“E’ stato un fallimento totale eppure nessuno ne risponderà. Finmeccanica era un’azienda florida e non lo è più, incalzata dalle Procure. I militari hanno poche speranze di cavarsela. L’Italia non incasserà un soldo perché l’affare è andato in fumo. Che intenzioni ha Enrico Letta? Al solito: nulla fare, nulla sbagliare”...
Notizia secca: l'India ha annullato il contratto da oltre 500 milioni di euro stipulato con l'Agusta per l'acquisto di elicotteri. Motivo? Finmeccanica, che controlla l'industria aeronautica, è sotto inchiesta in Italia per corruzione. Avrebbe sganciato, secondo l'accusa, delle stecche a qualche autorità col turbante allo scopo di procacciarsi l'affarone.
So che cosa pensa il lettore. Lo pensiamo anche noi: per vendere prodotti all'estero, o ungi le ruote - di nascosto - oppure non combini niente. Ma la nostra magistratura è rigorosa e non sente ragione: le tangenti non si pagano neanche se conviene. Dura lex sed lex.
Non è questo il punto. Nel nostro Paese non è importante la legge, ma è importantissimo essere capaci di aggirarla e farla franca. Finmeccanica - si dice- è stata beccata in fallo e la giustizia non ha potuto fare a meno di mettersi in moto per incastrare chi ha sgarrato. Il fatto che sgarrino tutti, e in tutto il mondo, non conta.
L'imperativo dei giudici è giudicare. Nel caso specifico va a pallino una fornitura vantaggiosa per il nostro Paese, ma cosa volete che gliene freghi alle toghe. Il loro stipendio è garantito. Bisogna arrendersi. E rassegnarsi a perdere un pacco di denaro che, in un momento di crisi quale l'attuale, ci avrebbe fatto comodo.
Qual è il problema? Ci stiamo arrivando. L'India ce l'ha a morte con noi per via dei due marò che hanno sparato ad alcuni pescatori in acque internazionali. I nostri militari sono stati arrestati. Attendono il processo da un paio d'anni, e vedremo come andrà a finire. Sicuramente male.
Qualcuno parla addirittura di pena di morte. Facciamo gli scongiuri. Rammentiamo che gli indiani - bontà loro - un annetto fa concessero ai marò di rimpatriare per le feste natalizie, a un patto: che essi rientrassero in India al termine della vacanza.
Sennonché l'allora titolare della Camilluccia, Giulio Terzi di Sant'Agata, decise che la coppia di militari dovesse rimanere qui, sulla penisola, altro che ripresentarsi davanti a chi desiderava condannarli. Sembrava fatta. Tanto è vero che il premier Mario Monti, soddisfatto della soluzione, si fece fotografare accanto ai marò per celebrare l'avvenimento.
Pochi giorni appresso, contrordine. Il governo, subite le pressioni non si sa di chi, sconfessò il ministro Terzi, facendogli fare immeritatamente la figura dell'asino e ordinò ai due povericristi in divisa di ripartire per l'India. I quali povericristi non si ribellarono e oggi sono ancora laggiù a rischiare la pelle per un delitto che non hanno commesso.Complimenti al governo bocconiano che, probabilmente, agì in quel modo dissennato per salvare la commessa degli elicotteri. Crepino i soldati, ma si salvino le palanche destinate ad Agusta. A volte il cinismo serve alla Patria, ma in questo caso non ha giovato ad alcuno. Abbiamo infatti ottenuto il risultato peggiore: i marò sono ancora in balia di un tribunale di cui non ci si può fidare, il ministro Terzi è stato sputtanato (tanto che si è dimesso) e gli elicotteri sono andati comunque a farsi benedire. Fallimento totale.
Eppure nessuno pagherà. Nessuno spiegherà. Nessuno sarà chiamato a rispondere. La politica è specializzata nelle autoassoluzioni. Finmeccanica era un'azienda florida e non lo è più, incalzata com'è dalle Procure. I militari nostri compatrioti sono appesi a un filo e hanno scarse speranze di cavarsela. L'Italia non incasserà un soldo perché l'affare è andato in fumo. E l'ex ministro degli Esteri è passato per fesso, pur essendo l'unico col cervello a posto in quell'esecutivo di professori (o bidelli?).
Notizia secca: l'India ha annullato il contratto da oltre 500 milioni di euro stipulato con l'Agusta per l'acquisto di elicotteri. Motivo? Finmeccanica, che controlla l'industria aeronautica, è sotto inchiesta in Italia per corruzione. Avrebbe sganciato, secondo l'accusa, delle stecche a qualche autorità col turbante allo scopo di procacciarsi l'affarone.
So che cosa pensa il lettore. Lo pensiamo anche noi: per vendere prodotti all'estero, o ungi le ruote - di nascosto - oppure non combini niente. Ma la nostra magistratura è rigorosa e non sente ragione: le tangenti non si pagano neanche se conviene. Dura lex sed lex.
Non è questo il punto. Nel nostro Paese non è importante la legge, ma è importantissimo essere capaci di aggirarla e farla franca. Finmeccanica - si dice- è stata beccata in fallo e la giustizia non ha potuto fare a meno di mettersi in moto per incastrare chi ha sgarrato. Il fatto che sgarrino tutti, e in tutto il mondo, non conta.
L'imperativo dei giudici è giudicare. Nel caso specifico va a pallino una fornitura vantaggiosa per il nostro Paese, ma cosa volete che gliene freghi alle toghe. Il loro stipendio è garantito. Bisogna arrendersi. E rassegnarsi a perdere un pacco di denaro che, in un momento di crisi quale l'attuale, ci avrebbe fatto comodo.
Qual è il problema? Ci stiamo arrivando. L'India ce l'ha a morte con noi per via dei due marò che hanno sparato ad alcuni pescatori in acque internazionali. I nostri militari sono stati arrestati. Attendono il processo da un paio d'anni, e vedremo come andrà a finire. Sicuramente male.
Qualcuno parla addirittura di pena di morte. Facciamo gli scongiuri. Rammentiamo che gli indiani - bontà loro - un annetto fa concessero ai marò di rimpatriare per le feste natalizie, a un patto: che essi rientrassero in India al termine della vacanza.
Sennonché l'allora titolare della Camilluccia, Giulio Terzi di Sant'Agata, decise che la coppia di militari dovesse rimanere qui, sulla penisola, altro che ripresentarsi davanti a chi desiderava condannarli. Sembrava fatta. Tanto è vero che il premier Mario Monti, soddisfatto della soluzione, si fece fotografare accanto ai marò per celebrare l'avvenimento.
Pochi giorni appresso, contrordine. Il governo, subite le pressioni non si sa di chi, sconfessò il ministro Terzi, facendogli fare immeritatamente la figura dell'asino e ordinò ai due povericristi in divisa di ripartire per l'India. I quali povericristi non si ribellarono e oggi sono ancora laggiù a rischiare la pelle per un delitto che non hanno commesso.Complimenti al governo bocconiano che, probabilmente, agì in quel modo dissennato per salvare la commessa degli elicotteri. Crepino i soldati, ma si salvino le palanche destinate ad Agusta. A volte il cinismo serve alla Patria, ma in questo caso non ha giovato ad alcuno. Abbiamo infatti ottenuto il risultato peggiore: i marò sono ancora in balia di un tribunale di cui non ci si può fidare, il ministro Terzi è stato sputtanato (tanto che si è dimesso) e gli elicotteri sono andati comunque a farsi benedire. Fallimento totale.
Eppure nessuno pagherà. Nessuno spiegherà. Nessuno sarà chiamato a rispondere. La politica è specializzata nelle autoassoluzioni. Finmeccanica era un'azienda florida e non lo è più, incalzata com'è dalle Procure. I militari nostri compatrioti sono appesi a un filo e hanno scarse speranze di cavarsela. L'Italia non incasserà un soldo perché l'affare è andato in fumo. E l'ex ministro degli Esteri è passato per fesso, pur essendo l'unico col cervello a posto in quell'esecutivo di professori (o bidelli?).
Che intenzioni hanno Enrico Letta e la sua banda dei «sifoi»? Al solito non muoveranno un dito coerentemente con la loro idea di governo: nulla fare, nulla sbagliare. Se le grane non si possono affrontare, non sono grane. Se non sono grane autentiche, si aggiustano da sole, altrimenti qualche santo provvederà. Cambiano gli aguzzini, ma le vittime sono sempre le stesse: noi.
Fonte articolo http://www.dagospia.com
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