martedì 16 febbraio 2016

Si chiama "La Ducevita" ed è un documentario interattivo


http://www.lemonde.fr/laducevita. Si chiama "La Ducevita" ed è un documentario interattivo curato da Le Monde e dedicato alla città di Predappio. Lo si trova sul web, in visione gratuita su http://www.lemonde.fr/laducevita. "Benvenuti a Predappio, terra natale di Benito Mussolini", recita la home page. Il servizio comincia con le immagini della Romagna e con un intervento introduttivo del sindaco, Giorgio Frassineti, che racconta l'ambiente in cui Benito nasce e cresce, e poi il resoconto del "mito delle origini dell'uomo nuovo", con le immagini dei cortei: "Parlare di Predappio - dice il Primo Cittadino - significa parlare di Mussolini". E dopo la breve introduzione, eccola, Predappio: è un disegno, si sentono i rintocchi di una campana, lo stormire delle foglie, un canto di uccellini. In questa riproduzione interattiva della città vediamo al centro un gruppetto di uomini in camicia nera, con tricolore e stendardo. A loro parla un uomo che sembra Padre Tam, il sacerdote che ogni anno guida il corteo della ricorrenza del 28 ottobre, la Marcia su Roma. Sulla sinistra il barbiere, poco più in alto i contadini, a seguire i cacciatori, poi "lo show" con in sottofondo Al Bano che canta "Quando il sole tornerà". Sul lato destro, i negozietti di souvenir. Stagliato sullo sfondo, il volto del Duce. Basta posizionare il mouse sulla destra ed ecco che appare la copertina del secondo atto: "Le parrucche". Voci in sottofondo, la solita campana, ancora il cinguettio. Vociare diffuso. sulla sinistra "Il Tempio", sulle note di Giovinezza, e ancora lui, Padre Tam. Sulla destra il sindaco, su un palchetto stile vecchio comizio. Poi l'asilo. Al centro una processione di camicie nere e saluti romani che porta in corteo una Croce. Infine "La liberazione". Ed ecco il terzo atto: "La bandiera". C'è la "Mototagliatella", ci sono gli ulivi, la processione, l'osteria. Il "film" è infatti suddiviso in tre atti. Ve li raccontiamo. Atto primo: Il vento nero. Le note dell'Inno di Mameli, uomini che cantano, una tromba suona, le voci: "Duce! Duce! Duce!". Arriva un pullman, sul vetro davanti il volto di Mussolini. La voce di Tam echeggia, come gli applausi della folla accorsa alla commemorazione. Si prega. La tromba suona il Silenzio, le braccia tese, i tricolore. Si apre una finestra: "Il passato che non passa", è un approfondimento sul tema, ma noi andiamo avanti con il film. "Padre Tam non può dire la messa, perché è stato scomunicato - dice il sindaco - Io non sono comunista, ma lui voleva far la messa fuori dalla chiesa. Le messe si dicono in chiesa. E se il Papa gli impedisce di dire messa non è colpa del 'sindaco comunista'". Un'altra finestra: "Gli estremismi negli anni 1970". Rimandiamo ad un altro momento anche questo approfondimento. "Sono andato a vedere il cimitero - dice il pittore Franco Gianelli - è uno spettacolo. Mi interessa l'aspetto folcloristico. È chiaro che chi ha avuto morti, da una parte o dall'altra, odia la fazione opposta". "La gioventù e il mito di Mussolini" è l'approfondimento proposto qui. Ma andiamo ancora avanti. Scene di vita quotidiana: si mangia, si beve, si parla. Il sindaco fa un'invettiva contro il "folclore nero". Non è produttivo tutto questo, dice Frassineti, voglio parlare con i tanti giovani che vengono qui a visitare la tomba. Il film prosegue, ora i protagonisti sono i negozi di souvenir. Busti del Duce, fasci littori ... negozi autorizzati dalla Giunta precedente a quella attuale di Frassineti, al suo secondo mandato. La cosa doveva essere regolarizzata - dice l'ex sindaco Marcelli - era necessario. Frassineti, da parte sua, dice che una cosa è vendere i fasci littori, altra è ricostituire il Partito Fascista: "Se chiudessi i negozi attraverso un'ordinanza, farei un atto vincolante per legge. Ma se anni fa qualcuno li ha autorizzati, essi hanno fatto anche un investimento sulla loro attività. È una breccia che è stata aperta, e le brecce vanno aperte per pacificare il Paese e creare una memoria condivisa. Ma in questo caso abbiamo aperto le brecce per far fare soldi a tre famiglie: non è la stessa cosa. Tempo fa dicevo che Mussolini deve essere preso in mano dall'amministrazione comunale. Beh, lo credo davvero". Andiamo avanti, rimandando le considerazioni che il caso richiede. Ora si parla delle "Parrucche". Don Martin celebra la messa in suffragio del "nostro fratello Benito Mussolini" ringraziando il Signore per la sua amicizia. Prega il Signore per il perdono dei peccati. Per Don Urbano è, naturalmente, una messa come le altre. Ora ecco la Croce di legno, con Padre Tam che mette in ordine gli intervenuti. Per Marcelli resta una manifestazione "fastidiosa", secondo lui la cittadinanza la "tollera". Frassineti poi fa il punto sulla morte del Duce e sulla vicenda del corpo, riportato a Predappio dopo anni di mistero grazie ad Adone Zoli, predappiese anche lui, nel 1957 Presidente del Consiglio. Le immagini scorrono: la cripta dove riposa il Duce insieme ai suoi familiari, uomini e donne radunati a San Cassiano. Ci sono tanti giovani, che non parlano in maniera faziosa, ma raccontano la storia, ciò che Mussolini ha fatto per l'Italia, giunti a Predappio "per rendere omaggio alle cose che ha fatto". Arriviamo alla "liberazione". Qualche nota di Bella ciao, una ricostruzione storica delle forze in campo in quel 1945, una vera rievocazione comprendente gli eserciti che combatterono sul suolo italiano. Ci sono inglesi e tedeschi, italiani e americani. Un bambino dice che "i partigiani ci hanno traditi, umiliati" e che "preferisce i fascisti". Una targa scrive di "nazifascisti", mentre il sindaco parla di "condanna inappellabile". In sottofondo, le note di Romagna Mia. Un militante antifascista inveisce contro "l'antifascismo dei reduci", reclamando un'attualizzazione del fenomeno e prendendosela anche con l'Anpi. "Evviva la Romagna, evviva il Sangiovese", canta un complessino in piazza. Terza ed ultima parte: "La Bandiera". È Predappio oggi, con il suo "mito delle origini". E poi la Germania. Una pietra con su scritto, in tedesco, "Per la pace, la libertà e la democrazia. Mai più Fascismo. Alla memoria dei milioni di morti". Anche qui, le considerazioni sono rimandate a tra poco. Le immagini scorrono ancora, in un rapido giro tra Germania ed Austria. Si parla di Hitler, il che ci interessa decisamente di meno. Il documentario, comunque, va visto tutto: lo consigliamo ai nostri lettori perché fornisce spunti per alcune riflessioni. Un'occasione per riflettere: considerazioni a margine Ricordare e conoscere: due necessità impellenti su cui si dovrebbe fondare la memoria di un popolo Il documentario che abbiamo raccontato per sommi capi ai nostri lettori è estremamente interessante, per più di un motivo, e va a toccare alcune vicende che necessitano quantomeno di alcune riflessioni. Le parate in camicia nera: premesso che ciascuno deve essere libero di manifestare il proprio pensiero come meglio crede, alcune situazioni spesso rasentano il ridicolo e non rendono la giusta dimensione storica dei fatti e dei personaggi che ci si propone di celebrare. "Celebrate il nonno, ma con sobrietà" ammoniva di recente Edda Negri Mussolini, nipote del Duce, in un'intervista al Giornale d'Italia. E dunque se da una parte è persino commovente vedere come tanta gente si raduni ancora oggi a San Cassiano in occasione degli anniversari comandati - con buona pace delle realtà di sinistra del territorio, che hanno ben il loro daffare con le celebrazioni della loro "liberazione" - dall'altra alcuni atteggiamenti ricordano più una carnevalata che una commemorazione. La sobrietà di cui parlava Edda dovrebbe invece essere il filo conduttore di ogni celebrazione. Non solo: la storia occorre conoscerla, e non si fa un buon servizio a nessuno se ci si continua a comportare come esaltati. Chi lo fa, evidentemente conosce poco la dottrina fascista persino. Ma passiamo oltre. I negozietti di souvenir: un busto di Mussolini o un fascio littorio sono l'equivalente di una riproduzione del Colosseo o dell'Arco di Costantino. È storia, nell'uno come nell'altro caso. E storia "nostra". I negozietti hanno la loro ragion d'essere, in tutto e per tutto. E deve essere garantito il diritto di ciascuno di entrarvi per comperare un calendario del Duce, un libro, una felpa con una croce celtica, una bandiera con l'Aquila di Salò. Esattamente come a Piazza delle Erbe a Verona si possono acquistare le riproduzioni dell'Arena, ad esempio. È tutta storia nostra. Ciò che invece non è storia nostra sono i busti di Hitler e le svastiche. Anche qui, pesa molto la conoscenza dei fatti, oltre ai sentimenti. Chi si professa fedele a Mussolini non può dimenticare che il Duce fu consegnato ai partigiani proprio dai tedeschi, per esempio. Ci sarebbe molto da dire ancora, ma occorre andare avanti e fissare ancora almeno altri due concetti. La scritta che appare sulla pietra in Germania e che dice "Mai più fascismo" è quantomeno bizzarra: la Germania addossa le sue colpe al "nostro" Fascismo, "nostro" nel senso di "italiano". Un minuto di silenzio. La verità è morta anche su quella pietra. Ancora, e per finire. A Frassineti - sindaco intelligente e preparato, al quale va il grande merito di aver iniziato finalmente a leggere la storia (basti vedere la mostra dedicata al giovane Mussolini e l'idea del Museo del Fascismo per capirlo) - due cose vanno dette: la prima, che non si parli più di "condanna inappellabile" quasi che fosse un dogma. Non è così, e il Fascismo (e, da uomo intelligente, lo sa anche lui) non fu solo quello del 1938: fu ben altro, e ben di più. Infine: Adone Zoli ebbe il grande merito di fare un atto di giustizia riportando le spoglie del Duce nella sua Predappio. Lo dice spesso, Frassineti. Dimentica di dire però che ci fu un uomo, fascista, che si chiamava Domenico Leccisi, che offrì il suo voto determinante in sostegno di Zoli in cambio di questo atto di giustizia. http://www.lemonde.fr/laducevita/#/introduction https://www.youtube.com/watch?v=oHNqng52Oys

Nessun commento:

Posta un commento

Commenti dai camerati.