“Cari fratelli, quello che abbiamo davanti a noi, il Papa Francesco, è un vero modernista”. Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X e successore di Marcel Lefebvre – il vescovo che disse no a Paolo VI che lo pregava di rientrare in comunione con la chiesa di Roma – chiude ogni porta al dialogo con il Vaticano, e questa volta pare in maniera definitiva. Lo fa parlando negli Stati Uniti, nell’ambito di una conferenza che si è tenuta a Kansas City. Con questo Pontefice non si può discutere, non si può trovare un compromesso. Lui, il Papa gesuita, “sta rendendo diecimila volte peggiore la situazione della chiesa, che è già un vero disastro”. Ringrazia il Cielo per non aver firmato, l’anno scorso, l’accordo con la Santa Sede teso a rimarginare la ferita figlia del Concilio. “Francesco – dice Fellay – fa di tutto per scappare da ciò che è troppo chiaro e troppo certo, ha la passione per il ‘più o meno’, per il ‘circa’. Ma la Fede è così perché Dio è così”. La critica è totale, la chiusura netta: “Se l’attuale Pontefice continuerà nel modo in cui ha iniziato, dividerà la chiesa. Sta esplodendo tutto, la gente dirà che è impossibile che lui sia il Papa, e lo rifiuterà”. Per Bernard Fellay, è come se sul Soglio di Pietro sedesse Carlo Maria Martini: l’ex arcivescovo di Milano, gesuita come Bergoglio, voleva la rivoluzione nella chiesa, “ed è questo che anche Francesco vuole. Lo ha detto agli otto cardinali che ha scelto per aiutarlo a riformare la chiesa”. La china è ormai irreversibile, Bergoglio “ha tagliato le corde del paracadute con cui Benedetto XVI aveva cercato di frenare la crisi della chiesa, la sua caduta. Ha messo un razzo che porterà la chiesa sempre più in basso”.
Il superiore della Fraternità precisa comunque che la decisione di chiudere il dialogo con il Vaticano non deriva dallo stile disinvolto del Papa argentino, dalle sue frasi sul Vetus Ordo e il motu proprio Summorum Pontificum (“è stata una scelta prudenziale di Ratzinger legata all’aiuto ad alcune persone che hanno questa sensibilità”, diceva Bergoglio nell’intervista ai confratelli gesuiti della Civiltà Cattolica), dal suo insistere sull’ecumenismo “che tanti disastri ha arrecato alla chiesa e alle nazioni cattoliche”. No, la decisione di interrompere i negoziati risale al giugno del 2012, quando il documento inviato da Roma arrivò sul tavolo di Fellay per la firma dell’accordo a lungo cercato: “Quel giorno dissi che non potevo accettare quel testo, che era impossibile sottoscrivere l’ermeneutica della continuità. E’ una cosa contro la realtà, che non possiamo accettare. Il Concilio non è in continuità con la Tradizione. Benedetto XVI aveva posto come condizione che noi accettassimo il Concilio Vaticano II come parte integrante della Tradizione, ma a quel punto noi abbiamo detto con dispiacere che ciò non corrispondeva alla realtà. Ecco perché non abbiamo firmato quel testo”. Una decisione sulla quale non c’è alcun rimpianto, alla luce del cambio di guida a San Pietro. I discorsi di Francesco sulla coscienza “non hanno niente a che fare con la dottrina cattolica. E’ relativismo assoluto”, spiega Fellay. “La coscienza deve essere formata secondo la legge di Dio, il resto è solo spazzatura”.
Nulla sembra indicare, dunque, che la frattura sia ricomponibile, neppure il ritorno dell’arcivescovo Guido Pozzo alla commissione Ecclesia Dei, l’organismo preposto a trattare con i lefebvriani. Nonostante l’orientamento conservatore di Pozzo (che dopo aver ricoperto per qualche mese la carica di Elemosiniere è stato rimandato all’ufficio dal quale era stato promosso a novembre dell’anno scorso), il riavvicinamento appare improbabile. Se per Papa Benedetto il dialogo con la Fraternità era un tema rilevante nella sua agenda, non così pare essere per il suo successore. E Fellay lo riconosce: “San Pio X diceva che l’essenza per ogni cattolico era di ancorarsi al passato. Il Papa attuale dice esattamente l’opposto. Dimenticare il passato e gettarsi nell’incertezza del futuro”.
Fonte art. http://www.ilfoglio.it
DI Matteo Matzuzzi.
Conferenza tenuta a Guadalajara inerente la Rivoluzione nella Chiesa, ovvero come da una graduale scristianizzazione del mondo si è riusciti a penetrare attraverso il Concilio Vaticano II, nella Chiesa Cattolica, facendone una barca in tempesta.
Qui è riassunta la base fondamentale dei principi e dei metodi usati dal fronte nodernista per penetrare la Chiesa Cattolica, è una visione di insieme della crisi che permette di capire come il problema non sia relativo soltanto al cambiamento della lingua latina, o della Santa Messa e soprattutto mette in guardia i fedeli dalla cosiddetta pseudo.restaurazione di chi vuole "cedere un pò per non perdere tutto" o "non combattere per non essere sconfitto".
Qui è riassunta la base fondamentale dei principi e dei metodi usati dal fronte nodernista per penetrare la Chiesa Cattolica, è una visione di insieme della crisi che permette di capire come il problema non sia relativo soltanto al cambiamento della lingua latina, o della Santa Messa e soprattutto mette in guardia i fedeli dalla cosiddetta pseudo.restaurazione di chi vuole "cedere un pò per non perdere tutto" o "non combattere per non essere sconfitto".
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