei consiglieri regionali ed equiparati). La spesa per interessi si può ridurre riducendo il costo del debito oppure il rapporto debito/PIL. La prima non è un’opzione di policy, anche se una politica fiscale credibile aiuterebbe ad abbassare i tassi di interesse pagati sul debito. Per ridurre il rapporto debito/PIL occorre sia ridurre il deficit sia vendere patrimonio, immobiliare e mobiliare.Ma , soprattutto, occore combattere seriamente (attraverso la confisca dei beni) il lavoro a nero, l’evasione fiscale e l’economia criminale (altro che inserirle nel Pil , esse sono un danno all’economia nazionale). Insomma, non basta la Riforma Madia. Bisogna fare molto di più. Paradossalmente, sono le politiche assistenziali a favorire il divario. Politiche che assumono un carattere diffusamente clientelare a beneficio esclusivo dei potentati locali, non già dei cittadini, che invece potrebbero alimentare le economie territoriali. Politiche che sono il motore della corruzione e del malgoverno, che producono impasse istituzionali, crisi di legalità e malessere sociale. Con le politiche assistenziali non si genera sviluppo ma si aumenta a dismisura l’indebitamento pubblico del Paese. Questa è la scommessa collettiva da vincere. Ricomporre quella frattura, che una volontà politica vuole mantenere per meglio gestire il potere, è difficile, soprattutto perché non vi sono progetti concreti e credibili in tal senso, ma non è impossibile.

L’Italia è un paese ammalato .


Art. Camerata Marco Affatigato. L’Italia è un paese ammalato di voyeurismo da sempre: l’unico paese al mondo dove avvengono “fughe di notizie” dalle Procure, dove fughe di notizie sono intercettazioni irrilevanti sotto il profilo processuale, quanto dannose per l’immagine pubblica degli intercettati. Un Paese così ammalato, in un quadro mondiale votato al delirio di onnipotenza degli Stati, ha fatto la sua parte, accomunandosi al delirio comune. Il silenzio che c’è sulle piazze non è più sinonimo di tranquillità: è un silenzio attonito, conseguenza naturale di una insicurezza, mai conosciuta prima e comunque dimenticata fin dagli anni del dopoguerra. Speriamo sia un sintomo di un sano risveglio del desiderio di litigare, anziché di firmare nuove leggi d’imposizione. Mi spiace, se amate le favole, continuate a leggere e a credere ai giornali italiani, a bearvi perché stiamo uscendo dalla crisi, di come, ormai, i tempi sono cambiati e quanto è bello pagare il canone RAI sulle bollette elettriche. Se non amate le favole, preparatevi a quello che succederà nel prossimo decennio: tutto ciò che è contro natura, prima o poi, è destinato al fallimento, sempre e comunque.

martedì 26 aprile 2016

Comitato Onoranze Caduti di Rovetta


DOMENICA 29 MAGGIO ALLE ORE 10,30 PRESSO IL CIMITERO DI ROVETTA VERRA’ CELEBRATA UNA SANTA MESSA IN SUFFRAGIO DEI 43 MILITI http://comitatoonoranzecadutidirovetta.blogspot.it

martedì 1 marzo 2016

Udite....udite!!! Il Friuli targato sinistra finanzia chi nega le foibe


Fonte Art. http://www.ilgiornale.it La governatrice Pd Serracchiani dà 20mila euro all'editore che pubblica libri negazionisti. La denuncia di Forza Italia Trieste - La Regione Friuli-Venezia Giulia guidata da Debora Serracchiani, la stellina nazionale Pd, finanzia una casa editrice di una nota negazionista delle foibe. Nel disegno della legge finanziaria 2015 all'articolo 6, comma 10, sono previsti 20mila euro per la Kappa Vu s.a.s. di Udine. I soldi verranno elargiti secondo la norma «per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana». La casa editrice beneficiata stampa anche dei libri nell'idioma locale, ma è specializzata nella revisione storica che punta a demolire il dramma degli infoibati ed i crimini di Tito. A sollevare il problema ci ha pensato il consigliere regionale di Forza Italia, Roberto Novelli, che presenterà un emendamento in aula per cancellare il finanziamento. La colonna portante della Kappa Vu è Alessandra Kersevan, «riduzionista» delle foibe per sua stessa ammissione. L'ultima opera pubblicata è il tomo sulla Fenomenologia di un martirologio mediatico: le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi . In vendita on line si può acquistare a soli 6,38 euro «Da Sanremo alle foibe», un libello che cerca di demolire l'opera teatrale di Simone Cristicchi sul dramma dell'esodo istriano alla fine della seconda guerra mondiale. Secondo la casa editrice la pubblicazione «offre agli antifascisti, ma anche a un pubblico più vasto, alcuni mezzi “di difesa culturale” di fronte all'aggressività psicologica e mediatica del nuovo pensiero unico, cosiddetto “condiviso”, di cui il lavoro di Cristicchi è secondo noi espressione». Kersevan sostiene che la memoria delle foibe fu creata ad arte nel dopoguerra per screditare il movimento partigiano. Secondo lei gli infoibati non sono certo migliaia ed in gran parte collaborazionisti o fascisti. La foiba di Basovizza, monumento nazionale, è frutto di propaganda e nessuno sarebbe mai stato lanciato nella voragine dai partigiani di Tito. Fonte Art. http://www.ilgiornale.it «La nostra regione ha vissuto questa tragedia e finanziamo una casa editrice che lo nega? È come se elargissimo soldi a chi dice che l'Olocausto è un'invenzione», dichiara l'azzurro Novelli. L'assessore alla Cultura, Gianni Torrenti, spiega che «la Kappa Vu è stata finanziata anche in passato da giunte di centrodestra. Non sono assolutamente d'accordo con le tesi negazioniste del dramma storico sulle foibe, ma se bloccassimo i fondi andremmo ad intaccare la libertà d'espressione e pensiero». L'assessore auspica l'apertura di un dibattito sul tema in aula consiliare. In passato era scoppiato un pandemonio per l'invito a un ex SS a Trieste da parte dell'associazione Novecento. L'assessore comunista, Roberto Antonaz, della giunta Illy di allora, aveva tuonato: «Neanche un euro alla Novecento». I contributi furono ridotti ed oggi cancellati. Quest'anno sono in tanti a storcere il naso accusando che i finanziamenti regionali sono a senso unico verso un mondo vicino alla sinistra, compresi i negazionisti delle foibe.

SCHENGEN: LA SCHEGGIA IMPAZZITA DELL’UNIONE EUROPEA


Fonte Art. Siamfatticosi’ Schengen è un piccolo paesino, posto all’estremo sud-orientale del minuscolo Granducato del Lussemburgo. La sua esistenza – probabilmente – sarebbe oggi nota solamente agli specialisti di geografia del Benelux, se non fosse stato per un piccolo particolare, di quelli che una volta si chiamavano “accidenti della storia”: il convegno tenutovi, in un lontano giorno del 1985, fra i rappresentanti dei governi di Germania occidentale, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, e l’accordo (detto appunto di Schengen) raggiunto in materia di “eliminazione graduale dei controlli” alle frontiere comuni fra i cinque Stati interessati; con l’obiettivo finale di costituire un’area comune di libera circolazione per uomini e merci. Obiettivo presto raggiunto, e codificato nel 1990 in un vero e solenne trattato internazionale – la Convenzione di Schengen – cui aderivano successivamente anche Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia; ma non l’Inghilterra. Nel frattempo – nel 1992 – era nata l’Unione Europea, che nel 1999 recepiva la Convenzione e la acquisiva al proprio apparato istituzionale (Trattato di Amsterdam). Da quel momento, gli Stati che aderivano all’Unione aderivano automaticamente anche alle disposizioni della Convenzione di Schengen, ed erano quindi tenuti ad abolire i controlli alle frontiere “interne” ed a consentire la libera circolazione di persone e cose (e denari) all’interno dello “spazio Schengen”. E non era tutto: perché – nella foia di ampliare a dismisura i confini di questa pseudo-Europa senza frontiere – i burocrati di Bruxelles concepivano l’allargamento dello “spazio” anche ad altri Paesi esterni all’Unione, che volessero accettare i dettami di Schengen. Era il caso – fra gli altri – della Svizzera, il cui governo aderiva nel 2008, ma che nel 2014 era costretto a fare precipitosamente marcia indietro; e ciò per l’esito del referendum popolare che aveva bocciato il libero attraversamento dei confini elvetici (vedi «Chi ha paura del referendum svizzero?» su “Social” del 21/2/14). Quello elvetico era probabilmente il primo campanello d’allarme, anche se proveniente da un Paese estraneo all’Unione. Ma si preferiva ignorarlo, liquidandolo come un “referendum razzista”, da archiviare il più in fretta possibile insieme agli altri fastidiosi episodi di “populismo” anti-UE. La cupola europea continuava a far finta di nulla, ligia alle disposizioni che, dall’altra sponda dell’Atlantico, ordinavano che l’Europa finisse di essere “fortezza” e si aprisse al mondo: prima agli immigrati, che dovevano alterarne l’identità fisica e culturale; e subito dopo – beninteso – al trattato coloniale di libero scambio (il famigerato TTIP) che in un futuro prossimo dovrebbe distruggere i suoi ultimi scampoli di benessere. Si è andati avanti così per un annetto, fra una giaculatoria di Papa Bergolio e i moccoli del giornalismo buonista, mentre l’ISIS ammassava in Libia un milione di “rifugiati” africani, che poi scaglionava nelle quotidiane spedizioni verso le coste siciliane, brillantemente collaborata dalle missioni di soccorso d’ispirazione vaticana (l’italiana “Mare Nostrum” e l’europea “Triton”). Si poteva far finta di nulla, perché quei fessi di italiani accoglievano i migranti che si proclamavano “rifugiati” (cioè tutti), li ospitavano spensieratamente per un annetto, e poi facevano finta di credere che si trattasse veramente di emaciati esuli politici e non di baldi giovani in cerca di fortuna. A un certo punto, però, il meccanismo si è inceppato. Ciò è accaduto nell’autunno scorso, quando dalla Turchia di Erdoğan sono cominciati a partire contingenti sempre più folti di profughi siriani e di migranti economici di varie nazionalità asiatiche (ma con passaporto “siriano” made in Turkey) diretti – attraverso la Grecia e i Balcani – in Germania e nell’Europa settentrionale (vedi «Signori, l’invasione è servita» su “Social” dell’11/9/2015). Mentre i Paesi esteuropei, uno dopo l’altro, iniziavano ad alzare i loro bravi muri e mentre l’Inghilterra blindava il passo di Calais, la signora Merkel – improvvisamente e misteriosamente convertita al buonismo – apriva le porte della Germania ai profughi veri e falsi. Malgrado la mancia miliardaria promessa ai turchi per arginare l’esodo, in breve fiumi di migranti si riversavano sulle strade dei Balcani, inneggiando alla Kanzlerin ed alla sua magnanimità. Imbarazzati, i Paesi del Nordeuropa e dell’area germanica si allineavano disciplinatamente alla capofila, e si dichiaravano pronti ad ospitare quanti più immigrati possibile. Ma questa disponibilità è durata lo spazio d’un mattino. Perché, sommersi da una vera e propria invasione, anche i nordici hanno alzato i loro bravi muri. Muri non materiali, non di mattoni, ma non per questo meno difficili da superare. Le loro barriere si chiamano pudicamente “controlli alle frontiere interne”, ma suonano comunque come un de profundis per le utopistiche regole di Schenghen. Alla fine, anche la Merkel ha dovuto fare una imbarazzante retromarcia e si è di fatto convertita alla causa dei controlli alle frontiere. Con il cerino in mano sono rimaste soltanto l’Italia di Renzi e la Grecia del convertito Tsipras, piene zeppe di immigrati che nessun altro è più disposto ad accogliere. Ecco perché il Vispo Tereso si agita tanto e va dicendo che, se si archivia Schengen, l’Europa finisce. Perché sa benissimo – il tapino – che bloccare la “libera circolazione” nell’Unione Europea (anche soltanto per due anni, come da taluno proposto) significherebbe condannare l’Italia a tenersi per sempre quell’esercito di “rifugiati” che per ora si accontenta di bivaccare nei centri di accoglienza, ospitati, nutriti, vestiti e stipendiati con fondi in larga parte europei. Ma cosa succederà quando sarà passato il periodo previsto per l’esame delle richieste d’asilo e dall’UE non arriveranno più i contributi? Cosa succederà se, sospesa “provvisoriamente” Schengen, i “rifugiati” non potranno uscire dall’Italia? Come fare per rimpatriare l’esercito dei non aventi diritto all’asilo, senza affrontare rivolte e disordini di ampie proporzioni? E, se non si sarà in grado di rimpatriarli, come gestire centinaia di migliaia di nerboruti giovanotti che, in un modo o nell’altro, dovranno procurarsi il necessario per campare? Ecco perché il Bulletto dell’Arno – insieme al Topolino del Pireo – si agita tanto. Sa benissimo che dalla sopravvivenza di Schengen dipende anche la sua personale sopravvivenza politica.

giovedì 25 febbraio 2016

Video Massimiliano Mazzanti.


Se vi piace, condividetelo per me. I soliti idioti dei centri sociali - protetti da Polizia e Magistratura - hanno devastato a Bologna il monumento ai martiri delle foibe, nel silenzio delle istituzioni.

Pubblicato da Massimiliano Mazzanti su Giovedì 25 febbraio 2016

venerdì 19 febbraio 2016

L’ANPI DI IMOLA BOICOTTA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU “DONNA RACHELE MUSSOLINI

Testo preso da Facebook . Mattia Grandi 4 ore fa · Imola · .. Grazie a Roberto Mugavero e a Minerva Editore per il costante sostegno L’ANPI DI IMOLA BOICOTTA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO SU “DONNA RACHELE MUSSOLINI” Sono passati oltre 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ma per qualcuno sembra (strumentalmente) invece ieri. Ho letto attonito la notizia (allego l’articolo apparso ieri su Repubblica) che l’ex sindaco di Imola Bruno Solaroli ora a capo dell’ANPI imolese con un comunicato ha posto un chiaro veto alla presentazione del libro edito dalla mia casa editrice su “Donna Rachele Mussolini” e scritto dalla nipote Edda Negri Mussolini e dalla giornalista romana Emma Moriconi. Ho letto le assurde motivazioni che mi hanno fatto guardare immediatamente incredulo al calendario di casa per vedere se vivo nel 2016 o nel ’48. Ma possibile che ci siano ancora persone che vedono (senza aver letto di certo il libro) complotti e sovversioni dentro le pagine di un volume che narra in modo intimo la vita di una donna che si chiama Rachele Guidi Mussolini, convenzionalmente per gli italiani “Donna Rachele Mussolini”. Avevamo fissato una presentazione in un locale di Imola per la sera del prossimo 26 febbraio e ora l’ANPI imolese grida allo scandalo mettendo negli organizzatori un tal terrore che hanno ovviamente “abdicato” alla serata. Mi domando a questo punto se il Sig. Solaroli e l’ANPI di Imola hanno letto il libro? Se lo avessero fatto, avrebbero visto che non è una apologia del fascismo, ma la dettagliata storia di una donna e di una famiglia. Lo sanno all'ANPI di Imola che in soli 4 mesi dalla sua uscita sono state organizzate fra quelle fatte e quelle già programmate una cinquantina di presentazioni in Italia e che il libro ha fatto quindi già 2 edizioni visto il suo grande successo di pubblico? Sanno all’ANPI di Imola che queste presentazioni sono state fatte non da circoli di “fanatici della destra estrema”, ma praticamente da tutto l’arco costituzionale: Comuni governati dal centrosinistra come da quelli governati dal centrodestra e da associazioni culturali non politicizzate. E tutte le serate hanno portato tantissima gente per sentire la storia di una donna e della sua famiglia tra tante curiosità, inediti e anche del dolore che quella famiglia ha comunque anch'essa patito pesantemente. L’ANPI imolese sa che le stesse autrici hanno sempre preteso che “non fossero presentazioni a fine politico/elettorale con la presenza di loghi di partito” proprio perché non amano le strumentalizzazioni di una storia come questa? Al Sig. Solaroli e all’ANPI imolese tutto ciò invece non importa. Importa solo ciò che a loro fa comodo, coprirsi dietro alla medaglia d’oro data alla città di Imola (qualcuno la voleva togliere?) e a una arzigogolata teoria di revisionismo (termine trito e antistorico anche per gli storici stessi). La storia - a prescindere da questo libro - è naturalmente sempre sotto esame e deve essere corretta se vi sono stati fatti degli errori. Lo dobbiamo alle nuove generazioni e alle nostre coscienze. E cosa pretendono ora l’ANPI che tutto finisca così? Mettendo paura a chi doveva ospitare la serata (persone civili e aperte alla storia e alla cultura in quanto tale e non di certo al fanatismo) in città? Il Sig. Solaroli si sbaglia di grosso, perché se potremo troveremo un altro luogo dove effettuare la presentazione. Se qualcuno ci aiuterà in tutto questo ve ne saremo grati fin d’ora! Non bisogna aver paura di un libro! I libri si fanno leggere e non uccidono nessuno. I libri lasciano il “libero pensiero” e non impongono nulla! I libri raccontano storie di uomini e di donne che meritano pari dignità. La mia casa editrice non si può poi certo tacciare (non l’hanno per fortuna fatto) di essere “di parte”. La Minerva edita i libri che ritiene meritevoli e se lo sono, possono raccontare storie di Destra come di Centro e di Sinistra senza che a noi destino scandalo. O fior di amici di Sinistra, di Centro e di Destra che apprezzo e rispetto come so che la medesima cosa vale per loro. A Imola invece NO. Non si può parlare della vita e delle tragedie legate a Donna Rachele Guidi Mussolini. Una donna romagnola che ha lottato con tutte le sue forze per difendere la sua famiglia e la sua stessa vita e non ha mai voluto cedere alla politica e al denaro. Donna Rachele è morta che non possedeva palazzi, ville e conti in banca a 6 zeri. Donna Rachele è stata aiutata anche dal prete del suo paese per andare avanti. Donna Rachele ha patito la morte prematura di due dei suoi 5 figli. Donna Rachele ha amato suo marito Benito Mussolini come fa una moglie e più di una volta (il libro lo racconta molto bene) lo ha anche redarguito e richiamato all’ordine, sapendo quali fossero i veri bisogni degli italiani. E lui, Benito Mussolini l'ha sempre ascoltata. Nessuno dice che gli italiani non abbiano patito e sofferto durante la guerra. Vi sono stati tanti e troppi dolori da ambo le parti che sarebbe ora di sanare e guardare con fiducia avanti. Invece no, per l’ANPI di Imola il libro su “Donna Rachele Mussolini” non si deve presentare perché corrisponde praticamente al Demonio! Cosa facciamo? Lo dobbiamo bruciare? C’è già stato chi bruciava i libri e non è finito bene. Le autrici poi… Una non va bene perché porta da prima nipote il cognome Mussolini. La seconda pure perché scrive su “Il Giornale d’Italia”. Gravi colpe per queste due donne che ho conosciuto un anno fa e che si sono dimostrate non solo con me, ma in tutte le presentazioni pubbliche (l’ultima solo ieri sera a Terracina davanti a oltre 100 persone) con estrema educazione e correttezza. Donne alle quali va la mia sincera stima e amicizia. Quella stessa stima e amicizia che hanno trovato ovunque in Italia durante questo tour che non sente la stanchezza. Invito quindi il Sig. Solaroli e l’ANPI di Imola a ripensare alle parole spese, a ritirare il proprio comunicato e se vogliono ad assistere alla presentazione, dove potranno constatare in prima persona la bontà di quanto qui ho raccontato. Non si aiuta il futuro della nostra Italia creando “fantasmi” dove non ci sono. Nel frattempo abbiamo però la necessità - come dicevo - di trovare un nuovo locale ad Imola dove presentare il libro. Se qualcuno ci può aiutare ad andare oltre a questo “delirio” e a trovare casa a “Donna Rachele” noi siamo qui. Fin d’ora, grazie!!!

Un libro su donna Rachele presentato nel Bolognese: l'Anpi in rivolta


L'associazione dei partigiani: "Non si venga a glorificare la famiglia del Duce" Fonte art http://bologna.repubblica.it Anpi in rivolta, a Imola, un comune alle porte di Bologna, per l'annunciata presentazione del libro "Donna Rachele mia nonna - La moglie di Benito Mussolini", in programma per il 26 febbraio in un pub. Ad intervenire, per niente affatto entusiasta della novità, è una nota firmata dalla presidenza dell'Anpi e diffusa dall'ex parlamentare Bruno Solaroli, che guida l'associazione a Imola. Agli ex partigiani "appare inopportuna" la presentazione del libro" in una "città Medaglia d'oro per la Resistenza", recita la nota, "con la presenza della nipote (Edda Negri Mussolini, ndr) e della giornalista Emma Moriconi, dal curriculum noto Moriconi scrive su 'Il giornale d'Italià diretto da Francesco Storace, leader de La Destra. "Un'iniziativa che viene presentata come atto di apertura degli eventi della prossima bella stagione e che quindi ne dà una impronta", rilevano dall'Anpi. "Un racconto che illumini solo 'la dimensione umana della storia', come recita la descrizione dell'evento, è frutto della consapevole scelta di non indagare nel suo contesto la figura di questa donna- attaccano gli ex partigiani- suggerendone solo lo scorcio del quadro famigliare, nel tentativo di una sua legittimazione". Quando si tratta di "certi personaggi storici", a detta dell'Anpi, "non si può astrarre il solo profilo privato rendendolo avulso da qualsiasi considerazione pubblica, dunque politica. E chi non coglie questa grave e consapevolmente colpevole genericità nell'approccio, è ugualmente chiamato in causa". ogni caso, "ci pare difficile che un racconto familiare, autrici una nipote del Duce e una giornalista del Giornale d'Italia diretto da Storace- si conclude la nota- non finisca per glorificare oltre la famiglia anche Mussolini e le sue gesta drammatiche per l'Italia e non solo".La replica: solo un libro biografico. Alle critiche risponde indirettamente il giornalista chiamato a moderare l'incontro, Mattia Grandi, con un post in Facebook: "Ringraziando ovviamente gli utenti per una forma di pubblicita' virale del tutto gratuita, mi fa sorridere l'idea di ventilate denunce per apologia fascista (nel 2016) al cospetto di un libro biografico sulla figura di donna Rachele nel quale la politica, come piu' volte sottolineato, non e' assolutamente presente o strumentalizzata in alcun modo". È la storia "di una donna e della sua famiglia collocata in un contesto storico definito ed appartenuto al nostro Paese. Non e' difficile da capire. Bisognerebbe, pero'- contrattacca Grandi- sforzarsi di leggere due o tre pagine (anche solo la prefazione) o provare, almeno, a farlo prima di pubblicare commenti preventivi".

L'Anpi impedisce a Edda Negri Mussolini di presentare a Imola il suo libro su Donna Rachele.


L'Anpi impedisce a Edda Negri Mussolini di presentare a Imola il suo libro su Donna Rachele. A Bologna, l'Anpi se ne...

Pubblicato da Massimiliano Mazzanti su Venerdì 19 febbraio 2016

L’Anpi non vuole ricordare gli italiani infoibati da Tito. Ecco perché


di Marco Valle Fonte art. http://www.secoloditalia.it Istria, Fiume, Dalmazia. Foibe ed esodo. Memorie e amnesie. Il 10 febbraio l’Italia ricorda la tragedia dell’Adriatico “amarissimo”. Una data tonda e fissa ma da sempre poco amata dall’Italia “ufficiale”. Nulla di nuovo: è difficile per gli eredi di De Gasperi e Togliatti, Nenni e Moro, Pertini e Jotti ricordare dignitosamente un capitolo sporco del dopoguerra, una vergogna della storia repubblicana. Meglio minimizzare, silenziare, scivolare. Qualche corona, qualche frase di circostanza, un minuto scarso sui Tg. Poi basta. Basta con il passato. Meglio le canzonette, i calciatori, i finti cuochi, le mignotte. L’eterno presente. Nulla di strano: per questa democrazia senza qualità la memoria è insopportabile. Troppo faticoso spiegare che settant’anni fa, sul confine orientale un piccolo pezzo d’Italia venne spezzato; troppo imbarazzante raccontare perché e come trecentomila italiani furono costretti a fuggire dalle loro case; impossibile onorare quei trentamila che rimasero stritolati dal terrorismo jugo-comunista. Meglio non far sapere che una civiltà intera — la piccola patria istro-dalmatica che si allungava da Capodistria a Fiume, da Traù a Cattaro — venne inghiottita dall’ideologismo e annientata. Senza pietà. Per fortuna vi è chi non si rassegna. In questi giorni un numero speciale di Storia in Rete, la bella rivista di Fabio Andriola, racconta ragioni, motivi e conseguenze di quella follia. Senza retorica, con equilibrio e profondità. Un altro passo per cercare di scuotere le memorie di un Paese immemore. Al tempo stesso, da Trieste alla Sicilia, vi sono italiani che non dimenticano e ricordano. Ecco allora tante manifestazioni, cortei, convegni, incontri. Come ogni anno, anch’io farò la mia parte, porterò il mio contributo a Napoli, Giugliano e Salerno e parlerò di quel tempo lontano. Ricorderò mio padre, esule da Pola. Ma non solo. Come lo scorso anno a Padova, ospite dell’associazione Destra Veneta, cercherò di non fermarmi alla narrazione abituale (e inevitabilmente limitata) e tenterò di spiegare in qualche modo la terribile complessità di quella vicenda e la falsità storica degli schemi — fascismo-antifascismo, democrazia-libertà — in cui i nostalgici dell’odio vorrebbe rinchiudere e seppellire la tragedia del confine orientale. A Napoli, a Giugliano a Salerno parlerò delle guerre intrecciate — xenofobia e lotta di classe, stalinismo e tribalismo — che investirono i Balcani e le nostre terre. Una storia di orrori, ideologismi, tradimenti e sangue che gli eredi del Pci e i “negazionisti” dell’Anpi non vogliono ascoltare, ma è la loro storia. Il loro “album di famiglia”. Con buona pace dei lunatici e degli ipocriti, nelle foibe non caddero solo i “fascisti” o presunti tali. La pulizia etnica e ideologica scatenata da Tito (con l’assenso di Togliatti e il silenzio degli anglo-americani) non risparmiò nessuno. Accanto a Porzus e ai partigiani “bianchi” massacrati nel febbraio 1945 dai comunisti italiani e jugoslavi è lunga la lista degli antifascisti e partigiani assassinati, traditi, infoibati. Tra tutti Luigi Frausin, dirigente triestino del Pci, ostile alla sottomissione ai “titini”: arrestato e ucciso dai nazisti su “delazione slava” — come recita la motivazione della Medaglia d’oro alla memoria. Altri furono eliminati direttamente dai comunisti jugoslavi e togliattiani: tre membri del Cln di Trieste; due di quello di Fiume; Vinicio Lago, ufficiale di collegamento della Brigata Osoppo; Enrico Giannini, del Corpo Italiano di Liberazione. E poi, Angelo Adam, un ebreo e repubblicano storico che finì infoibato dopo essere stato confinato a Ventotene ed essere scampato anche al lager di Dachau: sua moglie e sua figlia minorenne, arrestate per essere andate a chiedere informazioni sulla sua sorte, furono fatte scomparire a loro volta. Teobaldo Licurgo Olivi, membro socialista del Cln di Gorizia, arrestato dagli jugoslavi il 5 maggio 1945 e fucilato a Lubiana il 31 dicembre successivo. Ancora, Augusto Sverzutti, membro dello stesso Cln per il Partito d’Azione e arrestato assieme a lui, si sa che era ancora vivo e detenuto nel 1949. Poi, il mistero. Il 10 febbraio è giusto ricordare anche tutti quei comunisti cui l’ideologia non aveva impedito di rimanere fedeli all’ideale patriottico. Tra questi, spicca il nome di Rocco Cali, un combattente della Brigata Garibaldi Natisone. Fu assassinato a Rovigno nel maggio 1945 perché, anche dopo la decisione del Pci di far passare l’unità alle dipendenza del IX Corpus sloveno, aveva rifiutato di togliere la coccarda tricolore che sempre portava accanto alla bandiera rossa. Assieme furono sterminati anche i leader del Partito Autonomista Fiumano, che sognavano uno Stato indipendente sia dall’Italia che dalla Jugoslavia: Mario Blasich, strangolato nel suo letto di paralitico; Giuseppe Sincich; Mario Skull; Giovanni Baucer; Mario De Hajnal; Giovanni Rubinich… E poi gli slavi non comunisti: Ivo Bric, antifascista cattolico; Vera Lesten, poetessa e antifascista cattolica; i quattro membri della famiglia Brecelj; i sacerdoti don Alojzij Obit, don Lado Piscanc, don Ludvik Sluga, don Anton Pisk, don Filip Tercelj, don Izidor Zavadlav di Vertoiba… Andrej Ursic era stato addirittura un membro del Tigr: gruppo armato che dagli anni ’20 aveva iniziato una lotta terrorista contro le autorità italiane, contro l’annessione all’Italia di Trieste, Istria, Gorizia e Fiume. Ma fu sequestrato dalla polizia segreta jugoslava il 31 agosto del 1947, sottoposto a sevizie, probabilmente ucciso nell’autunno del 1948, e il suo cadavere gettato in una delle foibe della Selva di Tarnova. Un triste “album di famiglia” che gronda di sangue. Non a caso, da 70 e più anni la sinistra ne ha vergogna e preferisce relativizzare, minimizzare, negare. Noi restiamo invece convinti che sia necessario scorrere tutte le pagine e attardarsi su ogni nome, su ogni data. Per evitare letture retoriche e incomplete, per sbugiardare i negazionisti, per dare un senso completo e un pensiero forte ad ogni 10 febbraio. La forza della verità riesce sempre a prevalere sulla forza dell’oblio. E la vicenda delle foibe, per decenni colpevolmente ignorata dalle istituzioni, strappata dai libri di storia, silenziata per motivi politici, cresce nella memoria del nostro Paese anche di coloro che non avevano ancora avuto la possibilità di conoscere le atrocità dei comunisti di Tito contro uomini e donne colpevoli solo di essere italiani. Ma resta sempre una zona d’ombra, il silenzio di una sinistra che non riesce ancora a pronunciare una parola certa, senza rifugiarsi nei vicoli stretti dell’ipocrisia.

giovedì 18 febbraio 2016

Video di Massimiliano Mazzanti.


Consultabile on line l' <armadio della vergogna>, ma sarebbe più giusto parlare della VERGOGNA dell'ARMADIO

Pubblicato da Massimiliano Mazzanti su Mercoledì 17 febbraio 2016

Ecco perchè io gay orgogliosamente di destra, dico no alla Cirinnà


Nel medio evo dell’oggi, finalmente una testimonianza civile. Fonte Art Destra.it Mario Flugy Ravetto del 5 febbraio 2016 Non avrei mai pensato di dovere mettere in piazza la mia vita privata per contestare quanto in questi giorni avviene in Parlamento riguardo la Legge Cirinnà. Ho sempre creduto, infatti, che le inclinazioni sessuali ed affettive non possano essere NE’ OGGETTO, NE’ SOGGETTO di pubblico dibattito né, TANTOMENO, ELEMENTO COSTITUENTE CATEGORIA DELLA SOCIETA’. Perciò, entrando sin d’ora nel merito della discussione,Vi dico subito che CONTESTO ALLA RADICE i vari Ivan Scalfarotto,Vladimir Luxuria e Franco Grillini che , per circoscrivere il discorso al nostro Paese,sono i portabandiera della elevazione degli omosessuali quale CATEGORIA SOCIALE. E questo, Gentili lettrici e Cari lettori di Destra.it, LO CONTESTO DA OMOSESSUALE. Mi limito ad osservare che, se è vero come è vero che eterosessualità ed omosessualità sono innate in ogni essere umano, non ha senso voler dare rilievo sociale a caratteristiche attinenti la VITA PRIVATA di ogni uomo o donna viventi sul nostro pianeta. Voglio anche dirvi che, pur non avendo mai ostentato le mie inclinazioni sessuali, queste stesse sono sempre state note ai miei amici personali, politici e personali-politici. Tutto ciò , NON HA MAI MINIMAMENTE arrecato alcun pregiudizio alla mia vita politica,nè adesso in FdI-AN nè prima in AN e neppure nel MSI-DN. Negli anni ’80 e ’90 ho ricoperti svariati incarichi a livello provinciale e nazionale nel MSI-DN, nel FdG e nel FUAN. A metà anni’90, Alleanza Nazionale mi delegò a rappresentarla con un prestigioso incarico pubblico. A fine 2012 , sollecitato da Giampiero Cannella e Marco Valle, ho cominciato a scrivere per questo Giornale e nel 2014, sono stato eletto, con il concorso di tanti Amici , che ancora ringrazio, nell’Assemblea Nazionale di FdI-AN. PERCIO’, SGOMBRIAMO UNA VOLTA E PER TUTTE IL CAMPO DALLA GIGANTESCA BALLA SECONDO LA QUALE LA DESTRA E’ OMOFOBA. Dunque I BABBEI ed i PERSONAGGETTI IN MALAFEDE che continuano a rompere le scatole con queste cretinaggini, facciano la cortesia di chiudere il becco. Certo so perfettamente che tutti i miei Amici , sia in Politica che nella sfera personale, hanno sempre apprezzato la mia impostazione di vita che confina la mia inclinazione sessuale alla mia sfera strettamente privata e rifiuta di darvi il benchè minimo rilievo pubblico. Ritengo peraltro di essermi sempre comportato in modo appropriato, come dovrebbe fare qualsiasi soggetto sia esso etero che omosessuale. Non si è forse sempre detto quanto siano grevi e sgradevoli quei soggetti che ostentano la loro eterosessualità “aggressiva” mancando di riguardo alle donne ? Ecco perchè OGGI mi pesa parecchio dover parlare pubblicamente della mia vita personale. Tuttavia, la posta in gioco è TALMENTE ALTA che ostinarmi nella mia riservatezza sarebbe sembrata ai miei stessi occhi VIGLIACCHERIA. Quì, Gentili lettrici e cari lettori è in discussione il FONDAMENTO STESSO della Società Umana , così come è SEMPRE STATA E DOVRA’ CONTINUARE AD ESSERE sino al Giorno del Giudizio. Sia chiaro a tutti quanti che la Legge Cirinnà è semplicemente il CAVALLO DI TROIA inserito nel nostro Ordinamento giuridico per arrivare, appena possibile alla piena legittimazione del Matrimonio gay e della filiazione senza condizioni per persone dello stesso sesso. Se ve lo attesta un omosessuale che CONOSCE MOLTO BENE LA PROPRIA “ARCICONFRATERNITA”, potete fidarvi. Dovete, PERO’, ANCHE SAPERE che io oggi, non vi scrivo solo delle mie opinioni, ma dico ad alta voce ciò che tantissimi omosessuali pensano, ma temono di dire apertamente, poichè sanno di rischiare il linciaggio mediatico su tutti i social network che ormai fanno parte della vita quotidiana di qualunque cittadino. SONO STANCO, SIAMO STANCHI, della INTOLLERANZA TALEBANA, JIHADISTA, BRIGATISTA di persone e gruppi organizzati che PERSEGUITANO etero ed omosessuali che non la pensano come LORO. Ed, allora, io dico a tutti questi SOGGETTI : VERGOGNATEVI ! Come fate VOI MILITANTI della ” LIBERAZIONE ” degli omosessuali a TORMENTARCI CON I PIAGNISTEI PER LE ESCLUSIONI E LE DISCRIMINAZIONI SUBITE per poi essere PREPOTENTI quanto e più di quelli che accusate di avervi perseguitato ? Eppoi a quale fine ? Volete avere figli ? Volete il matrimonio ? Bene: parliamone un momento. Cominciamo dal matrimonio. Volete spiegarci, Illustri ARCICONFRATELLI, come mai NESSUNA Religione, presente e passata sul nostro pianeta, nemmeno la più tollerante fra queste, HA MAI AMMESSO IL MATRIMONIO FRA PERSONE DELLO STESSO SESSO ? Intanto, per inciso, proprio il fatto che nessuna religione AMMETTA IL MATRIMONIO OMOSESSUALE mi dà l’occasione di ACCUSARE SENZA TEMA DI SMENTITA , i CANTORI della LIBERAZIONE OMOSESSUALE, di LUCIDA, PREORDINATA, VOLONTA’ DI PERSECUZIONE CONTRO LA CHIESA CATTOLICA che, come è evidente non è l’unica Religione che NON AMMETTA IL MATRIMONIO OMOSESSUALE. Ma parliamoci chiaramente : il problema NON ATTIENE PER NULLA alla od alle RELIGIONI : è precedente ed IMMANENTE. Sin dalla comparsa dell’Uomo sulla Terra, il coniugio si creava tra un Uomo ed una Donna che poi avrebbero procreato. In estrema sintesi, il matrimonio SERVE A DISTINGUERE OGNI NUCLEO FAMILIARE ED OGNI STIRPE DALL’ALTRA. E, siccome, la Famiglia è AD OGNI LATITUDINE DEL PIANETA ED IN OGNI TEMPO, LA BASE STESSA DELLA COSTRUZIONE SOCIALE DI OGNI POPOLO, le Religioni poi comparse, hanno SACRALIZZATO IL MATRIMONIO con specifico DICHIARATO RIGUARDO ALLA PROLE, proprio al fine di rafforzare il rilievo della Famiglia quale base indispensabile ad ogni struttura SOCIALE e STATUALE. Perciò un matrimonio che non dia luogo ad una STIRPE, già nella sua premessa, cioè L’IMPOSSIBILITA’ di procreare è DI PER SE’ una CONTRADDIZIONE IN TERMINI . Tanto è vero che, TUTTE LE RELIGIONI hanno SEMPRE previsto l’INFERTILITA’ di un Matrimonio, quale causa di RADICALE NULLITA’ DEL MATRIMONIO STESSO, attraverso il brutto istituto del ripudio per alcune di queste, attraverso il più rispettoso istituto dell’ ANNULLAMENTO CANONICO per Santa Romana Chiesa. E veniamo adesso alla questione delle ADOZIONI da parte di coppie omosessuali. Il Signore, comunque lo si chiami in qualsivoglia Religione, o la Natura ( per chi per sua sventura sia ateo), hanno voluto che la procreazione avvenga attraverso l’unione di un Uomo ed una Donna cioè un Padre ed una Madre per ogni bambino. Sul punto, miei cari ARCICONFRATELLI, la Natura è INFLESSIBILE. Si obietta che è assai meglio avere due Padri o due Madri che nessun genitore o un Padre strafottente o crudele o una Madre snaturata. Questa idea è FOLLE. La sofferenza dell’Uomo, sia essa determinata da cattivi Genitori, come da terremoti, uragani, pestilenze è ELEMENTO DEL CONTINUO DIVENIRE E PROGREDIRE DELL’UMANITA’ STESSA. Senza lo scontro continuo fra BENE e MALE, l’Umanità non sarebbe passata dal vestirsi con le pelli degli animali sino a viaggiare fra le stelle. So bene che la mia è una affermazione molto dura, forse crudele. MA E’ QUESTA LA VITA. La pretesa di cambiare l’equilibrio gioioso o doloroso che più spesso nel BENE, ma ,ahinoi, non tanto raramente nel MALE, danno ai bambini i ruoli naturali del Padre e della Madre, non si chiama ALTRUISMO. IL SUO VERO NOME è : EGOISMO. Orbene, nella Legge Cirinnà si prevede l’adozione del FIGLIASTRO … sì, perchè il .. pudico…STEPCHILD questo significa nella lingua di Shakespeare. Tale provvedimento verrebbe adottato in casi che, a ben vedere, si conterebbero sulle dita di una sola mano : il figlio di un partner che non abbia l’altro genitore. Cioè si ipotizza una disgrazia quasi biblica : un bambino che abbia perso la Madre o il Padre in tenerissima età ed il cui unico Genitore gli faccia la bella sorpresa di scoprirsi omosessuale e di volergli appioppare un secondo Padre o una seconda Madre. OVVERO che sia adottabile dal compagno o compagna il figlio del partner il cui altro Genitore sia ….. NON PERVENUTO. CI SAREBBE DA RIDERE SE, IN REALTA’, NON CI FOSSE DA PIANGERE O DA PREOCCUPARSI SUL SERIO. La previsione in discorso, al di là, dei meritatissimi sarcasmi, è, con ogni evidenza, il CAVALLO DI TROIA, di cui prima parlavo, inserito nel nostro Ordinamento, per arrivare prima o poi a permettere legalmente ad omosessuali maschi e femmine, uteri in affitto, fecondazioni assistite e VIOLENZE di ogni genere alla NATURA IMMUTABILE. E tutto questo solo per esaudire un .. DESIDERIO… NO , SIGNORI … UN CAPRICCIO … di Genitorialità. Voglio confidarVi, Gentili Lettrici e cari Lettori che per me fù un dolore ed un tormento indicibili,di cui ancora oggi porto il segno nel mio animo,il RINUNCIARE COSCIENTEMENTE a diventare Padre. Avrei potuto, Vi assicuro, senza difficoltà, procreare direttamente, ma MI RIFIUTAI, PER LA MIA FEDE, PER IL MIO ONORE,PER LA SERENITA’ DI EVENTUALI FIGLI INCOLPEVOLI , di consegnarmi alla IPOCRISIA della BISESSUALITA’. Perciò, LO DICO APERTAMENTE : NESSUNA COMPRENSIONE, NESSUNA GIUSTIFICAZIONE VERSO CHI PRETENDE DI FORZARE LA NATURA SOLO PER SODDISFARE IL PROPRIO EGOISMO. Noi omosessuali siamo venuti al mondo per non procreare. Probabilmente per fare tante altre cose utili ed egregie per l’Umanità e per le persone a noi care. Accontentiamoci di questo e non facciamo del male ai bambini. Poco mi dedicherò alla questione delle unioni civili : essa è solo PRODROMICA all’introduzione del MATRIMONIO omosessuale puro e semplice. Peraltro la Senatrice Cirinnà lo ha ripetuto varie volte ed in varie sedi. Se alle prossime elezioni vincerà il PD o il 5 Stelle, state tutti tranquilli che arriverà il Matrimonio omosessuale. E’ verissimo che vi sono delle storture, delle mancanze di garanzie, certo è giusto che se due persone dello stesso sesso vogliano assistersi in caso di degenza, abbiano il diritto di farlo. Certo è giusto che un superstite di una coppia omosessuale possa godere della reversibilità della pensione del suo compagno o compagna, DOPO UNA LUNGA E CERTIFICATA CONVIVENZA, TUTTAVIA. Però attenzione al diritto ereditario. Questo è un campo minato. Dove si vuole arrivare ? L’UNITO CIVILE pesa quanto pesano un CONIUGE SUPERSTITE o UN FIGLIO in una normale successione ereditaria in costanza di matrimonio con prole ? Ma anche questo è un problema assai circoscritto. La stragrande maggioranza di noi omosessuali non è sposata e non ha figli.Io, ad esempio, ho perso anche i miei Genitori, unici LEGITTIMARI in caso di mia premorte. Oggi, io ho due Fratelli , ma se faccio testamento, il mio patrimonio andrà a chi voglio io. Ed allora ritorniamo al solito punto di partenza. Le UNIONI CIVILI sono il PRIMO PASSO verso il MATRIMONIO OMOSESSUALE. Così la parificazione tra coppie etero e coppie omo sarà totale anche nei diritti ereditari, ma soprattutto nel riconoscimento sociale. Se così non fosse, si sarebbero potute apportare delle specifiche modifiche alla legislazione sanitaria e pensionistica, NESSUNA MODIFICA AL DIRITTO EREDITARIO, e le coppie omosessuali di fatto sarebbero state garantite. Vi sono due verità in tutta questa vicenda . Una è psicologica : in realtà una minoranza molto bene organizzata di omosessuali in Patria e nel mondo NON SI ACCETTA, AL DI LA’ DELLE DICHIARAZIONI DI FACCIATA DI ORGOGLIO OMOSESSUALE ( ma perchè poi si debba essere orgogliosi dei proprio gusti in camera da letto, lo vorrei ancora spiegato). Pertanto costoro, ivi compresi gli Scalfarotto, i Luxuria, i Franco Grillini,e , per guardare all’estero, gli Elton John, SMANIANO per diventare, ALMENO OPE LEGIS , ETEROSESSUALI. Permettetemi un certo disgusto verso chi non ha la forza di accettarsi e la Dignità di vivere al meglio la propria natura. Ma la seconda verità, che non esito a definire TREMENDA e’ che vi è una precisa volontà A LIVELLO PLANETARIO di STRAVOLGERE LE FONDAMENTA DELL’UMANITA’ STESSA. Voglio lasciarVi Gentili Lettrici e Cari Lettori con questa citazione : ” E’ in gioco l’identità e la sopravvivenza della famiglia : padre, madre e figli. E’ in gioco la vita di tanti bambini che saranno discriminati in anticipo, privandoli della maturazione umana che Dio ha voluto che si desse con un padre ed una madre. E’ in gioco un rigetto frontale della Legge di Dio, per di più incisa nei nostri cuori. Non siamo ingenui : non si tratta di una semplice lotta politica, bensì di una mossa del Padre della Menzogna che pretende di confondere ed ingannare i Figli di Dio. ” Lo scriveva nel 2010 l’Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio. Oggi non capisco perchè il silenzio del Romano Pontefice sul Family Day. Ricordiamoci che 160 nazioni su circa 200 che compongono la geografia del Pianeta ben si guardano dall’elaborare leggi come quella di cui discutiamo o come quelle già varate in Europa…. quella stessa Europa che ha rifiutato la propria Storia, non riconoscendo fra i suoi fondamenti le radici giudaico-cristiane. Ma questo è un altro capitolo Oggi era mio dovere parlare secondo coscienza e far sapere ai più che esiste una maggioranza silenziosa di omosessuali che non condivide affatto la follia devastatrice che vuole annientare il fondamento della Società Umana. Spero di essere riuscito a farmi e farci comprendere.

POPOLO DI DESTRA RIPRENDI IN MANO ILTUO DESTINO E QUELLO DELL’ITALIA !


Art. Camerata Marco Affatigato. Eccomi nuovamente a lanciare il moi « appello agli uomini e donne libere . Il fuoco cova, le attese sono la, le volontà sono pronte. Non resta altro che uomini e donne liberi e coraggiosi prendano in mano la fiaccola per riaccendere la fiamma. Adesso o mai più ! A pochi mesi dalle elezioni, mentre si annunciano le candidature che ci fanno emergere tutto lo scetticismo che è in noi perché gli elettori di destra sono nuovamente presi in ostaggio da coloro che pur dichiarandosi di “destra” presentano candidati di “centro-destra”, dimostrando così – e senza neanche più mascherarlo – di voler far parte (loro) del Partito Unico (centro-sinistra/centro-destra) che la Commissione Europea vuole al governo del Paese , anche attraverso le grandi città come Roma e Milano. Sembra che a destra ci sia assenza di dinamicità per presentare un programma di governo che sia inizio del cambiamento necessario al Paese e, soprattutto, di convincimento circa le proprie Idee. Eccomi nuovamente a lanciare il moi « appello agli uomini e donne libere » che sono sempre più numerosi e che condividono, quali che siano le loro tonalità, una « sicura Idea dell’Italia». Eccomi lanciare un “appello” a tutti coloro che non si rassegnano a vedere sparire la destra dal panorama politico italiano. Non si tratta più di “creare un nuovo partito” ma una grande schiera, una grande federazione che lascerà ognuno libero di continuare ad essere aderente al suo partito o movimento , se già lo ha, ma che manifesterà attraverso questa azione la sua libertà, il suo patriottismo e il suo attaccamento ai valori fondamentali della destra. L’appello è : uniamoci per conquistare i Comuni , poi le Regioni e poi governare il Paese. In ogni Comune che andrà al voto che venga presentata un'unica lista di “Destra” affinchè il popolo di destra sappia trovarvi i suoi rappresentanti. Sarà questa anche la rinascita contro la scomparsa , ormai quasi definitiva, della destra italiana voluta da Berlusconi. Solmente così il « popolo di destra » potrà nuovamente essere un grande movimento nazionalista e patriottico che dimostri sul terreno locale di poter e saper governare. A noi il compito di costituire il « nocciolo duro » sul quale in ogni Comune possa fondarsi questo « cartello unitario » di Destra. Il fuoco cova, le attese sono la, le volontà sono pronte. Non resta altro che uomini e donne liberi e coraggiosi prendano in mano la fiaccola per riaccendere la fiamma al di là di tutti i simboli e sotto uno e unico: DESTRA. In tutti i casi ciò è indispensabile per dar vita, partecipare e di diventar parte attiva di questa grande avventura ..da Araba Fenice.

mercoledì 17 febbraio 2016

ATTENTI AL CANONE.


Col ‪#‎CanoneRai‬ in bolletta potranno dare più soldi ai giornali di regime che ci diranno quanto è bello, bravo e buono Renzie! "Il canone Rai in bolletta? Servirà a finanziare il fondo per i giornali e non solo. Ecco l'ultima trovata del governo e della maggioranza che prima hanno deciso di inserire il canone nella bolletta elettrica, e poi di destinare parte dei soldi raccolti con questa modalità al fondo per l'editoria. Da quest'anno infatti il canone verrà pagato in bolletta e non servirà solo a finanziare la Rai: lo aveva già stabilito il governo con la legge di Stabilità. A votare sì la maggioranza, che ha deciso anche di non destinare tutte le risorse alla televisione pubblica. A luglio arriveranno le prime bollette con dentro una quota per il canone, peccato che non serviranno unicamente al servizio pubblico radio-televisivo. Le eccedenze andranno per il 66% alla stessa Rai e per il 33% allo Stato che potrà usarlo anche per finanziare i giornali e le tv locali. La legge che il Pd vuole portare in Aula per finanziare l'editoria prevede infatti un fondo di 100 milioni di euro proveniente proprio dalle eccedenze del canone. Lo avevano chiesto gli editori e subito il fido Roberto Rampi (Pd, primo firmatario della legge che accontenta i padroni della stampa italiana) ha ubbidito. Dal portafoglio dei cittadini arriveranno quindi nuovi soldi per i giornali con regole tutte da definire, la legge infatti prevede un'infinità di deleghe al governo che potrà quindi fare delle donazioni su misura agli amici. I cittadini vengono ingannati.

RENDERE TUTTI POVERI PER “GOVERNARE” MEGLIO


Art. camerata Marco Affatigato. Ultimo atto del governo Renzi: tagliare ancora la pensioni di reversibilità, che erano state peraltro già massacrate dalla riforma Dini del 1995. E non solo ! Poi spostare la previdenza sotto l’assistenza e vincolare al reddito il diritto alla pensione, alla faccia dei contributi versati per una vita dal coniuge. Una volta si diceva “ Piove !? Governo ladro ! “ Ma dire “ladri” è dire poco. Per utilizzare una frase politicamente corretta ed essere eleganti occorre dire che è incostituzionale trasformare il diritto ad una prestazione pagata in anticipo, in sussidio che dipende dal censo. E dalla casa di proprietà.Ma i sindacati cosa dicono ? Nulla. Silenzio assoluto. Gli Spartani erano molto più seri e gli anziani sapevano che divenendo un peso per la società venivano gettati dalla rupe. Ma perché questo governo non dà una pedata definitiva nel sedere agli anziani, ultima frontiera da spolpare, per poi mettere la parola fine alla democrazia? La notizia di abolire, di fatto è così, la pensione di reversibilità, è aberrante e degna di un regime che espropria, come fece Stalin, la proprietà privata, i beni, le terre, le case… Sino al 1995, quando moriva un lavoratore in attività o un pensionato, la vedova (o il vedovo) aveva diritto al 60% di quello che spettava (o sarebbe spettato) al defunto, indipendentemente dalla sua situazione economica. Dopo il 1995: se il coniuge superstite ha un reddito Irpef superiore a tre volte il trattamento minimo Inps (19.574 euro per il 2016) ha diritto al 75% della pensione di reversibilità che gli sarebbe spettata normalmente. In soldoni, prende il 45% di quella incassata (o maturata) dal defunto, invece del 60%. Ed è già un taglio pesante. Se la pensione del lavoratore era di 20.000 euro invece dei 12.000 teorici sulla carta, il coniuge con redditi propri incasserà una rendita annua di 9.000 euro. Ma se invece il reddito Irpef è superiore a quattro volte il trattamento minimo Inps (26.099 euro, per il 2016) il taglio arriva al 40%. Al coniuge superstite andrà, quindi, un assegno pari al 36% di quello spettante al defunto. Chiaro? Bene, questo non basta già allo Stato e alle casse Inps, che si tengono, gratis, tutto il resto? Ritornando infatti al caso precedente invece dei 12.000 euro annui, l’Inps erogherà una somma non superiore a 7.200 euro. Ma il taglio diventa una scure del 50% se il reddito Irpef è superiore a cinque volte il trattamento minimo Inps (32.623 euro per il 2016). In pratica il superstite ha diritto solo a metà della rendita di reversibilità; cioè il 30% di quanto maturato dal coniuge defunto (nel nostro caso 6.000 euro). E oggi? Fate voi i conti. Niente ! I pensionati, ultima fascia debole, scaricata definitivamente nella fossa dal governo mascherato da partito unico.

martedì 16 febbraio 2016

Si chiama "La Ducevita" ed è un documentario interattivo


http://www.lemonde.fr/laducevita. Si chiama "La Ducevita" ed è un documentario interattivo curato da Le Monde e dedicato alla città di Predappio. Lo si trova sul web, in visione gratuita su http://www.lemonde.fr/laducevita. "Benvenuti a Predappio, terra natale di Benito Mussolini", recita la home page. Il servizio comincia con le immagini della Romagna e con un intervento introduttivo del sindaco, Giorgio Frassineti, che racconta l'ambiente in cui Benito nasce e cresce, e poi il resoconto del "mito delle origini dell'uomo nuovo", con le immagini dei cortei: "Parlare di Predappio - dice il Primo Cittadino - significa parlare di Mussolini". E dopo la breve introduzione, eccola, Predappio: è un disegno, si sentono i rintocchi di una campana, lo stormire delle foglie, un canto di uccellini. In questa riproduzione interattiva della città vediamo al centro un gruppetto di uomini in camicia nera, con tricolore e stendardo. A loro parla un uomo che sembra Padre Tam, il sacerdote che ogni anno guida il corteo della ricorrenza del 28 ottobre, la Marcia su Roma. Sulla sinistra il barbiere, poco più in alto i contadini, a seguire i cacciatori, poi "lo show" con in sottofondo Al Bano che canta "Quando il sole tornerà". Sul lato destro, i negozietti di souvenir. Stagliato sullo sfondo, il volto del Duce. Basta posizionare il mouse sulla destra ed ecco che appare la copertina del secondo atto: "Le parrucche". Voci in sottofondo, la solita campana, ancora il cinguettio. Vociare diffuso. sulla sinistra "Il Tempio", sulle note di Giovinezza, e ancora lui, Padre Tam. Sulla destra il sindaco, su un palchetto stile vecchio comizio. Poi l'asilo. Al centro una processione di camicie nere e saluti romani che porta in corteo una Croce. Infine "La liberazione". Ed ecco il terzo atto: "La bandiera". C'è la "Mototagliatella", ci sono gli ulivi, la processione, l'osteria. Il "film" è infatti suddiviso in tre atti. Ve li raccontiamo. Atto primo: Il vento nero. Le note dell'Inno di Mameli, uomini che cantano, una tromba suona, le voci: "Duce! Duce! Duce!". Arriva un pullman, sul vetro davanti il volto di Mussolini. La voce di Tam echeggia, come gli applausi della folla accorsa alla commemorazione. Si prega. La tromba suona il Silenzio, le braccia tese, i tricolore. Si apre una finestra: "Il passato che non passa", è un approfondimento sul tema, ma noi andiamo avanti con il film. "Padre Tam non può dire la messa, perché è stato scomunicato - dice il sindaco - Io non sono comunista, ma lui voleva far la messa fuori dalla chiesa. Le messe si dicono in chiesa. E se il Papa gli impedisce di dire messa non è colpa del 'sindaco comunista'". Un'altra finestra: "Gli estremismi negli anni 1970". Rimandiamo ad un altro momento anche questo approfondimento. "Sono andato a vedere il cimitero - dice il pittore Franco Gianelli - è uno spettacolo. Mi interessa l'aspetto folcloristico. È chiaro che chi ha avuto morti, da una parte o dall'altra, odia la fazione opposta". "La gioventù e il mito di Mussolini" è l'approfondimento proposto qui. Ma andiamo ancora avanti. Scene di vita quotidiana: si mangia, si beve, si parla. Il sindaco fa un'invettiva contro il "folclore nero". Non è produttivo tutto questo, dice Frassineti, voglio parlare con i tanti giovani che vengono qui a visitare la tomba. Il film prosegue, ora i protagonisti sono i negozi di souvenir. Busti del Duce, fasci littori ... negozi autorizzati dalla Giunta precedente a quella attuale di Frassineti, al suo secondo mandato. La cosa doveva essere regolarizzata - dice l'ex sindaco Marcelli - era necessario. Frassineti, da parte sua, dice che una cosa è vendere i fasci littori, altra è ricostituire il Partito Fascista: "Se chiudessi i negozi attraverso un'ordinanza, farei un atto vincolante per legge. Ma se anni fa qualcuno li ha autorizzati, essi hanno fatto anche un investimento sulla loro attività. È una breccia che è stata aperta, e le brecce vanno aperte per pacificare il Paese e creare una memoria condivisa. Ma in questo caso abbiamo aperto le brecce per far fare soldi a tre famiglie: non è la stessa cosa. Tempo fa dicevo che Mussolini deve essere preso in mano dall'amministrazione comunale. Beh, lo credo davvero". Andiamo avanti, rimandando le considerazioni che il caso richiede. Ora si parla delle "Parrucche". Don Martin celebra la messa in suffragio del "nostro fratello Benito Mussolini" ringraziando il Signore per la sua amicizia. Prega il Signore per il perdono dei peccati. Per Don Urbano è, naturalmente, una messa come le altre. Ora ecco la Croce di legno, con Padre Tam che mette in ordine gli intervenuti. Per Marcelli resta una manifestazione "fastidiosa", secondo lui la cittadinanza la "tollera". Frassineti poi fa il punto sulla morte del Duce e sulla vicenda del corpo, riportato a Predappio dopo anni di mistero grazie ad Adone Zoli, predappiese anche lui, nel 1957 Presidente del Consiglio. Le immagini scorrono: la cripta dove riposa il Duce insieme ai suoi familiari, uomini e donne radunati a San Cassiano. Ci sono tanti giovani, che non parlano in maniera faziosa, ma raccontano la storia, ciò che Mussolini ha fatto per l'Italia, giunti a Predappio "per rendere omaggio alle cose che ha fatto". Arriviamo alla "liberazione". Qualche nota di Bella ciao, una ricostruzione storica delle forze in campo in quel 1945, una vera rievocazione comprendente gli eserciti che combatterono sul suolo italiano. Ci sono inglesi e tedeschi, italiani e americani. Un bambino dice che "i partigiani ci hanno traditi, umiliati" e che "preferisce i fascisti". Una targa scrive di "nazifascisti", mentre il sindaco parla di "condanna inappellabile". In sottofondo, le note di Romagna Mia. Un militante antifascista inveisce contro "l'antifascismo dei reduci", reclamando un'attualizzazione del fenomeno e prendendosela anche con l'Anpi. "Evviva la Romagna, evviva il Sangiovese", canta un complessino in piazza. Terza ed ultima parte: "La Bandiera". È Predappio oggi, con il suo "mito delle origini". E poi la Germania. Una pietra con su scritto, in tedesco, "Per la pace, la libertà e la democrazia. Mai più Fascismo. Alla memoria dei milioni di morti". Anche qui, le considerazioni sono rimandate a tra poco. Le immagini scorrono ancora, in un rapido giro tra Germania ed Austria. Si parla di Hitler, il che ci interessa decisamente di meno. Il documentario, comunque, va visto tutto: lo consigliamo ai nostri lettori perché fornisce spunti per alcune riflessioni. Un'occasione per riflettere: considerazioni a margine Ricordare e conoscere: due necessità impellenti su cui si dovrebbe fondare la memoria di un popolo Il documentario che abbiamo raccontato per sommi capi ai nostri lettori è estremamente interessante, per più di un motivo, e va a toccare alcune vicende che necessitano quantomeno di alcune riflessioni. Le parate in camicia nera: premesso che ciascuno deve essere libero di manifestare il proprio pensiero come meglio crede, alcune situazioni spesso rasentano il ridicolo e non rendono la giusta dimensione storica dei fatti e dei personaggi che ci si propone di celebrare. "Celebrate il nonno, ma con sobrietà" ammoniva di recente Edda Negri Mussolini, nipote del Duce, in un'intervista al Giornale d'Italia. E dunque se da una parte è persino commovente vedere come tanta gente si raduni ancora oggi a San Cassiano in occasione degli anniversari comandati - con buona pace delle realtà di sinistra del territorio, che hanno ben il loro daffare con le celebrazioni della loro "liberazione" - dall'altra alcuni atteggiamenti ricordano più una carnevalata che una commemorazione. La sobrietà di cui parlava Edda dovrebbe invece essere il filo conduttore di ogni celebrazione. Non solo: la storia occorre conoscerla, e non si fa un buon servizio a nessuno se ci si continua a comportare come esaltati. Chi lo fa, evidentemente conosce poco la dottrina fascista persino. Ma passiamo oltre. I negozietti di souvenir: un busto di Mussolini o un fascio littorio sono l'equivalente di una riproduzione del Colosseo o dell'Arco di Costantino. È storia, nell'uno come nell'altro caso. E storia "nostra". I negozietti hanno la loro ragion d'essere, in tutto e per tutto. E deve essere garantito il diritto di ciascuno di entrarvi per comperare un calendario del Duce, un libro, una felpa con una croce celtica, una bandiera con l'Aquila di Salò. Esattamente come a Piazza delle Erbe a Verona si possono acquistare le riproduzioni dell'Arena, ad esempio. È tutta storia nostra. Ciò che invece non è storia nostra sono i busti di Hitler e le svastiche. Anche qui, pesa molto la conoscenza dei fatti, oltre ai sentimenti. Chi si professa fedele a Mussolini non può dimenticare che il Duce fu consegnato ai partigiani proprio dai tedeschi, per esempio. Ci sarebbe molto da dire ancora, ma occorre andare avanti e fissare ancora almeno altri due concetti. La scritta che appare sulla pietra in Germania e che dice "Mai più fascismo" è quantomeno bizzarra: la Germania addossa le sue colpe al "nostro" Fascismo, "nostro" nel senso di "italiano". Un minuto di silenzio. La verità è morta anche su quella pietra. Ancora, e per finire. A Frassineti - sindaco intelligente e preparato, al quale va il grande merito di aver iniziato finalmente a leggere la storia (basti vedere la mostra dedicata al giovane Mussolini e l'idea del Museo del Fascismo per capirlo) - due cose vanno dette: la prima, che non si parli più di "condanna inappellabile" quasi che fosse un dogma. Non è così, e il Fascismo (e, da uomo intelligente, lo sa anche lui) non fu solo quello del 1938: fu ben altro, e ben di più. Infine: Adone Zoli ebbe il grande merito di fare un atto di giustizia riportando le spoglie del Duce nella sua Predappio. Lo dice spesso, Frassineti. Dimentica di dire però che ci fu un uomo, fascista, che si chiamava Domenico Leccisi, che offrì il suo voto determinante in sostegno di Zoli in cambio di questo atto di giustizia. http://www.lemonde.fr/laducevita/#/introduction https://www.youtube.com/watch?v=oHNqng52Oys

Predappio, il Museo Arte del Novecento


Campo Imperatore, 12 settembre


lunedì 15 febbraio 2016

NON E’ LA FINE DELLA CHIESA …MA DELL’ITALIA !


Art. Camerata Marco Affatigato. Si è cominciato con i Crocefissi portati al collo e le Madonnine , poi le altre immagini Sacre , poi il Presepe e poi i canti di Natale. Poi è stato il Crocefisso di Chagall e altre immagini e tradizioni cristiane così, secondo loro, la “laicità sarà garantita nelle scuole” . Ma poi sono state coperte le statue nude per non offendere la sensibilità dell’ospite iraniano islamico. Ma questa volta (ma non è la prima già altri lo avevano preceduto, ma “sono” giudici italiani di Tribunali civili) è il TAR dell’Emilia-Romagna (Tribunale AMMinistrativo Regionale) che, accogliendo il ricorso di alcuni insegnanti e genitori, si è pronunciato annullando la delibera con cui il “consiglio” di una scuola di Bologna, un anno fa, aveva autorizzato le benedizioni pasquali a scuola. Le benedizioni erano state chieste dai parroci dei plessi dell’istituto comprensivo 20 e l’ok del consiglio creò non poche politiche. L’autorizzazione per le Benedizioni, che furono poi celebrate a marzo, prevedeva che dovessero avvenire in orario extrascolastico. Quindi, nessuna interruzione. E chi voleva poteva girarsi dall’altra parte. Ma…. in nome del “politicamente corretto” alcuni insegnanti e genitori hanno fatto ricorso al TAR ed i giudici amministrati hanno “deliberato” che l’acqua santa può turbare la libertà. D’altra parte che farsene di una religione che ha sancito i più grandi principi di uguaglianza tra gli uomini, anticipando di 2mila anni le grandi conquiste degli illuminati della rivoluzione francese, quella della laicità, e della rivoluzione marxista che ha sterminato per fame 5 milioni di contadini, che in nome della libertà del proletariato ha aperto i campi di concentramento (ma da loro si chiamavano “Gulag” ) e via dicendo. “Con l’accoglimento del nostro ricorso si è affermato un principio importantissimo – ha detto una delle insegnanti che ha presentato il ricorso – non solo per la scuola di Bologna, ma per la scuola italiana. L’indicazione è estremamente chiara: la scuola è laica. A scuola si insegna a vivere insieme, si fa cultura. Le pratiche religiose restano fuori. E’ stato affermato un principio della Costituzione”. Ecco, adesso ci dicano in quali scuole si fa cultura e quale cultura, visto che è tutto interculturale.

domenica 14 febbraio 2016

Concerto Ventennale- Amici del Vento- "Incontro"


“Sergio Ramelli: una storia che fa ancora paura”


CHI ERA SERGIO Sergio era un ragazzo di 18 anni, studiava all’Istituto tecnico Molinari di Milano, aveva una ragazza, tifava Inter e giocava a calcio. Sergio era un ragazzo come tanti, con gusti, abitudini e pensieri simili a quelli di tutti i suoi coetanei, ma con una fondamentale differenza, quella di aver fatto una scelta di campo scomoda e di aver avuto il coraggio delle sue idee. «Aveva maturato le sue idee politiche di destra - racconta la madre - e non amava la violenza. Non aveva mai fatto male a nessuno, ma era stato preso ugualmente di mira. A scuola (gli estremisti di sinistra) lo insultavano, lo prendevano a calci... eppure lui mi diceva sempre di non preoccuparmi». L’aggressione «Il 13 marzo 1975, verso le ore 13, Ramelli Sergio, stava appoggiando il motorino poco oltre l’angolo con via Paladini nei pressi della sua abitazione. Veniva aggredito da alcuni giovani armati di chiavi inglesi: il ragazzo, dopo aver tentato disperatamente di difendersi proteggendosi il capo con le mani ed urlando, veniva colpito più volte e lasciato a terra esanime. Alcuni passanti lo soccorrevano e veniva ricoverato al reparto Beretta del Policlinico per trauma cranico (più esattamente ampie fratture con affondamento di vasti frammenti), ferita lacero-contusa del cuoio capelluto con fuoriuscita di sostanza cerebrale e stato comatoso. Nelle settimane successive alternava a lunghi periodi di incoscienza brevi tratti di lucidità e decedeva il 29 aprile1975».Perché tanta ferocia? «In relazione ai motivi dell’aggressione si è potuto accertare che tali motivi erano da ricercarsi nel fatto che il Ramelli ERA UN GIOVANE DI DESTRA, già oggetto di pesanti e continue intimidazioni all’Istituto Molinari, che egli frequentava quale studente, da parte di altri studenti della sinistra extraparlamentare soverchianti per numero all’interno dell’Istituto». 47 giorni durò la sua agonia «Non dimenticherò mai per tutta la vita quando l’hanno portato all’ospedale - racconta la mamma. - Gli amici di Sergio non potevano neppure andarlo a trovare perché il Policlinico è proprio di fronte all’Università Statale e i rossi erano sempre lì davanti. Un giorno incontrai anche l’anestesista e mi dichiarò che non aveva mai visto nulla di così spaventoso». Il funerale«Non è questa l’italia per la quale ho combattuto, questa non è un’Italia né libera né democratica», è la frase urlata da un sacerdote ex partigiano e rende l’idea del clima in cui si svolsero i funerali di Sergio. La situazione in città era così tesa - a causa delle minacce di nuove violenze da parte dei gruppi di sinistra - che la Questura cercò di farli svolgere in segreto, arrivando poi a vietare il corteo funebre, fino al punto di far “cacciare” dalla polizia familiari e amici davanti all’Obitorio. Tra lo sgomento e l’incredulità generale, per rispetto a Sergio e ai suoi genitori, tutti i presenti decisero di muoversi alla spicciolata verso la chiesa trasportando a braccia le molte corone e i mazzi di fiori, formando egualmente una sorta di corteo funebre, ma... senza il morto. La salma di Sergio arrivò più tardi alla chiesa, attesa da centinaia di persone, sotto scorta delle “volanti” a sirene spiegate! Vale la pena di ricordare che la solerzia della polizia nel vietare il corteo funebre non fu eguale nell’impedire che, dalle finestre della facoltà di Medicina, di fronte all’Obitorio, alcuni studenti di Avanguardia Operaia, con il viso coperto, fotografassero i partecipanti al funerale. Le immagini furono ritrovate nel covo di via Bligny catalogate come “piangono per un fascista morto”. I colpevoli Sergio era stato aggredito alle spalle, a freddo, senza avere la possibilità di difendersi, con ferocia inaudita. A identificare i suoi aggressori si giunse solo dopo 10 anni e solo grazie alle rivelazioni di alcuni pentiti di terrorismo. Si scoprì, così, che a colpire Ramelli erano stati membri del servizio d’ordine di Avanguardia Operaia della facoltà di Medicina, futuri medici che sapevano bene dove colpire. Nessuno di loro conosceva Sergio, lo identificarono grazie alla “foto segnaletica” scattata da un “compagno” di scuola. Colpirono seguendo la fredda logica di morte dell’antifascismo militante.IL COMMANDO L’agguato fu studiato nei minimini particolari: una “staffetta”, Brunella Colombelli, fece ripetuti sopralluoghi. Il commando omicida era composto da 8 persone: 6 si posero «in copertura agli angoli delle strade perché Sergio non potesse fuggire o ricevere aiuto». Due lo colpirono ripetutatamente al cranio con pesanti chiavi inglesi Hazet 36 “quaranta centimetri di acciaio”... L’ANTIFASCISMO MILITANTE Scrivono i giudici Grigo e Salvini: «In realtà l’antifascismo militante è stata una parola d’ordine agitata dai dirigenti della nuova sinistra per raccogliere consensi, mobilitando giovani e giovanissimi in una campagna “facile”. L’obiettivo, al di là della retorica, era liquidare la presenza della destra politica, come anello più debole di un sistema che si intendeva comunque cambiare in modo rivoluzionario». Il processo Il 17 marzo 1987 iniziò il processo contro gli assassini di Sergio divenuti, nel frattempo, tranquilli medici, con famiglie e comode posizioni, oppure esponenti politici dell’ultra sinistra... Tra i processati anche Saverio Ferrari, responsabile del servizio d’ordine di AO, artefice del gigantesco archivio di schedature ritrovato in via Bligny e condannato per l’assalto al bar Porto di Classe, in cui rimasero ferite 7 persone di cui 3 riportarono menomazioni permanenti.Dall’interrogatorio di Marco Costa «Ramelli capisce, si protegge la testa con le mani. Ha il viso scoperto e io posso colpirlo al viso. Ma temo di sfregiarlo, di spezzargli i denti. Gli tiro giù le mani e lo colpisco al capo con la chiave inglese. Lui non è stordito, si mette a correre. Si trova il motorino tra i piedi e inciampa. Io cado con lui, lo colpisco un’altra volta. Non so dove: al corpo, alle gambe. Non so. Una signora urla “Basta, lasciatelo stare, così lo ammazzate”. Scappo e dovevo essere l’ultimo a scappare». Dall’interrogatorio di Giuseppe Ferrari Bravo «Luigi (Montinari) si avvicinò e mi disse che Ramelli era morto. Quando ci ritrovammo a casa di Montinari cercai di calmare tutti, ricordai loro che alle manifestazioni centinaia di persone gridavano “morte ai fascisti”». Gli imputati secondo i giudici Grigo e Salvini Sono: «in difficoltà nell’accettare pienamente il “lato buio” della loro militanza (e cioè, in sintesi, l’assenza del principio di tolleranza delle idee altrui, anche se molto diverse). Gli imputati, che pur hanno ammesso i fatti, portatori di una cultura medio-alta, persone attente e certamente lettori di quotidiani, dimostrano tuttavia un modestissimo grado di comprensione di quanto accadeva in quegli anni». e secondo il Pubblico Ministero, Maria Luisa Dameno Si tratta di persone: «la cui testa non ragionava più perché un giorno decisero di conferirla all’organizzazione che pensava e decideva per loro».Il 22 gennaio 1990, la I sezione della Corte di Cassazione, conferma la sentenza di condanna per OMICIDIO VOLONTARIO e infligge le seguenti pene: COSTA (11 anni e 4 mesi), FERRARI BRAVO (10 anni e 10 mesi), COLOSIO (7 anni e 9 mesi), BELPIEDE (7 anni), CASTELLI, COLOMBELLI, MONTINARI e SCAZZA (6 anni e 3 mesi). Tuttavia, del gruppo che assassinò Sergio Ramelli, solo Costa e Ferrari Bravo tornarono effettivamente in carcere scontando ancora un periodo di detenzione prima di passare, l’uno all’affidamento sociale e, l’altro, alla semi-libertà. Tutti gli altri, tra condoni e regimi limitati o sotitutivi, RIMASERO IN LIBERTA’... Nel suo nome «In nome di una pacificazione nazionale che accomuni in un’unica pietà i morti di un periodo oscuro della nostra storia e come monito alle generazioni future affinché simili fatti non debbano più accadere». Con questa motivazione fu approvata la prima via dedicata a Sergio, nel 1988, a Verona. Oggi sono più di 20 le intitolazioni in tutta Italia. Eccole: VERONA - 1988 - via CODOGNO (LO) - 2001 - via CHIETI - 2002 - terrazzo belvedere TAURIANOVA (RC) - 2002 - via OSPEDALETTI (IM) - 2002 - largo COMO - 2003 - lungolgo AREZZO - 2003 - via ROVIGO - 2003 - via SANREMO - 2003 - via TOLVE (PZ) - 2004 - giardini comunali CROTONE - 2005 - via VIGEVANO - 2005 - via MILANO - 2005 - giardini pubblici MODENA - 2007 - via MONZA - 2008 - giardini pubblici DESIO (MB) - 2009 - via RAGUSA - 2009 - via CASALPUSTERLENGO (LO) È impossibile enumerare tutte le iniziative che, negli anni, hanno commemorato la sua figura: migliaia di volantini e manifesti, concerti, dibattiti, cortei, intitolazioni, tornei di calcio e anche: un libro, uscito in 7 edizioni e diffuso in oltre 25.000 copie; un’opera teatrale rappresentata per 5 anni in tutti i maggiori teatri e un documentario-inchiesta. Fonte Art= http://www.sergioramelli.it/wp-content/uploads/2015/03/06_Nel-suo-nome1.pdf ...e Mario Capanna non ha pagato per il suo assassinio ...anzi vive coi "privilegi" dello Stato italiano ....come tanti altri assassini di nostri camerati ...

sabato 13 febbraio 2016

NON SPARATE al rapinatore che vi entra in casa, magari vuole solo una "MELA"!!!


NON SPARATE AL LADRO, VUOLE SOLO UNA "MELA"...

Attenzione amici dal grilletto facile, NON SPARATE al rapinatore che vi entra in casa, magari vuole solo una "MELA"!!!Ma dove vive questa??? Ricoveratelaaaa!

Pubblicato da Matteo Salvini su Sabato 13 febbraio 2016
Quello che non deve capitare è che lo Stato stia dalla loro parte e si accanisca contro chi è costretto, proprio per le lacune e l'incapacità dello Stato stesso, a difendersi da solo. Credo che sia tempo di dire basta con questi politicanti, questi hanno distrutto una nazione. Compagniucci di merende .....!!!

La Mussolini e la Concia. La prima parla, la seconda se ne va


La notizia viene riportata dal sito dell’Unità in modo alquanto bizzarro. Secondo il giornale dei comunisti italiani, Paola Concia sarebbe stata provocata, mentre è stata lei che, messa in imbarazzo dalla Mussolini, e non riuscendo ad argomentare, le ha detto “Stai zitta” e poi ha abbandonato lo studio. LA7 Scontro sull’utero in affitto tra Alessandra Mussolini e Paola Concia, quest’ultima si alza e lascia lo studio. Mussolini:’ Sono veramente preoccupata, appena parlo la gente se ne va’ Questa volta un'applauso Alessandra Parole sante qualcosa in lei del nonno è rimasto .

CANONE RAI , FESTIVAL DI SANREMO E DDL CIRINNA’


Art. Camerata Marco Affatigato. La RAI-TV è una rete pubblica ed è quindi sottoposta al “Comitato di Vigilanza Rai” e alla normativa in vigore circa le “espressioni politiche” che da queste rete vengono diffuse. Ciò vuol dire che tanto spazio dato ad una parte politica, o espressione politica, altrettanto spazio deve imperativamente e per legge essere dato ad altra parte politica o espressione politica. Questa è anche una motivazione che rende la RAI-TV una rete, anzi LA RETE PUBBLICA e per il quale è previsto una TASSA da pagarsi per il mantenimento, la crezione di programmi e la loro diffusione e che comunemente viene chiamato , come agli inizi della sua storia, “canone di abbonamento”. E questa “tassa” la devono obbligatoriamente pagare (salvo contestazioni – giustificate o no , non spetta a me adesso dirlo) tutti i cittadini , qualsiasi opinione politia essi abbiano…ed è per questo che entrano in funzione il Garante ed il Comitato di Vigilanza al fine di evitare che le reti 1,2,3 ecc. abbiano una espressione politica maggioritaria rispetto ad altre. Quindi se in una trasmissione trasmessa dalla RAI-TV si invita un “rappresentante” politico di sinistra altrettanto spazio in percentuale deve essere dato agli altri rappresentanti di altre aree presenti in Parlamento. Così vale anche per le “opinioni” . Quanto avvenuto ed avviene al Festival di Sanremo è aperta violazione di quando prevede la normativa sulla rete pubblica e la diffusione e interventi nei suoi programmi o nei programmi da essa trasmessi. Al Festival di Sanremo , trasmesso in diretta dalla RAI-TV e finanziato per la maggioranza del suo cost con soldi della RAI.TV , si è dato possibilità di sostenere pubblicamente il DDL Cirinnà , espressione di una parte politica (PD) ed in discussione in questi giorni in Parlamento , lasciando però senza voce coloro che vi si oppongono. L’edizione 2016 del Festival di Sanremo è iniziata all’insegna del sostegno del DDL Cirinnà trasformandosi , sin dalla prima serata, in un potente spot pro unioni civili; il il palco dell’Ariston è stato teatro di un vero e proprio comizio a favore delle pseudo unioni gay. E questo a spese di tutti i contribuenti , anche di coloro che lo scorso 30 gennaio hanno manifestato la loro opposizione e alla kermesse sanremese non hanno voce. Tutti i cantanti, ospiti e non, che si sono succeduti nel corso del sessantaseiesimo festival della canzone italiana hanno messo in scena la farsa della normalità nella anormalità, come se l’unione infeconda tra due uomini o tra due donne non fosse altro che una variante “naturale” della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, una semplice opzione del tutto scevra da drammatiche conseguenze, sia sul piano individuale che collettivo. La cantante Noemi, raccogliendo gli “inviti” delle associazioni “gay” che pretendevano una chiara presa di posizione da parte dei cantanti più schierati a favore delle unioni civili, si è esibita presentandosi con un microfono avvolto da un drappo arcobaleno, simbolo della cultura omosessuale. L’appello è stato raccolto, manco a dirlo, anche da altri artisti come Enrico Ruggeri, Morgan, la voce dei Bluvertigo, e Irene Fornaciari. Da parte sua, Laura Pausini, primo ospite della serata, al termine della sua esibizione ha pensato bene di palesare la sua opinione, peraltro già ampiamente nota, circa le unioni gay: «Se siamo simili, siamo tutti uguali, e dobbiamo proteggerci non dividerci». Autentiche perle di saggezza che la claque del festival non ha mancato di applaudire generosamente. Molto attesa era l’esibizione di Elton John, anche perché la pop star britannica è una famosissima e ricchissima icona gay, il simbolo universale della lotta degli omosessuali per accedere al matrimonio e alla paternità. Elton John infatti nel 2014, non appena l’Inghilterra ha approvato lo pseudo matrimonio gay, si è sposato col compagno con il quale conviveva da anni ed “ha avuto” due figli, nati dalla stessa madre surrogata. Il celebre cantante non ha deluso le aspettative dei suoi sostenitori raccontando dal palco dell’Ariston alcuni brevi dettagli della sua vita privata: pochi spunti ma sufficienti a rappresentare al pubblico quella falsa normalità di vita acquisita, sarebbe meglio dire acquistata, col suo uomo: «Non pensavo che questo viaggio sarebbe durato così tanto. Oggi mi diverto tantissimo. Non avrei mai pensato di diventare papà e di avere la vita che ho avuto». Insomma, anche stavolta il Festival di Sanremo si è prestato a fare da cassa di risonanza delle lobbies di sinistra aggiungendosi quest’anno anche le lobbies gay e lesbiche , in barba a tutto e a tutti. C’è solo da sperare che questa smaccata ingerenza nelle questioni politiche e culturali vada a costituire un boomerang per coloro che l’hanno pianificata ed organizzata. Come c’è da sperare che almeno questa volta in Parlamento ci sia qualcuno che chieda conto al presidente del Comitato di Vigilanza Rai-Tv ed al Garante visto che la rete pubblica ha promosso una manifestazione (canora) sin troppo evidente intesa a premere sulla politica affinché approvi quanto prima il ddl Cirinà.